Riassunto La Società di Antico Regime (XVI-XVIII Secolo) di G. P. Romagnani

Documento dall'Università degli Studi di Verona sul riassunto de La Società di Antico Regime (XVI-XVIII Secolo) di G. P. Romagnani. Il Pdf esplora il lavoro dello storico, la memoria, la stampa, l'editoria e l'istruzione, utile per lo studio della Storia a livello universitario.

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Riassunto La società di antico
regime ( XVI-XVIII secolo), G. P.
Romagnani
Storia Moderna
Università degli Studi di Verona (UNIVR)
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Riassunto La società di antico
regime ( XVI-XVIII secolo), G. P.
Romagnani
Storia Moderna
Università degli Studi di Verona (UNIVR)
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Lavoro dello storico

Il capolavoro di March Bloch, "Apologia della storia o mestiere di storico", cerca di spiegare cos'è la storia e
a cosa serve. La parola storia è piuttosto ambigua e possiede molteplici significati: divenire degli event nel
corso del tempo (realtà soggettiva) o storia come è narrata o interpretata dagli uomini (prodotto
soggettivo). In italiano possiamo distinguere: la storia come realtà oggettiva/evento, mentre la storiografia
come metodo di narrazione; il termine storia viene dal greco, e vuol dire osservare, cercare di sapere,
informarsi, quindi I'dea greca di storia è inscindibile da quella di ricerca. Qualsiasi approccio alla
conoscenza storica è veicolato dai libri degli storici antichi, che sono il frutto di una loro interpretazione
dell'evento o del fatto accaduto. Le principali attività della storiografia sono tre: ricordare (storiografia
narrativa), ammaestrare (storiografia pragmatica) e spiegare (storiografia scientifica); la storiografia
risponde, pertanto, ad un bisogno sociale fondamentale, cioè, la ricerca di identità. L'identità è ciò che
definisce i tratti comuni con coloro che riteniamo nostri simili e ciò che ci differenzia con tutti gli altri.
Tornando a Bloch, la sua spiegazione riguardo la storia viene non solo dallo studio dei libri, ma soprattutto
sugli uomini, sulle loro relazioni reciproche, sulla loro vita e nelle loro trasformazioni nel corso del tempo.

Storia e memoria

La memoria ha un ruolo fondamentale, perché una persona, un popolo senza memoria è un popolo senza
identità. Lo storico è il testimone, o colui che può risalire alla memoria dei testimoni, e il suo compito è
quello di ricostruire i ricordi. Lo stesso discorso vale per le comunità: senza memoria perde la sua identità;
basti pensare agli immigrati, sradicati dalla loro terra e "costretti" a inserirsi e integrarsi in una comunità di
cui non conoscono il passato e non condividono le tradizioni, mentre sono privati della loro memoria
storica. La trasmissione della memoria è dunque fondamentale, perché resta la materia prima della storia e
contrapporre la memoria/testimonianza alla storia/analisi è un'operazione sbagliata. La questione si fa
delicata quando si tratta di storia contemporanea: qui storia e memoria tendono a sovrapporsi e gli storici
hanno il dovere distinguere i due piani, cercando di interpretare al meglio le due cose.

Scrivere di storia

Nel 1975 lo storico Francois Furet pubblica un articolo nel quale sintetizza i presupposti della cosiddetta
"nuova storia" francese, dichiarando tramontata lo storia-racconto, dominata dalla cronologia, dall'evento,
dall'individualità ecc. a favore della storia-problema, dominata dalla struttura, del seriale e del quantitativo.
Secondo Furet, lo storico, deve avvicinarsi sempre di più all'approccio scientifico, affiancandosi agli altri
scienziati sociali e lavorando sulle strutture e sul quadro socio-economici. Nel 1979, Lawrence Stone,
pubblica un altro articolo, in cui critica coloro che hanno dichiarato la fine della "storia narrativa",
accusandoli di aver ripiegato su una narrazione tradizionale dominata da temi politici e sulla biografia. Da
ciò, Stone, afferma che la narrazione è un modo di scrivere storia, ma anche un modo coinvolge ed è
coinvolto dal metodo.
La storiografia nasce come racconto, e la differenza fra storia e poesia, e fra storico e poeta, è che: lo
storico, descrive i fatti realmente accaduti, il poeta, descrive i fatti che possono accadere; il poeta è dunque
più libero dello storico, che si deve limitare a descrivere accadimenti particolari e limitati.
Ancora più chiara e poi la distinzione tra storie, argomenti e favole: le storie sono fatti realmente accaduti,
argomenti sono fatti non accaduti ma che avrebbero potuto esserlo, e le favole sono fatti non accaduti e
che non possono accadere. Importante è anche la definizione che Voltaire da della storia, dicendo che essa
è il racconto di fatti dati per veri, mentre la favola è il racconto dei fatti dati per falsi. Il discorso storico si
svolge su due piani: la descrizione nel quale lo storico espone i fatti e fa parlare i documenti relativi;
l'analisi o interpretazione, nel quale lo storico espone le loro considerazioni relative al fatto/argomento.

