La Lancia di Minerva: cinema, biografia e visioni del tempo

Documento sulla Lancia di Minerva, che analizza il cinema come espressione della sensibilità e visione del mondo. Il Pdf esplora il rapporto tra cinema, tempo e filosofia, trattando concetti filosofici come Chronos, Kairos e Aion, con riferimenti a registi, utile per Filosofia a livello universitario.

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12 pagine

LA LANCIA DI MINERVA!
INTRODUZIONE!
il cinema compare la fine dell’ottocento come curiosità e divertimento da fiera popolare, si aerma
nel corso del secolo successivo, attraverso un’evoluzione insieme tecnica e linguistica. Il cinema
era l’unione di diverse scoperte preesistenti. Ciò che nasce è una nuova sensibilità e visione del
mondo, irrompe la vita narrata oppure colta in flagrante. Questa nuova sensibilità, che il cinema
esprime attraverso immagini in movimento, pervade anche la filosofia e nuove discipline come la
psicoanalisi. Il corpo costituisce l’apertura percettiva al mondo. La rivalutazione del corpo rivela
un capovolgimento dei costumi e delle sensibilità. Si passa da un clima culturale contrassegnato
dalla serenità e dalla sicurezza, ad un orizzonte incerto, tormentato, dove la passione dei corpi
insieme inebria e lascia inappagati. La vita entra anche nella filosofia. Carlo Sini sostiene che la
filosofia debba essere qualcosa di ane alla funzione fondamentale della cultura cioè la capacità
di esibire l’immagine della vita della propria umanità e comunità come uno specchio per tutti: uno
specchio in cui imparare a riconoscersi e ravvisarsi nelle proprie necessità. Il linguaggio
cinematografico rappresenta la vita stessa attraverso una riformulazione simbolica, utilizzando
una materia del tutto nuova: il tempo. L’osservazione diretta della vita è la vera via per giungere
alla poesia cinematografica. Nella sua essenza, l’immagine cinematografica è l’osservazione di un
fatto che si svolge nel tempo. La filosofia non si accorge per decenni dell’importanza del cinema
sul piano del pensiero. A Ricciotto Canudo si deve la definizione di cinema quale settima arte. Si
attribuisce importanza ai procedimenti formali del cinema; la forma costituisce la logica sottesa al
film tanto da definirne l’identità. Il cinema organizza il mondo visibile, lo legge e ritrascrive la
realtà. Andrè Bazin , critico cinematografico, sviluppò una teoria ontologica del cinema incentrata
sul suo stretto rapporto con la realtà, chiamava il complesso della mummia, la tendenza a
conservare in qualche modo ciò che è destinato a perire. Bazin vede in questa esigenza della
psicologia umana di difendersi dallo scorrere del tempo l’origine delle arti figurative. Nota che
l’oggettività della fotografia le conferisce un potere di credibilità assente da qualsiasi opera
pittorica. Dagli anni 60, il cinema diventa oggetto di interesse delle scienze umane, sull’onda
soprattutto della semiotica di impronta strutturalista. L’obiettivo non era più quello di definire la
natura o l’essenza del cinema, bensì quello di individuare gli strumenti maggiormente adeguati ad
analizzarlo. Metz tenta attraverso la linguistica uno studio scientifico del cinema con l’obiettivo di
arancare la critica cinematografica dal soggettivismo. Pose il problema della definizione
dell’ambito di applicabilità delle metodologie linguistiche al cinema, escludendone ogni
semplicistico utilizzo e sostenendo la specificità del linguaggio cinematografico che impone agli
studiosi percorsi di ricerca nuovi e originali. Metz distingue la parola film, che designa il
messaggio nella sua pluralità ed eterogeneità dei codici, dalla parola cinema che disegna invece
l’insieme dei codici omogenei e specifici. Il linguaggio cinematografico si definirà come l’insieme
di tutti i codici cinematografici particolari e generali, nel momento in cui si trascurano
provvisoriamente le dierenze che li separano e si prende il loro ceppo comune come se fosse
realmente un sistema unitario. Solo negli anni 80, grazie a Gilles Deluze, il cinema entra a pieno
titolo nell’ambito della filosofia. Deluze elabora una filosofia del cinema fondata sull’individuazione
all’interno delle opere cinematografiche di interpretazioni del reale e visioni filosofiche, che si
esprimono attraverso declinazioni diverse di un nuovo linguaggio in cui pensiero di tecnica filmica
sono inscindibilmente legati i grandi autori di cinema possono essere paragonati anche a
pensatori; pensano con immagini-movimento e con immagini-tempo invece che con concetti. La
teoria del cinema non si fonda sul cinema, ma su concetti del cinema. I grandi autori di cinema
sono loro che parlano meglio di quello che fanno, ma parlando diventano altro, diventano filosofi o
teorici. Il cinema è una nuova pratica delle immagini e dei segni, di cui la filosofia deve fare la
teoria in quanto nessun altra disciplina è suciente a definire i concetti del cinema. Esiste un
rapporto nelle opere cinematografiche tra immagine e pensiero, tra corpo e mente, tra ciò che è
visibile e ciò che è invisibile. Tutto questo è simbolicamente rappresentato dalla lancia di Athena-
Minerva, la dea della conoscenza filosofica e della saggezza: la sua lancia, un simbolo assiale,
pone in relazione terra e cielo, dimensione materiale e dimensione spirituale. Il cinema dovrebbe
essere compreso in questa prospettiva, entrando a far parte della storia dell’arte e del pensiero. !
!
1.CINEMA, BIOGRAFIA E VISIONI DEL TEMPO!
Nella cultura occidentale il tempo è considerato nei suoi aspetti misurabili, suddiviso in passato,
presente e futuro. Non era così nel pensiero antico. I greci avevano parole diverse per indicare il
