Documento di livello universitario sulla Storia e Metodologia della Critica d'Arte 2. Il Pdf esplora l'evoluzione della critica d'arte, analizzando il contributo di Benedetto Croce e le teorie del formalismo di Henri Focillon, per la materia Arte.
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Nella seconda metà del XIX secolo nasce la storia dell'arte come disciplina accademica in relazione a autori che ragionano sul metodo e sul senso assoluto dei fenomeni e delle espressioni artistiche. L'istanza alla base dell'insegnamento della storia dell'arte è il positivismo, corrente di pensiero che si base sulla speculazione empirica, cioè sulla raccolta di dati e sulla valutazione del materiale (in massima parte documentario) che è possibile reperire riguardo ad un artista o un movimento culturale. La storia dell'arte diventa dunque una scienza storica.
La critica è l'arte di giudicare: il complesso delle indagini volte a conoscere e valutare, sulla base di teorie e metodologie diverse, i vari elementi che consentono la formulazione di giudizi sulle opere dell'ingegno umano. Delle opere d'arte si possono dare diversi punti di vista e questa è una caratteristica tipica delle discipline umanistiche.
Benedetto Croce è intellettuale più influente della prima metà del Novecento. È un filosofo, si occupa di estetica ma ha influenzato la critica d'arte.
Scrive nel 1902 Estetica come scienza dell'espressione e linguistica generale: l'estetica di Croce è una scienza dell'espressione (tutto ciò che è espresso dall'uomo), e quindi estetica come scienza della storia dell'arte visiva ma anche della letteratura, della poesia e della musica; l'estetica quindi è quella disciplina che si occupa di tutte le arti, cioè di tutto ciò che l'uomo esprime. L'estetica è anche una disciplina generale che si occupa della linguistica, cioè di come la lingua si sviluppa e viene elaborata per trasmettere un messaggio.
L'intenzione di Croce è trasmettere delle norme di valutazione, quindi un giudizio, che possano essere raccolte, ereditate e su cui ci si può lavorare andando a creare una critica d'arte; sono quindi: legate all'espressione in tutte le sue declinazioni, in relazione al linguaggio.
In questo saggio, l'estetica è un modo per c conoscere, un mezzo d'indagine, ma questa conoscenza è legata all'intuizione individuale, distinta dalla conoscenza logica generale della filosofia e delle scienze. Il giudizio critico nasce nel momento in cui c'è una apporto tra l'intuizione e l'espressione, due elementi che coincidono; l'arte dunque non è solo espressione dell'artista ma anche intuizione di chi giudica. Il giudizio emerge da un'espressione che ha dei caratteri estetici trasmissibili e costanti come arte, e la capacità dell'individuo di riconoscerla; per Croce quindi esiste un aspetto artistico espressivo che è assoluto (l'espressione si può riconoscere nel David di Michelangelo come in Ariosto. Se i giudizi valutano l'espressione e la linguistica generale, questi elementi si vanno a cogliere nello stesso modo in cui venivano colti all'epoca in cui è stata realizzata l'opera d'arte > il giudizio è costante nel tempo). Da Croce parte una critica d'arte che è, quindi, di tipo formalista.
In Croce, critica e storia coincidono:
Nella pittura e nelle altre arti figurative ( > arti visive, l'opera per immaginino he si vede) bisogna cercare, gustare (la critica d'arte del Settecento utilizza termini che derivano dal cibo) e intendere solo ciò che è veramente artistico, solo la forma estetica ( > il bello), e non già la materia variamente interessante, che nella forma è stata risoluta e oltrepassata. Donde la polemica contro le interpretazioni filosofiche e simboliche e storiche della pittura, e contro quelle passionali ed oratorie. Chi innanzi a una pittura ripensa ai concetti adombrati, ricorda la storia commemorata, rinnova nel suo animo un sentimento piacevole o una spinta all'azione, che furono già come precedenti materiali o come ingredienti estranei nell'animo del pittore, non è giunto ancora ad accogliere in sé la pittura in quanto pittura ( >> la pittura legata alla forma, all'espressione più alta che si può realizzare con quella tecnica), ossia in quanto arte; non ne ha ricevuto ancora, o ha cessato di riceverne, l'impressione estetica. (B.Croce, Critica e storia delle arto figurative, 1946)
Da questo deriva che tutti i crociani distinguono tra arti minori e arti maggiori, in cui nella prime va a prevalere la tecnica e nella seconda l'estetica come forma dell'espressione.
