Documento sulla classificazione del tessuto epiteliale. Il Pdf, un appunto universitario di Biologia, esplora l'epidermide, le sue cellule costituenti e gli epiteli pluristratificati, oltre alla classificazione delle ghiandole esocrine e i meccanismi di secrezione.
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RICAPITOLANDO la classificazione del tessuto epiteliale, dobbiamo riferirci a 2 parametri, il numero di strati cellulari, se siano mono o pluristratificati e la forma delle cellule. Nella fattispecie per gli epiteli pluristratificati, la forma degli strati superficiali, visto che negli strati più profondi le cellule hanno in genere, caratteristiche staminali e sono più o meno cubiche e simili nei vari epiteli pluristratificati. Avevamo terminato analizzando uno dei più classici epiteli pluristratificati che sono descritti nei libri, e cioè l'epidermide, in quanto epitelio pluristratificato pavimentoso cheratinizzato, nel quale abbiamo evidenziato come i cheratinociti passando, per mitosi di strato in strato, proliferando e dando origine a delle cellule che si spostano dagli strati più basali a quelli più superficiali, vanno incontro ad un processo di differenziamento, che fa sì che esso culmini dopo che si siano accumulate nella cellula una serie di componenti che vanno a costituire la componente corneificata della cellula stessa, in vere e proprie squame cornee, non più cellule in quanto vanno incontro ad apoptosi, che costituiscono lo strato superiore dell'epidermide e proteggono l'epidermide e quindi l'individuo, dal momento che l'epidermide è il nostro epitelio che si affaccia al mondo esterno, da insulti e traumi di tipo chimico-fisico, strato che si va desquamando e viene continuamente rinnovato.
Le cellule dell'epidermide sono i CHERATINOCITI per la maggior parte, e sono quelli che operano questo percorso differenziativo, ma non sono le uniche cellule che si trovano nell'epidermide. Infatti oltre ai cheratinociti, vi ricordo che esistono i MELANOCITI (non li descrivo, perché ne abbiamo parlato in precedenza): cioè le cellule produttrici dei melanosomi all'interno dei quali viene accumulata la melanina e che si trovano negli strati più profondi e che cedono i melanosomi ai cheratinociti che via via si vanno spostando verso gli strati superiori. Oltre questo tipo cellulare vi sono delle cellule che prendono il nome di CELLULE DI LANGHERANS che non sono pochissime, sono circa il 2/4% della popolazione, si trovano per lo più nello strato spinoso (secondo strato partendo dal basso, quello chiamato anche STRATO DI MALPIGHI), hanno le caratteristiche di cellule che presentano l'antigene (ne discuteremo quando parleremo del sistema immunitario). Le cellule che presentano l'antigene, in parole molto semplici, per anticipare, vengono chiamate CELLULE APC (antigen presenting cells). Sono una serie di tipi cellulari che hanno la caratteristica di fagocitare degli antigeni, degradarli al loro interno in una serie di piccoli corpi peptidi, che poi vengono, al livello dell'apparto di Golgi, montati su dei recettori e questi peptidi vengono esposti su dei recettori all'esterno. Tutto questo processo è importante nella biologia della cellula perché i "LINFOCITI T" (i linfociti si dividono in B e in T), non sono in grado di riconoscere antigeni circolanti, antigeni nella loro forma nativa, nella loro forma tridimensionale fisiologica, ma si attivano solo se delle cellule che presentano l'antigene, APC, ne espongono corpi peptidi sulla loro superficie. Quindi questo processo è strumentale all'attivazione di una risposta immunitaria da parte dei LINFOCITI T. Mentre i LINFOCITI B seguono tutt'altro destino, in quanto producono gli anticorpi (li vedremo in seguito) e riconoscono gli antigeni nella loro conformazione nativa, non hanno bisogno che gli antigeni vengano processati e presentati da parte di cellule del sistema APC. Cellule di questo tipo che presentano l'antigene, cellule "APC", ne possediamo dappertutto nei nostri tessuti, un esempio sono i MACROFAGI del connettivo, un altro esempio di APC sono i NEUTROFILI del sangue, le cellule dendritiche dell'epidermide, perché in ognuno dei tessuti del nostro organismo è necessario che ci siano queste cellule che fanno da presidio immunitario, da presidio difensivo e che nel caso sia necessario attivino la risposta dei LINFOCITI T. (ho aperto una parentesi che vedremo dettagliatamente in seguito). Poi nell'epidermide sono presenti delle cellule epiteliali modificate che si chiamano CELLULE DI MERKEL molto abbondanti laddove la nostra epidermide ha una sensibilità più raffinata, per esempio all'interno dei follicoli piliferi, nella punta delle dita, nella mucosa orale, perché queste cellule sono in connessione con assoni di nervi sensitivi e quindi trasducono una sensazione di tipo tattile discriminativo (ne parleremo in seguito quando affronteremo il tessuto nervoso e i recettori dellasensibilità). Queste cellule costituiscono certamente meccanorecettori, cioè dei recettori di stimolo meccanico, quindi stimolo tattile. Vi dico questo per definire in realtà l'epidermide che non è semplicemente uno strato di cheratinociti che si vanno via via differenziando e desquamando il che è importante per ripararci da insulti di tipo fisico-chimico che ci provengono dall'ambiente esterno, ma nell'epidermide, la cute, in realtà è considerato un vero e proprio organo, non semplicemente una struttura di rivestimento perché al suo interno si verificano una serie di eventi biologici di tipo difensivo-immunitario, di tipo sensoriale, che rendono la cute, e quindi l'epidermide che di essa fa parte, una struttura più sofisticata, con delle funzioni più dettagliate rispetto a quello che noi potremmo immaginare nella nostra mente.
Ovviamente esistono anche gli EPITELI PLURISTRATIFICATI CUBICI E COLONNARI. Di questi non abbiamo molto da dire: sono costituiti ovviamente da diversi strati di cellule che non sono appiattite nella loro parte superficiale, negli strati più superficiali, ma sono o cubiche, quindi con le 3 dimensioni più o meno equivalenti, o colonnari, detti anche prismatici, cioè con la dimensione dell'altezza più sviluppata rispetto alle altre 2. Si trovano nei grossi dotti delle ghiandole, nei grossi dotti escretori, in generale, IMMAGINE ESEMPIO di un lume di un dotto e vediamo che esso è contornato da una parete in cui si intravedono diversi strati di cellule; li intravediamo perché notiamo la colorazione dei nuclei, ognuna di queste macchie violette è un nucleo di una cellula, quindi ci immaginiamo una serie di strati.
Per terminare la classificazione degli epiteli, dobbiamo fare riferimento ad un epitelio che non si colloca in nessuna delle classificazioni che fino ad ora abbiamo delineato, e cioè l'EPITELIO DI TRANSIZIONE o EPITELIO PLASTICO o UROTELIO. Questo epitelio viene chiamato urotelio perché è tipico di alcuni organi che fanno parte dell'apparato urinario, in particolare della vescica e della parte finale degli ureteri, che sono 2 grossi tubi che, dai reni portano l'urina ad accumularsi all'interno della vescica. Ovviamente sapete che l'accumulo dell'urina all'interno della vescica non determina un riflesso immediato della minzione, ma è necessario che la vescica si riempii in maniera prominente, raggiunga un certo volume prima che, dal punto di vista nervoso, venga in noi stimolato il riflesso della minzione e quindi l'urina venga emessa all'esterno. Questo significa che l'organo vescica va incontro a diverse conformazioni, cioè vescica contratta quando essa è vuota, e dobbiamo immaginarci un organo con un lume molto più compatto, molto più piccolo, e poi vescica distesa, via via che si va riempiendo di urina e va aumentando di volume distendendo la parete. Quindi vescica contratta e vescica distesa è una situazione in cui le 2 posizioni, i 2 stati di quest'organo variano molto per quanto riguarda il volume e l'ampiezza della parete. L'epitelio di transizione o epitelio plastico è cosiddetto proprio perché è in grado di modificarsi accompagnando le variazioni di riempimento o svuotamento della vescica stessa. SCHEMA: in generale lo possiamo immaginare come in questo schema, che è un'immagine al M.O. di una sezione di epitelio vescicale che ricalca molto quello che è descritto in questo schema; esso è costituito da 5/6 strati di cellule, quindi è un epitelio pluristratificato, le cellule degli strati superficiali sono cupoliformi (come disegnate in questo schema), quindi hanno una membrana apicale che è a forma di cupoletta, le cellule degli strati mediani sono invece chiriformi, quindi con un corpo più slargato e dei prolungamenti. Questo è quello che possiamo osservare a vescica vuota, quando la parete dell'organo non è distesa. Nel momento in cui l'organo si va riempiendo (non ho l'immagine, ma la vedremo nei vetrini di istologia con chi parteciperà alle esercitazioni alla fine del corso, fisserò 5 giorni, in cui vi dividerò in gruppi, all'inizio di febbraio nel pomeriggio dalle 14 alle 17), a vescica distesa, gli strati cellulari appaiono diminuire, come se le cellule andassero scorrendo le une sulle altre, per cui da 5/6 strati appaiono un massimo di 3 strati. Le cellule cupoliformi dello strato superficiale si appiattiscono, quindi diventano cellule pavimentose; questo per schiacciare la parete, e aumentare la possibilità che questa parete possa distendersi e seguire le modificazioni del volume dell'organo. Ovviamente quando la vescica verrà svuotata, questa situazione di epitelio plastico, con cellule pavimentose, pochi strati cellulari, tornerà alla situazione (che vediamo in questa immagine), in cui gli strati aumentano e le cellule dello strato superficiale ritornano ad essere cupoliformi, più cubiche, piuttosto che schiacciate, quindi questo epitelio segue le modificazioni dell'organo stesso. Ma non è l'unica cosa che questo epitelio fa.Un'altra caratteristica dell'organo vescica: la vescica è l'organo di immagazzinamento dell'urina, urina che deve essere eliminata, non deve, per diffusione, refluire nessuna delle sue componenti all'interno del tessuto vescicale e quindi essere recuperata all'interno dell'organismo. Questo significa che la parete della vescica e quindi l'epitelio che lo costituisce deve essere assolutamente impermeabile, deve assolutamente evitare che, per diffusione, acqua, soluti, tossine e quant'altro si trova disciolto nell'urina perché deve essere eliminato, possa per capillarità, per diffusione, tornare ad essere facente parte del tessuto dell'organo vescica.
L'IMPERMEABILIZZAZIONE dell'EPITELIO DI TRANSIZIONE, si basa su 2 parametri fondamentalmente: il primo è relativo a queste 2 immagini che fanno riferimento a delle osservazioni al M.E. a trasmissione però sono degli schemi disegnati. Lasciamo da parte vescica contratta e vescica distesa e vediamo la superficie apicale della membrana delle cellule, l'autore l'ha disegnata in grassetto con una elettrondensità molto evidente, che fa riferimento ad un accumulo di materiale proteico, in genere (se vi ricordate la microscopia elettronica, quando ci sono delle zone molto colorate scure). In effetti la membrana apicale di queste cellule cupoliformi contiene una grandissima quantità di glicoproteine e proteine transmembrana che fanno da scudo, che non sono dei trasportatori, ma sono delle proteine che fanno da ostacolo in modo che un reflusso di materiale attraverso la membrana sia assolutamente ostacolato (tutto il contrario di quello che possono fare dei trasportatori, dei sistemi, come li abbiamo studiato in precedenza).
Inoltre non abbiamo ancora studiato che le cellule degli epiteli sono fissate le une alle altre da dei SISTEMI DI GIUNZIONE, sono fortemente incollate fra loro. Esistono diversi sistemi di giunzione da quello più forte a quelli un po'meno forti, un po' più lassi, dove praticamente esiste un interstizio fra cellula e cellula. Non volendo dare al momento dei nomi a tutti questi vari sistemi giunzionali che vedremo nelle prossime slide, possiamo però dire che l'impermeabilizzazione dell'epitelio della vescica è anche consentita dal fatto che fra cellula e cellula c'è un'enorme quantità di queste giunzioni che saldano strettamente le membrane cellulari fra loro, impedendo che ci sia un interstizio fra le cellule stesse, addirittura si attua una fusione dei foglietti di membrana delle 2 cellule; questo ovviamente per impedire al 100% che ci sia un reflusso, per diffusione, di sostanze, di acqua e di sostanze in essa disciolte, proveniente dall'urina verso il tessuto vescicale stesso.
SPECIALIZZAZIONI AL LIVELLO DELLE MEMBRANE DELLE CELLULE EPITELIALI Questo per quanto riguarda la classificazione dei tessuti epiteliali, se vogliamo considerare la cellula epiteliale in quanto tale, a parte il fatto che può cambiare di forma, abbiamo visto può essere piatta, cubica, colonnare, può sistemarsi in diversi strati, o può essere mono stratificata, le cellule epiteliali presentano delle particolari specializzazioni al livello delle loro membrane: in particolare si fa una distinzione fra la MEMBRANA APICALE, LA MEMBRANA LATERALE E LA MEMBRANA BASALE. Ovviamente la membrana apicale rappresenta quella membrana che guarda il lume dell'organo, o che guarda l'esterno nel caso delle cellule epiteliali, e facciamo riferimento, nel caso di un epitelio pluristratificato, all'ultimo strato di cellule, cioè a quello che guarda il lume, al di sopra del quale non c'è null'altro.
Alcune di queste specializzazioni di membrana le conosciamo già, perché sulla superficie apicale delle cellule epiteliali si organizzano ciglia e microvilli (ne abbiamo parlato quando abbiamo parlato del citoscheletro); sappiamo la struttura dell'assonema, (il braccio radiale, la nexina e la dineina dell'assonema), per quanto riguarda il ciglio, la struttura dei microfilamenti a fasci tenuti insieme da fimbrina e quant'altro (microvillo).
Se cominciamo a guardare la superficie laterale delle cellule, riallacciandomi al discorso di prima, le cellule epiteliali, queste sono delle cellule schematizzate, vediamo dei microvilli sulla superficie (l'autore immagina che sia presente un epitelio intestinale, che è quello che presenta tipicamente questi microvilli, ma l'interesse dell'autore in questa figura è andare a definire quali sono le specializzazioni che consentono una saldatura, che si vanno a organizzare nella superficie laterale delle cellule, per cui una cellula viene saldata in maniera più o meno forte con la cellula adiacente, tale che l'epitelio sia in realtà un tessuto molto coeso,