tempo: Chrónos, Kairós, Aion che esprimevano altrettanto dierenti visioni del tempo. Chrónos è
il tempo astratto che scorre, la durata quantitativa, come successione lineare che misura il
cambiamento, il divenire di tutte le cose. Si distingue il prima e il poi, il passato, il presente e il
futuro. È associato alla divinità greca Kronos, che nella civiltà romana assume il nome di Saturno.
Chrónos è una rappresentazione della morte, il tempo che fugge, che tutto divora. Nella teogonia
Esiodo narra che Gaia (la terra), unendo si a Urano (il cielo), genera i titani, tra i quali Kronos. Un
oracolo per disse a Kronos che uno dei suoi figli lo avrebbe spodestato. Nel timore di esserne
vittima, non potendo uccidere i propri figli in quanto divinità mortali, Kronos li ingoiò appena nati.
Kronos dunque il simbolo del tempo che divora ciò che egli stesso ha creato. Kairós, è il tempo
qualitativo, il momento opportuno, alla buon’ occasione, è un momento di un periodo di tempo
indeterminato nel quale qualcosa di speciale accade. Kairós viene ragurato come un giovane
con delle ali sulle spalle e alette ai piedi e con abbondante ciocche di capelli che scendono sul
viso e la nuca rasata; regge una bilancia. Il momento propizio deve essere aerrato come a fare il
ciuo di capelli, altrimenti è ormai andato e non può essere ripetuto. Kairós è il tempo in cui Dio
agisce, il tempo della presenza di Dio. Kairós è compiuto, è la pienezza dei tempi, è il tempo in cui
si manifesta la grazia di Dio. A dierenza della visione cristiana del tempo, che vede un inizio e
una fine, la concezione del tempo nel mondo antico si basava sull’idea della sua ciclicità, un
eterno ritorno questo principio è reso dall’immagine del Ourobòros, il serpente che si morde la
coda. Aion è il tempo inteso come permanenza, il tempo che non passa. Viene ragurato come
un uomo con la testa leonina, con uno scettro, una chiave ed un fulmine tra le mani, avvolto da un
serpente che intorno al suo corpo compie sette giri mezzo, corrispondenti alle sfere celesti. È
l’eternità che si contrappone al tempo empirico in movimento continuo. Può essere considerato il
tempo sacro, Aion il signore della luce, esprime simbolicamente il susseguirsi delle ere, la
manifestazione ciclica degli eventi. Questa concezione era connessa ai ritmi della vita quotidiana:
l’alternarsi del giorno e della notte, il susseguirsi delle stagioni, lo stesso ciclo vitale dell’uomo.
Sono racchiusi gli opposti: cambiamento e durata, tempo e spazio, luce e tenebre, vita e morte,
spirito e materia. È il tempo che eternamente ritorna.!
Aurelio Agostino d’Ippona aronta il tema della natura del tempo: lo definisce un enigma. Aronta
l’argomento partendo dall’analisi dei primi versi della genesi, sembra che la creazione avvenga nel
tempo, che sia frutto di una decisione da parte di Dio. Secondo Agostino, Dio è al di là del tempo,
è nell’eternità. Con la creazione, Dio crea anche il tempo. Dalla vetta dell’eterno presente e gli
precede tutto il passato e sovrasta tutto l’avvenire, giacché l’avvenire, una volta avvenuto, sarà
passato. La definizione del tempo se nessuno me lo chiede, lo so, ma se voglio spiegarlo a chi me
lo chiede, non lo so più. Il presente esiste sola condizione di tramutarsi in passato e di non essere
ancora futuro. Il tempo allora esiste solo in quanto tende a non essere. Il sole, che già esiste, non
è futuro, ma lo è la sua levata, che non è ancora avvenuta. Non è possibile predire che il sole
sorgerà, se non avessimo in mente un’immagine di questo evento. Bisogna che siano presenti
entrambi anché l’evento futuro sia previsto. Pertanto, il futuro non c’è ancora e se non c’è
ancora non c’è fatto, ma si può solo predire sulla base del presente. Per Agostino nel futuro nel
passato esistono. Più corretto sarebbe dire che i tre tempi sono il presente di ciò che è passato,
cioè la memoria, il presente di ciò che è presente, ovvero la percezione ed il presente di ciò che è
futuro, l’aspettativa. Le tre dimensioni del tempo sono dunque tra presenti. Il tempo è
un’estensione dell’anima. La memoria alla facoltà di trattenere il passato, tuttavia è qualcosa che
si possiede al presente, è il presente del passato. Per Agostino è lo spazio interiore del soggetto
dove si trova non solo quanto è stato colto dai sensi, quanto soprattutto le immagini di eventi e di
sentimenti, quindi tutto ciò che costituisce il vissuto della coscienza, quanto si è appreso
attraverso lo studio e la conoscenza. !
Deleuze distingue sostanzialmente due periodi e due modalità di fare cinema, quella del cinema
classico, semplificando, il cinema di Hollywood fino al dopo guerra, e quella del cinema moderno
che a partire dal neorealismo e dall’esperienza della nouvelle Vogue vede la realizzazione di film
che si interrogano sul reale. Il montaggio procede per alternanze, scomposizioni per dare al
tempo la sua dimensione filmica. Era la concezione classica del cosiddetto montaggio sovrano, in
cui il tempo viene rappresentato indirettamente in quanto deriva dalla sintesi delle immagini.
L’immagine-movimento, da luogo solo indirettamente ad una rappresentazione del tempo,
realizzando ciò tramite il montaggio, attraverso l’interazione tra immagini diverse in successione,
che acquistano senso solo grazie a questa relazione. Nel cinema moderno lo schema senso-
motorio, che caratterizzava l’immagine-movimento, è superato. Il tempo esce dai cardini, non è
più il tempo che dipende dal movimento ma è il movimento che dipende dal tempo. L’immagine-
tempo presuppone anch’essa il montaggio: il montaggio già nell’immagine, una sequenza

