Slide dall'Università degli Studi eCampus su Prospettive teoriche: Approfondimenti. Il Pdf esplora le funzioni dell'abito come codice psicologico e strumento di comunicazione, influenzando identità e personalità. Questo documento di livello universitario, sebbene sia una presentazione, è esplicativo per lo studio autonomo.
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Lezione nº : Titolo: Attività n° :
27 MODA: PROSPETTIVE TEORICHE (II) 01
Facoltà di Lettere Prospettive teoriche: Approfondimenti parte seconda
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Corso di Laurea: Insegnamento: Lezione nº : Titolo: Attività n° :
DESIGN E DISCIPLINE DELLA MODA (D.M. 270/04) SOCIOLOGIA DELLA MODA I 27 MODA: PROSPETTIVE TEORICHE (II) 01
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In questa lezione sarà approfondita la seconda prospettiva sullo sviluppo dei fenomeni legati alla moda come discusso da T. Edwards nel saggio La moda (2013). Ricordiamo che la classificazione in questione è organizzata come segue:
Cercheremo ora di individuare attraverso il supporto delle immagini alcune questioni legate al tema della comunicazione attraverso l'abito. (Prima di procedere alle sessioni successive di questa lezione si consiglia di rivedere quanto discusso nel cap. II del saggio di T. Edwards (La moda, 2013)).
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Lezione nº : Titolo: Attività n° :
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Uno scatto del celebre fotografo Helmut Newton mostra come la componente seduttiva ed erotica dell'abbigliamento possa essere messa in evidenza e tematizzata fino a divenire la funzione principale nella rappresentazione della relazione fra abito e individuo.
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Facoltà di Lettere
Alcuni capi presentati dalla maison Martin Margiela si possono invece prestare a essere letti come esempi di una volontaria anti- erotizzazione del corpo e dell'abito, con tagli e drappeggi che ne destrutturano la forma e la comunicazione dei codici di genere.
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Gli abiti di Vivienne Westwood, per altri versi, segnalano la messa a distanza della sensualità tout court e sembrano infrangere i codici di eleganza o appartenenza sociale tipici dell'alta moda, preferendo ispirarsi ai panni strappati delle subculture delle classi operaie.
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Abiti di diversi stilisti che annualmente compaiono sul red carpet dei Golden Globe sanciscono l'uso dell'abito come strumento di seduzione e comunicazione di distinzione sociale.
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Lezione nº : Titolo: Attività nº :
DESIGN E DISCIPLINE DELLA MODA (D.M. 270/04) SOCIOLOGIA DELLA MODA I 27/S1 MODA: PROSPETTIVE TEORICHE (II) 01
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La prospettiva psicologica sullo sviluppo della moda si basa sulla premessa che l'abito non solo svolga la funzione di rafforzare l'appartenenza di classe ma, cosa più importante, che possa anche essere interpretato e letto come un codice psicologico. Attraverso queste lenti, abiti e accessori, profumi e ornamenti, diventano strumenti per mettere in campo identità individuali e tipi di personalità. L'opera più importante che ha determinato lo sviluppo di questo orientamento è La psicologia dell'abbigliamento (1930) di John Carl Flügel, in cui vengono descritte le funzioni basilari del vestire: protezione (che è riferita all'abbigliamento come modalità di protezione del corpo da dolore o pericoli), pudore (riferito alla proibizione della nudità), esibizione/decorazione (riguardante la dimensione simbolica dell'abito). Con questo stesso sguardo l'autore cerca anche di definire alcune delle regole 'universali' che sovrintendono alle pratiche vestimentarie e all'ornamento del corpo. L'ampia trattazione storica sull'evoluzione del vestire elaborata da James Laver può essere collocata in questa prospettiva d'analisi.
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Le numerose opere prodotte da J. Laver sull'uso della moda nei secoli e sulle relazioni dell'abito con fattori estetici, di gusto, di pudore sono generalmente considerati nei fashion studies contributi cruciali per lo sviluppo della prospettiva psicologica anche se l'inclusione della figura di Laver fra i teorici della moda è piuttosto discutibile. Il lavoro di Laver si concentra sulla natura contraddittoria della moda che protegge e afferma il self individuale e può quindi essere considerata uno specchio dell'anima di una persona. La sua analisi dei gusti sembra anticipare il lavoro del sociologo francese Pierre Bourdieu, che alla fine degli anni Settanta del Novecento dedica un ampio studio, La distinzione (1979), alle relazioni fra gusto e fattori socio-culturali. Il più celebre lavoro di Laver, però, Dress: How and Why Fashions in Men's and Women's Clothes Have Changed During the Past Two Hundred Years (1950), analizza la moda seguendo il modello tripartito individuato per primo da C. Flügel. Rifacendosi alle teorie freudiane, Flügel aveva presentato il concetto di «zona erogena mutevole», in base al quale è possibile leggere nella moda una tendenza a coprire o rivelare parti differenti del corpo secondo connessioni specifiche con la sessualità: caviglie, collo, petto, fianchi, sono enfatizzati oppure occultati col mutare delle mode.
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Nella prospettiva di analisi appena delineata occorre evidenziare altri due aspetti che risultano di cruciale importanza per la riflessione critica e che costituiscono gli elementi basilari dell'approccio:
La tendenza a insistere su questi fattori si origina in seguito alla pubblicazione del saggio 'Fashion' di Edward Sapir pubblicato nell' Encyclopaedia of Social Sciences del 1930. Nello scritto, l'autore parla di 'pulsioni fondamentali' che riguardano l'uso dell'abito e di alcune 'leggi psicologiche' che regolerebbero il fenomeno della moda. L'idea dell'esistenza di un self essenziale si contrappone al concetto più recente di moda come performance, che interpreta invece le pratiche vestimentarie come atti di mascheramento, forme di recitazione, che a ben vedere nasconderebbero ogni verità sul self individuale. Un altro aspetto importante di questa prospettiva è rappresentato dal fatto che mette in evidenza la relazione fra moda e comunicazione, una questione che apre la strada alle interpretazioni semiotiche della moda.
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Come già spiegato in una delle precedenti lezioni, focalizzate sulla dimensione simbolica della moda e sulla creazione di flussi all'interno del nuovo complesso scenario globalizzato, esiste una lettura di impostazione semiotica sulle pratiche vestimentarie, che si basa soprattutto sull'opera di Roland Barthes, Il sistema della moda (1967). In quest'opera la moda è presentata come un sistema di segni e tale lettura è stata fondamentale nella definizione dei parametri d'analisi per gli studi successivi, in particolare per gli studi culturali su abito e moda. La distinzione di Barthes mira a tematizzare le categorie di «abbigliamento scritto» e «immagine dell'abito», che implicano una distanza dall'«abito reale», che compare nelle pratiche quotidiane e che pertanto impedisce di stabilire un'equivalenza fra moda e linguaggio. Ciò è impossibile per il fatto che, come ci dice Barthes, nel linguaggio l'equivalenza fra significato e significante è immotivata ma non arbitraria, vale a dire che una volta che è stata stabilita un'equivalenza fra una parola e il suo significato non possiamo fare come se non esistesse, optando per un'altra equivalenza. Nella moda invece la relazione è arbitraria e ridefinita ogni anno, ogni stagione, non dalla massa degli utenti, ma da un'autorità esclusiva, i gruppi di gente alla moda, o gli editorialisti, si tratta di un'oligarchia sui generis, che impone delle regole che il pubblico vuole ricevere (Barthes 1967).
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