Metodologia della Ricerca Sociale: origine, evoluzione e tecniche

Documento di Università sulla Metodologia della Ricerca Sociale. Il Pdf esplora l'origine del metodo scientifico con Galileo, le teorie di Popper e Kuhn, e le tecniche di ricerca intrusive e non intrusive, utile per lo studio della Psicologia.

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METODOLOGIA DELLA RICERCA SOCIALE
La metodologia, letteralmente discorso sul metodo, è una disciplina che si occupa di
rintracciare le regole, le tecniche e i principi alla base di una ricerca scientifica
e le loro condizioni di applicabilità. Essa è dunque sia descrittiva (quando un
metodologo studia e insegna sulla base di esperienze di ricerca altrui valutandole senza
preconcetti e riportandone quanto appreso sistematicamente) sia prescrittiva (in questo
caso si assume un ruolo attivo all’interno dell’attività di ricerca e quindi si è obbligati a fare
delle scelte sulle tecniche e gli strumenti più opportuni ed efficaci da usare). Si affianca
dunque a quelle discipline quali la gnoseologia, che riflette sulle possibilità, le condizioni e
i limiti della conoscenza in generale; e l’epistemologia (o filosofia della scienza), che riflette
invece sulle possibilità, le condizioni e i limiti della conoscenza scientifica.
Quando nasce il metodo?
Il metodo nasce con la rivoluzione scientifica condotta dallo studioso Galileo Galilei sulla
fine del Cinquecento. Egli, aderendo alle teorie di Keplero e Copernico, confutò le teorie del
sistema tolemaico-aristotelico dimostrando, tramite le sue ricerche e scoperte, la teoria
eliocentrica del sistema copernicano. Allora non sarà più compito della Chiesa dare un senso
alla realtà circostante e la religione assumerà da questo momento in poi solo un ruolo
salvifico e morale. Nasce la scienza, la disciplina capace di spiegare i fenomeni della natura
tramite un metodo, il metodo sperimentale o scientifico. Questo metodo si basa su due
momenti: il momento risolutivo, in cui un fenomeno viene scomposto nelle sue componenti
misurabili attraverso l’osservazione, l’individuazione e la misura degli elementi costitutivi;
e il momento compositivo, in cui si formula un’ipotesi e si verifica quanto ipotizzato per
giungere alla formulazione di leggi universali in un linguaggio matematico. Questo metodo
è di carattere induttivo perché si fonda sull’esperienza e patendo da affermazioni
particolari arriva ad affermazioni universali.
Col tempo si conferma l’unicità del metodo scientifico come un metodo universale
applicabile a qualsiasi campo della conoscenza. Questo porta a rendere tale metodo anche
cumulativo, in quanto i risultati di successive applicazioni si aggiungono alle precedenti,
delineando un progresso unilineare del sapere.
Su queste caratteristiche si fonda la corrente di pensiero del Positivismo ottocentesco,
erede dell’illuminismo. Il Positivismo si fonda su una cieca fiducia nel progresso e nella
scienza e nella razionalità in ogni cosa, la realtà circostante è indipendente da chi la studia e
oggettivamente conoscibile, il metodo per studiarla è appunto quello scientifico.
In breve tempo il primo Positivismo si estinguerà in nuove ed evolute forme: nasce il
Neopositivismo, positivismo o empirismo logico, nato negli anni ‘20 del 1900 tramite le
critiche alla metafisica condotte dagli studiosi del Circolo di Vienna. Si conferma l’unicità
del metodo scientifico e si afferma il principio di verificazione/criterio di
significanza secondo il quale ogni affermazione è dotata di significato se empiricamente
dimostrata.
Il Neopositivismo subirà le critiche condotte da Karl Popper, uno dei maggiori pensatori
del Novecento. Con Popper sono sottoposti a critica i due concetti fondamentali alla base del