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Le fonti

Studiare le società di antico regime, significa venire a contatto con le principali interpretazioni che le
riguardano. Le interpretazioni su delle società del passato vengono fatte sulla base delle fonti; tanto più
ricche sono le fonti e la bibliografia, tanto più impegnative ne risultano le opere di sintesi che non possono
limitarsi a schematizzare eventi politici e processi di trasformazione sociale lunghi e complessi. Conoscere la
società di antico regime significa conoscere: le fonti che gli storici hanno utilizzato, la storiografia ossia le
principali opere storiche che le riguardano, il significato delle categorie storiografiche e i grandi dibattiti
che hanno visto gli storici confrontarsi e scontrarsi prima di giungere a delle conclusioni. Il documento si
definisce rispetto al passato, la fonte rispetto al futuro (la conoscenza che lo storico vuole ricavare dal
documento). Le fonti possono primarie (testimonianze dirette), secondarie (testimonianze indirette),
manoscritte o a stampa, oggetti (opere d'arte, manufatti ecc.) tracce sul territorio, nelle tradizioni, nelle
leggende ecc.
La bibliografia è tutto ciò che è stato scritto sul problema di cui lo storico si occupa; essa può essere
primaria (libri frutto di ricerca diretta sui documenti), secondaria (libri scritti lavorando su altri libri). Lo
storico, perciò, dovrebbe conoscere la filologia, codicologia, grafologia e altre materie importanti per
interpretare al meglio i libri su cui lavora. Ruolo fondamentale è quello dell'archivio che è la memoria
organizzata di un'istituzione; esso non è mai diviso per argomenti, ma per funzioni richiamando alle
funzioni amministrative dell'ente che lo ha generato. Negli archivi di Stato si può trovare tutto ciò che ha a
che fare con la pubblica amministrazione e con il governo del territorio; poi ci sono chi archivi pubblici,
comunali, accademie, università ecc.

Le interpretazioni

Le interpretazioni proposte dagli studiosi non sempre hanno portato ad una chiave di lettura condivisa, ma
sicuramente hanno aperto alla strada a ricerche particolari. Una delle questioni più importanti è quella sul
Rinascimento e Umanesimo: lo storico Jakob Burckhardt fu uno dei primi a definire il Rinascimento come il
rinnovamento delle civiltà che avrebbe portato alla Riforma religiosa, all'Illuminismo e alla civiltà liberale.
Nell'Umanesimo Burka vedeva la volontà di rottura degli intellettuali italiani con il passato medievale e la
loro volontà di rifondare una nuova civiltà su valori laici e industrialistici, stroncati dalla Controriforma e
dalla crisi di metà secolo. In contrasto con Burka, Burdach, vede nell'Umanesimo un carattere mistico-
religioso, di fatto antimoderno, da cui poi sarebbe emersa la proposta della Riforma luterana. Negli anni
precedenti la seconda guerra mondiale Hans Baron, proponeva l'Umanesimo come antidoto per i
totalitarismi; facendo un richiamo a Machiavelli, Baron proponeva una riflessione in chiave storiografica sui
principi dell'etica statale dell'antica Roma repubblicana, ripresa e sviluppata dagli umanisti del primo
Rinascimento.
Un'altra delle grandi controversie storiografiche relative all'inizio dell'età moderna è quella della Riforma,
Controriforma e Riforma cattolica. Leopold van Ranke, propose un quadro interpretativo basato sulla
dicotomia fra Riforma (positiva) e Controriforma (negativa) che, come termine, appare alla fine del
Settecento nella cultura tedesca (solo nell'Ottocento al concetto negativo di Controriforma si opporrà
quello della Riforma religiosa). In Italia il concetto è introdotto da Alberigo e Prodi che vedono, non solo
una violenta reazione della Chiesa contro la Riforma luterana, ma un'autonoma spinta riformatrice capace
di risolvere una parte di problemi posti dalla Riforma.
Interessante è anche il dibattito sulla crisi del Seicento. La controversia storiografica verteva: sulla natura
della crisi, sul suo carattere, sul ruolo della rivoluzione inglese e sul ruolo degli spazi italiani. Una prima
divisione passava fra gli storici marxisti e i non marxisti; per i primi la crisi era il segnale della crisi del
modo di produzione feudale e dell'emergere dell'economia capitalista, che avrebbe portato la borghesia
alla sua ascesa. Per i secondi bisognava far riferimento alla sfera politica guardando alla frattura società
Stato.