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Anteprima

Introduzione al Cinema e alla Filosofia

il cinema compare la fine dell'ottocento come curiosità e divertimento da fiera popolare, si afferma nel corso del secolo successivo, attraverso un'evoluzione insieme tecnica e linguistica. Il cinema era l'unione di diverse scoperte preesistenti. Ciò che nasce è una nuova sensibilità e visione del mondo, irrompe la vita narrata oppure colta in flagrante. Questa nuova sensibilità, che il cinema esprime attraverso immagini in movimento, pervade anche la filosofia e nuove discipline come la psicoanalisi. Il corpo costituisce l'apertura percettiva al mondo. La rivalutazione del corpo rivela un capovolgimento dei costumi e delle sensibilità. Si passa da un clima culturale contrassegnato dalla serenità e dalla sicurezza, ad un orizzonte incerto, tormentato, dove la passione dei corpi insieme inebria e lascia inappagati. La vita entra anche nella filosofia. Carlo Sini sostiene che la filosofia debba essere qualcosa di affine alla funzione fondamentale della cultura cioè la capacità di esibire l'immagine della vita della propria umanità e comunità come uno specchio per tutti: uno specchio in cui imparare a riconoscersi e ravvisarsi nelle proprie necessità. Il linguaggio cinematografico rappresenta la vita stessa attraverso una riformulazione simbolica, utilizzando una materia del tutto nuova: il tempo. L'osservazione diretta della vita è la vera via per giungere alla poesia cinematografica. Nella sua essenza, l'immagine cinematografica è l'osservazione di un fatto che si svolge nel tempo. La filosofia non si accorge per decenni dell'importanza del cinema sul piano del pensiero. A Ricciotto Canudo si deve la definizione di cinema quale settima arte. Si attribuisce importanza ai procedimenti formali del cinema; la forma costituisce la logica sottesa al film tanto da definirne l'identità. Il cinema organizza il mondo visibile, lo legge e ritrascrive la realtà. Andrè Bazin , critico cinematografico, sviluppo una teoria ontologica del cinema incentrata sul suo stretto rapporto con la realtà, chiamava il complesso della mummia, la tendenza a conservare in qualche modo ciò che è destinato a perire. Bazin vede in questa esigenza della psicologia umana di difendersi dallo scorrere del tempo l'origine delle arti figurative. Nota che l'oggettività della fotografia le conferisce un potere di credibilità assente da qualsiasi opera pittorica. Dagli anni 60, il cinema diventa oggetto di interesse delle scienze umane, sull'onda soprattutto della semiotica di impronta strutturalista. L'obiettivo non era più quello di definire la natura o l'essenza del cinema, bensì quello di individuare gli strumenti maggiormente adeguati ad analizzarlo. Metz tenta attraverso la linguistica uno studio scientifico del cinema con l'obiettivo di affrancare la critica cinematografica dal soggettivismo. Pose il problema della definizione dell'ambito di applicabilità delle metodologie linguistiche al cinema, escludendone ogni semplicistico utilizzo e sostenendo la specificità del linguaggio cinematografico che impone agli studiosi percorsi di ricerca nuovi e originali. Metz distingue la parola film, che designa il messaggio nella sua pluralità ed eterogeneità dei codici, dalla parola cinema che disegna invece l'insieme dei codici omogenei e specifici. Il linguaggio cinematografico si definirà come l'insieme di tutti i codici cinematografici particolari e generali, nel momento in cui si trascurano provvisoriamente le differenze che li separano e si prende il loro ceppo comune come se fosse realmente un sistema unitario. Solo negli anni 80, grazie a Gilles Deluze, il cinema entra a pieno titolo nell'ambito della filosofia. Deluze elabora una filosofia del cinema fondata sull'individuazione all'interno delle opere cinematografiche di interpretazioni del reale e visioni filosofiche, che si esprimono attraverso declinazioni diverse di