Stratificazione Sociale, Povertà e Mobilità Sociale: analisi delle disuguaglianze

Documento di Università sulla Stratificazione Sociale, Povertà e Mobilità Sociale. Il Pdf esplora le disuguaglianze economiche, culturali e di potere, i sistemi di caste e ceti, e include dati sulla povertà in Italia, utile per lo studio di Economia.

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STRATIFICAZIONE SOCIALE, POVERTÀ E MOBILITÀ SOCIALE
STRATIFICAZIONE SOCIALE
La stratificazione sociale è il sistema strutturale delle disuguaglianze di una società.
L’aggettivo “strutturale” sta a indicare che non si tratta di disuguaglianze casuali o
episodiche, ma relativamente persistenti e durature, e, anche se le società si modificano
nel tempo, qualche forma strutturale di disuguaglianze è sempre riscontrabile.
Stratificazione è un termine usato in geologia per lo studio delle rocce, e può essere utile
pensare la stratificazione sociale in assonanza con gli strati geologici di cui è costituita la
crosta terrestre: immaginiamo quindi le società come costituite da “strati” ordinati
gerarchicamente, dove i privilegiati stanno in alto e i meno privilegiati in basso.
Di solito, quando pensiamo alle disuguaglianze, la prima cosa che ci viene in mente è la
disuguaglianza tra ricchi e poveri, quindi quella legata a fattori economici. In effetti è la
più vistosa e anche la più utilizzata nei discorsi pubblici e politici. Però possiamo avere
disuguaglianze legate al genere, all’età, all’appartenenza religiosa oppure etnica, ai livelli di
istruzione, al prestigio sociale…
È importante a questo punto chiarire la distinzione tra differenze e disuguaglianze: le
nostre società pluraliste, multietniche e multiculturali, sono pervase di differenze tra
individui e gruppi, ma non tutte queste differenze riguardano la stratificazione sociale, cioè
il sistema delle disuguaglianze. Le differenze diventano disuguaglianze quando influenzano
le opportunità di riuscita (nello studio, nel lavoro, nell’affermazione economica, nelle
proprie prospettive di vita in generale), e si traducono quindi in vantaggi e svantaggi
rispetto a tali possibilità di riuscita. Ad esempio, la differenza legata al genere non è neutra,
ma si traduce in minori possibilità per le donne di raggiungere i gradi apicali di carriera in
ambito lavorativo, in livelli retributivi complessivamente più bassi rispetto agli uomini,
tassi di disoccupazione più alti, maggior carico di lavoro domestico e di cura, ecc., con una
situazione fortemente sperequata in particolare in Italia. Quindi, rispetto al genere, in Italia
ma anche in parecchi altri paesi, non ci sono solo differenze ma anche disuguaglianze.
Ricapitolando, le disuguaglianze si articolano su più dimensioni. Le più studiate e quelle
pressoché presenti in tutte le socie sono le disuguaglianze di: a) reddito/posizione
lavorativa; b) cultura/istruzione; c) prestigio sociale; d) potere.
Queste dimensioni spesso sono interrelate, ma possono essere anche in squilibrio (ad
esempio nel caso di una persona che si è arricchita velocemente, ma rimane “grezza” nei
modi e nella cultura, quello che viene definito un “parvenu” o un “burino rifatto”, che si
colloca quindi in posizione alta nella stratificazione rispetto al reddito, ma in posizione
bassa rispetto al livello culturale e al prestigio sociale).
Possiamo poi aggiungere altre dimensioni di stratificazione e disuguaglianza, come genere,
etnia, età, appartenenza religiosa ecc., a seconda dello specifico contesto sociale che
andiamo a studiare (ad esempio, vi possono essere società dove l’appartenenza religiosa è
solo una differenza che non si traduce in disuguaglianza; altro esempio, le etnie minoritarie
