UNITELMA SAPIENZA
Prof. Vincenzo Mongillo
IL PRINCIPIO DI OFFENSIVITÀ
DUPLICE VALENZA GARANTISTICA DEL PRINCIPIO DI OFFENSIVITÀ
Secondo il principio di offensività (nullum crimen sine iniuria)
non è concepibile un reato senza l'offesa di un bene giuridico.
Non può punirsi la mera disobbedienza.
Duplice
livello
del principio
di
offensività
quale
fondamentale principio di garanzia di rilievo costituzionale.
- Bene giuridico: sul piano dei legittimi oggetti della tutela
penale, il principio di offensività consente di proteggere con la
sanzione penale solo beni dotati di seria rilevanza sociale
(teoria del bene giuridico in accezione critico-orientativa),
afferrabili (non sono punibili fatti semplicemente immorali) e
riconosciuti
esplicitamente
o
implicitamente
dalla
Costituzione (c.d. teoria del bene giuridico costituzionale).
- Modalità di offesa o aggressione del bene protetto: sono
incriminabili solo condotte lesive o quantomeno pericolose
(danno o messa in pericolo) per i beni tutelati.
DUPLICE DESTINATARIO
Legislatore: a monte, il legislatore è tenuto a limitare la
repressione
penale a
fatti
che, sin
dalla
loro
configurazione astratta, presentino un contenuto
offensivo di beni o interessi ritenuti meritevoli di
protezione.
Giudice-interprete: a valle, il principio di offensività rileva
quale criterio interpretativo-applicativo per il giudice, il
quale, nel verificare la riconducibilità della singola
fattispecie reale al paradigma punitivo astratto, dovrà
evitare
che
siano
fatti
rientrare
in
quest'ultimo
comportamenti privi di qualsiasi concreta attitudine
offensiva.
Corte costituzionale: ad es. Corte cost.
nn.
225/2008,
265/2005, 354/2002,
519/2000, 263/2000.
FONDAMENTO NORMATIVO DEL PRINCIPIO DI OFFENSIVITÀ
Nell'accezione
liberal-democratica,
il
principio
di
offensività
ha
storicamente
una
matrice
filosofica,
sovrapositiva e pre-costituzionale: la "dannosità sociale" del
contrattualismo illuministico
(da Beccaria a Hommel),
l'harm principle del pensiero liberale anglosassone (J.S.
Mill).
Fondamento normativo nel sistema penale italiano:
- A livello costituzionale: l'affermazione del principio di
offensività è frutto
di una raffinata ermeneutica
costituzionale; segnatamente, è ricavato da una lettura
combinata
degli
artt.
13
(la libertà personale è
inviolabile), 25, comma 2 (diritto penale del fatto) e 27,
comma 3, Cost. (funzione rieducativa).
- A livello codicistico: parte della dottrina - sostenitori
della c.d. concezione realistica del reato - ritiene che il
principio di offensività sia desumibile dall'art. 49, cpv.,
c.p. (reato impossibile).
CAPACITÀ SELETTIVA DELLA TEORIA DEL BENE GIURIDICO E DEL PRINCIPIO DI OFFENSIVITÀ: LIMITI
- La teoria del bene giuridico, in accezione critico-
liberale,
dovrebbe
consentire
di
decidere
razionalmente in merito alla punibilità di determinate
condotte, specie quelle più controverse. Si pensi, ad
es., a: maltrattamento di animali, incesto tra adulti
consenzienti, profanazione di
cadaveri 0
tombe,
negazione o giustificazione dei genocidi, comportamenti
solo
astrattamente pericolosi per l'ambiente, vendita,
coltivazione o detenzione di stupefacenti.
Riesce realmente a svolgere questo ruolo selettivo?
In realtà, spesso il concetto di bene giuridico viene
invocato per criminalizzare certe condotte, piuttosto che
per escluderne la punibilità.
- Sul versante delle modalità di offesa, anche la Corte
costituzionale tende a legittimare forme di forte
anticipazione della tutela, per esigenze di protezione
particolarmente pressanti: reati di pericolo astratto, reati
associativi, reati-ostativi.
CASI DI DICHIARAZIONI DI INCOSTITUZIONALITÀ
Le declaratorie di incostituzionalità della Consulta, basate (anche) sul
principio di offensività, hanno riguardato, per lo più:
incriminazioni rese vetuste dall'evolvere della coscienza sociale e
dell'assetto istituzionale:
- es. esposizione non autorizzata di bandiera di Stato estero ai sensi degli
artt. 1 e 3 legge 24 giugno 1926 n. 1085 (sent. n. 189/1987): la bandiera
non è «più l'emblema, il simbolo della sovranità territoriale, ma designa
simbolicamente un certo Paese, l'identità d'un determinato Stato»;
- mendicità non invasiva (sent. n. 519/1995 circa art. 670 c.p., poi
abrogato).
oppure presunzioni fondate - irragionevolmente e in violazione del
"principio del diritto penale del fatto" - su mere condizioni soggettive:
- es. ubriachezza in luogo pubblico del già condannato per determinati
delitti (n. 354/2002);
- aggravante della clandestinità
(n. 249/2010).
violazioni del principio di proporzionalità della pena, in correlazione con
i principi di uguaglianza, offensività e della finalità rieducativa (nn.
251/2012, 105/2014, 106/2014).
UN PUNTO FERMO: DISTINZIONE TRA CONDOTTA OFFENSIVA E IMMORALE, REATO E PECCATO
Il principio di offensività aiuta a distinguere razionalmente
tra condotte semplicemente immorali e condotte offensive.
