L'exceptio doli: panoramica dal diritto romano al sistema italiano

Documento da Diritto.it su L'exceptio doli: una panoramica. Il Pdf esamina l'exceptio doli, un rimedio giuridico, dalla sua origine nel diritto romano fino all'applicazione nel sistema giuridico italiano, con focus su casi pratici e riferimenti a sentenze della Cassazione, utile per lo studio universitario del Diritto.

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Giosafatte Morgera - 2023-07-18
L’exceptio doli: una panoramica -scheda di diritto
Nel codice civile italiano, l’exceptio doli non trova esplicito riconoscimento, ma si
tratta di un rimedio di carattere generale, riconosciuto ed applicato dalla
giurisprudenza in virtù dei principi di correttezza e di buona fede nell’esercizio del
diritto che impongono, da un lato, al titolare di un diritto di esercitarlo nel modo
meno invasivo e lesivo della sfera giuridica altrui e, dall’altro, comportano la
condanna della condotta che, seppur formalmente lecita, implica la lesione
ingiusta di un diritto della controparte.
Volume consigliato: La Riforma Cartabia della giustizia civile
Indice
1. L’exceptio doli nel diritto romano
2. L’exceptio doli nel nostro ordinamento
3. Exceptio doli ed abuso del diritto
4. Casistica
4.1. Contratto autonomo di garanzia ed opponibilità da parte del garante
dell’exceptio doli
4.2. Intermediazione e consulenza finanziaria. L’opponibilità dell’exceptio
doli da parte dell’intermediario al cliente
4.3. Diritto societario. Abuso del diritto di impugnativa del bilancio
4.4. Frazionamento del credito ed abuso del diritto
4.5. Art. 1460 del codice civile. Eccezione d’inadempimento e replicatio
doli
5. Utilizzabilità generale del rimedio dell’exceptio doli
Volume consigliato
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1. L’exceptio doli nel diritto romano
Nel diritto romano, l’exceptio doli consentiva al giudice la valutazione del
comportamento di una parte dopo la conclusione del negozio giuridico; essa
serviva a censurare l’esercizio scorretto, non conforme ai valori di lealtà, di
correttezza e di buona fede, di diritti formalmente riconosciuti dall’ordinamento
giuridico. Tale mezzo di difesa veniva utilizzato per evitare una condanna che,
seppur fondata sullo ius civile, rappresentasse nel caso concreto una ingiustizia,
fosse, cioè, contraria all‘aequitas. In tal senso, cioè come mezzo per condannare il
comportamento malizioso di una parte, tale eccezione divenne un rimedio
generale per tutelare la correttezza e la buona fede nei rapporti contrattuali ed
ebbe grande applicazione nel diritto romano.
All’interno della formula, la exceptio era inserita, su richiesta del convenuto, tra la
intentio e la condemnatio in quanto era configurata come una condizione negativa
della condanna, mentre la intentio rappresentava una condizione positiva (Gai.
4.116 e 4.119) e serviva a dedurre in giudizio elementi favorevoli al convenuto
che, se provati, avrebbero dovuto comportarne l’assoluzione. Anche le
exceptiones potevano esser previste nell’editto o esser concesse di volta in volta
dal magistrato giusdicente, a seconda delle circostanze concrete prospettategli
dalle parti (Gai. 4.118). Se, a sua volta, l’attore avesse voluto opporre circostanze
contrarie a quelle dedotte dal convenuto con l’exceptio, nella formula si sarebbe
potuto aggiungere, su richiesta dell’attore, una replicatio, alla quale il convenuto
avrebbe potuto opporvi una duplicatio (Gai. 4.126-128); alla duplicatio l’attore
poteva opporre ancora una triplicatio. Si trattava in ogni caso di strumenti
concessi dal magistrato giusdicente adiuvandi vel supplendi vel corrigendi iuris
civilis gratia. Al limite se la verità dei fatti non era contestata o appariva palese, il
pretore poteva denegare actionem, ossia non concedere l’actio e impedire la
prosecuzione del processo.
La exceptio doli era una exceptio peremptoria. Le eccezioni, infatti, si dividevano
tra peremptoriae e dilatoriae. Le prime erano perpetue, cioè non potevano mai
essere evitate e, una volta proposte e se riconosciute fondate, comportavano il
rigetto della domanda e la preclusione all’attore della possibilità di agire di nuovo,
per effetto della litis contestatio e del divieto del ne bis in idem. Le seconde,
invece, restavano valide solo per un determinato periodo di tempo, per cui l’attore
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NETWORK MAGGIOLI EDITORE Giosafatte Morgera - 2023-07-18 L'exceptiondoli: una panoramica -scheda di diritto

