Manuale pratico di dizione, regole di pronuncia e linguistica generale

Documento dall'Università degli Studi di Padova su manuale pratico di dizione, regole pronuncia e linguistica generale. Il Pdf, utile per lo studio universitario di Lingue, offre un approfondimento sulle consonanti sibilanti dentali, distinguendo tra varianti sorde e sonore con numerosi esempi pratici.

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Manuale pratico di dizione, regole pronuncia e linguistica
generale
Istituzioni di Linguistica (Università degli Studi di Padova)
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Manuale pratico di dizione

Istituzioni di Linguistica

Manuale pratico di dizione, regole pronuncia e linguistica generale Istituzioni di Linguistica (Università degli Studi di Padova) Scan to open on Studocu Studocu is not sponsored or endorsed by any college or university Downloaded by Maria Cristina Sparta (mariacristina.sparta@gmail.com)APPUNTI DI DIZIONE This document is available free of charge on studocu Downloaded by Maria Cristina Spartà (mariacristina.sparta@gmail.com)APPUNTI DI DIZIONE

Le Vocali

Nella lingua italiana le Vocali vanno distinte fra: Vocali alfabetiche sono in numero di CINQUE: "a"', "e", "i", "o", "u" Vocali fonetiche sono in numero di SETTE: "a", "è" (aperta), "é" (chiusa), "i", "ó" (chiusa), "ò" (aperta), "u" Come si può notare nella categoria delle Vocali fonetiche sono annoverati due tipi di "e" e due tipi di "o", è infatti su queste due vocali che incide la distinzione fonetica di pronuncia. Altra distinzione importante e necessaria per pronunciare correttamente le parole in lingua italiana è quella tra accento tonico e accento fonico. Accento tonico è la forza che viene data ad una sillaba in particolare tra quelle che compongono la parola (Esempi: tàvolo, perché, tastièra), Accento fonico indica le distinzioni tra suoni aperti e chiusi per le vocali "e" ed "o". In conseguenza di questa distinzione per indicare quali vocali vadano pronunciate aperte e quali chiuse, si usano due tipi di accento fonico: Accento grave: è" per indicare le vocali da pronunciare aperte (Esempi: pòdio, sèdia), Accento acuto: “Ó", "É" per indicare le vocali da pronunciare chiuse (Esempi: bórsa, perché). Pag. 1 Downloaded by Maria Cristina Spartà (mariacristina.sparta@gmail.com)APPUNTI DI DIZIONE

Regola principale

Quando su una sillaba contenente una "e" od una "o" non cade l'accento tonico, la "e" o la "o" devono essere pronunciate sempre chiuse. Esempio: tàvolo, libro, volante, disco, bottiglia. Tutta la nostra attenzione sarà perciò ora rivolta ai vocaboli contenenti una sillaba con le vocali "e" od "o", sulle quali cada l'accento tonico. Solo in questo caso dovremo chiederci se le vocali "e" od "o" debbano essere pronunciate aperte o chiuse. Pag. 2 This document is available free of charge on studocu Downloaded by Maria Cristina Spartà (mariacristina.sparta@gmail.com)APPUNTI DI DIZIONE

La vocale "e" aperta

La "e" fonica aperta italiana (è) deriva spesso dalla "e" breve e dal dittongo "ae" del latino classico. Esempi: decem > dièci, ferrum -> ferro, laetus -> lieto, praesto > prèsto. La lettera "e" ha suono aperto nei seguenti casi:

  1. Nel dittongo "-ie-".

    Esempi: bandiera, ieri, cavalière, lieto, dietro.

    Eccezioni della "e" chiusa nel dittongo "-ie-"

    • nei suffissi dei vocaboli di derivazione etnica (Es .: ateniése, pugliese, marsigliese, ecc.),
    • nei suffissi dei diminutivi in "-ietto" (Es .: maglietta, foglietto, vecchietto, ecc.),
    • nei suffissi dei sostantivi in "-iezzo" (Es .: ampiezza, ecc.),
    • nei vocaboli chiérico e biglietto.
  2. Quand'è seguita da vocale.

    Esempi: colèi, costèi, fèudo, idèa, lèi.

    Eccezioni della "e" chiusa seguita da vocale

    • nella desinenza "-ei" del passato remoto (Es .: credéi, potéi, cedéi, ecc.),
    • nelle preposizioni articolate (Es .: déi, péi, néi, ecc.),
    • nell'aggettivo dimostrativo quéi.
  3. Quand'è seguita da una consonante dopo la quale vengono due vocali.

