Documento sulla Storia della Protezione Civile Italiana, principali catastrofi, evoluzione ed errori. Il Pdf esplora la legislazione e la psicologia dell'emergenza, con un focus sulle reazioni psicologiche e il supporto ai soccorritori, utile per studenti universitari di Diritto.
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La Protezione Civile Italiana ha radici profonde che affondano nella storia del Paese, ma la sua struttura moderna ha preso forma principalmente nel XX secolo. In epoche passate, la gestione delle emergenze e delle catastrofi era affidata a iniziative locali, spesso supportate da associazioni religiose e gruppi di volontari. Tuttavia, eventi disastrosi hanno evidenziato la necessità di un sistema centralizzato e ben organizzato.
Uno degli eventi più significativi che mise in luce questa esigenza fu il terremoto di Messina e Reggio Calabria nel 1908, una tragedia che causò oltre 80.000 vittime. La risposta frammentata e inadeguata evidenziò l'urgenza di una gestione più coordinata. Successivamente, l'alluvione del Polesine nel 1951 devasto vaste aree del Veneto e dell'Emilia-Romagna, sfollando oltre 180.000 persone e sottolineando ulteriormente l'importanza di un approccio organizzato. Un altro episodio emblematico fu la tragedia del Vajont nel 1963, in cui il crollo di una porzione del Monte Toc provocò un'onda distruttiva che uccise circa 2.000 persone, evidenziando drammaticamente la mancanza di prevenzione e monitoraggio dei rischi.
La Protezione Civile come la conosciamo oggi cominciò a prendere forma nel 1982 con la creazione del Dipartimento della Protezione Civile sotto la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Questo rappresentò il primo passo verso una struttura nazionale centralizzata. Nel 1992, con la promulgazione della Legge n. 225/1992, venne istituito il Sistema Nazionale della Protezione Civile, che stabilì chiaramente le responsabilità tra Stato, Regioni, Province e Comuni. Un'ulteriore evoluzione avvenne con il D.Lgs. n. 1/2018, il "Codice della Protezione Civile", che riorganizzo l'intero sistema, introducendo un'attenzione maggiore alla prevenzione e alla resilienza.
Nonostante i progressi, la storia della Protezione Civile è segnata anche da errori che hanno offerto preziose lezioni. Ad esempio, durante il terremoto dell'Irpinia del 1980, la lentezza dei soccorsi evidenziò gravi inefficienze che portarono a significative riforme. Più recentemente, il terremoto dell'Aquila del 2009 sollevò polemiche sulla gestione del rischio sismico e della comunicazione con la popolazione. Infine, durante l'emergenza COVID-19, il sistema ha dimostrato una buona capacità di risposta, ma sono emerse criticità, in particolare nella gestione iniziale delle forniture mediche.
La normativa italiana in materia di Protezione Civile è articolata e si è evoluta nel tempo per affrontare le crescenti sfide poste dalle emergenze. La Legge n. 225/1992 ha rappresentato un punto di svolta, definendo le attività fondamentali del sistema: previsione, prevenzione, soccorso e superamento dell'emergenza. Questa legge ha istituito il Sistema Nazionale della Protezione Civile, delineando le responsabilità di Stato, Regioni, Province e Comuni e stabilendo le modalità di intervento in caso di calamità. Una delle principali innovazioni introdotte è stata la creazione delle funzioni di supporto, che consentono una gestione integrata delle emergenze coinvolgendo diversi settori, dalla sanità ai trasporti.
Successivamente, il D.Lgs. n. 1/2018, noto come Codice della Protezione Civile, ha modernizzato il quadro normativo, ponendo una maggiore enfasi sulla prevenzione e sulla resilienza delle comunità. Questo decreto ha definito con precisione le attività di previsione, distinguendo tra monitoraggio, analisi e valutazione dei rischi. Ha inoltre regolamentato l'uso delle risorse tecnologiche per migliorare l'efficacia delle allerte, introducendo il sistema IT-Alert per avvisare tempestivamente i cittadini in caso di emergenze imminenti.
