Documento da Alt Onlus Associazione per la Lotta Alla Trombosi e Alle Malattie Cardiovascolari su Farmaci Antitrombotici: Anticoagulanti e Antiaggreganti. Il Pdf, utile per l'università in Biologia, descrive l'uso, le modalità di somministrazione, le controindicazioni e i potenziali effetti collaterali di queste categorie di farmaci.
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NO. Gli anticoagulanti bloccano i fattori della
coagulazione, di solito vengono utilizzati per curare le
Trombosi venose, ma sono efficaci anche per curare le
Trombosi che si verificano nelle arterie (per esempio le
coronarie o le carotidi) e per prevenire la produzione di emboli che causano Ictus
cerebrale, come avviene nei cuori che fibrillano . Gli antiaggreganti agiscono sulle piastrine
e sono efficaci solo per la prevenzione delle Trombosi e della Embolia nelle arterie (per
quanto la ricerca ad oggi ci permette di affermare), con alcune eccezioni che possono
essere individuate dal medico curante.
NO, salvo in alcune situazioni particolarmente delicate e solo su suggerimento del medico
e con un'attenta sorveglianza. Dosi sbagliate, tipi di farmaci sbagliati o sovrapposizione di
farmaci diversi possono provocare emorragia oppure non essere efficaci, peggiorando la
Trombosi o permettendo che si verifichi una Embolia.
L'efficacia dei farmaci antitrombotici dipende da una serie di variabili:
I farmaci antiaggreganti rendono il sangue più fluido impedendo alle
piastrine di aggregarsi e quindi di formare Trombi. Quelli più
comunemente usati sono:
Acido acetilsalicilico (Aspirina), Ticlopidina, Clopidogrel, Indobufene,
Dipiridamolo.
Essi devono essere assunti tutti i giorni a dosi fisse e a stomaco pieno.
No, essi non interferiscono con i tests della coagulazione (PT e PTT) che rimangono
normali. Provocano invece un allungamento del tempo di emorragia: ma questo test non
deve essere usato per misurarne l'efficacia.
Sì, poiché impediscono alle piastrine di aggregarsi, allungano il tempo di sanguinamento in
caso di sangue dal naso o di ferite; possono anche provocare la formazione di lividi
piuttosto estesi e sproporzionati ai traumi. L'aspirina in particolare può causare o
peggiorare una gastrite o far sanguinare un'ulcera gastrica in persone predisposte o
peggiorarne i sintomi: sono controindicati in caso di gastrite emorragica o di ulcera
gastroduodenale, pericolosi in caso di colite ulcerosa o altri punti di sanguinamento
possibile, e in pazienti ipertesi con un controllo farmacologico insufficiente.
Alcuni di questi farmaci possono, anche se raramente, provocare un calo del numero delle
piastrine e dei globuli bianchi circolanti (in particolare la Ticlopidina) e causare sintomi
gastrici e intestinali, come dolori allo stomaco o diarrea: nelle prime settimane di cura è
bene eseguire periodicamente un prelievo di controllo per l'emocromo e segnalare al
medico eventuali sintomi sospetti.
Sono molto efficaci nella cura e nella prevenzione delle malattie da Trombosi ed Embolia
arteriosa: Infarto del miocardio, Ictus cerebrale, Arteriopatie periferiche.
Vengono quindi usati (sempre comunque e solo su indicazione del medico):
Sono sconsigliati in pazienti con ulcera gastrica o gastrite, che abbiano emorragie in corso,
che abbiano subito un intervento chirurgico molto recente, che abbiano avuto emorragie
gravi in precedenza, o che si trovino in situazioni cliniche ad aumentato rischio emorragico.
Sono controindicati nei pazienti che assumono già anticoagulanti, salvo diversa e specifica
indicazione del medico. Sono controindicati nei pazienti allergici o intolleranti.
I pazienti in terapia antiaggregante devono rispettare alcune regole.
Controllare e modificare i fattori di rischio, soprattutto quelli legati allo stile di vita: la
probabilità di evitare un nuovo evento ischemico non dipende solo dai farmaci! Controllo
del peso, niente fumo di sigaretta, almeno quaranta minuti al giorno di una attività fisica
compatibile con il dolore, se presente, meno stress, controllo dell'alimentazione, della
pressione, della glicemia, del colesterolo e dei trigliceridi.
Quando l'antiaggregante viene sospeso, il sangue continua a coagulare meno del normale
almeno per alcuni giorni.
In caso di necessità, e sempre solo su indicazione del medico curante, la terapia con
antiaggreganti può essere sospesa e temporaneamente sostituita con anticoagulanti
(eparina), chiedendo istruzioni al medico curante.
Si somministra per via endovenosa (in ospedale) o sotto
cute (anche a casa), una o due volte al giorno, secondo
l'indicazione del medico.
Un tempo si usava l'eparina calcica (calciparina) a dosi
variabili, e la sua efficacia veniva misurata attraverso il PTT (Tempo di Tromboplastina
Parziale) sul sangue.
Oggi il suo uso è riservato a casi particolari (pazienti con insufficienza renale grave) e
richiede comunque un attento monitoraggio del PTT con prelievo di sangue per confermare
che la dose assunta sia efficace.
Dalla frammentazione della molecola dell'eparina sono nate le eparine a basso peso
molecolare (enoxaparina, dalteparina, nadroparina,reviparina, bemiparina, parnaparina):
esse hanno il vantaggio di essere efficaci con un dosaggio proporzionale al peso del
paziente, con una o due somministrazioni al giorno, e non richiedono un monitoraggio
attraverso prelievi di sangue. Solo nei primi giorni d'uso è prudente controllare
l'emocromo con conta piastrinica, almeno due prelievi nei primi dieci giorni di utilizzo: un
calo importante delle piastrine che si verifichi fra il primo e il secondo prelievo potrebbe
indicare una reazione autoimmune di distruzione delle piastrine e comporta un rischio
emorragico aumentato.
Le eparine non sono identiche, e non vanno mai scambiate l'una con l'altra, salvo casi di
intolleranza a una molecola specifica.
L'eparina è un potente farmaco antitrombotico, che si usa solitamente:
Gli anticoagulanti che si somministrano per bocca
(anticoagulanti orali) sono il Warfarin (Coumadin) e il
suo derivato Acenocumarolo (Sintrom).
Essi agiscono riducendo la produzione di fattori della
coagulazione da parte del fegato: non
agiscono sulle piastrine.
La loro azione non è prevedibile: per ogni singolo paziente deve essere trovata la dose di
farmaco idonea a rendere il sangue fluido quel tanto che basta perché non produca
Trombi, ma non troppo, perché possa coagulare in caso di bisogno.
Il loro effetto viene misurato attraverso un prelievo di sangue periodico che misura il PT
(tempo di protrombina) espresso come INR (Rapporto Internazionale Normalizzato):
quanto più elevato è l'INR, tanto più fluido è il sangue.
L'INR normale è circa 1: quello di un paziente anticoagulato deve essere fra 2 e 3.5 in
funzione dell'indicazione del medico e delle diverse situazioni cliniche.
La Terapia Anticoagulante Orale (definita per brevità TAO) è efficace ma deve essere
trattata con rispetto, dal medico e dal paziente: se assunta correttamente e altrettanto
correttamente sorvegliata, la TAO salva la vita.
Errori da parte del paziente (dimenticanze o errori nel dosaggio) o da parte del medico
possono provocare complicanze emorragiche e trombotiche anche mortali.