un nuovo linguaggio in cui pensiero di tecnica filmica sono inscindibilmente legati i grandi autori di cinema possono essere paragonati anche a pensatori; pensano con immagini-movimento e con immagini-tempo invece che con concetti. La teoria del cinema non si fonda sul cinema, ma su concetti del cinema. I grandi autori di cinema sono loro che parlano meglio di quello che fanno, ma parlando diventano altro, diventano filosofi o teorici. Il cinema è una nuova pratica delle immagini e dei segni, di cui la filosofia deve fare la teoria in quanto nessun altra disciplina è sufficiente a definire i concetti del cinema. Esiste un rapporto nelle opere cinematografiche tra immagine e pensiero, tra corpo e mente, tra ciò che è visibile e ciò che è invisibile. Tutto questo è simbolicamente rappresentato dalla lancia di Athena- Minerva, la dea della conoscenza filosofica e della saggezza: la sua lancia, un simbolo assiale, pone in relazione terra e cielo, dimensione materiale e dimensione spirituale. Il cinema dovrebbe essere compreso in questa prospettiva, entrando a far parte della storia dell'arte e del pensiero.

Cinema, Biografia e Visioni del Tempo

Nella cultura occidentale il tempo è considerato nei suoi aspetti misurabili, suddiviso in passato, presente e futuro. Non era così nel pensiero antico. I greci avevano parole diverse per indicare il tempo: Chronos, Kairós, Aion che esprimevano altrettanto differenti visioni del tempo. Chrónos èil tempo astratto che scorre, la durata quantitativa, come successione lineare che misura il cambiamento, il divenire di tutte le cose. Si distingue il prima e il poi, il passato, il presente e il futuro. È associato alla divinità greca Kronos, che nella civiltà romana assume il nome di Saturno. Chronos è una rappresentazione della morte, il tempo che fugge, che tutto divora. Nella teogonia Esiodo narra che Gaia (la terra), unendo si a Urano (il cielo), genera i titani, tra i quali Kronos. Un oracolo per disse a Kronos che uno dei suoi figli lo avrebbe spodestato. Nel timore di esserne vittima, non potendo uccidere i propri figli in quanto divinità mortali, Kronos li ingoiò appena nati. Kronos dunque il simbolo del tempo che divora ciò che egli stesso ha creato. Kairós, è il tempo qualitativo, il momento opportuno, alla buon' occasione, è un momento di un periodo di tempo indeterminato nel quale qualcosa di speciale accade. Kairós viene raffigurato come un giovane con delle ali sulle spalle e alette ai piedi e con abbondante ciocche di capelli che scendono sul viso e la nuca rasata; regge una bilancia. Il momento propizio deve essere afferrato come a fare il ciuffo di capelli, altrimenti è ormai andato e non può essere ripetuto. Kairós è il tempo in cui Dio agisce, il tempo della presenza di Dio. Kairós è compiuto, è la pienezza dei tempi, è il tempo in cui si manifesta la grazia di Dio. A differenza della visione cristiana del tempo, che vede un inizio e una fine, la concezione del tempo nel mondo antico si basava sull'idea della sua ciclicità, un eterno ritorno questo principio è reso dall'immagine del Ouroboros, il serpente che si morde la coda. Aion è il tempo inteso come permanenza, il tempo che non passa. Viene raffigurato come un uomo con la testa leonina, con uno scettro, una chiave ed un fulmine tra le mani, avvolto da un serpente che intorno al suo corpo compie sette giri mezzo, corrispondenti alle sfere celesti. È l'eternità che si contrappone al tempo empirico in movimento continuo. Può essere considerato il tempo sacro, Aion il signore della luce, esprime simbolicamente il susseguirsi delle ere, la manifestazione ciclica degli eventi. Questa concezione era connessa ai ritmi della vita quotidiana: l'alternarsi del giorno e della notte, il susseguirsi delle stagioni, lo stesso ciclo vitale dell'uomo. Sono racchiusi gli opposti: cambiamento e durata, tempo e spazio, luce e tenebre, vita e morte, spirito e materia. È il tempo che eternamente ritorna.