    Esempi: assèdio, gènio, egrègio, prèmio.

    Eccezioni della "e" chiusa seguita da consonante e due vocali

    • quando è seguita dalle sillabe "-gui-", "-gua-", "-guo-" (Es .: diléguo, perséguo, seguito, trégua, ecc.),
    • nei vocaboli frégio, sfrégio.
  4. Nei vocaboli di origine straniera che terminano con una consonante.

    Esempi: hotel, record, rebus, sexy, premier, seltz, nègus, zenit.

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  1. Nei vocaboli italiani tronchi.

    Esempi: caffè, bignè, gilè, tè (bevanda).

  2. Nelle desinenze del Condizionale Presente in "-ebbe", "- ebbero".

    Esempi: farebbe, crederebbero, crescerèbbe, direbbe, marcerebbe, marcirèbbero, circolerèbbero, fraintenderebbero, comprerebbe, accetterèbbero, colpirèbbe, tradurrebbero.

  3. Nelle terminazioni in "-edo", "-eda", "-edi", "-ede".

    Esempi: cèdo, corrèdo, erède, prèda, schèda, arrèdo, sède, sèdi.

    Eccezioni della "e" chiusa nelle terminazioni in "-edo", "-eda", "-edi", "-ede"

    • nelle forme verbali di crédere e vedére (Es .: crédo, védo, crédi, védi, ecc.),
    • nelle forme verbali derivate dalla precedenti (Es .: provvédo, ricrédo, miscrédo, ravvédo, intravédo, rivédo, ecc.),
    • nel vocabolo féde.
  4. Nelle terminazioni in "-eco", "-eca", "-echi", "-eche".

    Esempi: teca, èco, gèco, corteco, areca, tricheco, discoteca, enoteca, biblioteca, paninoteca, gipsoteca, videotèca, comprendendo anche i nomi di popolo, Esempi: Greco, Guatemalteco, Mixteco, Azteco, Zapoteco, Toltèco, Uzbèco.

  5. Nei suffissi in "-edini", "-edine".

    Esempi: salsedine, pinguedine, raucedine, torpèdine, intercapedine, acrèdine.

  6. Nelle terminazioni in "-ello", "-ella", "-elli", "-elle".

    Esempi: pagelle, mastello, bello, sorella, fratello, fardello, spinelli, porcello, padella, caramella, lavello, orpelli, ostèllo, manovèlle, spesso usate anche come suffissi di diminutivi e/o vezzeggiativi, Esempi: asinello, torello, praticello, bricconcella, cattivella, orticello.

    Eccezioni della "e" chiusa nelle terminazioni in "-ello", "-ella", "-elli", "-elle"

    • nelle preposizioni articolate (Es .: dél, déllo, délla, déi, dégli, délle, nél, nella, ecc.),
    • negli aggettivi dimostrativi (Es .: quél, quéllo, quélla, quéi, quélle, codésto, ecc.),
    • nei vocaboli stella e capello.

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  1. Nei suffissi di sostantivi in "-emo", "-ema", "-emi", "-eme", "- eno", "-ena", "-eni", "-ene".

    Esempi: teorema, anatema, problema, apotema, crisantemo, eritèma, falèna, altalèna, cantilèna, trèno.

  2. Nelle terminazioni in "-endo", "-enda", "-endi", "-ende" e in tutte le desinenze del gerundio.

    Esempi: agenda, benda, tremendo, orrenda, correndo, temèndo, cuocendo, aprèndo, leggendo, facendo, morèndo, starnutèndo, ferèndo, mettendo.

    Eccezioni della "e" chiusa nelle terminazioni in "-endo", "-enda", "-endi", "-ende"

    • nei verbi scéndo e véndo.
  3. Nelle desinenze dell'Infinito in "-endere".

    Esempi: appendere, contendere, sorprendere, attendere, intendere, riprendere, rapprendere, apprendere.

    Eccezioni della "e" chiusa nelle desinenze dell'Infinito in "-endere"

    • nei verbi scéndere e véndere e nei loro composti (Es .: discéndere, rivéndere, ecc.).
  4. Nei suffissi di sostantivi e aggettivi derivati dai numerali in “- enne", "-enni".

    Esempi: decènne, ventenne, tredicenne, sessantenne, quarantaquattronne.

  5. Nei suffissi di sostantivi e aggettivi derivati dai numerali in “- ennio", "-enni".

    Esempi: biennio, triennio, millenni, cinquantennio.

