Slide da Università Telematica degli Studi su Patologie Metaboliche. Il Pdf, adatto per l'Università, esplora le alterazioni dei processi biochimici cellulari, le vie metaboliche e le cause delle malattie del metabolismo, con un focus sull'attività aerobica e il calcolo della frequenza cardiaca di riserva in Biologia.
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Modulo 1- Lezione 1 Patologie Metaboliche IUL UNIVERSITÀ TELEMATICA DEGLI STUDI Prof. Dino Caprara @Tutti i diritti riservatiJUL UNIVERSITÀ TELEMATICA DEGLI STUDI
Se per metabolismo si intende l'insieme delle reazioni chimiche che avvengono nella cellula, con "vie metaboliche" si dà nome a una sequenza di reazioni controllate da enzimi, collegate in modo tale che i prodotti di alcune di queste reazioni fungano da reagenti per altre.
Con la definizione di "malattie del metabolismo" ci si riferisce a quel gruppo abbastanza eterogeneo di patologie, genetiche e non tutte di natura ereditaria, causate da un deficit di una delle vie metaboliche.
Le malattie metaboliche, dunque, sono malattie che scaturiscono da un'alterazione di quei processi biochimici con i quali la cellula usa e scompone le sostanze ( carboidrati, proteine e lipidi) in composti più semplici per ricavarne l'energia.
FONTE: Swales JD (a cura di), Manual of hypertension, Oxford, Blackwell Science, 1995 @Tutti i diritti riservatiJUL UNIVERSITÀ TELEMATICA DEGLI STUDI
Le malattie metaboliche sono causate da un difetto nella catena di funzionamento delle reazioni del metabolismo, dove per quello che sembra un impercettibile "errore" una sostanza può non essere regolarmente metabolizzata oppure può accumularsi in eccesso e per questo interferire con altre funzioni. Ma può anche accadere che venga metabolizzata e liberare intermedi tossici o essere la causa di un disturbo della crescita.
Le malattie metaboliche sono più di 500 (si stima che circa 1 neonato ogni 1000 ne sia affetto) e, ad oggi, alcune di esse sono ancora di difficile diagnosi.
Analizzeremo ora le tre più comuni malattie metaboliche riscontrabili in ambito sportivo/motorio:
FONTE: Postel-Vinay N (a cura di), A century of arterial hypertension 1896-1996, Chichester, Wiley, 1996 @Tutti i diritti riservatiJUL UNIVERSITÀ TELEMATICA DEGLI STUDI
L'ipertensione arteriosa è una condizione caratterizzata dall'elevata pressione del sangue nelle arterie, che è determinata dalla quantità di sangue che viene pompata dal cuore e dalla resistenza delle arterie al flusso del sangue. Interessa circa il 30% della popolazione adulta di entrambi i sessi e, nelle donne, è più frequente dopo la menopausa.
L'ipertensione arteriosa non è una malattia, ma un fattore di rischio, ovvero una condizione che aumenta la probabilità che si verifichino altre malattie cardiovascolari (per esempio: angina pectoris, infarto miocardico, ictus cerebrale). Per questo, è importante individuarla e curarla: per prevenire i danni che essa può provocare.
Si parla di ipertensione arteriosa sistolica quando solo la pressione massima è aumentata; al contrario, nell'ipertensione diastolica, sono alterati i valori della pressione minima. Si definisce ipertensione sisto-diastolica la condizione in cui entrambi i valori di pressione (minima e massima) sono superiori alla norma. @Tutti i diritti riservatiJUL UNIVERSITÀ TELEMATICA DEGLI STUDI
L'aumento dei valori pressori non sempre si accompagna alla comparsa di sintomi, specie se avviene in modo non improvviso: l'organismo si abitua progressivamente ai valori sempre un po' più alti, e non manda segnali al paziente. Per questo, molte delle persone affette da ipertensione non lamentano sintomi, anche in presenza di valori pressori molto elevati.
In ogni caso, i sintomi legati all'ipertensione arteriosa non sono specifici, e per questo sono spesso sottovalutati o imputati a condizioni diverse.
Tra i sintomi più comuni rientrano:
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Fattori esterni che possono contribuire all'ipertensione arteriosa:
FONTE: Fisher ND, Williams GH, Hypertensive vascular disease, in Kasper DL, Braunwald E, Fauci AS, et al. (a cura di), Harrison's Principles of Internal Medicine, 16th, New York, NY, McGraw-Hill, 2005 @Tutti i diritti riservatiJUL UNIVERSITÀ TELEMATICA DEGLI STUDI
Va incentivato quello di carattere aerobico come corsa, nuoto, bicicletta o cicloergometro, ergometro a braccia, step ecc.), con una frequenza da 3-5 volte alla settimana, una durata variabile dai 20 ai 60 minuti ed uno sforzo pari al 40-70% del massimo teorico.
In tal modo otterremo una riduzione media dei valori pressori sistolici e diastolici di 4-10 mmHg, sostanzialmente sovrapponibile all'effetto di una monoterapia farmacologica anti- ipertensiva.
I meccanismi alla base della riduzione della pressione arteriosa indotta dall'attività fisica aerobica sembrano legati ad una diminuzione delle resistenze vascolari periferiche, a sua volta determinata da una ridotta attività del sistema nervoso simpatico e dei livelli di endotelina 1 (che di norma svolgono attività vasocostrittrice) e da un aumento dell'ossido nitrico (NO), ad attività vasodilatatrice.
FONTE: Dudley et al. Importance of eccentric actions in performance adaptations to resistance training. Aviat Space Environ Med. @Tutti i diritti riservatiJUL UNIVERSITÀ TELEMATICA DEGLI STUDI
Se il paziente iperteso è sedentario, l'attività aerobica di media intensità è l'ideale per condizionare il livello di attività fisica programmata, l'uso di un cardiofrequenzimetro risulta molto utile per lavorare in soglia di allenamento; importante è calcolare le soglie allenanti (in letteratura esistono vari metodi), il metodo piu specifico è il Karvonen o "frequenza cardiaca di riserva" FCris; uno dei pochi a tenere in considerazione la frequenza cardiaca a riposo:
FC di riserva (FCris) = FCmax - FC riposo intensità relativa = FCris x % FCris + FC riposo
Esempio:
@Tutti i diritti riservatiGrazie per l'attenzione! IUL UNIVERSITÀ TELEMATICA DEGLI STUDI @Tutti i diritti riservati