Documento di Faralli sulla teoria generale del diritto. Il Pdf, adatto a studenti universitari di Diritto, esplora la nascita e l'evoluzione della disciplina, analizzando concetti fondamentali, il ruolo dello Stato e le teorie del realismo giuridico e del legal-logicismo.
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La teoria del diritto ha una lunga e complessa storia che si estende da Adolf Merkel fino ai giorni nostri. Questo excursus storico esplora le principali tappe e i contributi significativi che hanno plasmato la disciplina giuridica. Il sommario include: .
L'atto di nascita della teoria del diritto è comunemente attribuito all'articolo del 1874 di Adolf Merkel, intitolato Sul rapporto tra filosofia del diritto e scienza positiva del diritto. In questo lavoro, Merkel sostiene che non esiste filosofia del diritto senza diritto positivo, affermando che filosofia del diritto e teoria generale del diritto coincidono. La sua definizione implica la sistematizzazione dei concetti giuridici fondamentali attraverso l'analisi dei principi generali delle diverse branche del diritto positivo. Merkel, considerato il fondatore della teoria generale del diritto, rappresenta un punto di arrivo nel contesto filosofico del positivismo, distaccandosi dall'idea di scienza empirica del positivismo filosofico. La sua teoria si concentra sulla scienza delle norme positive, ovvero quelle stabilite dalla volontà del legislatore, contrapposta alla sociologia giuridica che si occupa di fatti concreti.
La teoria generale del diritto ha portato a un raffinamento degli strumenti della scienza giuridica e all'elaborazione di concetti chiave come:
Inoltre, Merkel e i suoi contemporanei hanno identificato i "caratteri differenziali del diritto", che distinguono le norme giuridiche da altri tipi di norme, come quelle morali o sociali. Questi caratteri includono:
Nel periodo successivo alle codificazioni, le caratteristiche di statualità e imperatività sono state considerate fondamentali per le norme giuridiche, in un contesto in cui lo Stato monopolizza il potere di produzione giuridica. Alcuni autori, come August Thon ed Ernst Rudolf Bierling, hanno sostenuto che anche gruppi sociali possono produrre diritto, mentre Ernst Zitelmann ha proposto che la norma giuridica non sia un comando, ma un giudizio logico.
La figura di Hans Kelsen è cruciale nella storia della teoria del diritto. La sua opera ha rappresentato una rielaborazione significativa delle idee precedenti, contribuendo a una comprensione più profonda e sistematica del diritto. Kelsen ha sviluppato la Teoria pura del diritto, che si propone di analizzare il diritto in modo scientifico, separandolo da influenze politiche e morali.
La filosofia analitica ha avuto un impatto notevole sulla teoria del diritto, portando a un'analisi più rigorosa dei concetti giuridici. Questa corrente di pensiero ha enfatizzato l'importanza della chiarezza e della precisione nel linguaggio giuridico, contribuendo a una maggiore comprensione delle norme e dei principi giuridici.
La teoria del diritto realista si è sviluppata come risposta alle limitazioni delle teorie precedenti, ponendo l'accento sull'importanza della pratica giuridica e sull'analisi delle decisioni giudiziarie. Questa prospettiva ha cercato di integrare l'analisi teorica con l'esperienza pratica, riconoscendo che il diritto è influenzato da fattori sociali e culturali.
Oggi, la teoria del diritto continua a evolversi, affrontando nuove sfide e interrogativi. Le interazioni tra diritto, etica, e società sono al centro del dibattito contemporaneo, con un crescente interesse per le implicazioni pratiche delle teorie giuridiche. La ricerca continua a esplorare come le norme giuridiche possano rispondere alle esigenze di una società in cambiamento, mantenendo al contempo la loro coerenza e validità.
Le critiche all'antiformalismo, emerse tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, mettono in discussione i fondamenti della teoria generale del diritto, in particolare l'identificazione della statualità e dell'imperatività come caratteristiche essenziali delle norme giuridiche. Con la crisi dello Stato moderno e la formazione di cerchie giuridiche indipendenti, si afferma la tesi della pluralità degli ordinamenti giuridici. Eugen Ehrlich, un importante esponente dell'antiformalismo, sostiene che gran parte del diritto origina dalla società e non è ridotto a norme giuridiche statali.
Hans Kelsen, giurista austriaco, propone la sua "dottrina pura del diritto", che si concentra sul diritto positivo e sulla sua struttura, piuttosto che su ordinamenti giuridici specifici. Kelsen distingue tra la domanda su cosa sia il diritto e quella su cosa debba essere, affermando che la sua dottrina è scientifica e non politica. Le norme giuridiche, secondo Kelsen, sono giudizi ipotetici che collegano eventi (A e B) attraverso un principio di imputazione, differente dal principio di causalità. La sanzione è l'elemento distintivo delle norme giuridiche, e il diritto soggettivo è visto come la possibilità di provocare una sanzione.