Nel codice civile italiano, l'exceptiondoli non trova esplicito riconoscimento, ma si tratta di un rimedio di carattere generale, riconosciuto ed applicato dalla giurisprudenza in virtù dei principi di correttezza e di buona fede nell'esercizio del diritto che impongono, da un lato, al titolare di un diritto di esercitarlo nel modo meno invasivo e lesivo della sfera giuridica altrui e, dall'altro, comportano la condanna della condotta che, seppur formalmente lecita, implica la lesione ingiusta di un diritto della controparte.

Volume consigliato: La Riforma Cartabia della giustizia civile Indice

  • 1. L'exceptionoli nel diritto romano
  • 2. L'exceptiondoli nel nostro ordinamento
  • 3. Exceptio doli ed abuso del diritto
  • 4. Casistica
  • 4.1. Contratto autonomo di garanzia ed opponibilità da parte del garante dell'exceptio doli
  • 4.2. Intermediazione e consulenza finanziaria. L'opponibilità dell'exceptio doli da parte dell'intermediario al cliente
  • 4.3. Diritto societario. Abuso del diritto di impugnativa del bilancio
  • 4.4. Frazionamento del credito ed abuso del diritto
  • 4.5. Art. 1460 del codice civile. Eccezione d'inadempimento e replicatio doli
  • 5. Utilizzabilità generale del rimedio dell'exceptio doli
  • Volume consigliato

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L'exceptiondoli nel diritto romano

Nel diritto romano, l'exceptiondoli consentiva al giudice la valutazione del comportamento di una parte dopo la conclusione del negozio giuridico; essa serviva a censurare l'esercizio scorretto, non conforme ai valori di lealtà, di correttezza e di buona fede, di diritti formalmente riconosciuti dall'ordinamento giuridico. Tale mezzo di difesa veniva utilizzato per evitare una condanna che, seppur fondata sullo ius civile, rappresentasse nel caso concreto una ingiustizia, fosse, cioè, contraria all'aequitas. In tal senso, cioè come mezzo per condannare il comportamento malizioso di una parte, tale eccezione divenne un rimedio generale per tutelare la correttezza e la buona fede nei rapporti contrattuali ed ebbe grande applicazione nel diritto romano.

All'interno della formula, la exceptio era inserita, su richiesta del convenuto, tra la intentio e la condemnatio in quanto era configurata come una condizione negativa della condanna, mentre la intentio rappresentava una condizione positiva (Gai. 4.116 e 4.119) e serviva a dedurre in giudizio elementi favorevoli al convenuto che, se provati, avrebbero dovuto comportarne l'assoluzione. Anche le exceptiones potevano esser previste nell'editto o esser concesse di volta in volta dal magistrato giusdicente, a seconda delle circostanze concrete prospettategli dalle parti (Gai. 4.118). Se, a sua volta, l'attore avesse voluto opporre circostanze contrarie a quelle dedotte dal convenuto con l'exceptionella formula si sarebbe potuto aggiungere, su richiesta dell'attore, una replicatio, alla quale il convenuto avrebbe potuto opporvi una duplicatio (Gai. 4.126-128); alla duplicatio l'attore poteva opporre ancora una triplicatio. Si trattava in ogni caso di strumenti concessi dal magistrato giusdicente adiuvandi vel supplendi vel corrigendi iuris civilis gratia. Al limite se la verità dei fatti non era contestata o appariva palese, il pretore poteva denegare actionem, ossia non concedere l'actio e impedire la prosecuzione del processo.