tendono ad essere svantaggiate rispetto a quella maggioritaria, ma non è sempre detto
quindi la valutazione va fatta caso per caso).
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Uno strato è un insieme di individui che godono della stessa quantità di risorse (ricchezza,
prestigio, potere, ecc.), che possono essere più o meno alte o basse.
Gli strati hanno assunto storicamente forme assai diverse, quali ad esempio le caste, i ceti
e le classi. Concentriamo l’attenzione solo su questi casi storici, con la consapevolezza che
tanti altri esempi sarebbero possibili.
Quello fondato sulle caste è un sistema di stratificazione sociale a lungo diffuso in India,
ufficialmente abolito nel 1947, quando il paese ottenne l’indipendenza, ma che in parte
influenza ancora oggi, soprattutto nelle zone rurali più arretrate, la suddivisione dei lavori,
gli equilibri di potere, il possesso dei beni, ed è fonte di forti discriminazioni in particolare
verso i “paria”, gli intoccabili, considerati così impuri e inferiori da essere collocati
fuoricasta, cioè sotto il livello più basso delle caste. La specificità del sistema delle caste è
quello di essere basato su una visione religiosa, l’Induismo. In base alle credenze induiste,
l’anima si reincarna e nascere in una casta alta o bassa, quindi più o meno “pura”, significa
che nella vita precedente un individuo si è comportato più o meno bene rispetto ai doveri
della propria posizione. Si apparteneva per tutta la vita alla casta in cui si nasceva e ci si
poteva sposare solo tra membri della stessa casta. L’unico modo per “passare” a una casta
superiore era adempiere i propri doveri in quanto membro di una casta e attendere la
successiva reincarnazione. Si tratta di una stratificazione molto rigida, su base ereditaria
oltre che religiosa, in cui la mobilità sociale era pressoché assente. Di questo sistema è stata
data una lettura critica in chiave marxista, vedendo cioè la religione come uno strumento
ideologico nelle mani dei gruppi privilegiati, che hanno costruito tutto un complesso di
credenze per far accettare le disuguaglianze ai psvantaggiati, con la promessa di un
riscatto nella vita successiva.
I ceti sono un sistema di stratificazione sociale che ha caratterizzato il medioevo e la prima
modernità in Europa, fino all’incirca alla Rivoluzione francese, ma è presente anche in
altre civiltà tradizionali. I ceti sono stati quindi caratteristici della società europea
cosiddetta di Ancien Régime. L’elemento che contraddistingue la stratificazione per ceti è
che le distinzioni tra strati, tranne rare eccezioni, sono attribuite alla nascita e
comportano diritti e doveri diversi, oltreché forti differenze di reddito e prestigio
sociale. Gli aristocratici o nobili costituivano il ceto superiore, vivevano di rendita legata
alle grandi proprietà terriere, e godevano di grandi privilegi (erano esentati dal pagamento
delle tasse, potevano essere arrestati solo per alcuni reati e dovevano comunque essere
giudicati dai loro pari e non dai magistrati ordinari). Il “secondo stato” era costituito dal
clero, ceto che godeva anch’esso di vari privilegi (di diritto e di fatto). Poi vi era il ceto dei
borghesi (detto anche “terzo stato”), composto da marcanti, funzionari e artigiani, infine
i contadini, legati alla terra da rapporti servili. Nella stratificazione per ceti, il valore sociale
degli uomini e delle donne era fissato in modo permanente dal “sangue”, era la nascita a
classificare gli uomini. In una società del genere la mobilità sociale, dovuta alle doti e alle
motivazioni individuali, era molto ridotta. Gli “status ascrittiprevalevano di gran lunga
sugli “status acquisiti”.

