Pdf da Pegaso su L'Eneide di Virgilio a servizio della lessicografia. Il Materiale analizza l'opera di Virgilio attraverso la lente lessicografica di Servio, esplorando il contesto e le motivazioni di personaggi come Giunone, le differenze tra termini latini e verbi di percezione visiva, utile per Letteratura universitaria.
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1. L'Eneide di Virgilio a servizio della lessicografia Proviamo ad entrare in classe mentre il grammaticus (in questo caso Mauro Servio Onorato, IV secolo d.C.) sta spiegando ai suoi studenti - che parlano in latino e vivono in una società dove vigono istituzioni, abitudini, costumi, credenze religiose tipiche di una società romana - il loro testo 'canonico', ossia l'Eneide di Virgilio. Nella nostra ricostruzione e per i fini che sottendono questa lezione, vedremo il nostro maestro mentre svaria da un libro all'altro del poema epico virgiliano. Nel caso specifico il brano che Servio si appresta a commentare riguarda il passaggio dei Troiani, esuli della loro città incendiata e distrutta dai Greci, da uno stato di serenità conseguente al loro solcare tranquillamente il mare con le loro navi ad uno stato di terrore conseguente alla vendetta messa in pratica dalla dea Giunone, loro nemica, irritata nel vedere che Enea e i suoi compagni stanno andando felicemente incontro a un nuovo destino.
Peraltro Giunone ragiona con la mentalità di chi è moglie del re degli dèi, ossia Giove, e ritiene che tutto le possa essere consentito. A maggior ragione questo desiderio di vendetta la tortura, perché non accetterebbe mai che quello che la dea Minerva ha attivato in termini vendicativi nei confronti di Aiace Oileo per un sacrilegio da costui compiuto rimanga l'unico precedente in tal senso; per Giunone, insomma, è una questione d'onore meditare e realizzare quegli stessi progetti vendicativi, che Minerva si è potuta concedere.
Servio, pertanto, porterà i suoi studenti nel contesto che meglio spiega l'atteggiamento di Giunone e sarà indotto per questo anche a raccontare lo stupro subito da Cassandra proprio nel tempio di Minerva: di qui la vendetta di questa dea perché Aiace ha usato il luogo a lei sacro per compiere una violenza sessuale. Il mito racconta che Aiace, figlio di Oileo, re dei Locresi, durante il saccheggio di Troia violò il tempio di Minerva e oltraggiò Cassandra, ma fu poi punito al ritorno in patria con una tempesta che lo fece naufragare e morire al capo Cafereo, in Eubea. Servio, nel frangente, arricchirà il racconto con altri dettagli.
PEGASO 3 di 14TESTO 1. Verg. Aen. 1,34-41 Vix e conspectu Siculae telluris in altum vela dabant laeti et spumas salis aere ruebant, cum Iuno aeternum servans sub pectore volnus haec secum: «Mene incepto desistere victam nec posse Italia Teucrorum avertere regem? Quippe vetor fatis. Pallasne exurere classem Argivom atque ipsos potuit submergere ponto unius ob noxam et furias Aiacis Oili? "Appena, fuori dalla vista della terra sicula, al largo davano le vele allegri, e le schiume salmastre il bronzo turbava, quando Giunone, che in eterno serbava dentro al suo cuore la ferita, così disse fra sé: «lo dal mio proposito desistere, dandomi vinta, senza poter dall'Italia dei Teucri distogliere il re? Certo me lo vietano i fati. Pallade non poté riardere la flotta degli Argivi e loro stessi sommergere in mare per la sola offesa di un folle, di Aiace Oileo?)"
TESTO 2. Serv. ad Verg. Aen. 1,41 NOXAM pro 'noxiam'. et hoc interest inter noxam et noxiam, quod noxia culpa est, noxa autem poena. sane latenter tangit historiam; dicitur enim Minerva in tantum ob vitiatam Cassandram in templo suo solius Aiacis poena non fuisse contenta, ut postea per oraculum de eius regno quotannis unam nobilem puellam iusserit Ilium sibi ad sacrificium mitti, et quod est amplius, de ea tribu, de qua Aiax fuerat, sicut Annaeus Placidus refert.