Sono
irrilevanti
penalmente,
secondo la
tradizionale
distinzione
moderna
tra
reato e
peccato,
condotte
semplicemente immorali che non mettano a rischio la pacifica
convivenza:
- condotte autolesionistiche (assunzione di stupefacenti,
tentato suicidio);
- qualsiasi atto sessuale tra adulti consenzienti (dello
stesso sesso) che non metta a rischio l'incolumità
individuale;
- Interruzione della gravidanza? (scriminante procedurale);
- ecc.
Secolarizzazione e laicizzazione del diritto
iniziata con l'Illuminismo.
penale
TECNICHE DI ANTICIPAZIONE DELLA TUTELA
Distinzione tra reati di danno (es. omicidio) e reati di pericolo (es.
incendio).
Oltre alla lesione diretta (reati di danno), esistono forme
progressivamente meno incisive e più remote di offesa. In via
discendente:
- il pericolo concreto: si richiede l'accertamento di un evento di
pericolo e che quindi il bene tutelato abbia concretamente corso un
pericolo;
- il pericolo astratto-concreto: qui è punita la pericolosità della
condotta, non l'effettiva messa in pericolo quale evento del reato;
- il
pericolo presunto: non richiede neppure l'accertamento
dell'astratta pericolosità della condotta, ma soltanto di una condotta
che abbia determinate caratteristiche fissate dalla legge a cui si
ricollega una presunzione di pericolo (es. varie contravvenzioni in
materia antinfortunistica);
- atti prodromici alla realizzazione di condotte realmente offensive
(c.d. reati ostativi o preparatori: proliferati negli ultimi decenni; ma di
questa tipologia di reati già abbondava il codice Rocco tuttora in
vigore: es. fabbricazione o detenzione di filigrane - art. 461 c.p. ).
PERICOLO ASTRATTO O PRESUNTO
Per la Corte Costituzionale non è precluso al legislatore il
ricorso al modello del reato di pericolo presunto, purché
il ricorso a tale tecnica di tutela sia ragionevole.
Se ne valuta dunque la legittimità sul piano del principio di
ragionevolezza.
Occorrerà, in particolare, che "la valutazione legislativa
di pericolosità
del
fatto
incriminato
non
risulti
irrazionale e arbitraria,
ma
risponda all'id
quod
plerumque accidiť (Cfr. Corte cost. n. 62 del 1986; n. 133
del 1992; n. 333 del 1991; n. 225 del 2008).
!
PENALE
CODICE
MATERIA DEGLI STUPEFACENTI: COLTIVAZIONE DI CANNABIS
Corte costituzionale, sent., 20 maggio 2016 (9 marzo 2016), n. 109
- Pres. Grossi - Est. Frigo
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 75, d.P.R.
9 ottobre 1990, n. 309 ("Testo unico delle leggi in materia di disciplina
degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e
riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza"), nella parte in cui
non include tra le condotte punibili con sole sanzioni amministrative,
ove finalizzate in via esclusiva all'uso personale della sostanza
stupefacente, anche la coltivazione di piante di cannabis, sollevata
in riferimento agli artt. 3, 13, comma 2, 25, comma 2, e 27, comma 3,
Cost.
- La norma tutela beni di natura collettiva: salute pubblica,
sicurezza e ordine pubblico, normale sviluppo delle giovani
generazioni. Ne discende, secondo la Corte, l'estraneità della salute
individuale agli oggetti della protezione penale.
- Obiettivo politico-criminale (ratio della tutela): contrastare il
mercato delle droghe e la loro diffusione incontrollata tra la
popolazione.
MATERIA DEGLI STUPEFACENTI: COLTIVAZIONE DI CANNABIS - Dubbi Residui
Dubbi residui:
- il consumo individuale non è penalmente rilevante;
- la coltivazione di piante di cannabis per uso esclusivamente
personale non alimenta il mercato degli stupefacenti e i profitti delle
organizzazioni criminali;
- a differenza ad es. della produzione/fabbricazione/vendita o anche
coltivazione dello stupefacente per fini di rivendita, nel caso di
coltivazione per mero autoconsumo sembra venire meno l'unico criterio
di legittimazione del pericolo astratto, secondo la stessa visione della
Corte cost., vale a dire l'esistenza di un momento di potenziale
diffusione del pericolo per beni altrui su cui sia necessario intervenire
anticipatamente. Si rischia di punire in base ad una mera presunzione
assoluta (presunzione iuris et de iure, non vincibile da prova contraria) di
circolazione incontrollata;
- infine, si corre anche il rischio di sospingere il consumatore ad
accedere a mercati illeciti e ad acquistare sostanze di bassa qualità con
l'aggiunta - e ciò accade spesso anche per la cannabis - di additivi allo
scopo di aumentarne peso ed effetto.
L'OFFENSIVITÀ COME CRITERIO ERMENEUTICO-APPLICATIVO
Il giudice dovrebbe mandare esente da pena la singola
condotta apparentemente conforme al tipo ma che
risulti, in concreto, assolutamente inidonea a offendere il
bene giuridico protetto.
Possibile ricorso alla figura del reato impossibile (art. 49
c.p.), oppure - secondo altra prospettiva - affermazione
del difetto di tipicità del comportamento oggetto di
giudizio.
ART. 131-BIS C.P .: PARTICOLARE TENUITÀ DEL FATTO
Differente piano (causa di non punibilità) su cui opera l'art.
131-bis c.p. introdotto dal d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28.
«Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel
massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o
congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le
modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo,
valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma, l'offesa è di
particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale».