Documento dall'Università sulla Storia Contemporanea: Passi Introduttivi Alla Storia Contemporanea. Il Pdf, di livello universitario e materia Storia, esplora la metodologia storiografica, i moti rivoluzionari del 1848, l'emergere della società di massa e l'Italia giolittiana.
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STORIA CONTEMPORANEA: Passi introduttivi alla storia contemporanea Questa sezione introduce il mestiere dello storico, che parte dalle fonti e dalle domande che si pone sul passato, richiedendo documentazione adeguata e un trattamento cauto e rigoroso delle fonti. La serietà del lavoro storico si misura proprio in questo rigore. Viene evidenziato un problema pratico: nel 1692 e 1720, il governo della Repubblica di Venezia diede istruzioni di scartare documenti "inutili" per far spazio a nuova documentazione, senza sapere che tali documenti avrebbero potuto essere utili per futuri storici. Quando le fonti mancano, lo storico deve "guardarsi attorno" e cercare indizi in ambiti come la linguistica, l'archeologia, la numismatica e l'epigrafia, cercando di comprendere il contesto. Tuttavia, esiste un limite a ciò che si può sapere, poiché la disponibilità e conservazione dei documenti sono dovute al "caso", e molti problemi rimangono irrisolti per mancanza di documentazione adeguata, come spiegato da Marrou nel libro "La tristezza dello storico". Per la storia contemporanea, le fonti sono abbondanti, e la sfida per lo storico è selezionare i documenti utili e considerare le diverse sensibilità e ideologie dei testimoni. La qualità del lavoro di ricostruzione sancisce la validità dell'opera storica.
Perché esiste l'espressione storia contemporanea? La storiografia ha definito tre fasi classiche: età classica (fino al 476 d.C.), Medioevo (476 d.C. - 1492), e poi età moderna e contemporanea. Viene sottolineato che queste fasi sono delle convenzioni. Il passaggio dall'età moderna a quella contemporanea è dibattuto dagli storici, con varie proposte come la Rivoluzione Francese, il 1848 (messa in discussione dell'Ancien Régime), o il 1870 (cambiamento della carta politica d'Europa). Anche le Guerre Mondiali e la Rivoluzione Industriale sono considerate spartiacque. Nel corso di questo studio, il 1848 è adottato come punto di riferimento per comprendere meglio gli eventi successivi. Il passaggio tra l'800 e il '900 ha generato discussioni, portando all'idea di un "lungo Ottocento" che si estende dalla Rivoluzione Francese fino al primo quindicennio del secolo successivo, inclusa la Prima Guerra Mondiale (1914). Per la fine del '900, l'ipotesi più diffusa è quella di Hobsbawm, che ha coniato l'espressione "secolo breve" e ha indicato il 1991 (caduta dell'URSS) come data di chiusura, anche se scientificamente questa tesi non regge pienamente. Alcuni storici ritengono che la storia contemporanea non sia ancora finita, e Lupo propone l'inizio della pandemia come possibile data di cesura per il suo impatto globale e le trasformazioni che ha generato. Il libro di Hobsbawm presenta anche giudizi di vari intellettuali sul XX secolo, spesso descritto come terribile e violento (Berlin, Baroja, Levi, Dumont, Golding), ma anche con rivoluzioni positive (Montalcini) e progresso scientifico (Ochoa).
EUROPA: 1848-1870, DALLA PRIMAVERA DI POPOLI ALL'ASCESA DI BISMARK Il 1848 è l'anno dei moti rivoluzionari che si diffusero in tutta Europa, dalla Francia all'Austria-Ungheria, segnando la prima volta in cui l'Europa si confronta con un fenomeno veramente continentale. I fattori di questi moti furono molteplici:
I protagonisti furono:
A differenza dei moti precedenti (1820-21, 1830-31), quelli del 1848 coinvolsero anche Stati cardine della Restaurazione come Austria e Prussia. Gli sviluppi videro:
L'eredità del 1848 fu modesta in termini di mutamenti geopolitici (solo la Francia cambiò forma di governo) e di garanzie costituzionali (solo Statuto Albertino in Piemonte e Costituzione in Prussia rimasero in vigore). Questi due Stati divennero poi i principali promotori di cambiamenti in Europa. I fattori di fallimento furono le troppe divisioni interne ai movimenti (tra moderati e democratici), l'immobilismo delle masse contadine, e la prevalenza delle questioni nazionali rispetto alle lotte per i diritti. Tuttavia, la repressione non pose fine alle aspirazioni nazionaliste. La differenza rispetto alle lotte precedenti fu lo spostamento dalla richiesta di "spazi specifici" alla questione della sovranità popolare, che divenne un concetto chiave della politica ottocentesca. Emerse prepotentemente l'idea nazionale, che, pur affascinante, presentava un lato pericoloso: il disprezzo per le altre nazioni, definendo l'identità per contrasto e trasformando altri paesi in nemici.
