Documento di Biologia Molecolare della Nutrizione esplora la relazione tra variabilità genetica, epigenetica e stile di vita nell'insorgenza di patologie multifattoriali. Il Pdf, un appunto universitario di Biologia, analizza polimorfismi genetici, il ruolo dell'ambiente e del microbiota, approfondendo intolleranze alimentari come quella al lattosio e la celiachia, con dettagli sui meccanismi molecolari.
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BIOLOGIA MOLECOLARE DELLA NUTRIZIONE 25/10/24 Variabilità genetica e stile di vita nell'insorgenza di patologie multifattoriali Il fenotipo è il risultato della somma e dell'interazione tra la predisposizione genica e l'ambiente. La variabilità presente tra un individuo e l'altro può determinare una certa predisposizione all'insorgenza di un fenotipo. Questo concetto è applicabile ad ogni campo, ad esempio, la predisposizione per un dato sport. Quando si parla di predisposizione non si parla di variazioni genetiche che hanno un nesso diretto con il fenotipo (come invece avviene nelle malattie genetiche). Studi su gemelli omozigoti hanno dimostrato quanto sia rilevante l'ambiente nell'insorgenza di alcuni fenotipi come diversità nei livelli di espressione genica. L'ambiente comprende la dieta, l'esposizione ad inquinanti, tipo e livello di attività fisica, assunzione di farmaci e/o di droghe, esposizione al sole e tanto altro. L'ambiente va a determinare la regolazione epigenetica interagendo sulla base di DNA. L'ambiente modula i livelli di espressione di determinate proteine modulando quindi la predisposizione genica, in senso positivo o negativo, per una data caratteristica. Il 99,9% del DNA è uguale per tutta la popolazione, la variabilità risiede in quel 0,1%. La variabilità risiede in un differente ordine delle basi azotate in un determinato tratto di DNA.
Polimorfismo: esistenza di forme diverse; per definizione è una variazione genetica a livello della sequenza di DNA che non altera la funzione di un prodotto genico (non associata ad una patologia) ma è responsabile, nell'ambito della normalità, di una certa predisposizione. Si parla di polimorfismo quando la variazione nella sequenza dei nucleotidi si presenta, nella popolazione generale, con una frequenza maggiore dell'1%. Quando la frequenza è invece minore dell'1% si parla di variante rara o di mutazione, in questo caso spesso si può avere una malattia genetica. L'evoluzione tende a non trasmettere mutazioni deleterie. L'estensione della variazione nucleotidica nel genoma può essere varia, da intere triplette a variazioni in un singolo nucleotide chiamate SNP (single-nucleotide polymorphism). La maggior parte delle sequenze geniche non sono codificanti, l'uomo, al vertice della scala evolutiva, presenta la densità genica più bassa (quante sequenze codificanti per una proteina sono presenti in un dato tratto di DNA). Più l'organismo è complesso e più aumentano le sequenze non codificanti (inter-geniche, regolatorie, ripetute). Anche all'interno di un gene codificante per una proteina sono presenti regioni non codificanti come il promotore e gli introni che occupano gran parte del gene. La differenza tra polimorfismo e mutazione dipende più che altro dalla porzione di genoma interessata dalla variazione. Una variazione che interessa una sequenza non codificante difficilmente avrà un impatto sul fenotipo. Gli SNP possono avere effetti vari in base alla regione interessata all'interno del gene. Ad esempio, se interessasse la regione del promotore si andrebbe a modificare la quantità di proteina prodotta. Variazioni nucleotidiche nelle triplette dell'esone invece modificherebbero la composizione e quindi la struttura primaria della proteina (ad eccezione dei codoni sinonimi) e potrebbero, oppure no, risultare in un cambio della sua conformazione che ne determina la corrispondenza al recettore e quindi la funzione biologica. Questo dipende dal tipo di amminoacido variato e da quanto si discosta chimicamente da quello originale. Tra introne ed esone sono poi presenti siti regolatori, variazioni nucleotidiche in queste porzioni potrebbero alterare lo splicing ed avere effetti fenotipici risultanti nella formazione di un'isoforma della proteina piuttosto che un'altra. Le variazioni possono portare ad un'aumentata corrispondenza tra proteina e recettore risultante in un maggiore effetto biologico o ad una diminuita corrispondenza tra proteina e recettore risultante in un minore effetto biologico. Per quanto riguarda la caffeina, ad esempio, esistono i metabolizzatori lenti ed i metabolizzatori veloci in relazione alla funzionalità ed ai livelli dell'enzima deputato al metabolismo della caffeina. Funzionalità quando la variazione interessa la struttura della proteina, espressione quando la variazione interessa il promotore. La variazione nucleotidica (polimorfismo) può avere impatto diverso in base al fatto che si presenti in omo- o etero-zigosi (stesso polimorfismo con esiti differenti).
Oltre alla genetica è in parte ereditabile anche l'epigenetica, quindi la regolazione della trascrizione genica (risposta agli stimoli ambientali). Ad esempio, il padre o la madre che presenta un alterazione su determinate proteine dovuta ad ipertrofia del tessuto adiposo/innesco di sindrome metabolica/predisposizione a malattie cardiovascolari, trasmette la stessa alterazione sull'espressione delle medesime proteine all'embrione. Il sovrappeso del genitore predispone la prole, fin dal concepimento, allo sviluppo delle patologie correlate. Lo stile di vita della madre è particolarmente importante sulla vita uterina. L'impatto di un dato regime alimentare o nutraceutico può dipendere, almeno in parte, dal corredo genetico di ciascun individuo. Le patologie a cui si fa riferimento in questo ambito sono patologie multifattoriali come il diabete di tipo 2 per il quale infatti esiste una certa predisposizione. Si può identificare un aumento del rischio per una data patologia grazie allo screening. Non è semplice però giungere ad un'associazione tra polimorfismo e predisposizione (aumento del rischio) per una data patologia. Ogni polimorfismo deve essere scientificamente validato per cui devono essere esclusi tutti i fattori confondenti e devono essere fatti studi su larga scala (il numero degli individui analizzati deve essere elevato).
Elena Paita8/11/24 L'ampia dimensione del genoma umano non va di pari passo con il numero dei geni. C'è, invece, una correlazione fra frazione del genoma non codificante e complessità dell'organismo. All'interno di un gene sono presenti per un 30% porzioni costituite da introni. Gli esoni rappresentano solamente l'1%. Negli SNP si ha la variazione di un singolo nucleotide, quindi di una singola base azotata, all'interno di una tripletta che può determinare la traduzione di un amminoacido differente rispetto all'originale. Il gene codificante per la distrofina, proteina muscolare (tiene ancorato il citoscheletro alla membrana cellulare), è enorme e rappresenta, da solo, l'1% di tutto il cromosoma X. L'introduzione di un codone prematuro di stop porta alla formazione della proteina distrofina tronca e non funzionante. In questo caso non si è in presenza di un polimorfismo ma di una mutazione per cui si ha una malattia genetica ereditaria che è la distrofia muscolare di Duchenne. Piccole variazioni nucleotidiche del tipo o dell'espressione di determinate proteine ci possono far rispondere in maniera diversa ai nutrienti. Le sequenze ripetute (STR) sono la gran parte delle sequenze del genoma. La variabilità individuale non riguarda solo la costituzione delle basi ma anche il numero di ripetizioni delle sequenze ripetute (parametro usato, ad esempio, nelle scienze forensi per distinguere un individuo dall'altro). In alcuni casi, il numero di ripetizioni è talmente variato da andare a modificare la conformazione del cromosoma. È presente una componente genetica che va a regolare il bilancio tra l'energia spesa a fronte dell'introito calorico e l'accumulo di tessuto adiposo, metabolismo glucidico, sensibilità all'insulina. L'altra componente è l'ambiente quindi la dieta, lo stile di vita, ecc. Le modificazioni epigenetiche, così come quelle genetiche, concorrono a determinare le qualità e attitudini di fronte al metabolismo e alle malattie associate a disfunzioni di questo.
Uno dei geni più studiati e la cui disregolazione è stata associata all'obesità è FTO (fat mass and obesity associated gene). La sua disregolazione comporta l'alterazione di vari processi metabolici, dalla proliferazione cellulare alla capacità migratoria, alla capacità di replicazione delle cellule staminali. Ha la capacità di modulare tantissime vie di segnale intracellulari. Il gene codifica per una proteina, una RNA de-metilasi che catalizza la rimozione di gruppi metilici (CH3) su nucleosidi a RNA. Quindi catalizza la de-metilazione su mRNA target inficiandone l'export, la degradazione, la stabilità e la traduzione. In questo modo modula i livelli di espressione di determinate proteine ed è stato associato, nelle sue varianti polimorfiche, alla predisposizione a malattie cardiovascolari varie (effetto negativo, risk allele). I polimorfismi vengono indicati con "rs" seguiti da numeri in modo da nominarli e numerarli (alcuni associati ad obesità, altri a patologie tumorali, ecc.). È stata creata una mappa con tutte le possibili varianti del gene FTO e le relative percentuali con cui, nel totale delle variazioni nucleotidiche, queste si presentano. È stato analizzato poi l'effetto che le varie basi variate hanno sulla conformazione della proteina. Ciò che è importante è la conformazione finale tridimensionale della proteina (struttura terziaria) per l'interazione con il substrato (nucleosidi a RNA) più che la struttura primaria. NTD e CTD sono i domini all'N-terminale ed al C-terminale rispettivamente e sono importanti per la conformazione tridimensionale per il legame con il substrato. Variazioni in questi domini possono far legare più o meno bene un dato RNA messaggero oppure farne legare uno piuttosto che un altro. Variazioni polimorfiche di FTO possono, ad esempio, alterare l'espressione della grelina (riduzione della proteina) alterando l'espressione del suo RNA messaggero. Inoltre agisce anche sugli mRNA di fattori adipogenici. Il polimorfismo a singolo nucleotide rs9939609 comporta la sostituzione di una timina con un'adenina ed è stato associato, in omozigosi, ad un aumento medio di 3kg di peso in più e ad una predisposizione di circa due volte maggiore di sviluppare obesità. In questo, come in altri polimorfismi, si ha un alterazione nella regolazione dell'appetito quindi nella quantità di cibo introdotto. Non solo la quantità di cibo è diversa ma, andando a intaccare la modulazione del sistema di piacere e di ricompensa, è diversa anche la qualità del cibo ingerito. Gli individui che presentano questi polimorfismi sulla sequenza genica FTO tendono a orientarsi verso cibi con più alto contenuto di grassi. Polimorfismi simili sono stati associati all'insorgenza di patologie cancerose. Quindi i polimorfismi nel gene FTO generano alterazioni su mRNA codificanti per proteine che vanno a influenzare i processi di adipogenesi o di tumorigenesi.
Soffermandoci sull'obesità, è stato ampiamente dimostrato che si va ad intaccare, con questo meccanismo di de- metilasi, l'espressione, in positivo o in negativo, di proteine, di ormoni coinvolti con il senso di sazietà, l'introito calorico ed i processi di adipogenesi. Il livello di azione è post-trascrizionale in quanto si agisce a livello dell'RNA messaggero.
A livello intracellulare viene coinvolto un enzima, una serina-treonina-chinasi, chiamato mTOR, il principale regolatore negativo dei processi autofagici (digestione cellulare). Questo fattore è coinvolto nei processi di sviluppo e progressione dell'obesità e delle forme tumorali connessa ad FTO. mTOR attiva il cosiddetto effetto Warburg, induce la piruvato chinasi M, l'enzima regolatore di velocità del metabolismo glucidico. mTOR rappresenta il meccanismo intracellulare principale attraverso cui varianti polimorfiche di FTO sono state connesse all'insorgenza di obesità e cancro. In cellule Elena Paita