Documento dall'Università degli Studi di Napoli Federico II su Letterature Comparate di Francesco de Cristofaro. Il Pdf esplora concetti chiave come tema, motivo, topoi e riscrittura, con esempi dalla letteratura classica e moderna, utile per lo studio universitario di Letteratura.
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La letteratura comparata è lo studio della letteratura con una prospettiva critica sovranazionale, pluridisciplinare; il suo compito è quello di mettere a confronto più letteratura o più personalità letterarie tra loro. Non a caso Fusillo introduce il suo discorso con una nota frase di ELIOT: "Stare da entrambe le parti dello specchio" -> egli descriveva così l'esperienza di leggere i testi remoti nel tempo e nello spazio, come quelli in sanscrito. Questa metafora rende perfettamente la sfida ardua che la letteratura accompagnata ha da sempre affrontato -> nell'immaginario umano lo specchio è una metafora potente per evocare l'alterità: vedere sé stesso come un altro, come un doppio asimmetrico, e costruire così la propria identità attraverso il confronto. Stare da entrambe le parti dello specchio significa valorizzare un elemento che è alla base dell'atto del confrontare: l'empatia.
Rispetto all'epoca in cui scriveva Elliot lo scambio fra le letterature in tutto il pianeta si è intensificato in maniera vertiginosa. La comparatistica, ad oggi, ha bisogno di un sapere aperto, che non segue canoni, gerarchie ecc. Per arrivare a questo risultato occorre superare definitivamente le concezioni che hanno tanto caratterizzato il 900, che sono state a loro volta profondamente influenzate dal pensiero di Marx e Freud, le quali possono essere ricondotte a due idee principali:
Ad oggi domina invece una visione differente:
Così, la metafora a oggi più largamente diffusa è quella della radice multipla, del rizoma -> Deleuze e Guattari, in Millepiani, l'hanno scelta per proporre modello filosofico senza gerarchie interne, capace di suscitare combinazioni in tutte le direzioni possibili (prospettiva antigerarchica).
Nata agli inizi dell'Ottocento come disciplina che metteva a confronto due autori o opere che erano stati sicuramente in stretto contatto (ad esempio l'influsso di Boccaccio su Chaucer), la letteratura comparata si è espansa sempre di più, prima passando a un modello plurale che affrontata l'irradiarsi di generi e temi in diverse epoche e culture, e poi inglobando il confronto fra letteratura e altre arti (dialogo inter-artes) come la pittura, la musica, il teatro o il cinema.
Il primo a focalizzare la sua attenzione sulla dimensione globale della letteratura è stato Goethe; egli ha riproposto il concetto, coniato precedentemente a proposito della Roma augustea, di WELTLITERATUR "letteratura mondiale", e che è diventato fondamentale per la comparatistica. E' interessante soffermarsi su come, in un momento storico travagliato come quello delle guerre napoleoniche, Goethe si sia preoccupato per il ruolo che la letteratura tedesca, da poco affacciatasi sulla scena europea, potrà svolgere in futuro, ma nello stesso tempo si apre al confronto con le culture altre e con il mondo orientale (in particolare il romanzo cinese). Un confronto che lo porterà a comporre una delle sue opere più affascinanti: Il divano occidentale orientale, costruito come un dialogo con il poeta persiano Hafez.
Tutta la nozione dell'intellettuale sul concetto di weltliteratur gioca infatti sulla ricezione -> è quello che è stato definito "Spazio ellittico" (Damrosch): cioè lo spazio prodotto dalla cultura originaria di un testo e dalle culture che lo recepiscono.
A tal proposito si può accennare anche a quella che si suole definire "Worldiness" (Said): è la capacità di trascendere il proprio contesto di appartenenza, di creare nuove connessioni, di ridiscutere confini, ridisegnare territori. Non è un caso che questa riflessione provenga da un intellettuale palestinese nato a Gerusalemme come cittadino americano e vissuto sempre a New York, che si è occupato a lungo di scrittori dall'identità ibrida e che ha cercato sempre di smontare i millenari stereotipi dell'Occidente nei confronti dell'Oriente.
Alcune conseguenze di questo discorso riguardano due aspetti:
A. quello formale: una delle gerarchie che la comparatistica ha dovuto infrangere è quella fra testo originale e testo tradotto -> non bisogna considerare la traduzione una perdita, un' approssimazione; al contrario le traduzioni (soprattutto se opera di artisti) possono arricchire a loro volta l'originale e in ogni caso lo rendono aperto, dinamico, lo sottopongono ad una metamorfosi continua. Insomma non sono mai prodotti secondari, ma opere autonome.
Lo studioso che abbia buona competenza della lingua originale di un testo può leggere e rileggere un determinato testo sia in originale che in traduzione, e facendo ciò, adottando cioè un'ottica bifocale, può osservare un'opera con un continuo cambiamento di punto di vista.