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Anteprima

Stratificazione Sociale

La stratificazione sociale è il sistema strutturale delle disuguaglianze di una società. L'aggettivo "strutturale" sta a indicare che non si tratta di disuguaglianze casuali o episodiche, ma relativamente persistenti e durature, e, anche se le società si modificano nel tempo, qualche forma strutturale di disuguaglianze è sempre riscontrabile. Stratificazione è un termine usato in geologia per lo studio delle rocce, e può essere utile pensare la stratificazione sociale in assonanza con gli strati geologici di cui è costituita la crosta terrestre: immaginiamo quindi le società come costituite da "strati" ordinati gerarchicamente, dove i privilegiati stanno in alto e i meno privilegiati in basso. Di solito, quando pensiamo alle disuguaglianze, la prima cosa che ci viene in mente è la disuguaglianza tra ricchi e poveri, quindi quella legata a fattori economici. In effetti è la più vistosa e anche la più utilizzata nei discorsi pubblici e politici. Però possiamo avere disuguaglianze legate al genere, all'età, all'appartenenza religiosa oppure etnica, ai livelli di istruzione, al prestigio sociale ... È importante a questo punto chiarire la distinzione tra differenze e disuguaglianze: le nostre società pluraliste, multietniche e multiculturali, sono pervase di differenze tra individui e gruppi, ma non tutte queste differenze riguardano la stratificazione sociale, cioè il sistema delle disuguaglianze. Le differenze diventano disuguaglianze quando influenzano le opportunità di riuscita (nello studio, nel lavoro, nell'affermazione economica, nelle proprie prospettive di vita in generale), e si traducono quindi in vantaggi e svantaggi rispetto a tali possibilità di riuscita. Ad esempio, la differenza legata al genere non è neutra, ma si traduce in minori possibilità per le donne di raggiungere i gradi apicali di carriera in ambito lavorativo, in livelli retributivi complessivamente più bassi rispetto agli uomini, tassi di disoccupazione più alti, maggior carico di lavoro domestico e di cura, ecc., con una situazione fortemente sperequata in particolare in Italia. Quindi, rispetto al genere, in Italia ma anche in parecchi altri paesi, non ci sono solo differenze ma anche disuguaglianze. Ricapitolando, le disuguaglianze si articolano su più dimensioni. Le più studiate e quelle pressoché presenti in tutte le società sono le disuguaglianze di: a) reddito/posizione lavorativa; b) cultura/istruzione; c) prestigio sociale; d) potere. Queste dimensioni spesso sono interrelate, ma possono essere anche in squilibrio (ad esempio nel caso di una persona che si è arricchita velocemente, ma rimane "grezza" nei modi e nella cultura, quello che viene definito un "parvenu" o un "burino rifatto", che si colloca quindi in posizione alta nella stratificazione rispetto al reddito, ma in posizione bassa rispetto al livello culturale e al prestigio sociale). Possiamo poi aggiungere altre dimensioni di stratificazione e disuguaglianza, come genere, etnia, età, appartenenza religiosa ecc., a seconda dello specifico contesto sociale che andiamo a studiare (ad esempio, vi possono essere società dove l'appartenenza religiosa è solo una differenza che non si traduce in disuguaglianza; altro esempio, le etnie minoritarie tendono ad essere svantaggiate rispetto a quella maggioritaria, ma non è sempre detto quindi la valutazione va fatta caso per caso).

Strati Sociali e Forme Storiche

1Uno strato è un insieme di individui che godono della stessa quantità di risorse (ricchezza, prestigio, potere, ecc.), che possono essere più o meno alte o basse. Gli strati hanno assunto storicamente forme assai diverse, quali ad esempio le caste, i ceti e le classi. Concentriamo l'attenzione solo su questi casi storici, con la consapevolezza che tanti altri esempi sarebbero possibili.

Sistema delle Caste

Quello fondato sulle caste è un sistema di stratificazione sociale a lungo diffuso in India, ufficialmente abolito nel 1947, quando il paese ottenne l'indipendenza, ma che in parte influenza ancora oggi, soprattutto nelle zone rurali più arretrate, la suddivisione dei lavori, gli equilibri di potere, il possesso dei beni, ed è fonte di forti discriminazioni in particolare verso i "paria", gli intoccabili, considerati così impuri e inferiori da essere collocati fuoricasta, cioè sotto il livello più basso delle caste. La specificità del sistema delle caste è quello di essere basato su una visione religiosa, l'Induismo. In base alle credenze induiste, l'anima si reincarna e nascere in una casta alta o bassa, quindi più o meno "pura", significa che nella vita precedente un individuo si è comportato più o meno bene rispetto ai doveri della propria posizione. Si apparteneva per tutta la vita alla casta in cui si nasceva e ci si poteva sposare solo tra membri della stessa casta. L'unico modo per "passare" a una casta superiore era adempiere i propri doveri in quanto membro di una casta e attendere la successiva reincarnazione. Si tratta di una stratificazione molto rigida, su base ereditaria oltre che religiosa, in cui la mobilità sociale era pressoché assente. Di questo sistema è stata data una lettura critica in chiave marxista, vedendo cioè la religione come uno strumento ideologico nelle mani dei gruppi privilegiati, che hanno costruito tutto un complesso di credenze per far accettare le disuguaglianze ai più svantaggiati, con la promessa di un riscatto nella vita successiva.

Sistema dei Ceti

I ceti sono un sistema di stratificazione sociale che ha caratterizzato il medioevo e la prima modernità in Europa, fino all'incirca alla Rivoluzione francese, ma è presente anche in altre civiltà tradizionali. I ceti sono stati quindi caratteristici della società europea cosiddetta di Ancien Régime. L'elemento che contraddistingue la stratificazione per ceti è che le distinzioni tra strati, tranne rare eccezioni, sono attribuite alla nascita e comportano diritti e doveri diversi, oltreché forti differenze di reddito e prestigio sociale. Gli aristocratici o nobili costituivano il ceto superiore, vivevano di rendita legata alle grandi proprietà terriere, e godevano di grandi privilegi (erano esentati dal pagamento delle tasse, potevano essere arrestati solo per alcuni reati e dovevano comunque essere giudicati dai loro pari e non dai magistrati ordinari). Il "secondo stato" era costituito dal clero, ceto che godeva anch'esso di vari privilegi (di diritto e di fatto). Poi vi era il ceto dei borghesi (detto anche "terzo stato"), composto da marcanti, funzionari e artigiani, infine i contadini, legati alla terra da rapporti servili. Nella stratificazione per ceti, il valore sociale degli uomini e delle donne era fissato in modo permanente dal "sangue", era la nascita a classificare gli uomini. In una società del genere la mobilità sociale, dovuta alle doti e alle motivazioni individuali, era molto ridotta. Gli "status ascritti" prevalevano di gran lunga sui "status acquisiti".

Classi Sociali Moderne

2I sistemi di stratificazione basati sulle classi sociali sono caratteristici delle società moderne e contemporanee. Possiamo definire la "classe" come un ampio gruppo di persone che condividono lo stesso tipo di risorse economiche, che poi influiscono anche sullo stile di vita, le propensioni di consumo, ecc. Livello di ricchezza e tipo di occupazione costituiscono le basi primarie delle differenze di classe, che sono dunque differenze economiche. Differentemente dai sistemi incentrati sulle caste e sui ceti, le classi non comportano differenze di diritto tra gli individui né dipendono da ordinamenti religiosi. "Tutti sono uguali di fronte alla legge": è questo uno dei principi fondamentali a cui si ispirano le società moderne nate a seguito della Rivoluzione francese. Ma, pur essendo uguali di diritto, i cittadini non lo sono di fatto, esistono differenze e disuguaglianze tra di loro, non casuali, ma strutturate, cioè relativamente durature. Le classi sono dunque raggruppamenti di fatto, non di diritto, su base economica. I confini tra le classi non sono mai netti né definiti formalmente. Inoltre, la collocazione di classe è almeno in parte acquisita e non semplicemente ascritta alla nascita. È chiaro che nascere in una famiglia già ricca o povera ha la sua influenza e può costituire un vantaggio o uno svantaggio su vari fronti, ma poi conta anche quello che persona riesce a fare, non ci sono restrizioni formali alla mobilità sociale, che infatti è molto più diffusa che negli altri sistemi per ceto e per casta. Nonostante, come abbiamo già visto, le disuguaglianze si articolano su più dimensioni (prestigio, potere, cultura, genere, ecc.), sono le differenze di professione lavorativa e di reddito, quindi di classe sociale, di status socioeconomico, che danno indicazioni sulla posizione principale occupata all'interno della stratificazione sociale. Come abbiamo detto, le classi costituiscono un sistema di stratificazione fluido, con confini non netti, e che si trasforma a seconda di come si evolve la società. Per questo i vari tentativi effettuati dagli studiosi di definire il tipo e il numero delle classi sociali, non hanno avuto successo duraturo e richiedono di essere revisionati. Riportiamo a titolo di esempio, una classificazione elaborata dall'economista Paolo Sylos Labini, negli anni Settanta del Novecento, che all'epoca era stata accolta positivamente e utilizzata negli studi per un certo periodo. Bastandosi sulle distinzioni tra categorie di reddito (rendita, profitto, stipendi e salari), e considerando anche i redditi "misti" da capitale e lavoro, Sylos Labini ha distinto cinque grandi classi sociali, ciascuna delle quali composta da varie sottoclassi che qui non specifichiamo: a) borghesia; b) piccola borghesia relativamente autonoma; c) classe media impiegatizia; d) classe operaia e) sottoproletariato. Rispetto alla situazione attuale, possiamo dire che la classe operaia (intesa come lavoratori salariati dell'industria) ha perso in gran parte il proprio numero e peso, mentre sono cresciuti gli operatori del terziario avanzato e dei servizi. Negli ultimi decenni si sono poi sviluppate forme di lavoro precario e deregolamentato, connesse all'affermarsi del capitalismo neoliberista, e si sono ingrossate le fila dei lavoratori para-subordinati. Fattorini, riders, operatori dei call center, spesso pagati a cottimo, sfruttati, senza tutele sindacali, sono i nuovi "sottoproletari"? Questo per dire che le classi si modificano nel tempo e gli studi vanno costantemente aggiornati. 3

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