La exceptio doli era una exceptio peremptoria. Le eccezioni, infatti, si dividevano tra peremptoriae e dilatoriae. Le prime erano perpetue, cioè non potevano mai essere evitate e, una volta proposte e se riconosciute fondate, comportavano il rigetto della domanda e la preclusione all'attore della possibilità di agire di nuovo, per effetto della litis contestatio e del divieto del ne bis in idem. Le seconde, invece, restavano valide solo per un determinato periodo di tempo, per cui l'attore Page 2/17Diritto.it PORTALE GIURIDICO CON LA PIÙ RECENTE GIURISPRUDENZA NETWORK MAGGIOLI EDITORE doveva solo fare attenzione a non proporre l'azione quando tali eccezioni erano opponibili e, nel caso comunque gli fossero state opposte in giudizio, era costretto a differire la causa al momento in cui esse non avrebbero potuto più farsi valere.

L'exceptiondoli nel nostro ordinamento

Nel codice civile italiano, l'exceptiondoli non trova esplicito riconoscimento, ma si tratta di un rimedio di carattere generale, riconosciuto ed applicato dalla giurisprudenza in virtù dei principi di correttezza e di buona fede nell'esercizio del diritto che impongono, da un lato, al titolare di un diritto di esercitarlo nel modo meno invasivo e lesivo della sfera giuridica altrui e, dall'altro, comportano la condanna della condotta che, seppur formalmente lecita, implica la lesione ingiusta di un diritto della controparte.

I principi generali del nostro ordinamento impongono alle parti contraenti, sia nella formazione che nell'esecuzione del contratto, di perseguire un risultato sostanzialmente giusto, che va al di là del mero rispetto degli obblighi formali imposti dalla legge, di conseguenza, la giurisprudenza, proprio con l'exceptiondoli, ha inteso riconoscere alle parti contraenti la possibilità di opporsi all'altrui pretesa che, sebbene in astratto fondata, sia in concreto espressione dell'esercizio doloso o scorretto di un diritto, finalizzato alla realizzazione di interessi ritenuti non meritevoli di tutela da parte dell'ordinamento. In tale prospettiva, l'eccezione di dolo impedisce l'efficacia di un atto o comporta il rigetto di una domanda giudiziale.

Fermo restando la complessità dei significati che si potrebbero attribuire allo stesso concetto di buona fede, si distingue tra buona fede soggettiva ed oggettiva. La prima si ha quando un soggetto ignora di ledere un diritto altrui ovvero fa affidamento incolpevole su una data situazione giuridica apparente. La buona fede oggettiva, invece, fa riferimento al comportarsi secondo correttezza e trova espressa applicazione negli artt. 1175, 1337 e 1375 c.c. e comporta che la condotta del creditore, che persegue uno scopo diverso da quello che il legislatore intende conseguire attraverso il riconoscimento di quel diritto, va oltre le facoltà che l'ordinamento riconosce e tutela. Il criterio della buona fede Page 3/17Diritto.it PORTALE GIURIDICO CON LA PIÙ RECENTE GIURISPRUDENZA NETWORK MAGGIOLI EDITORE rappresenta il limite alle pretese ed ai poteri del titolare del diritto ed in questo senso rappresenta il fondamento del divieto dell'abuso del diritto, il quale si realizza quando un diritto attribuito dalla legge venga esercitato dal suo titolare per realizzare finalità diverse da quelle per le quali il diritto è stato riconosciuto e lesive di diritti altrui.

In questo senso, la giurisprudenza italiana e quella comunitaria ritengono che la titolarità di un diritto non attribuisca un potere incondizionato di porre in essere tutte le condotte che la norma attributiva del potere formalmente consente.

Alla luce del parametro di solidarietà sancito dall'art. 2 della Costituzione e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, la buona fede non è più solo il criterio per valutare la condotta delle parti, ma anche il criterio per individuare un limite alle richieste e ai poteri del titolare del diritto. In conclusione, è ormai pacifico che la buona fede opera, nell'ambito dei rapporti obbligatori, su un piano di reciprocità, quale fonte integrativa degli effetti degli atti di autonomia privata, integrando ovvero restringendo gli obblighi letteralmente e formalmente assunti dalle parti o derivanti da specifiche norme di legge.