Un discorso simile può essere fatto anche per il cosiddetto "adattamento", un concetto associato spesso al cinema, ma valido per tutti i passaggi da un medium all'altro. Ha dominato a lungo l'idea che un film tratto da un romanzo debba renderne tutte le sfumature, debba in qualche modo illustralo, e si è spesso lamentata una presunta incapacità del cinema a raffigurare la vita interiore o la complessità psicologica. In realtà cinema e letteratura sono due arti diverse, procedono per strade autonome, non ha molto senso sottolineare quello che si perde in un adattamento cinematografico, senza peraltro mai prestare attenzione a tutto quello che si guadagna: potenza icastica, forza emotiva e comunicativa. Come sempre, e come avviene in tutti i classicismi, la superiorità gerarchica viene data a chi viene cronologicamente per primo.
Tuttavia questo dogma della "fedeltà" appare negli ultimi tempi ormai superato, se si legge il libro Teoria degli adattamenti di Linda Hutcheon, la studiosa si focalizza proprio sul fatto che l'adattamento non si limita al passaggio fra media, che ogni opera, cioè, vada considerata come nuova opera dotato di propria originalità e indipendenza dal modello. Pertanto più quella di "adattamento" si potrebbe parlare, ad esempio, di ri-creazioni.
B. oltre ad essere talvolta all'interno dello stesso linguaggio, può essere anche applicato alla rielaborazione di eventi reali, pubblici (fatti di cronaca, eventi storici) o privati (esperienze autobiografiche). Ecco perché Fusillo arriva addirittura a parlarci di homo adaptans: perché l'adattamento è la parola che può designare la stessa condizione umana.
C. quello tematico: centralità di esilio, migrazione, diaspora.
Esempio fondamentale è Auerbach, che ha composto il suo capolavoro, Mimesis, a Istanbul negli anni della Seconda guerra mondiale, perché ebreo e costretto all'esilio dalla persecuzione nazista. In un saggio scritto invece dopo la guerra e dedicato al concetto goethiano di weltliteratur Auerbach auspica che si recuperi l'idea che lo "spirito" sia sovranazionale, e conclude con un brano di Ugo di San Vittore in cui chi trova dolce la propria patria è definito "delicato", chi considera ogni suolo la propria patria "forte", ma "perfetto" solo chi considera tutto il mondo come luogo di esilio.
Punti di debolezza della sua ricerca: poca solidità storico-geografica -> non si possono ridurre tutte le relazioni internazionali a una competizione fra nazioni e soprattutto concentrarsi solo su Parigi come centro unificatore.
Punti di forza della sua ricerca: buone analisi di casi particolari -> es. l'Irlanda di Joyce e Beckett: il caso irlandese è particolarmente interessante perché nell'Irlanda tra fine 800 e inizio 900 la strategia innovatrice non è stata il recupero della lingua e della cultura celtica, ma la contaminazione della lingua dei colonizzatori; Joyce l'ha ibridata di elementi irlandesi, e poi deformata e quasi violentata. È proprio in personaggi come Joyce e Beckett, che hanno vissuto una complicata triangolazione geografica, linguista e culturale tra Londra, Dublino e Parigi, che si può scorgere anche oggi il modello di una letteratura mondiale ibrida e dinamica.
Per la nozione di sapere antigerarchico uno dei contributi più importanti è stata la rottura gerarchica tra cultura bassa e cultura alta, il che non significa una rinuncia alla valutazione estetica, per mettere tutto sullo stesso piano, in modo acritico, ma significa rinunciare ai pregiudizi secondo cui alcune espressioni culturali (pubblicità, videogiochi, pornografia, nuovi media) non siano degni di essere indagati.
Il sabotaggio della gerarchia tra arte alta e bassa è uno dei tratti caratteristici dell'estetica:
All'interno di questo capitolo vengono uniti due argomenti, spesso e volentieri separati dai manuali, ma qui volutamente uniti, quello delle forme e dei generi.
La prima domanda che ci poniamo quando ci troviamo tra le mani un libro è quale sia il suo genere di appartenenza, e anche le stesse case editrici, spesso e volentieri, ragionano per generi. L'indicazione del genere ci viene data, quasi sempre, sulla copertina. In questo senso l'interrogativo sul genere è legato ad una certa abitudine culturale, ad una certa abitudine di fruizione , all'idea anche della letteratura come consumo (è importante per la casa editrice sapere quali sono i generi più venduti e quelli meno). Tal volta l' "etichetta" del genere è sicuramente risultata utile al fine dell'interpretazione di uno stesso testo: così quando uscì nel 1933 La voce a te dovuta di Salinas, perfino il lettore più colto dové patire un attimo di spaiamento, poiché l'etichetta "poema" strideva con la frammentarietà caratteristica della forma lirica in cui si presentava la raccolta -> ma fu esattamente quell'etichetta a suggerire una lettura del testo non solo continuata e integrale, ma anche sistematica ed organica.
È però necessario, proprio in sede critica, uscire da queste confortanti etichette.
La caratteristica di questa capitolo è proprio quella di aver unito i due concetti di forma e genere, da intendersi come un continuum. Se è chiaro cosa sia un genere letterario (romanzo, commedia, tragedia ecc ... ), anche perché la nostra formazione scolastica ne è molto imperniata, meno sicura è l'idea di forma. Essenzialmente possiamo considerare la forma come un qualcosa di ancipite, che ha due aspetti o livelli: