Quale scienza per la medicina? Analisi tra scienza e servizio

Documento di Università su Quale Scienza per la Medicina? Il Pdf esplora il concetto di medicina come scienza e servizio, analizzando le diverse prospettive di filosofi e medici. Adatto a un pubblico universitario di Filosofia, discute i limiti della medicina come scienza esatta e l'importanza degli aspetti immateriali della cura.

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QUALE SCIENZA PER LA MEDICINA?
Definire se la medicina effettivamente è una scienza o un servizio non è facile poiché per
alcuni, come per Umberto Curi (filosofo), la medicina è servizio (da terapia = servizio in
greco); mentre per Giuseppe Remuzzi (medico) la medicina è una scienza (semplice cura,
stati d'animo lasciati ai familiari).
Secondo Curi la medicina è un servizio correlata all'obbedienza in quanto uno si pone
totalmente al servizio del proprio assistito, afferma anche che avere cura significa
preoccuparsi, stare in pensiero senza necessariamente mettere in atto comportamenti e
azioni concrete; mette a riprova quanto la tecnica abbia progressivamente sostituito
l'umanesimo della cura.
Per Remuzzi invece curare si riferisce ad una complessità di gesti ed azioni che vengono
compiuti nei confronti dell'oggetto da curare, il paziente. Viene meno la convinzione di dover
ubbidire al proprio assistito. La cura non può limitarsi al richiamo dello stato d'animo del
terapeuta verso il suo assistito, ma bensì della tecnica, ovvero la messa in atto della pratica
giusta per cerca di salvare il paziente. Sottolinea l'importanza del dialogo e della
comunicazione e critica come questo aspetto venga meno durante il percorso di studi
universitario. Una migliore comunicazione rende il paziente partecipe della sua cura e
maggiormente informato. In questo modo la dimensione affettiva viene posta sullo sfondo
senza però disconoscerla totalmente: una carezza aiuta ma non guarisce.
Attualmente, con il termine curare, ci si riferisce ad una complessità di gesti e di azioni che
vengono compiuti dai curanti nei confronti del proprio oggetto di cura, ossia il paziente.
Giorgio Cosmacini, uno storico della medicina, dice che la medicina non è una scienza ma
una pratica basata su scienze e che opera in un mondo di valori.
E' una tecnica con un proprio sapere conoscitivo e valutativo che differisce dalle altre
tecniche poiché ha come oggetto l'uomo. Ridurre l'oggetto di studio della medicina non sarà
mai possibile poiché ogni ammalato si presenta con le sue unicità e complesse peculiarità
che lo rendono irriducibile; nelle scienze esatte invece l'oggetto è stato studiato, decifrato e
schematizzato fino ad essere astratto e ridotto a leggi universali che una volta postulate
come tali difficilmente venivano violate.
La medicina non è una scienza esatta perché il soggetto di studio non segue le leggi
universali. Difatti un oggetto inanimato viene tradotto in leggi universali mentre ciò che
rimanda alla sfera dell'umano viene ricondotto a norme alle quali è possibile eludere ma
sono di per sé imprevedibili. Difatti, qualsiasi fenomeno umano di senso fisico, psichico o
sociale può rientrare nella norma oppure discostarsi da essa.
Poiché i fenomeni dell'uomo non sono calcolabili né prevedibili data la loro precarietà ed
incertezza possono essere solo possibili.
Claude Bernard, considerato fondatore della medicina moderna, articola la codificazione del
ragionamento sperimentale in medicina e il principio del determinismo. Difatti Bernard
considera la malattia come un'alterazione quantitativa di uno stato definito di normalità. In
seguito alle sue teorie si inizia a vedere l'essere umano sempre più come un sistema
meccanico contrassegnato da un insieme di parametri i cui valori, quando alterati, avrebbero
definito lo stato di malattia. Gli aspetti vitali vennero progressivamente misurati e
categorizzarti fino ad essere ridotti in valori, tralasciando cosi l'aspetto umano dell'individuo
per concentrarsi in maniera numerica sul malato. L'uomo viene visto come una
macchina-macchina, una macchina-termodinamica o addirittura una macchina-elettrica. Se
in equilibrio è in stato di salute e quindi funzionante, se malfunzionante o guasto viene
considerato malato o addirittura fuori uso con la morte. Questa teoria però non è giusta
secondo Giorgio Israel poiché una macchina è potenzialmente immortale, in quanto
continuativamente aggiustabile, mentre l'individuo è mortale. (Ricordare solo Cosmacini,
Curi, Remuzzi e Bernard).
I LATI INCERTI E COMPLESSI DELL'ARS CURANDI
La medicina viene definita come arte della cura nata per opporsi al caso, al disordine e
all'improvvisazione che fino a quel periodo sostenevano la sorte degli ammalati.
L’ars curandi non si propone come sterile applicazione di metodi e tecniche concernenti una
pratica medica ma come esercizi espressivi dell'uomo che si pone al servizio di altri uomini
per cercare di risolvere in primo luogo i problemi di cui essi lamentano e cercare di
allontanare il più possibile il dolore e la morte.
Come tutte le altre arti anche l'arte della cura richiede creatività, originalità e personalità.
Il medico, come detentore dell’ars curandi, in quanto preposto a curare l'uomo, deve avere
nozioni di filosofia, considerata la sua prima forma di conoscenza (Galeno).
Tutto ciò che viene espresso attraverso il gesto e il comportamento del medico nei confronti
dell'assistito va ben oltre all'atto del suo compiere, difatti il curante ha imparato a rapportarsi
all'uomo curato nella sua interezza senza che questa fosse divisa a metà fra realtà
fisiopatologica e realtà esistenziale.
La cura medica si costituisce secondo una concezione olistica che orienta l'atto medico alla
ricerca del bene e della giustizia al servizio della persona fondata sull'alleanza tra curato e
curante volta al rispetto oltre che, naturalmente, alla messa in atto di capacità pratiche di
sapere specifici.
La cura sanitaria si profila come tecnica a servizio dell'uomo e per l'uomo, dando valore e
dignità alle condizioni soggettive ed intersoggettive.
LE CURE BASATE SULLE EVIDENZE: FORZE E DEBOLEZZE
Poiché la pratica sanitaria si connota per il suo continuo divenire tra fenomeni di
imprevedibilità e variabilità, la competenza dell'operatore si misura nella capacità di
identificare precisamente il problema di salute della persona con cui entra in relazione e
definire il trattamento più appropriato.
Le evidenze nelle ricerche scientifiche sono da considerarsi parziali e provvisorie poiché
esse sono retrospettive e dunque si occupano di sistematizzare questioni già poste e
definite senza considerare il problema di salute nel divenire e nel suo prendere forma. I due
limiti dell'operatore sono quelli di scegliere e adottare la linea di condotta più appropriata; la
conoscenza che deriva dalla ricerca scientifica
è fondamentale ma non può da sola orientare la pratica sanitaria perché rischierebbe di
snaturare lo specifico campo delle attività di cura. Le certezze sono sempre in divenire e il
dubbio limita l’errore e promuove l’umiltà.
Le prove, le evidenze e i risultati validi, nel fungere da indicatori di un percorso rigoroso,
devono essere miscelati e adattati alla situazione clinica di ogni singolo malato che chiede di
essere considerato nella sua complessità e variabilità fisica ma anche compreso ed accolto
nella sua soggettività. Gli sguardi sanitari dovranno essere dilatati anche verso l'orizzonte
assistenziale dei propri assistiti.
LA CLINICA BASATA SULLA «PERSONA CURAT
L'unico modo per realizzare pienamente la scientificità della cura sanitaria è quello di
considerare i soggetti a cui è diretta nella loro individualità e particolarità. Il curante che
guarda il malato come soggetto portatore di una storia personale prende distanze dal rischio

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QUALE SCIENZA PER LA MEDICINA?

Definire se la medicina effettivamente è una scienza o un servizio non è facile poiché per alcuni, come per Umberto Curi (filosofo), la medicina è servizio (da terapia = servizio in greco); mentre per Giuseppe Remuzzi (medico) la medicina è una scienza (semplice cura, stati d'animo lasciati ai familiari).

Secondo Curi la medicina è un servizio correlata all'obbedienza in quanto uno si pone totalmente al servizio del proprio assistito, afferma anche che avere cura significa preoccuparsi, stare in pensiero senza necessariamente mettere in atto comportamenti e azioni concrete; mette a riprova quanto la tecnica abbia progressivamente sostituito l'umanesimo della cura.

Per Remuzzi invece curare si riferisce ad una complessità di gesti ed azioni che vengono compiuti nei confronti dell'oggetto da curare, il paziente. Viene meno la convinzione di dover ubbidire al proprio assistito. La cura non può limitarsi al richiamo dello stato d'animo del terapeuta verso il suo assistito, ma bensì della tecnica, ovvero la messa in atto della pratica giusta per cerca di salvare il paziente. Sottolinea l'importanza del dialogo e della comunicazione e critica come questo aspetto venga meno durante il percorso di studi universitario. Una migliore comunicazione rende il paziente partecipe della sua cura e maggiormente informato. In questo modo la dimensione affettiva viene posta sullo sfondo senza però disconoscerla totalmente: una carezza aiuta ma non guarisce.

Attualmente, con il termine curare, ci si riferisce ad una complessità di gesti e di azioni che vengono compiuti dai curanti nei confronti del proprio oggetto di cura, ossia il paziente.

Giorgio Cosmacini, uno storico della medicina, dice che la medicina non è una scienza ma una pratica basata su scienze e che opera in un mondo di valori.

E' una tecnica con un proprio sapere conoscitivo e valutativo che differisce dalle altre tecniche poiché ha come oggetto l'uomo. Ridurre l'oggetto di studio della medicina non sarà mai possibile poiché ogni ammalato si presenta con le sue unicità e complesse peculiarità che lo rendono irriducibile; nelle scienze esatte invece l'oggetto è stato studiato, decifrato e schematizzato fino ad essere astratto e ridotto a leggi universali che una volta postulate come tali difficilmente venivano violate.

La medicina non è una scienza esatta perché il soggetto di studio non segue le leggi universali. Difatti un oggetto inanimato viene tradotto in leggi universali mentre ciò che rimanda alla sfera dell'umano viene ricondotto a norme alle quali è possibile eludere ma sono di per sé imprevedibili. Difatti, qualsiasi fenomeno umano di senso fisico, psichico o sociale può rientrare nella norma oppure discostarsi da essa.

Poiché i fenomeni dell'uomo non sono calcolabili né prevedibili data la loro precarietà ed incertezza possono essere solo possibili.

Claude Bernard, considerato fondatore della medicina moderna, articola la codificazione del ragionamento sperimentale in medicina e il principio del determinismo. Difatti Bernard considera la malattia come un'alterazione quantitativa di uno stato definito di normalità. In seguito alle sue teorie si inizia a vedere l'essere umano sempre più come un sistema meccanico contrassegnato da un insieme di parametri i cui valori, quando alterati, avrebbero definito lo stato di malattia. Gli aspetti vitali vennero progressivamente misurati e categorizzarti fino ad essere ridotti in valori, tralasciando cosi l'aspetto umano dell'individuo per concentrarsi in maniera numerica sul malato. L'uomo viene visto come una macchina-macchina, una macchina-termodinamica o addirittura una macchina-elettrica. Se in equilibrio è in stato di salute e quindi funzionante, se malfunzionante o guasto viene considerato malato o addirittura fuori uso con la morte. Questa teoria però non è giusta secondo Giorgio Israel poiché una macchina è potenzialmente immortale, in quantocontinuativamente aggiustabile, mentre l'individuo è mortale. (Ricordare solo Cosmacini, Curi, Remuzzi e Bernard).

I LATI INCERTI E COMPLESSI DELL'ARS CURANDI

La medicina viene definita come arte della cura nata per opporsi al caso, al disordine e all'improvvisazione che fino a quel periodo sostenevano la sorte degli ammalati.

L'ars curandi non si propone come sterile applicazione di metodi e tecniche concernenti una pratica medica ma come esercizi espressivi dell'uomo che si pone al servizio di altri uomini per cercare di risolvere in primo luogo i problemi di cui essi lamentano e cercare di allontanare il più possibile il dolore e la morte.

Come tutte le altre arti anche l'arte della cura richiede creatività, originalità e personalità.

Il medico, come detentore dell'ars curandi, in quanto preposto a curare l'uomo, deve avere nozioni di filosofia, considerata la sua prima forma di conoscenza (Galeno).

Tutto ciò che viene espresso attraverso il gesto e il comportamento del medico nei confronti dell'assistito va ben oltre all'atto del suo compiere, difatti il curante ha imparato a rapportarsi all'uomo curato nella sua interezza senza che questa fosse divisa a metà fra realtà fisiopatologica e realtà esistenziale.

La cura medica si costituisce secondo una concezione olistica che orienta l'atto medico alla ricerca del bene e della giustizia al servizio della persona fondata sull'alleanza tra curato e curante volta al rispetto oltre che, naturalmente, alla messa in atto di capacità pratiche di sapere specifici.

La cura sanitaria si profila come tecnica a servizio dell'uomo e per l'uomo, dando valore e dignità alle condizioni soggettive ed intersoggettive.

LE CURE BASATE SULLE EVIDENZE: FORZE E DEBOLEZZE

Poiché la pratica sanitaria si connota per il suo continuo divenire tra fenomeni di imprevedibilità e variabilità, la competenza dell'operatore si misura nella capacità di identificare precisamente il problema di salute della persona con cui entra in relazione e definire il trattamento più appropriato.

Le evidenze nelle ricerche scientifiche sono da considerarsi parziali e provvisorie poiché esse sono retrospettive e dunque si occupano di sistematizzare questioni già poste e definite senza considerare il problema di salute nel divenire e nel suo prendere forma. I due limiti dell'operatore sono quelli di scegliere e adottare la linea di condotta più appropriata; la conoscenza che deriva dalla ricerca scientifica è fondamentale ma non può da sola orientare la pratica sanitaria perché rischierebbe di snaturare lo specifico campo delle attività di cura. Le certezze sono sempre in divenire e il dubbio limita l'errore e promuove l'umiltà.

Le prove, le evidenze e i risultati validi, nel fungere da indicatori di un percorso rigoroso, devono essere miscelati e adattati alla situazione clinica di ogni singolo malato che chiede di essere considerato nella sua complessità e variabilità fisica ma anche compreso ed accolto nella sua soggettività. Gli sguardi sanitari dovranno essere dilatati anche verso l'orizzonte assistenziale dei propri assistiti.

LA CLINICA BASATA SULLA «PERSONA CURATA»

L'unico modo per realizzare pienamente la scientificità della cura sanitaria è quello di considerare i soggetti a cui è diretta nella loro individualità e particolarità. Il curante che guarda il malato come soggetto portatore di una storia personale prende distanze dal rischiodi una trasposizione delle raccomandazioni scientifiche tecniche e delle pratiche cliniche. Un principio che non deve mai essere trascurato da nessun operatore, riguarda il fatto che nell'ars curandi nulla è pienamente visibile e immediatamente comprensibile. Molteplici e complesse sono infatti le variabili che entrano in campo nella pratica clinica condizionando il suo delinearsi. Solo le situazioni vere ci fanno capire come la cura sanitaria non possa esaurirsi in essa. È necessario andare oltre le evidenze e i numeri. Solo ponendosi domande ed ascoltando la persona con cui si entra in relazione si potranno trovare indizi e tracce che potranno condurre verso quella che si spera sia la cura più appropriata ed efficace. Le evidenze derivanti dalla statistica possono fare previsioni sul "paziente medio" ma non deve essere la statistica a guidare il medico nei territori dell'ars curandi.

Secondo Murri, la scienza è importante ma deve essere l'osservazione clinica o il metodo clinico (osservare i segni e i sintomi). Il metodo clinico permette di raggiungere la diagnosi.

Il principio attivo per la patologia è lo stesso ma cambia il modulo con cui spiega al paziente. Accanto ad un uomo sofferente deve esserci un uomo presente che sente e vede, quindi la relazione tra paziente e medico/infermiere è una relazione Inter-soggettiva. Avviene così una umanizzazione delle cure.

IL COMPLESSO IN SANITÀ:

Il quadro clinico di un paziente è definito complesso se non è immediatamente comprensibile e richiede particolare attenzione ai molteplici interventi e terapie per superarlo. Di base le situazioni complesse generano preoccupazione perché non sono controllabili, sono insidiose e facilmente complicabili nel momento in cui sopraggiunge una nuova manifestazione morbosa. La dimensione della complessità comprende la molteplicità (multidisciplinare e professionale), l'integrazione (tra diversi professionisti), contesto e incertezza (dubbio). L'uomo di per sé è complesso poiché lo stato di salute, di malattia e di benessere sono risultato di interazioni complesse, dinamiche e uniche dell'individuo con se stesso, con gli altri e con l'ambiente in cui è inserito. Difatti l'approccio ai problemi relativi allo stato di salute non sono mai semplici.

Bisogna far riferimento al pensiero della complessità.

Pensiero della complessità -> Edgar Morin afferma che bisogna cercare un pensiero complesso che coglie tutto quello che sta insieme e mettere insieme anche quello che non sta insieme. Partendo dall'etimologia, esorta a superare la logica della complicazione per aprirci a quello del complesso. Tutto quello che è complicato va spiegato, complesso è trama e ordito, l'approccio complesso è di tipo relazionale; mentre, quello complicato è di tipo analitico.

La complessità è formata da 4 pilastri: molteplicità, incertezza, integrazione e contesto. Per comprendere un fenomeno si ha bisogno di multidisciplinarietà.

LE DISUGUAGLIANZE DI SALUTE NEI PERCORSI ASSISTENZIALI

Con il termine uguaglianza intendiamo il "dare le stesse cose a tutti", indipendentemente dalle condizioni del soggetto a cui ci riferiamo; così facendo però si rischia di mantenere delle differenze sociali poiché non tutti sono allo stesso livello e hanno le stesse possibilità.

L'equità invece riguarda il "dare in base a ciò che si necessita".

Per contrastare le disuguaglianze è necessario considerare l'approccio di cura e di assistenza, la transizione demografica ed epidemiologica, la presenza di servizi con alte competenze, molto strutturati e con forti potenzialità ed occorre sperimentare forme concrete

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