modello classico di conoscenza scientifica: verifica e induzione. Egli nota come le teorie,
in quanto formulazioni di carattere universale, pretendono di valere per tutti i fatti
basandosi però su esperienze di numero limitato. Popper propone dunque un nuovo criterio:
il criterio di falsificabilità: un principio metodologico per cui una teoria può essere
definita scientifica solo se da essa sono estraibili conseguenze confutabili. La metafisica, che
per i neopositivisti non poteva essere definita scienza poiché le sue teorie non erano
verificabili, per Popper dunque non può essere definita scienza non perché le sue teorie non
siano empiricamente verificabili ma perché non possono essere falsificate dall’esperienza
sensibile, essendo una disciplina che non fa riferimento al mondo sensibile.
Il criterio di falsificabilità implica quindi anche il rifiuto del metodo induttivo: risulta
infatti illogico formulare delle leggi di carattere universale sulla base di esperimenti di
numero limitato (teoria del tacchino induttivista).
Per Popper la scienza procede per congetture e confutazioni e la crescita della
conoscenza non deriva da un accumulo delle osservazioni ma si presenta come uno sviluppo
che scaturisce da un problema al quale si cerca di dare una soluzione tramite il vaglio della
critica e la ricerca dell’errore. Per Popper la verità più che essere concepita come un ideale
regolativo deve essere concepita come un continuo traguardo da raggiungere. Noi ci
avviciniamo alla verità proponendo teorie sempre migliori.
In questo contesto l’induzione viene sostituita dalla deduzione, la quale prevede confronti
logici interni ed esterni e la conoscenza scientifica non mira più a leggi universali, ma a leggi
probabilistiche.
Sul criterio di falsificabilità si basano gli studi dello studioso Kuhn (Post-positivismo),
inventore del paradigma. Kuhn afferma che esiste una realtà oggettiva indipendente
dall’osservatore, ma l’osservazione empirica non è una fotografia del reale, perché in real
il modo in cui osserviamo il mondo è fortemente influenzato dalla nostra comunità
scientifica di riferimento. La comunità scientifica è un insieme di persone che condividono
tra loro una certa visione del mondo e, in questa visione vanno compresi sia criteri scientifici
sia etici su come osservare la realtà. La comunità scientifica è quindi un insieme di persone
che condivide un paradigma, ovvero una struttura concettuale di riferimento che comprende
i metodi, le procedure, gli strumenti, ma anche una certa visione ontologica del reale. Il
termine paradigma era già stato utilizzato dagli antichi con l’accezione di “esempio, modello”
ma con Kuhn assume il significato moderno di: prospettiva teorica condivisa e
riconosciuta da una comunità scientifica che, essendo socialmente e
storicamente situata, viene influenzata anche da fattori extra scientifici e
subisce delle trasformazioni. Sulle scie di Popper, Kuhn, rifiutando il carattere
cumulativo della scienza, elabora il processo di rivoluzione scientifica, che non consiste
solo in una teoria scientifica ma in una vera e propria concezione del mondo. Per Kuhn come
per Popper il progresso della conoscenza si fonda su una rivalutazione continua dei principi
su cui si fonda. Egli distingue quindi le fasi della scienza: scienza normale e scienza
straordinaria. I tratti dominanti della scienza normale sono quelli di continuità e
cumulatività, poiché la comunità scientifica mira alla sua autoconservazione, fa che i
membri si impegnino ad osservare gli stessi metodi e le stesse regole nella ricerca scientifica.
Con la fase di scienza straordinaria il paradigma di riferimento entra in crisi e c’è una
competizione tra paradigmi alternativi che si conclude con una rivoluzione scientifica,