Agostino d'Ippona e la Natura del Tempo

Aurelio Agostino d'Ippona affronta il tema della natura del tempo: lo definisce un enigma. Affronta l'argomento partendo dall'analisi dei primi versi della genesi, sembra che la creazione avvenga nel tempo, che sia frutto di una decisione da parte di Dio. Secondo Agostino, Dio è al di là del tempo, è nell'eternità. Con la creazione, Dio crea anche il tempo. Dalla vetta dell'eterno presente e gli precede tutto il passato e sovrasta tutto l'avvenire, giacché l'avvenire, una volta avvenuto, sarà passato. La definizione del tempo se nessuno me lo chiede, lo so, ma se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so più. Il presente esiste sola condizione di tramutarsi in passato e di non essere ancora futuro. Il tempo allora esiste solo in quanto tende a non essere. Il sole, che già esiste, non è futuro, ma lo è la sua levata, che non è ancora avvenuta. Non è possibile predire che il sole sorgerà, se non avessimo in mente un'immagine di questo evento. Bisogna che siano presenti entrambi affinché l'evento futuro sia previsto. Pertanto, il futuro non c'è ancora e se non c'è ancora non c'è fatto, ma si può solo predire sulla base del presente. Per Agostino nel futuro nel passato esistono. Più corretto sarebbe dire che i tre tempi sono il presente di ciò che è passato, cioè la memoria, il presente di ciò che è presente, ovvero la percezione ed il presente di ciò che è futuro, l'aspettativa. Le tre dimensioni del tempo sono dunque tra presenti. Il tempo è un'estensione dell'anima. La memoria alla facoltà di trattenere il passato, tuttavia è qualcosa che si possiede al presente, è il presente del passato. Per Agostino è lo spazio interiore del soggetto dove si trova non solo quanto è stato colto dai sensi, quanto soprattutto le immagini di eventi e di sentimenti, quindi tutto ciò che costituisce il vissuto della coscienza, quanto si è appreso attraverso lo studio e la conoscenza.

Deleuze e le Modalità del Cinema

Deleuze distingue sostanzialmente due periodi e due modalità di fare cinema, quella del cinema classico, semplificando, il cinema di Hollywood fino al dopo guerra, e quella del cinema moderno che a partire dal neorealismo e dall'esperienza della nouvelle Vogue vede la realizzazione di film che si interrogano sul reale. Il montaggio procede per alternanze, scomposizioni per dare al tempo la sua dimensione filmica. Era la concezione classica del cosiddetto montaggio sovrano, in cui il tempo viene rappresentato indirettamente in quanto deriva dalla sintesi delle immagini. L'immagine-movimento, da luogo solo indirettamente ad una rappresentazione del tempo, realizzando ciò tramite il montaggio, attraverso l'interazione tra immagini diverse in successione, che acquistano senso solo grazie a questa relazione. Nel cinema moderno lo schema senso- motorio, che caratterizzava l'immagine-movimento, è superato. Il tempo esce dai cardini, non è più il tempo che dipende dal movimento ma è il movimento che dipende dal tempo. L'immagine- tempo presuppone anch'essa il montaggio: il montaggio già nell'immagine, una sequenza

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