  6. Nei suffissi di nomi etnici in "-eno", "-ena", "-eni", "-ene".

    Esempi: madrilène, cileni, nazareno.

  7. Nelle terminazioni in "-enso", "-ensa", "-ensi", "-ense".

    Esempi: senso, intenso, forense, dispensa, mensa, melensi, parmènsi, penso, ripènso.

  8. Nelle terminazioni in "-ento", "-enta", "-enti", "-ente", comprese tutte le desinenze del participio presente in "-ente".

    Esempi: lente, gente, accidente, sovente, corrente, silente, consulente, sedicenti, seducente, mittènte, ponènte, avènti, dormiente, perdente, spingènte, cedènte, contraènte, aderente, facènte, bevènte, tagliènte.

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Eccezioni della "e" chiusa nelle terminazioni in "-ento", "-enta", "-enti", "-ente"

  • tutti gli avverbi in "-mente" (Es .: abilmente, benevolmente, incessantemente, correttamente, generalmente, scioccamente, duramente, simpaticamente, facilmente, inopinatamente, assurdamente, esattamente, ecc.),
  • tutte le terminazioni in "-mento", "-menta", "-menti", "-mente" (Es .: mente, (intelletto), lamenti, semente, ciménti, tormenta, torménto, abbattimento, giuménte, scollamento, pavimento, momento, ecc.), tranne le forme del verbo mentire, che si possono pronunciare anche aperte (Es .: io mento oppure io ménto, tu mènti oppure tu ménti, ecc.).
  1. Nelle terminazioni in "-enzo", "-enza", "-enzi", "-enze".

    Esempi: aderenza, senza, partenza, urgenze, lènza, licenza, ricorrenze, invadènza, maldicènza.

  2. Nelle terminazioni in "-erbo", "-erba", "-erbi", "-erbe".

    Esempi: riserbo, acerbo, serbo, superbo, èrba, sèrba.

  3. Nelle terminazioni in "-erio", "-eria", "-eri", "-erie".

    Esempi: misèria, misèrie, sèrio, putiferio, sferistèri.

  4. Nelle terminazioni in "-erno", "-erna", "-erni", "-erne".

    Esempi: eterno, quaderno, lucerna, inverno, materno, taverna, governo, lanterna.

    Eccezioni della "e" chiusa nelle terminazioni in "-erno", "-erna", "-erni", "-erne"

    • nel vocabolo schérno.
  5. Nelle terminazioni in "-erro", "-erra", "-erri", "-erre".

    Esempi: terra, ferro, guerre, afferro, sotterro, serra, verri, sottèrra.

  6. Nelle terminazioni in "-erso", "-ersa", "-ersi", "-erse".

    Esempi: perso, emerso, versi, terso, sommerso, dispersa, detèrse, riversa.

  7. Nelle terminazioni in "-erto", "-erta", "-erti", "-erte".

    Esempi: aperto, coperte, incerto, sofferto, conserta, certi.

    Eccezioni della "e" chiusa nelle terminazioni in "-erto", "-erta", "-erti", "-erte"

    • nei vocaboli érta (salita), érto (scosceso),
    • nell'espressione "all'érta".
  8. Nelle terminazioni in "-ervo", "-erva", "-ervi", "-erve".

    Esempi: sèrve, cèrvi, riserva, nèrvo.

  9. Nei suffissi dei superlativi in "-errimo", "-errima", "-errimi", "- errime".

    Esempi: integerrimo, asperrimo, acerrimo.

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  1. Nei suffissi dei numerali ordinali in "-esimo", "-esima", "- esimi", "-esime".

    Esempi: centesimo, millesimo, milionesimo, ventesimo, trentesimo.

  2. Nelle terminazioni in "-estro", "-estra", "-estri", "-estre".

    Esempi: alpestre, terrestre, palestra, canestro, finestra, pedèstre, maldèstro, ambidèstro, dèstra, rupèstri, minèstra.

  3. Nelle terminazioni dei vocaboli dottrinali in "-esi".

    Esempi: mimèsi, anamnèsi, catechèsi, esegèsi.

  4. Nelle desinenze del passato remoto in "-etti", "-ette", "- ettero".

    Esempi: credètti, dovettero, stèttero, cedètte.

  5. Nei vocaboli con terminazioni in "-erzio", "-erzia", "-erzie".

    Esempi: inerzia, inerzie.

  6. Nei vocaboli con terminazioni in "-ezio", "-ezia", "-ezi", "- ezie".

    Esempi: inèzia, scrèzio, scrèzi, facèzia.

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