"NOXAM al posto di noxiam, Questa è la differenza fra noxam e noxiam, e cioè che noxia è la colpa, noxa invece è il castigo. [Virgilio] in effetti ha voluto sotto sotto sfiorare la vicenda. Si racconta infatti che Minerva per il fatto che Cassandra era stata violentata nel tempio dedicata a lei non si accontentò di punire il solo Aiace, al punto che successivamente per volontà dell'oracolo PEGASO Emirrisili Talimalina 4 di 14ogni anno ordinò che una nobile vergine fosse mandata a Troia per essere sacrificata e, quel che è ancora più importante, che la ragazza provenisse dalla stessa tribù alla quale apparteneva Aiace; questo è quanto riferisce [il grammatico] Anneo Placido".
Merita di essere notato il fatto che Servio, che pure poco prima si era soffermato sulla eccezionale pronuncia da riservare ad unius in barba alle regole dell'accento, non manca di educare i suoi studenti in materia di sensibilità nei confronti del lessico, specie quando questo si espone a situazioni di ambiguità. Non è un caso che egli ricorra allo schema delle differentiae verborum davanti a parole che a primo acchito potrebbero sembrare omofone (noxa/noxiam); anzi par di capire che egli stia rimproverando Virgilio di aver scambiato un vocabolo con un altro: in altre parole Virgilio si sarebbe concentrato sulla punizione subìta da Aiace piuttosto che sulla colpa da lui commessa.
Va da sé che l'attenzione riservata da Servio al distinguo fra due vocaboli che potevano creare una confusione, come quella apparentemente occorsa a Virgilio, non è frutto di una prassi originale, in quanto, come si vedrà dal testo sottostante, proprio quel distinguo figurava in una delle raccolte che, a livello mnemonico, dovevano guidare gli studenti nelle loro future performances compositive e oratorie.
TESTO 3. Flavius Sosipater Charisius [pseudo]) differentiae Frontonis quae dicuntur Silere et tacere. silet cuius loquentis sermo comprimitur ab ipsa significatione litterae s, tacet qui nec loqui quidem coepit.
"Silere e tacere. Se ne sta in silenzio, colui al quale mentre stava parlando viene tolta la parola e questo lo si capisce dallo stesso significato della lettera s [con cui ancora oggi si chiede di stare in silenzio]; tace colui che non ha neppure incominciato a parlare"
PEGASO Emirrisik Talimalina 5 di 14TESTO 4. Flauvius Sosipater Charisius [pseudo]) differentiae Frontonis quae dicuntur Munus et donum. munus quod amicus vel cliens vel libertus officii causa mittunt, vel munus gladiatorium; donum quod dis datur: inde locus ubi dona ponuntur donarium appellatur. possunt et illa nihilo minus dona dici, quae donant pauperibus divites vel potentes. illud quoque donum putandum est, quod militibus donatur in castris, ut vallaris corona.
"Munus et donum. Regalo è quello che un amico oppure un cliente o uno schiavo affrancato fa per senso di rispetto oppure uno spettacolo di gladiatori; il dono è quello che si dà agli dèi; di qui il fatto che il luogo dove si collocano i doni si chiama donario; comunque cionondimeno possono essere chiamati doni anche che quelli che i ricchi e i poveri fanno ai poveri. Anche dono si può chiamare quello che viene offerto ai soldati negli accampamenti, come la corona vallare".
In verità in un'altra batteria di Differentiae sermonum (Differentiae Ciceronis) Inter dona et munera hoc interest, quod dona a deo donantur, munera ab hominibus tribuuntur, et munera, quibus milites officio funguntur, quae quidam et munia vocant è proposto un altro distinguo: "Fra dona e munera questa è la differenza: dona sono quelli che il dio ci concede, munera sono quelli che vengono concessi dagli uomini; ci sono poi anche i munera che sono prestati da soldati per dovere d'ufficio; questi ultimi possone essere chiamati anche munia".