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Ancora diversa è l'interpretazione di Ruggiero Romano che riteneva che, la stagnazione del Seicento fosse
la conseguenza di una prova capitalistica fallita o ancora immatura che aveva consentito a uno sviluppo
nel 500.

La periodizzazione storica

Ogni epoca tende a fondare la propria identità a partire dal ripensamento delle periodizzazioni
convenzionali; le periodizzazioni servono a rendere pensabili i fatti e, la storiografia, indaga sul processo di
formazione dei criteri di periodizzazione e delle categorie storiche. Per costruire una periodizzazione seria è
necessario definire dei punti di partenza (es. la fondazione di Roma, la caduta dell'Impero Romano),
impiegare unità di misura temporali comparabili, individuare epoche con alcuni segni comuni e creare
categorie storiografiche su cui fondare ipotesi interpretative (Medioevo, Umanesimo ecc.).

Definire l'età moderna

La parola moderno/a deriva da "recentemente", da qui deriva l'equivoco di confondere moderno con
contemporaneo. La categoria storiografica di età moderna viene fondata alla fine del XVII secolo da Keller,
che a fine Seicento trasferiva nella storiografia una nuova periodizzazione che era la storia della
rigenerazione spirituale dell'Europa in seguito alla Riforma protestante, contrapposta al medioevo,
periodo di decadenza della Chiesa di Roma.

Alcune proposte di periodizzazione

Ogni scelta di periodizzazione implica una scelta storiografica, che a sua volta, implica una scelta ideologica
e una visione del mondo. Fino a molti anni fa, alcuni manuali facevano iniziare l'età moderna nel 1453, cioè
con la Caduta di Costantinopoli, ma ricorda anche l'avanzata turca nel Mediterraneo, e l'esodo degli
intellettuali greci in Italia (quindi una data con una visione prettamente Eurocentrica). Se si sceglie invece il
1492, il richiamo è alla scoperta del Nuovo Mondo americano, e potremmo considerare come l'inizio di un
mondo globalizzato (ma questa data rappresenta anche: la conquista del Califfato di Cordova e Granada da
parte di Ferdinando D'Aragona e la cacciata dei musulmani dalla Spagna). Se ci si sposta nel mondo tedesco
si considera, invece, il 1517, con l'affissione delle 95 tesi di Wittemberg da parte di Lutero.
Se si guarda poi le date con cui si chiude l'età moderna, anche qui ci sono ipotesi interpretative diverse. In
Francia si considera il 1789, la Rivoluzione Francese, come fine dell'antico regime e fine della storia
moderna; ma in Italia si preferisce il 1815, la Restaurazione. Lo storico americano Mayer indica addirittura
il 1918 come fine dell'antico regime e come inizio di periodo di crisi il 1818. Altri storici ancora indicano il
1861, proclamazione del Regno d'Italia; altri il 1871, proponendo una periodizzazione meno italocentrica
che fa riferimento alla fine del potere temporale dei papi.

Età moderna o antico regime?

La categoria storiografica di "antico regime" viene usata per distinguere il modello sociale prevalente in
Europa tra il XVI e XVIII secolo; questo modello presenta elementi di crisi e di conflitto che ne segnano tutta
la storia, ma che si fanno dirompenti solo con il Settecento, culminando con la Rivoluzione francese. Peter
Laslett scrive un'opera in cui espone una ricostruzione dal basso della società preindustriale inglese, a
partire dalla dimensione familiare e dai problemi della vita, della morte e della procreazione. L'opera di
Pierre Goubert, invece, presenta un quadro della società francese del secolo di Luigi XIV trasformandolo
in un paradigma di portata più ampia; l'opera prende in esame le strutture di una società agraria basata
sulla proprietà nobiliare e sullo sfruttamento dei beni della terra da parte dell'aristocrazia e della Chiesa,
mentre lo Stato appare più come un apparato di potere destinato al prelievo e al mantenimento dell'ordine
dei privilegiati.

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