Ma questo non assegna nessun carattere che sia particolare e proprio della pittura; tanto vero che nella poesia, alla quale per questa parte si vuole contrapporre la pittura, la cosa va del tutto allo stesso modo; e noi altri, critici e storici della poesia, siamo costretti del pari a polemizzare contro gli intelligenti, che in quella cercano la didascalia, il raccontino, il senso riposto e le materiali commozioni, e a rammentare di continuo che la poesia è tutta nella forma, nella liricità, nel ritmo (anche nel caso di un lungo romanzo o di una complessa tragedia), in qualcosa che è più e meno delle altre cose mentovate di sopra, e che dal filosofema si distingue perché è di là e di qua della distinzione di reale e di irreale, e dalla commozione pratica, perché è di là o di qua dalla pratica, ( > la vera critica va al di la della psicologia, le critiche di Vasari, ad esempio, non parlano dell'arte e della forma) e configura la commozione e nel configurarla trae fuori dai suoi limiti e inserisce in lei il dramma eterno del mondo. (B.Croce, Critica e storia delle arti figurative, 1946)
Ormai la partizione dei vecchi estetici tra arti imitative (come la scultura, la pittura e la poesia) e arti non imitative (come l'architettura e la musica) fa sorridere, perché la possibilità stessa che vi siano arti non imitative induce subito il sospetto, che nessun'arte sia mai "imitativa" (-> la pittura non è da giudicare sulla forma imitativa). In altri termini, e per stare al nostro caso, l'identità della esistenza teoretica, e l'identità della correlativa polemica, nella pittura e nella poesia, ben lungi dal differenziare pittura e poesia, valgono a dimostrare ancora una volta l'unità (-> il problema non è la capacità imitativa, per tale i caratteri di valutazione della pittura possono valere anche per musica e poesia). (B.Croce, Critica e storia delle arti figurative, 1946)
L'arte dunque non è solo di chi realizza un'opera, mai che di chi esprime un proprio giudizio: mi poche parole di chi esercita la critica. L'oggetto diviene artistico solo nel momento in cui c'è un rapporto con qualcuno che lo critica.
Esiste un filone crociano in linguistica: Karl Vossler è un linguista tedesco che ragiona su come una critica di carattere crociano si applichi alla storia della letteratura e di conseguenza di come la letteratura si esprima come scienza dell'espressione. Ci sono dei linguisti, come Vossler, che hanno influenzato le valutazioni della critica su ciò che è arte e cosa non è arte.
È un esponente della scuola di Vienna della seconda generazione, conservatore presso il MAK di Vienna, dal 1922 è professore di storia dell'arte nella locale università. Teorizza la Kunstliteratur (1924), cioè la letteratura artistica, una raccolta di tutti i testi, dal Quattrocento al Settecento, che parlano in qualche modo di arte : cronicamente la storia dell'arte è la storia dell'espressione artistica ma anche intuizione. C'è dunque identità tra storia e critica; per studiare un'opera d'arte è necessario conoscere la storia ma anche i giudizi espressi sull'opera. La storia dell'opera d'arte è quindi la storia del suo stile ma è anche storia del linguaggio: come Croce aveva unito le arti visive alla poesia, allo stesso modo Schlosser mette assieme la grammatica artistica ad una letteraria.
Lo studio scientifico dei testi che parlando di arte è detto da Schlosser "studio delle fonti":
Il concetto stesso della scienza delle fonti ha bisogno di una limitazione: si intendono qui le fonti scritte, secondarie, indirette; soprattutto quindi, nel senso storico, le testimonianze letterarie, che si riferiscono in senso teoretico all'arte, secondo il lato storico, estetico o tecnico, mentre le testimonianze per cosi dire impersonali, iscrizioni, documenti e inventari riguardano altre discipline e possono qui essere materia soltanto di un'appendice. ( J. Schlosser, La letteratura artistica, 1924 )
Pochi altri studiosi hanno nutrito per Benedetto Croce tanta deferenze, ammirazione e amicizia quanta ne nutrì Venturi; eppure la sua critica è, in fondo, tutta una polemica, non contro ma attorno al pensiero di Croce. È al Venturi, in grandissima parte, che si deve se in Italia si è formata una scuola di storia dell'arte d'impostazione crociana; e se l'esperienza o almeno l'impronta dello storicismo del Croce rimangono tuttavia il segno di una dignità e di una disciplina umanistica anche per quella parte della critica artistica italiana che pure si fonda su basi molto diverse da quelle dell'idealismo ( ... ). Riconosceva che l'estetica del Croce era stata costruita al di fuori d'ogni concreta esperienza dell'arte figurativa ed anzi, pur rifiutando come empirica ogni distinzione tra le arti, finiva per tracciare limiti ed alzare barriere che escludevano interi periodi della storia dell'arte e interi cicli della creatività umana. ( G. C. Argan, Lionello Venturi, in Belfagor, 1958 )
Giorgione solo doveva creare la favella nuova del "tono" in funzione di "valore". Intendiamoci! Tono non è valore. Tono è la "qualità di una tinta nella serie delle sue gamme astratte ordinate fra luci e l'ombra, termini che solo per un caso dei centomila coincidono col banco e col nero; non soltanto: è la singola nota toccata col dito sul pianoforte, elemento fisso d'una scala di gradazione e di una famiglia di accordi determinati e che nel caso nostro sono quelle della visione pittorica giorgionesca. Noi diciamo " do diesis", "si bemolle", come diciamo "quel tono di rosso"; "quel tono di giallo" propri a Giorgione e secondo la maggiore o minore frequenza con cui li troviamo nell'opera sua li chiamiamo, o no, "dominanti". Valore è la qualità dell'ombra o della luce co tenuta nel tono, ovvero la relativa "quantità" sua rispetto a quelli vicini che lo modificano e ne sono modificati. Esplichiamo la differenza. [ ... ] Ora l'occhio del pittore - e intendo senz'altro il suo spirito creatore - ha rispetto alle infinite tinte possibili la funzione di scelta e di accordo che ha l'atmosfera sui colori locali: solo che, mentre questi e quella possono in realtà variare all'infinito, egli espone invece d'una tavolozza tutta sua in cui giocano alcuni speciali fra