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Metodologia della Ricerca Sociale

La metodologia, letteralmente discorso sul metodo, è una disciplina che si occupa di rintracciare le regole, le tecniche e i principi alla base di una ricerca scientifica e le loro condizioni di applicabilità. Essa è dunque sia descrittiva (quando un metodologo studia e insegna sulla base di esperienze di ricerca altrui valutandole senza preconcetti e riportandone quanto appreso sistematicamente) sia prescrittiva (in questo caso si assume un ruolo attivo all'interno dell'attività di ricerca e quindi si è obbligati a fare delle scelte sulle tecniche e gli strumenti più opportuni ed efficaci da usare). Si affianca dunque a quelle discipline quali la gnoseologia, che riflette sulle possibilità, le condizioni e i limiti della conoscenza in generale; e l'epistemologia (o filosofia della scienza), che riflette invece sulle possibilità, le condizioni e i limiti della conoscenza scientifica.

Origini del Metodo Scientifico

  • Quando nasce il metodo? Il metodo nasce con la rivoluzione scientifica condotta dallo studioso Galileo Galilei sulla fine del Cinquecento. Egli, aderendo alle teorie di Keplero e Copernico, confutò le teorie del sistema tolemaico-aristotelico dimostrando, tramite le sue ricerche e scoperte, la teoria eliocentrica del sistema copernicano. Allora non sarà più compito della Chiesa dare un senso alla realtà circostante e la religione assumerà da questo momento in poi solo un ruolo salvifico e morale. Nasce la scienza, la disciplina capace di spiegare i fenomeni della natura tramite un metodo, il metodo sperimentale o scientifico. Questo metodo si basa su due momenti: il momento risolutivo, in cui un fenomeno viene scomposto nelle sue componenti misurabili attraverso l'osservazione, l'individuazione e la misura degli elementi costitutivi; e il momento compositivo, in cui si formula un'ipotesi e si verifica quanto ipotizzato per giungere alla formulazione di leggi universali in un linguaggio matematico. Questo metodo è di carattere induttivo perché si fonda sull'esperienza e patendo da affermazioni particolari arriva ad affermazioni universali.

Col tempo si conferma l'unicità del metodo scientifico come un metodo universale applicabile a qualsiasi campo della conoscenza. Questo porta a rendere tale metodo anche cumulativo, in quanto i risultati di successive applicazioni si aggiungono alle precedenti, delineando un progresso unilineare del sapere.

Il Positivismo e le sue Evoluzioni

Su queste caratteristiche si fonda la corrente di pensiero del Positivismo ottocentesco, erede dell'illuminismo. Il Positivismo si fonda su una cieca fiducia nel progresso e nella scienza e nella razionalità in ogni cosa, la realtà circostante è indipendente da chi la studia e oggettivamente conoscibile, il metodo per studiarla è appunto quello scientifico.

In breve tempo il primo Positivismo si estinguerà in nuove ed evolute forme: nasce il Neopositivismo, positivismo o empirismo logico, nato negli anni '20 del 1900 tramite le critiche alla metafisica condotte dagli studiosi del Circolo di Vienna. Si conferma l'unicità del metodo scientifico e si afferma il principio di verificazione/criterio di significanza secondo il quale ogni affermazione è dotata di significato se empiricamente dimostrata.Il Neopositivismo subirà le critiche condotte da Karl Popper, uno dei maggiori pensatori del Novecento. Con Popper sono sottoposti a critica i due concetti fondamentali alla base del modello classico di conoscenza scientifica: verifica e induzione. Egli nota come le teorie, in quanto formulazioni di carattere universale, pretendono di valere per tutti i fatti basandosi però su esperienze di numero limitato. Popper propone dunque un nuovo criterio: il criterio di falsificabilità: un principio metodologico per cui una teoria può essere definita scientifica solo se da essa sono estraibili conseguenze confutabili. La metafisica, che per i neopositivisti non poteva essere definita scienza poiché le sue teorie non erano verificabili, per Popper dunque non può essere definita scienza non perché le sue teorie non siano empiricamente verificabili ma perché non possono essere falsificate dall'esperienza sensibile, essendo una disciplina che non fa riferimento al mondo sensibile.

Il criterio di falsificabilità implica quindi anche il rifiuto del metodo induttivo: risulta infatti illogico formulare delle leggi di carattere universale sulla base di esperimenti di numero limitato (teoria del tacchino induttivista).

Per Popper la scienza procede per congetture e confutazioni e la crescita della conoscenza non deriva da un accumulo delle osservazioni ma si presenta come uno sviluppo che scaturisce da un problema al quale si cerca di dare una soluzione tramite il vaglio della critica e la ricerca dell'errore. Per Popper la verità più che essere concepita come un ideale regolativo deve essere concepita come un continuo traguardo da raggiungere. Noi ci avviciniamo alla verità proponendo teorie sempre migliori.

In questo contesto l'induzione viene sostituita dalla deduzione, la quale prevede confronti logici interni ed esterni e la conoscenza scientifica non mira più a leggi universali, ma a leggi probabilistiche.