Di conseguenza, se il titolare di un diritto agisca per far valere una propria pretesa, ma in maniera sleale, potrà essere bloccato nella realizzazione del proprio interesse dalla exceptio doli generalis del convenuto che, se accolta dal giudice, porterà al rigetto della domanda attorea.

Tale exceptio doli generalis (seu praesentis) non va confusa con la exceptio doli specialis (seu preteritis), che l'ordinamento riconosce al soggetto che, a causa di artifizi o raggiri altrui, sia stato indotto a concludere un contratto che non avrebbe concluso o non avrebbe concluso a quelle condizioni; nel primo caso il soggetto raggirato potrà chiedere l'annullamento del contratto, nel secondo caso il contraente in malafede risponderà dei danni patiti dal soggetto a causa della conclusione del contratto a condizioni diverse rispetto a quelle che avrebbe accettato senza la condotta artificiosa dell'altra parte.

Con la sentenza n. 21265/2007, la Corte di Cassazione ha ribadito che l'exceptio doli specialis riguarda il dolo commesso al tempo della conclusione dell'atto ed è diretta a far valere l'esistenza di raggiri impiegati per indurre un soggetto a porre in essere un determinato negozio che altrimenti la parte non avrebbe concluso o non avrebbe concluso a quelle condizioni, al fine di ottenerne l'annullamento, ovvero a denunziare la violazione dell'obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto.

L'exceptiondoli generalis attiene invece al dolo attuale, commesso al momento in cui viene intentata l'azione nel processo, essendo utilizzabile, in quanto rimedio di Page 4/17Diritto.it PORTALE GIURIDICO CON LA PIÙ RECENTE GIURISPRUDENZA NETWORK MAGGIOLI EDITORE carattere generale, anche al di fuori delle ipotesi espressamente previste. Tale eccezione è diretta a precludere l'esercizio fraudolento o sleale dei diritti.

Exceptio doli e abuso del diritto

Il nostro codice civile non contiene una previsione generale del divieto di abuso del diritto, ma prevede specifiche disposizioni che sanzionano l'abuso con riferimento a determinate fattispecie.

Il divieto generale dell'abuso del diritto era previsto dal progetto definitivo del codice del 1942 il cui art. 7 contemplava che "nessuno può esercitare il proprio diritto in contrasto con lo scopo per il quale il diritto gli fu riconosciuto". Tale norma è stata eliminata dal testo, probabilmente, perché si è ritenuto di dare maggior rilievo al principio della certezza del diritto e, forse, perché lo si è ritenuto ricompreso e giustificato dagli altri principi generali espressamente previsti dal codice, in primo luogo dalla buona fede.

La figura dell'abuso del diritto si differenzia dall'ipotesi dell'eccesso del diritto. Nel primo caso, l'atto rientra formalmente nei limiti del diritto, mentre nel secondo la condotta fuoriesce dal novero dei diritti attribuiti al titolare. Più precisamente, la caratteristica particolare dell'abuso consiste nell'apparente conformità del comportamento del soggetto al contenuto del suo diritto; nell'eccesso, invece, l'illiceità della condotta è percepibile con più facilità, non essendo ravvisabile la suddetta apparenza di conformità. Integrano ipotesi di eccesso del diritto gli abusi dell'usufruttuario ex art. 1015 c.c. e del creditore pignoratizio ex art. 2793 c.c ..

La mancata codificazione del divieto di abuso del diritto ha posto il problema di trovarne una giustificazione normativa.

Da un lato si potrebbe sostenere che l'abuso sarebbe configurabile non come principio generale, ma solo in determinate fattispecie tipizzate dal legislatore, in particolare, l'art. 833 c.c. che pone il divieto di atti emulativi che non abbiano altro scopo che quello di recare molestia ad altri; l'art. 1438 c.c. afferente alla minaccia di far vale un diritto; l'art. 2598 c.c. in tema di concorrenza sleale.

Di contro, in stretta connessione con il principio di buona fede oggettiva, si può evidenziare come il principio di abuso del diritto ben possa desumersi dall'art 2. della Costituzione, che in un'ottica marcatamente solidaristica, impone ai Page 5/17

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