1850-1870 -> AUMENTO DEMOGRAFICO IN EUROPA Questo ventennio vide persistere l'instabilità politica ereditata dal 1848. Uno dei cambiamenti più importanti fu l'aumento demografico in Europa, con una crescita vertiginosa della popolazione urbana (es. Londra, Parigi) che pose nuove sfide alle città. A Parigi, a metà degli anni '50, l'opera di ristrutturazione di Haussmann (urbanesimo) comportò la demolizione di quartieri per far posto a grandi viali (Boulevard), motivata da esigenze di igiene pubblica e dal desiderio di controllare meglio le sommosse urbane. In questo periodo, la Francia era sotto il Secondo Impero di Napoleone III.
Dal punto di vista economico:
IL RISORGIMENTO Il Risorgimento è descritto come un periodo di decenni gloriosi, con "eroi nazionali" ma anche "ombre e contraddizioni", in cui si costruì un'identità nazionale e territoriale per l'Italia. Fu un periodo di passione e sofferenza, caratterizzato da tre guerre d'indipendenza (1848-49, 1859, 1866). L'Italia, a lungo non centrale tra le potenze, si affermò come una delle sette potenze industriali mondiali entro gli anni '60 del Novecento. Dopo l'unificazione, il Parlamento del Regno era eletto da una piccola percentuale della popolazione (circa il 2%), espressione dell'élite borghese liberale che guidò il paese fino all'età giolittiana.
Il decennio che precede l'unificazione nazionale, la cosiddetta "Seconda Restaurazione" La "Seconda Restaurazione" si verifico dopo il fallimento dei moti del 1848-49, segnando il ritorno dei sovrani legittimi. L'obiettivo era riformare gli assetti politici e costituzionali, mantenendo la monarchia ma con una costituzione. Questo periodo vide l'allargamento del divario tra i sovrani e l'opinione pubblica, rappresentata dalla dinamica borghesia. Il Regno di Sardegna (Piemonte) si distinse per la conservazione di un regime costituzionale e per un processo di modernizzazione economica e industriale, con l'introduzione di ferrovie e delle "Leggi Siccardi" (che favorivano la laicizzazione dello stato). Nel 1850, Camillo Benso, conte di Cavour, entrò nel governo piemontese, diventando poi Presidente del Consiglio. Cavour incarnava una visione europeista, modernizzante e riformatrice, basata sul liberalismo politico (monarchia costituzionale limitata dallo Statuto Albertino) e sul liberismo economico (libera concorrenza e mercato). Grazie alla sua abilità diplomatica, in particolare dopo la partecipazione alla Guerra di Crimea (1853-54) e alla Conferenza di Parigi (1855), Cavour si convinse della necessità dell'appoggio di Napoleone III per scacciare gli Austriaci dalla penisola. Il Piemonte, prima marginale, iniziò a candidarsi come leader del processo unitario. Gli anni '50 dell'800 furono un periodo di aspirazioni profonde per la liberazione dalla dominazione asburgica. La delusione dei patrioti seguì le iniziali dichiarazioni di Papa Pio IX a favore dell'unificazione, poi rinnegate. La corrente mazziniana fu la più operosa ma non rappresentativa di un largo consenso popolare. Il Risorgimento italiano non fu un movimento popolare, ma guidato dalla borghesia emergente. Le guerre d'indipendenza furono combattute dal Regno di Sardegna (le prime due) e poi dal Regno d'Italia (la terza) contro l'Austria.
1815- 1870 Questo lasso di tempo, dal Congresso di Vienna (1815) al 1870, segna il tramonto della "vecchia Europa" (nobiltà, aristocrazie, monarchie assolute, società di ancien régime) e l'affermarsi del protagonismo della classe borghese. La borghesia non solo accresce il suo potere economico e culturale, ma si batte anche per l'indipendenza degli Stati e delle Nazioni e per l'affermazione di politiche liberali, parlamentari e costituzionali. È una stagione di rapide trasformazioni che investono l'Europa e si estendono oltre i suoi confini attraverso il colonialismo e i processi di emancipazione in America. Le origini di questo processo di modernizzazione e liberalismo/liberismo risiedono nel Settecento, secolo delle tre grandi rivoluzioni: industriale, americana e francese. Queste rivoluzioni innescano processi irreversibili di rinnovamento, riforme e innovazione, segnando l'avvio più remoto dell'età contemporanea. La cultura illuministica e razionalista del Settecento è la vera fondatrice ideologica, filosofica e politica, proponendo idee di libertà, uguaglianza, fraternità, autogoverno e indipendenza nazionale, e favorendo la nascita dell'economia politica come scienza.