Il Paradigma di Kuhn e i Programmi di Ricerca di Lakatos

Sul criterio di falsificabilità si basano gli studi dello studioso Kuhn (Post-positivismo), inventore del paradigma. Kuhn afferma che esiste una realtà oggettiva indipendente dall'osservatore, ma l'osservazione empirica non è una fotografia del reale, perché in realtà il modo in cui osserviamo il mondo è fortemente influenzato dalla nostra comunità scientifica di riferimento. La comunità scientifica è un insieme di persone che condividono tra loro una certa visione del mondo e, in questa visione vanno compresi sia criteri scientifici sia etici su come osservare la realtà. La comunità scientifica è quindi un insieme di persone che condivide un paradigma, ovvero una struttura concettuale di riferimento che comprende i metodi, le procedure, gli strumenti, ma anche una certa visione ontologica del reale. Il termine paradigma era già stato utilizzato dagli antichi con l'accezione di "esempio, modello" ma con Kuhn assume il significato moderno di: prospettiva teorica condivisa e riconosciuta da una comunità scientifica che, essendo socialmente e storicamente situata, viene influenzata anche da fattori extra scientifici e subisce delle trasformazioni. Sulle scie di Popper, Kuhn, rifiutando il carattere cumulativo della scienza, elabora il processo di rivoluzione scientifica, che non consiste solo in una teoria scientifica ma in una vera e propria concezione del mondo. Per Kuhn come per Popper il progresso della conoscenza si fonda su una rivalutazione continua dei principi su cui si fonda. Egli distingue quindi le fasi della scienza: scienza normale e scienza straordinaria. I tratti dominanti della scienza normale sono quelli di continuità e cumulatività, poiché la comunità scientifica mira alla sua autoconservazione, fa sì che i membri si impegnino ad osservare gli stessi metodi e le stesse regole nella ricerca scientifica. Con la fase di scienza straordinaria il paradigma di riferimento entra in crisi e c'è una competizione tra paradigmi alternativi che si conclude con una rivoluzione scientifica,caratterizzata dal predominio di un unico paradigma. (Non sempre la crisi porta all'instaurarsi di un nuovo paradigma, ma potrebbe anche solo confermare o contestualizzare degli aspetti di quel paradigma, quindi a "revisionarlo").

  1. Periodo pre-paradigmatico > Fase 1: Accettazione di un paradigma dominante > Fase 2: Scienza normale (in questa fase si consolidano le prassi) > Fase 3: Nascita delle anomalie (sorgono nuovi fenomeni che richiedono nuovi metodi per essere studiati) > Fase 4: Crisi del paradigma > Fase 5: Rivoluzione scientifica (nuovo paradigma dominante).

Con Lakatos infine troviamo un punto di incontro e sintesi tra le teorie di Popper, di cui era allievo, e Kuhn. Lakatos introduce il concetto di programma di ricerca che ricorda il concetto di paradigma di Kuhn. Per Lakatos la ricerca scientifica è un complesso e articolato rapporto tra teorie successive all'interno di programmi di ricerca scientifici, basati su un "nucleo" (HARD CORE) considerato inconfutabile, e un insieme di "ipotesi ausiliarie" sottoposte a falsificazione. Questo ci consente di ammettere l'esistenza di una serie di programmi di ricerca che quindi, a differenza dei paradigmi, possono coesistere allo stesso tempo. I programmi di ricerca possono essere:

  • progressivi: sono quelli in cui le ipotesi ausiliarie consentono di mantenere intatto il nucleo;
  • regressivi: sono quelli che si limitano ad aggirare le anomalie senza risolverle. I programmi di ricerca e i paradigmi vengono abbandonati quando diventano irrimediabilmente regressivi rispetto ad un programma rivale, e quindi quando il numero di anomalie diventa troppo elevato.

Le caratteristiche epistemologiche della versione avanzata ed evoluta del positivismo saranno:

  • la realtà che si studia è indipendente da chi la studia ma non è oggettivamente conoscibile se non in maniera probabilistica ed imperfetta,
  • è accettata la compresenza di più teorie,
  • l'obbiettivo della scienza sarà quello di ricercare i nessi causali dei fenomeni,
  • il metodo sarà sperimentale e deduttivo, basato sulla falsificazione dell'ipotesi.

La Ricerca Sociale: Nascita e Sviluppo

  • Ricerca sociale: in cosa consiste, quando nasce e come si sviluppa? La ricerca sociale parte da una domanda o da un insieme di domande che riguardano un aspetto della realtà sociale sul quale si vuole indagare e si pone come obbiettivi quello di aumentare la conoscenza su un determinato fenomeno e, a seconda dei casi, sfruttare questa conoscenza per dare indicazioni su come intervenire sulla realtà con l'intento di migliorarla.Ora, quando nasce la ricerca sociale dunque la sociologia? Diciamo che la possibilità di una "scienza della società" si definisce in Europa durante il XVI secolo, in un periodo storico di grandi trasformazioni sociali, economiche e politiche, quali: la rivoluzione industriale, il processo di urbanizzazione, il processo di secolarizzazione, la specializzazione del lavoro, la nascita dell'idea di Stato/Nazione e l'avvento dell'Illuminismo. Dunque si fa pian piano strada l'idea che anche la realtà sociale possa essere studiata attraverso i principi di razionalità necessari allo studio delle scienze naturali. Questo processo culmina nel Positivismo ottocentesco con Comte. La scienza della società inizia ad affermarsi come una scienza a tutti gli effetti e dal punto di vista epistemologico viene profondamente condizionata dal modello delle scienze naturali e quindi dal metodo scientifico (nato alla fine del Cinquecento con Galileo Galilei) di cui accetta tutti i presupposti (monismo metodologico): il procedimento induttivo, l'oggettività del metodo e la formulazione di leggi universali trascritte in linguaggio matematico.

Con Durkheim, il primo grande esponente della sociologia positivistica, si sistematizzano le procedure empiriche del metodo sociologico (Le regole del metodo sociologico e Il Suicidio*, 1895/1896). I fatti sociali per Durkheim non sono soggetti alla volontà dell'uomo, bensì funzionano secondo leggi naturali proprie e possiedono una struttura deterministica: il compito del sociologo sarà dunque quello di rintracciare i nessi causali di determinati fenomeni e per via induttiva, tramite l'individuazione di regolarità e ricorrenze, giungere a delle generalizzazioni e conclusioni attraverso un metodo fondato sulla manipolazione e il controllo delle variabili e sul distacco fra osservatore e osservato.

Crisi del Positivismo e Storicismo Tedesco

Tra la fine del 1800 e l'inizio del 1900 si assiste ad una crisi del pensiero positivista e nasce una nuova corrente di pensiero: lo Storicismo tedesco (o primo Interpretativismo). Tale corrente di pensiero nasce dalla necessità di fare una distinzione tra le scienze naturali e le scienze dello spirito o scienza storico-sociali. Al monismo metodologico positivista si contrappone il dualismo metodologico che affermava l'esistenza di due metodi differenti.

Un primo importante contributo alla discussione viene dato dallo studioso Dilthey, il quale si soffermò su una prima differenza tra scienze naturali e scienze storico-sociali: l'oggetto (1). Le scienze dello spirito hanno come oggetto l'Erlebnis, l'esperienza vissuta che ogni soggetto sperimenta nella sua vita quotidiana; questa può essere studiata solo mediante un procedimento di comprensione, fondato sull'immedesimazione intuitiva (empatia).

Una seconda importante differenziazione avviene tramite lo studio di Windelband che si focalizza invece sul metodo (2).

Si definisce una prima netta differenziazione tra le scienze nomotetiche (scienze naturali) che studiano una realtà esterna all'uomo, i dati vengono rivelati tramite l'osservazione e l'obbiettivo è quello di formulare leggi universali che possano spiegare determinati fenomeni; e le scienze idiografiche (scienze dello spirito), le quali studiano il mondo interno all'uomo, i dati derivano in questo caso non solo dall'osservazione vissuta ma dalla comprensione che l'individuo ha degli altri individui, l'obbiettivo sarà in questo caso comprendere determinati fenomeni attraverso categorie concettuali (valore, significato, scopo).

La realtà diviene quindi "natura" se la si considera in riferimento all'universale; diviene "storia" se la si considera in riguardo al particolare.

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