Il Principio di Offensività nel diritto penale: analisi e applicazione

Slide da Unitelma Sapienza sul Principio di Offensività. Il Pdf, una presentazione di Diritto di livello universitario, analizza il principio di offensività nel diritto penale, le sue valenze garantistiche e l'applicazione pratica, con focus su coltivazione di cannabis e art. 131-bis c.p.

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Prof. Vincenzo Mongillo
IL PRINCIPIO DI OFFENSIVITÀ
DUPLICE VALENZA GARANTISTICA DEL PRINCIPIO DI
OFFENSIVITÀ
Secondo il principio di offensività (nullum crimen sine iniuria)
non è concepibile un reato senza l’offesa di un bene giuridico.
Non può punirsi la mera disobbedienza.
Duplice livello del principio di offensività quale
fondamentale principio di garanzia di rilievo costituzionale.
Bene giuridico: sul piano dei legittimi oggetti della tutela
penale, il principio di offensività consente di proteggere con la
sanzione penale solo beni dotati di seria rilevanza sociale
(teoria del bene giuridico in accezione critico-orientativa),
afferrabili (non sono punibili fatti semplicemente immorali) e
riconosciuti esplicitamente o implicitamente dalla
Costituzione (c.d. teoria del bene giuridico costituzionale).
Modalità di offesa o aggressione del bene protetto: sono
incriminabili solo condotte lesive o quantomeno pericolose
(danno o messa in pericolo) per i beni tutelati.
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UNITELMA SAPIENZA

Prof. Vincenzo Mongillo

IL PRINCIPIO DI OFFENSIVITÀ

DUPLICE VALENZA GARANTISTICA DEL PRINCIPIO DI OFFENSIVITÀ

Secondo il principio di offensività (nullum crimen sine iniuria) non è concepibile un reato senza l'offesa di un bene giuridico. Non può punirsi la mera disobbedienza.

Duplice livello del principio di offensività quale fondamentale principio di garanzia di rilievo costituzionale.

  • Bene giuridico: sul piano dei legittimi oggetti della tutela penale, il principio di offensività consente di proteggere con la sanzione penale solo beni dotati di seria rilevanza sociale (teoria del bene giuridico in accezione critico-orientativa), afferrabili (non sono punibili fatti semplicemente immorali) e riconosciuti esplicitamente o implicitamente dalla Costituzione (c.d. teoria del bene giuridico costituzionale).
  • Modalità di offesa o aggressione del bene protetto: sono incriminabili solo condotte lesive o quantomeno pericolose (danno o messa in pericolo) per i beni tutelati.

DUPLICE DESTINATARIO

Legislatore: a monte, il legislatore è tenuto a limitare la repressione penale a fatti che, sin dalla loro configurazione astratta, presentino un contenuto offensivo di beni o interessi ritenuti meritevoli di protezione.

Giudice-interprete: a valle, il principio di offensività rileva quale criterio interpretativo-applicativo per il giudice, il quale, nel verificare la riconducibilità della singola fattispecie reale al paradigma punitivo astratto, dovrà evitare che siano fatti rientrare in quest'ultimo comportamenti privi di qualsiasi concreta attitudine offensiva.

Corte costituzionale: ad es. Corte cost. nn. 225/2008, 265/2005, 354/2002, 519/2000, 263/2000.

FONDAMENTO NORMATIVO DEL PRINCIPIO DI OFFENSIVITÀ

Nell'accezione liberal-democratica, il principio di offensività ha storicamente una matrice filosofica, sovrapositiva e pre-costituzionale: la "dannosità sociale" del contrattualismo illuministico (da Beccaria a Hommel), l'harm principle del pensiero liberale anglosassone (J.S. Mill).

Fondamento normativo nel sistema penale italiano:

  • A livello costituzionale: l'affermazione del principio di offensività è frutto di una raffinata ermeneutica costituzionale; segnatamente, è ricavato da una lettura combinata degli artt. 13 (la libertà personale è inviolabile), 25, comma 2 (diritto penale del fatto) e 27, comma 3, Cost. (funzione rieducativa).
  • A livello codicistico: parte della dottrina - sostenitori della c.d. concezione realistica del reato - ritiene che il principio di offensività sia desumibile dall'art. 49, cpv., c.p. (reato impossibile).

