Documento di Psicologia sull'argomento Psicologia Clinica. Il Pdf esplora i criteri essenziali per definire il disturbo mentale, la normalità e lo sviluppo, e il concetto di stigma, con un focus sui paradigmi cognitivista e sistemico-familiare, utile per l'Università.
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La psicologia clinica (Lis, 1993) è un insieme di discipline accomunate dallo scopo di aiutare il paziente a risolvere un disagio (patologia) e conoscere il paziente nella sua individualità. Queste discipline si differenziano per le teorie di riferimento (ad esempio la psicologia dinamica), gli strumenti e i metodi adottati per la conoscenza e l'intervento.
Parliamo del paradigma e non solo della teoria in quanto ogni tecnica ha senso all'interno di un paradigma specifico (dalla teoria deriva una prassi, il modo in cui intervenire). C'è coerenza tra teoria e prassi che ne deriva. La psicopatologia viene concepita in modo diverso da paradigmi differenti e viene spiegata e si interviene in maniera diversa in base al paradigma utilizzato.
A prescindere dal paradigma, possiamo prima definire quello che è un disturbo mentale andando ad analizzare i concetti di "Normalità vs Patologia" > alcuni ritengono non abbia senso parlare di normalità. Noi artificiosamente le separiamo, perché utile sul piano dell'intervento. La separazione avviene tramite criteri: alcuni servono per distinguere il normale dallo psicopatologico (frequenza, conseguenze, durata), altri sono più specifici e servono a classificare i singoli disturbi (fondamentale soprattutto per gli psichiatri). È importante sottolineare che normalità e psicopatologia non corrispondono alla dimensione del benessere (si può stare in una situazione di benessere pur avendo un disturbo).
Normale: processo fisiologico Anormale: condizione fisiologica "limite" o processo patologico presunto o possibile Patologico: processo patologico accertato
Filogenesi: evoluzione della specie Ontogenesi: evoluzione del singolo
Il danno si riferisce alla teoria di Wakefield (1992) che ha proposto di definire il disturbo mentale come "una disfunzione che produce danno". Questa definizione si compone di due elementi:
Formulare un giudizio di "dannoso" in merito ad un dato comportamento implica riferirsi a degli standard (che molto probabilmente dipendono dalle norme e dai valori sociali). Si parla di disfunzione quando un meccanismo interno non è in grado di svolgere la funzione che è deputato a svolgere. I meccanismi interni coinvolti nei disturbi mentali sono ancora, in larga parte, sconosciuti e quindi risulta impossibile definire con esattezza quali particolari elementi non funzionano in modo corretto in un determinato disturbo. Il danno riguarda l'alterazione del funzionamento di qualcosa e impedisce alle persone di adattarsi alla realtà in maniera congrua. Riguarda la compromissione di almeno una delle aree importanti di funzionamento. Come:
Per valutare quanto è forte la disabilità associata a una condizione psicopatologica esiste un apposito sistema di classificazione generato dall'OMS > ICF = Classificazione internazionale della disabilità.
Nella prima edizione ICF (2001), una svolta epocale nel concetto della disabilità: da deficit della persona conseguente a un danno (es. handicap) a risultato dell'interazione tra persone e ambiente (abilitante/disabilitante).
La normalità è intesa come l'esito del compimento di tappe maturative. Cosa è normale varia in funzione dell'età e della fase evolutiva.
La devianza dalla normalità può essere intesa come:
Il concetto di normalità differisce nei vari contesti:
Problemi riguardo cosa intendere per violazione delle norme e delle convenzioni sociali della cultura di appartenenza: usi, costumi e regole di comportamento variano in culture ed epoche diverse. Es .:
Le quattro caratteristiche dello stigma:
Per superare lo stigma è importante separare la persona dalla patologia.
I paradigmi (termine introdotto da Kuhn) individuano l'insieme di cause associate allo sviluppo di una psicopatologia; ogni paradigma individua determinate cause. Kuhn utilizza il termine paradigma invece che teoria, perché la teoria spiega il fenomeno in un determinato momento che a sua volta è composto da metodi. Per dimostrare che una teoria è vera c'è bisogno di utilizzare un metodo per verificarlo. Il paradigma comprende entrambe le cose. Dal paradigma dominante in un dato momento, dipende il problema che studiamo, come lo spieghiamo e anche il modo in cui si interviene. L'attuale panorama della psicologia clinica e della psicopatologia è caratterizzato da una molteplicità di paradigmi che spesso vengono integrati.
Khun (1962) introduce il concetto di paradigma come quadro teorico di riferimento ovvero l'insieme degli assunti, delle teorie di riferimento e dei metodi di studio (e di intervento).
I principali paradigmi a cui si fa riferimento in psicologia clinica sono:
Nella metà degli anni '80, il paradigma comportamentista e cognitivista si sono evoluti in un paradigma condiviso: il cognitivista-comportamentale, che mette insieme le basi di entrambi.
Nasce negli anni '30/'50 del Novecento, in un contesto culturale differente da quello di Freud (Europa e classe agiata, principalmente donne borghesi); il comportamentismo nasce in contesti prevalentemente anglosassoni, contesti che privilegiano tutto ciò che viene dal basso, dall'osservazione diretta della realtà.
I principi che lo caratterizzano sono:
Pavlov (1849-1936), premio Nobel per la medicina nel 1904 per le sue scoperte sul riflesso condizionato. Ha studiato i principi attraverso cui si apprende ovvero i cosiddetti "principi dell'apprendimento associativo": apprendimento per associazione secondo cui ad uno stimolo corrisponde una risposta (condizionamento spazialo o uditivo).
S.I. (Stimolo Incondizionato): è lo stimolo che evoca automaticamente una risposta (ad es. cibo->salivazione). S.C./S.N. (Stimolo condizionato/neutro): è lo stimolo neutro che inizialmente non provoca alcuna risposta (es. suono della campanella) R.I (Risposta incondizionata): risposta automatica in seguito allo stimolo incondizionato (es. salivazione successivamente alla vista del cibo) R.C. (Risposta condizionata): risposta sollecitata da uno stimolo inizialmente neutro
Pavlov sperimentò l'apprendimento associativo con l'esperimento dei cani e la loro salivazione. Prima che abbia luogo l'apprendimento, il cibo (S.I.) evoca automaticamente la salivazione (R.I.), mentre il suono di un campanello (R.C.) non produce nulla. L'addestramento (apprendimento)comporta numerose presentazioni del suono (S.C.) seguito quasi immediatamente dalla presentazione del cibo (S.I). Il condizionamento classico si ottiene quando il suono del campanello, identificato precedentemente come stimolo neutro, giunge a sollecitare la risposta di salivazione (R.C.)