Kelsen amplia l'analisi al rapporto tra le norme, definendo la sua indagine come nomodinamica. Egli distingue tra sistemi statici e dinamici, con l'ordinamento giuridico come esempio di sistema dinamico. Questo ordinamento è composto da norme di condotta e norme di competenza, organizzate in una struttura piramidale. Alla base ci sono norme individuali, mentre all'apice si trova la norma fondamentale (Grundnorm), che funge da fondamento di validità per l'intero sistema normativo.
La teoria di Kelsen, pur essendo una formulazione rigorosa del diritto formale, presenta limiti poiché riduce il fenomeno giuridico a un'unica dimensione: la norma. Questo approccio trascura altri aspetti significativi del diritto e della sua applicazione
La filosofia analitica offre nuovi fondamenti alla teoria del diritto, enfatizzando la chiarificazione del linguaggio e il rigore scientifico. Herbert L.A. Hart, influenzato da Kelsen, critica la nozione di diritto come comando coattivo, sostituendola con quella di norma. Hart distingue tra norme primarie, che impongono obblighi, e norme secondarie, che attribuiscono poteri. La norma di riconoscimento, che identifica le norme primarie, è un fatto empirico e non un presupposto logico trascendentale, rivelandosi nell'attività giuridica quotidiana.
Negli anni del primo dopoguerra in Italia, il clima filosofico era dominato dall'idealismo e il panorama giuridico dal positivismo giuridico di origine tedesca. Norberto Bobbio (1909- 2004) si impegnò a far conoscere i nuovi orientamenti filosofici e giuridici, in particolare il neopositivismo e la filosofia analitica, nonché il kelsenismo. Il suo scritto del 1950, Scienza del diritto e analisi del linguaggio, divenne un manifesto programmatico per gli studi giuridici italiani. Bobbio propose un innesto tra la teoria del diritto kelseniana e la filosofia analitica, evidenziando che la teoria kelseniana si presentava come un metodo scientifico per lo studio del diritto, mentre la filosofia analitica mirava a chiarire il linguaggio giuridico.
Bobbio sottolineò che l'innesto della filosofia analitica nella teoria kelseniana rivelava le insufficienze di una visione meramente strutturale del diritto. In primo luogo, la validità di una norma implica la sua obbligatorietà, che richiede una scelta di valore. Inoltre, l'approccio strutturale non considera il diritto come un sistema chiuso, ma come un sottosistema interconnesso con altri sistemi sociali (economico, culturale, politico). Questo portò Bobbio a riconoscere la necessità di un'analisi funzionale del diritto.
Gli antiformalisti di fine Ottocento e inizio Novecento, come Karl Olivecrona, criticarono il giusnaturalismo e il positivismo giuridico, sostenendo che il linguaggio giuridico è direttivo e non ha un referente semantico nel mondo reale. Olivecrona affermò che termini come "diritto soggettivo" funzionano come "cartelli indicatori" che influenzano il comportamento sociale. Le norme giuridiche non sono comandi diretti, ma rappresentazioni di modelli di comportamento che esercitano un potere vincolante sui membri della comunità. La validità di una norma è legata alla sua efficacia e alla percezione di obbligatorietà da parte della società.
La teoria del diritto, come presentata da Merkel, riduceva il diritto a diritto positivo, ma nel corso del Novecento si sviluppò una consapevolezza della complessità del diritto, che non poteva essere ridotto a norme formalmente valide. Kelsen stesso riconobbe l'importanza di aspetti politici e sociologici nel diritto. Bobbio, in risposta a questa evoluzione, propose una teoria funzionale da affiancare a quella formale, distinguendo tra diversi compiti della filosofia del diritto: ontologico, fenomenologico, deontologico e metodologico.
Bobbio distinse tra la filosofia del diritto dei filosofi, che parte da una concezione del mondo, e quella dei giuristi, che si basa sull'esperienza giuridica concreta. Questa distinzione è utile per comprendere l'uso contemporaneo dei termini "filosofia del diritto" e "teoria del diritto". La filosofia del diritto dei giuristi si concentra su problemi concettuali emergenti dall'esperienza giuridica, presentando temi classici come norma, diritti, ordinamento e interpretazione, per rendere gli studenti consapevoli della complessità del diritto come fenomeno storicoculturale.
La filosofia del diritto non ha una definizione univoca e il suo significato varia a seconda del contesto. Essa comprende una vasta gamma di discorsi che si riferiscono al diritto, senza necessariamente essere tecnici. La letteratura filosofico-giuridica è eterogenea, sia per stile che per oggetto d'indagine.
Nella filosofia del diritto si possono identificare due stili distinti:
La filosofia giuridica analitica si basa sull'analisi logica del linguaggio e non ha un oggetto autonomo. Essa si occupa di concetti fondamentali come la validità e il diritto soggettivo, mirando a chiarire i pensieri e le proposizioni giuridiche. Giovanni Tarello ha sostenuto che la filosofia del diritto debba essere praticata da giuristi e non da filosofi generali.