CAPACITÀ SELETTIVA DELLA TEORIA DEL BENE GIURIDICO E DEL PRINCIPIO DI OFFENSIVITÀ: LIMITI

  • La teoria del bene giuridico, in accezione critico- liberale, dovrebbe consentire di decidere razionalmente in merito alla punibilità di determinate condotte, specie quelle più controverse. Si pensi, ad es., a: maltrattamento di animali, incesto tra adulti consenzienti, profanazione di cadaveri 0 tombe, negazione o giustificazione dei genocidi, comportamenti solo astrattamente pericolosi per l'ambiente, vendita, coltivazione o detenzione di stupefacenti. Riesce realmente a svolgere questo ruolo selettivo? In realtà, spesso il concetto di bene giuridico viene invocato per criminalizzare certe condotte, piuttosto che per escluderne la punibilità.
  • Sul versante delle modalità di offesa, anche la Corte costituzionale tende a legittimare forme di forte anticipazione della tutela, per esigenze di protezione particolarmente pressanti: reati di pericolo astratto, reati associativi, reati-ostativi.

CASI DI DICHIARAZIONI DI INCOSTITUZIONALITÀ

Le declaratorie di incostituzionalità della Consulta, basate (anche) sul principio di offensività, hanno riguardato, per lo più: incriminazioni rese vetuste dall'evolvere della coscienza sociale e dell'assetto istituzionale:

  • es. esposizione non autorizzata di bandiera di Stato estero ai sensi degli artt. 1 e 3 legge 24 giugno 1926 n. 1085 (sent. n. 189/1987): la bandiera non è «più l'emblema, il simbolo della sovranità territoriale, ma designa simbolicamente un certo Paese, l'identità d'un determinato Stato»;
  • mendicità non invasiva (sent. n. 519/1995 circa art. 670 c.p., poi abrogato).

oppure presunzioni fondate - irragionevolmente e in violazione del "principio del diritto penale del fatto" - su mere condizioni soggettive:

  • es. ubriachezza in luogo pubblico del già condannato per determinati delitti (n. 354/2002);
  • aggravante della clandestinità (n. 249/2010).

violazioni del principio di proporzionalità della pena, in correlazione con i principi di uguaglianza, offensività e della finalità rieducativa (nn. 251/2012, 105/2014, 106/2014).

UN PUNTO FERMO: DISTINZIONE TRA CONDOTTA OFFENSIVA E IMMORALE, REATO E PECCATO

Il principio di offensività aiuta a distinguere razionalmente tra condotte semplicemente immorali e condotte offensive. Sono irrilevanti penalmente, secondo la tradizionale distinzione moderna tra reato e peccato, condotte semplicemente immorali che non mettano a rischio la pacifica convivenza:

  • condotte autolesionistiche (assunzione di stupefacenti, tentato suicidio);
  • qualsiasi atto sessuale tra adulti consenzienti (dello stesso sesso) che non metta a rischio l'incolumità individuale;
  • Interruzione della gravidanza? (scriminante procedurale);
  • ecc.

Secolarizzazione e laicizzazione del diritto iniziata con l'Illuminismo.

penale

TECNICHE DI ANTICIPAZIONE DELLA TUTELA

Distinzione tra reati di danno (es. omicidio) e reati di pericolo (es. incendio). Oltre alla lesione diretta (reati di danno), esistono forme progressivamente meno incisive e più remote di offesa. In via discendente:

  • il pericolo concreto: si richiede l'accertamento di un evento di pericolo e che quindi il bene tutelato abbia concretamente corso un pericolo;
  • il pericolo astratto-concreto: qui è punita la pericolosità della condotta, non l'effettiva messa in pericolo quale evento del reato;
  • il pericolo presunto: non richiede neppure l'accertamento dell'astratta pericolosità della condotta, ma soltanto di una condotta che abbia determinate caratteristiche fissate dalla legge a cui si ricollega una presunzione di pericolo (es. varie contravvenzioni in materia antinfortunistica);
  • atti prodromici alla realizzazione di condotte realmente offensive (c.d. reati ostativi o preparatori: proliferati negli ultimi decenni; ma di questa tipologia di reati già abbondava il codice Rocco tuttora in vigore: es. fabbricazione o detenzione di filigrane - art. 461 c.p. ).

