Movimentazione manuale di carichi e pazienti: tecniche e risposta dell'organismo

Slide sulla Movimentazione Manuale dei Carichi (MMC) e dei Pazienti (MMP). Il Pdf illustra le tecniche di movimentazione manuale di carichi e pazienti, analizzando la risposta dell'organismo allo sforzo e presentando casi specifici di mobilizzazione per la formazione professionale.

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MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI
CARICHI (MMC) E
DEI PAZIENTI (MMP)
Tecniche di movimentazione
Premessa
Sono molteplici le attività in cui viene richiesta agli addetti una qualche forma di
movimentazione manuale di carichi: sollevamento, trascinamento, spinta,
abbassamento e posizionamento sono operazioni che vengono svolte da lavoratori
impiegati nelle più diverse mansioni.
Gli Ospedali e in generale i luoghi di ricovero e cura, sono gli unici luoghi in cui
l'oggetto del sollevamento è un essere umano.
In questo caso la movimentazione dei carichi assume un significato particolare, che
influenza anche i sistemi di prevenzione, i cui effetti ricadono sugli aspetti meccanici
(pesi e modalità di presa), sui diversi e possibili di tipi di movimentazione (altezze e
distanze) ed infine sugli aspetti relazionali e comunicativi, per i quali il sollevamento
non è mai una funzione esclusivamente meccanica ma si intreccia con i percorsi di
terapia, con le condizioni psicofisiche dei pazienti e con le funzioni di cura e conforto
tipiche della funzione infermieristica.
Se in qualsiasi altra attività il sollevamento è un problema che riguarda esclusivamente
chi solleva, nel lavoro di cura ed assistenza è un problema che interessa anche chi
viene movimentato, e nessuna soluzione può essere adottata senza considerare i
problemi connessi al "carico" umano.
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La risposta dell’organismo
Nel corso della movimentazione l'organismo è soggetto a forze che agiscono sulla sua
struttura muscolo-scheletrica e, contemporaneamente, risponde allo sforzo muscolare
con adattamenti metabolici. Gli effetti della movimentazione saranno quindi legati a
questi due aspetti, indotti dall'esterno (sforzo) , e generati dall'interno (risposta
metabolica reattiva). Lo sforzo impegna muscoli, legamenti, articolazioni, vertebre e
provoca compressioni dei dischi intervertebrali ed aumento della pressione intra
addominale.
La risposta reattiva comprende l'aumento della frequenza cardiaca e di quella
respiratoria, per compensare l'aumentato consumo di ossigeno da parte dei muscoli in
azione.
In questo caso l'organismo si comporta come una macchina che in presenza di uno
sforzo aumenta il consumo di energia ed è soggetta nel tempo ad usura delle sue parti
meccaniche.
La risposta dell’organismo
Il rachide, in particolare, è il punto nel quale si scaricano tutti i pesi applicati
alle leve degli arti ed è infatti frequentemente interessato dagli effetti negativi
di sollevamenti ripetuti nel tempo. La colonna vertebrale è formata dal
sovrapporsi alternato di vertebre e dischi intervertebrali in cui ogni vertebra
(rigida) è a contatto superiormente ed inferiormente con un disco
intervertebrale (elastico); in questa struttura ogni movimento delle vertebre
si traduce un una compressione del disco intervertebrale, che funge da
cuscinetto tra una vertebra e l'altra.
Quando la colonna è in posizione perfettamente verticale, le forze di
compressione sono distribuite sulla intera superficie del disco; quando invece
la colonna è flessa, la distribuzione delle forze di compressione cambia,
accentuandosi sul lato interno della flessione dove si opera uno
schiacciamento della porzione di disco. Per questo motivo una diversa
postura della schiena comporta differenze notevoli nelle forze che agiscono
sul disco intervertebrale che possono arrivare, nel sollevamento di carichi
pesanti in postura sbagliata, fino agli 800 Kg.
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Anteprima

24/02/2025

Movimentazione Manuale dei Carichi (MMC) e dei Pazienti (MMP)

  • Tecniche di movimentazione

Premessa

Sono molteplici le attività in cui viene richiesta agli addetti una qualche forma di movimentazione manuale di carichi: sollevamento, trascinamento, spinta, abbassamento e posizionamento sono operazioni che vengono svolte da lavoratori impiegati nelle più diverse mansioni.

Gli Ospedali e in generale i luoghi di ricovero e cura, sono gli unici luoghi in cui l'oggetto del sollevamento è un essere umano.

In questo caso la movimentazione dei carichi assume un significato particolare, che influenza anche i sistemi di prevenzione, i cui effetti ricadono sugli aspetti meccanici (pesi e modalità di presa), sui diversi e possibili di tipi di movimentazione (altezze e distanze) ed infine sugli aspetti relazionali e comunicativi, per i quali il sollevamento non è mai una funzione esclusivamente meccanica ma si intreccia con i percorsi di terapia, con le condizioni psicofisiche dei pazienti e con le funzioni di cura e conforto tipiche della funzione infermieristica.