TESTO 5. Flauvius Sosipater Charisius [pseudo]) differentiae Frontonis quae dicuntur Noxam et noxiam. noxa poena est, noxia culpa Noxam e noxiam, noxa è il castigo, noxia è la colpa Hunc et istum et illum et eum. hunc et istum in proximo notat; illum ostendit quidem longe stantem, sed in conspectu; eum absentem refert.
PEGASO 6 di 14"Hunc e istum e illum e eum. hunc e istum servono ad indicare qualcosa che ci sta molto vicino; illum serve ad indicare qualcosa che certamente è davanti ai nostri occhi, ma comunque è lontano; eum invece si riferisce a qualcosa che non sta con noi, ma è assente".
Gli esempi sopra riportati fanno parte di un vademecum, che non indugia soltanto sulle sfumature semantiche di vocaboli che non sono da considerare uno il doppione dell'altro, ma che richiama alla mente dei discenti di allora le gerarchie esistenti in società, gerarchie che si mantenevano inalterate proprio grazie al nesso stringente che esiste fra i vocaboli e i referenti di quei soggetti ai quali proprio quei vocaboli riconoscono la superiorità o l'inferiorità. È difficile dire se ad influenzare Servio sia stato il discusso autore della serie delle differentiae verborum sopra citate; quel che è certo è che abbiamo a che fare con un patrimonio di esperienze scolastiche di cui i vari grammatici si qualificavano come eredi. Sull'ultimo esempio citato, non so se fa più senso o fa più ridere il fatto che questa 'filastrocca' viene attualmente usata per fare la pubblicità ad una particolare marca di olio di oliva: lungi dal fruitore di quella pubblicità l'idea che egli si sta sorbendo un distinguo che ha duemila anni di vita.
PEGASO Fairrisil Talimalina 7 di 14
2. Differentiae verborum: i verba videndiTESTO 1. Verg. Aen. 1,224-234 Et iam finis erat, cum Iuppiter aethere summo despiciens mare velivolum terrasque iacentis litoraque et latos populos, sic vertice caeli constitit et Libyae defixit lumina regnis. Atque illum talis iactantem pectore curas tristior et lacrimis oculos suffusa nitentis adloquitur Venus: «O qui res hominumque deumque aeternis regis imperiis et fulmine terres, quid meus Aeneas in te committere tantum, quid Troes potuere, quibus tot funera passis cunctus ob Italiam terrarum clauditur orbis? "E già era la fine, quando Giove dall'alto dell'etere giù guardando il mare con voli di vele e le terre protese, coi litorali e le vaste nazioni, così sulla vetta del cielo si fermò e alla Libia affisse gli occhi sui regni. A lui, mentre agitava nel petto tali preoccupazioni, più triste e di lacrime la luce offuscata degli occhi, si rivolge Venere: «O tu che le fortune di uomini e dèi governi con eterno dominio, e col fulmine li atterrisci, che cosa il mio Enea contro di te poté commettere di tanto grave, che cosa i Troiani poterono, ai quali, dopo tanti lutti patiti, per causa dell'Italia si chiude l'universo intero?".
Il contesto riguarda la scenografia riguardante i momenti di sconforto e di disagio vissuti dai Troiani in conseguenza del naufragio programmato da Giunone ed eseguito per ordine della dea dal re dei venti Eolo.
La visione olimpica da cui Giove si rende conto del travaglio dei Troiani, prima di sentirsi rattristato dalla loro infelice vicenda umana, fa da premessa all'intervento della dea Venere, che, PEGASO Fairrisilà Talimalina 8 di 14 in quanto madre di Enea, supplica il capo degli dèì di rendersi conto dell'innocenza di suo figlio e dei suoi compagni e lo invita a riflettere sulla ingiusta catena di sventure che si è abbattuta sui