PERICOLO ASTRATTO O PRESUNTO

Per la Corte Costituzionale non è precluso al legislatore il ricorso al modello del reato di pericolo presunto, purché il ricorso a tale tecnica di tutela sia ragionevole. Se ne valuta dunque la legittimità sul piano del principio di ragionevolezza. Occorrerà, in particolare, che "la valutazione legislativa di pericolosità del fatto incriminato non risulti irrazionale e arbitraria, ma risponda all'id quod plerumque accidiť (Cfr. Corte cost. n. 62 del 1986; n. 133 del 1992; n. 333 del 1991; n. 225 del 2008).

! PENALE CODICE

MATERIA DEGLI STUPEFACENTI: COLTIVAZIONE DI CANNABIS

Corte costituzionale, sent., 20 maggio 2016 (9 marzo 2016), n. 109 - Pres. Grossi - Est. Frigo È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 75, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 ("Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza"), nella parte in cui non include tra le condotte punibili con sole sanzioni amministrative, ove finalizzate in via esclusiva all'uso personale della sostanza stupefacente, anche la coltivazione di piante di cannabis, sollevata in riferimento agli artt. 3, 13, comma 2, 25, comma 2, e 27, comma 3, Cost.

  • La norma tutela beni di natura collettiva: salute pubblica, sicurezza e ordine pubblico, normale sviluppo delle giovani generazioni. Ne discende, secondo la Corte, l'estraneità della salute individuale agli oggetti della protezione penale.
  • Obiettivo politico-criminale (ratio della tutela): contrastare il mercato delle droghe e la loro diffusione incontrollata tra la popolazione.

MATERIA DEGLI STUPEFACENTI: COLTIVAZIONE DI CANNABIS - Dubbi Residui

Dubbi residui:

  • il consumo individuale non è penalmente rilevante;
  • la coltivazione di piante di cannabis per uso esclusivamente personale non alimenta il mercato degli stupefacenti e i profitti delle organizzazioni criminali;
  • a differenza ad es. della produzione/fabbricazione/vendita o anche coltivazione dello stupefacente per fini di rivendita, nel caso di coltivazione per mero autoconsumo sembra venire meno l'unico criterio di legittimazione del pericolo astratto, secondo la stessa visione della Corte cost., vale a dire l'esistenza di un momento di potenziale diffusione del pericolo per beni altrui su cui sia necessario intervenire anticipatamente. Si rischia di punire in base ad una mera presunzione assoluta (presunzione iuris et de iure, non vincibile da prova contraria) di circolazione incontrollata;
  • infine, si corre anche il rischio di sospingere il consumatore ad accedere a mercati illeciti e ad acquistare sostanze di bassa qualità con l'aggiunta - e ciò accade spesso anche per la cannabis - di additivi allo scopo di aumentarne peso ed effetto.

L'OFFENSIVITÀ COME CRITERIO ERMENEUTICO-APPLICATIVO

Il giudice dovrebbe mandare esente da pena la singola condotta apparentemente conforme al tipo ma che risulti, in concreto, assolutamente inidonea a offendere il bene giuridico protetto.

Possibile ricorso alla figura del reato impossibile (art. 49 c.p.), oppure - secondo altra prospettiva - affermazione del difetto di tipicità del comportamento oggetto di giudizio.

ART. 131-BIS C.P .: PARTICOLARE TENUITÀ DEL FATTO

Differente piano (causa di non punibilità) su cui opera l'art. 131-bis c.p. introdotto dal d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28.

«Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale».

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