Se in qualsiasi altra attività il sollevamento è un problema che riguarda esclusivamente chi solleva, nel lavoro di cura ed assistenza è un problema che interessa anche chi viene movimentato, e nessuna soluzione può essere adottata senza considerare i problemi connessi al "carico" umano.

24/02/2025

La risposta dell'organismo

Nel corso della movimentazione l'organismo è soggetto a forze che agiscono sulla sua struttura muscolo-scheletrica e, contemporaneamente, risponde allo sforzo muscolare con adattamenti metabolici. Gli effetti della movimentazione saranno quindi legati a questi due aspetti, indotti dall'esterno (sforzo) , e generati dall'interno (risposta metabolica reattiva). Lo sforzo impegna muscoli, legamenti, articolazioni, vertebre e provoca compressioni dei dischi intervertebrali ed aumento della pressione intra addominale.

La risposta reattiva comprende l'aumento della frequenza cardiaca e di quella respiratoria, per compensare l'aumentato consumo di ossigeno da parte dei muscoli in azione.

In questo caso l'organismo si comporta come una macchina che in presenza di uno sforzo aumenta il consumo di energia ed è soggetta nel tempo ad usura delle sue parti meccaniche.

375 Kg 75 Kg 25 Kg 25 Kg

La risposta dell'organismo: il rachide

Il rachide, in particolare, è il punto nel quale si scaricano tutti i pesi applicati alle leve degli arti ed è infatti frequentemente interessato dagli effetti negativi di sollevamenti ripetuti nel tempo. La colonna vertebrale è formata dal sovrapporsi alternato di vertebre e dischi intervertebrali in cui ogni vertebra (rigida) è a contatto superiormente ed inferiormente con un disco intervertebrale (elastico); in questa struttura ogni movimento delle vertebre si traduce un una compressione del disco intervertebrale, che funge da cuscinetto tra una vertebra e l'altra.

Quando la colonna è in posizione perfettamente verticale, le forze di compressione sono distribuite sulla intera superficie del disco; quando invece la colonna è flessa, la distribuzione delle forze di compressione cambia, accentuandosi sul lato interno della flessione dove si opera uno schiacciamento della porzione di disco. Per questo motivo una diversa postura della schiena comporta differenze notevoli nelle forze che agiscono sul disco intervertebrale che possono arrivare, nel sollevamento di carichi pesanti in postura sbagliata, fino agli 800 Kg.

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La risposta dell'organismo: effetti della compressione

Gli effetti della compressione possono essere diversi:

  • il carico eccessivo sul disco può provocare microfratture e fessurazioni,
  • una compressione anche non eccessiva ma statica e prolungata nel tempo riduce lo scambio di nutrienti e di ossigeno al disco, aumentandone l'invecchiamento,
  • gli sforzi ripetuti nel tempo possono portare ad un progressivo irrigidimento del disco, con perdita parziale della capacità di ammortizzamento ed aumento dei disturbi.

Nella pratica tutto questo si traduce nella enorme diffusione dei disturbi alla schiena, che costituiscono una parte rilevante delle cause delle assenze dal lavoro.

Occorre infine precisare che vi sono comuni alterazioni della curvatura della colonna vertebrale, scoliosi, ipercifosi, iperlordosi e schiena appiattita che pur non essendo provocate dal lavoro, rendono la colonna vertebrale particolarmente sensibile agli sforzi di movimentazione che vedono, in questi casi, moltiplicati i loro effetti. Da questo deriva l'importanza della sorveglianza sanitaria, che individua in anticipo l'insorgere di particolare vulnerabilità.

Procedure corrette di mobilizzazione

Nella movimentazione di un paziente non autosufficiente, agire da soli o comunque non riflettendo su quello che si sta per fare può essere pericoloso per il rachide. Infatti le azioni che si devono compiere devono essere intraprese applicando le corrette manovre di movimentazione, riflettendo, quindi, su come creare una buona base di appoggio e un giusto equilibrio, scomponendo il movimento in più fasi, pensando alle prese giuste, disponendo correttamente le attrezzature.

Il tipo di manovra più adatta sarà in relazione alle caratteristiche del paziente: necessita di massima assistenza o deve solo essere stimolata la sua attiva collaborazione?

Per la scelta del comportamento più idoneo è necessario consultare il piano di assistenza personalizzata del paziente.

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Domande prima di mobilizzare una persona

Quali domande dobbiamo porci, prima di mobilizzare una persona ? ?

!

  • La persona può essere mobilizzata?

* SI Quanto?

  • La persona è in grado di collaborare? NO Scelta dell'ausilio corretto !!

Corrette mobilizzazioni

Alcuni di questi principi devono essere inoltre, sempre tenuti presenti nell'esecuzione di qualunque altro tipo di operazione che comporti, spesso attraverso una frequente e prolungata flessione della schiena, l'assunzione di posizioni che, da un punto di vista ergonomico, sono potenzialmente dannose per la nostra schiena.

SI NO NO SI

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La disabilità del paziente

Le metodiche di trasferimento possono variare in relazione all'entità / tipologia della disabilità del paziente: a tal fine è utile suddividere questi ultimi in due categorie:

  • Paziente non collaborante Il paziente non può aiutare il movimento né con gli arti superiori né con gli arti inferiori (es .: tetraparetico, anziano allettato, paziente in anestesia generale, in coma, paziente che oppone resistenza alla mobilizzazione, ecc.).
  • Paziente parzialmente collaborante: Il paziente può sfruttare una residua capacità di movimento (es .: emiplegico, paraplegico, paziente in fase di recupero funzionale, ecc.).

Approccio dell'operatore

  1. evitare di flettere la schiena, utilizzando la flessione delle ginocchia;
  2. ampliare la base di appoggio, e quindi le condizioni di equilibrio, allargando e flettendo le gambe , in senso trasversale o longitudinale a seconda della direzione dello spostamento. Nel caso di trasferimenti o spostamenti al letto del paziente, appoggiare un ginocchio sul letto ;
  3. avvicinarsi il più possibile al paziente da spostare;
  4. garantire una buona presa del paziente (presa crociata, sottoscapolare, zona cavo popliteo), eventualmente con uso di ausili tipo cintura ergonomica, prima di iniziare qualsiasi operazione di movimentazione;
  5. durante la mobilizzazione impartire le indicazioni con parole, frasi e gesti semplici.

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Norme generali di utilizzo

DELLA CARROZZINA:

  1. posizionare la carrozzina nel modo più congruo rispetto al movimento da fare;
  2. controllare che sia ben frenata;
  3. rimuovere gli elementi ingombranti ( bracciolo - pedana poggiapiedi )

DEL LETTO:

  1. controllare che le ruote del letto siano frenate
  2. regolare l'altezza del letto articolato in maniera adeguata alla statura dell'operatore ed alla manovra da effettuare.

Le manovre di mobilizzazione (Paziente non collaborante)

Posizionamento del letto di un paziente non collaborante:

GERARCHIA DI INTERVENTI:
  • Adeguamento del letto regolabile a tre sezioni e in altezza
  • Uso di teli ad alto scorrimento
  • Manovra manuale
  • Uso del sollevatore se necessario (es. per rifacimento del letto occupato).

Manovra manuale di rotazione in decubito laterale del paziente:

  • la manovra è eseguita da un operatore e va scomposta in due fasi.
  • Fase 1 - Posizionamento del paziente con le gambe incrociate, il braccio più vicino all'operatore abdotto e l'altro sull'addome.
  • Fase 2 - Rotazione del paziente

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Le manovre di mobilizzazione (Paziente non collaborante)

  1. Il paziente è in posizione supina, con la gamba più distante, rispetto alla posizione dell'operatore, accavallata sull'altra; l'operatore, posto dal lato verso il quale avviene la rotazione, effettua la presa a livello del bacino e della scapola (dietro la spalla)
  2. ruota il paziente, controbilanciandone il peso con il peso del proprio corpo.

Le manovre di mobilizzazione (Paziente non collaborante)

Le manovre di mobilizzazione letto-carrozzina (e viceversa) di un paziente non collaborante andranno effettuate mediante l'utilizzo del sollevatore. Il telo andra applicato sotto il paziente sfruttando la manovra di rotazione nel letto precedentemente illustrata.

Utilizzo sollevatore:

per questa manovra sono necessari due operatori, la manovra va scomposta in tre fasi.

  • Fase 1 - aggancio dell'imbragatura.
  • Fase 2 - posizionamento del paziente in carrozzina.
  • Fase 3 - sgancio dell'imbragatura.
  1. Il braccio del sollevatore viene abbassato affinché gli operatori facciano il minor sforzo possibile; devono essere agganciate prima le spalle dell'imbragatura e, in un secondo momento, le fasce che passano sotto gli arti inferiori.
  2. Il paziente deve essere mantenuto in posizione semi-orizzontale prima di essere spostato verso la carrozzina; il cambio postura avviene in prossimità della carrozzina, abbassando prima il braccio mobile del sollevatore e poi azionando il meccanismo a leva .
  3. Il braccio mobile del sollevatore viene abbassato, prima vengono spostate le fasce sotto le cosce e poi viene rimossa l'imbragatura stessa.

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