A livello regionale, le Regioni hanno il compito di predisporre piani regionali di emergenza, che devono essere coordinati con quelli nazionali. Questi piani includono la valutazione dei rischi specifici del territorio, come terremoti, alluvioni o incendi boschivi, e la pianificazione delle risorse necessarie per fronteggiarli. Le Regioni, inoltre, svolgono un ruolo chiave nella formazione e nel coordinamento delle organizzazioni di volontariato.
A livello locale, i Comuni sono responsabili dell'elaborazione dei piani comunali di emergenza, che devono prevedere le misure specifiche per proteggere la popolazione e garantire la continuità dei servizi essenziali. Questi piani includono:
La normativa prevede anche il coinvolgimento diretto della cittadinanza attraverso campagne di sensibilizzazione, come il progetto "Io non rischio", e attività di formazione nelle scuole per promuovere una cultura della sicurezza fin dalla giovane età.
Infine, le normative regionali spesso integrano e specificano i contenuti delle leggi nazionali, tenendo conto delle peculiarità territoriali. Ad esempio, alcune Regioni hanno introdotto regolamenti per la gestione degli incendi boschivi o per la tutela delle zone costiere soggette a fenomeni di erosione. Questo sistema multilivello garantisce un approccio integrato, in cui le risorse e le competenze di ogni ente vengono armonizzate per affrontare al meglio le emergenze.
La logistica riveste un ruolo cruciale nella gestione delle emergenze, in particolare nella costruzione e gestione dei campi base per gli sfollati. La progettazione dei campi deve tenere conto di criteri di sicurezza, scegliendo aree stabili e non esposte a rischi naturali. Le strutture devono essere modulari, flessibili e facilmente trasportabili, come tende o container, per garantire una rapida installazione. Devono essere pianificate aree dedicate alla ricezione dei mezzi di soccorso e percorsi di evacuazione ben definiti per garantire l'accessibilità in ogni circostanza.
La gestione dei campi richiede un'organizzazione impeccabile. All'interno del campo, devono essere presenti settori ben definiti:
Ogni settore del campo è sotto la supervisione di un responsabile specifico. Gli operatori della Protezione Civile, supportati da volontari e ONG, si occupano della gestione delle attività quotidiane. I compiti principali includono:
La formazione del personale è fondamentale per garantire che tutti conoscano i protocolli operativi e siano pronti ad affrontare situazioni impreviste. Inoltre, il coinvolgimento della comunità ospitata, attraverso attività partecipative e di autogestione, può contribuire a migliorare l'efficienza del campo e il benessere psicologico degli sfollati.
In Italia, il sistema di allerta si basa su un codice colore che indica il livello di rischio: verde per assenza di pericoli, giallo per fenomeni di lieve entità, arancione per situazioni moderate e rosso per emergenze gravi. Questo sistema consente alle autorità di comunicare in modo chiaro e immediato con la popolazione. L'allerta è emessa attraverso vari canali, tra cui il sistema IT-Alert, i mezzi di informazione come radio e televisione, i social media, e i siti ufficiali delle istituzioni competenti. Ogni livello di allerta comporta una serie di azioni specifiche da parte delle autorità, come la preparazione delle squadre di soccorso o l'evacuazione preventiva delle aree più a rischio.
Il comportamento dei cittadini durante un'allerta è determinante per ridurre i danni e garantire la propria sicurezza. È fondamentale che la popolazione sia preparata a rispondere alle emergenze seguendo le istruzioni fornite dalle autorità. I cittadini devono:
In caso di allerta rossa, è cruciale che i cittadini si attengano scrupolosamente alle indicazioni, come l'evacuazione delle aree a rischio, il raggiungimento di luoghi sicuri designati e il rispetto delle norme di sicurezza fornite dai soccorritori. La formazione della popolazione è altrettanto importante e avviene tramite campagne di sensibilizzazione come "Io non rischio", che mirano a educare i cittadini su come comportarsi durante le emergenze e su come contribuire alla resilienza della propria comunità.
Le Le misure di autoprotezione e la resilienza sono concetti strettamente legati, entrambi essenziali per garantire la sicurezza delle persone e delle comunità di fronte a eventi catastrofici. Se da un lato le misure di autoprotezione sono pratiche quotidiane che ciascuno di noi può adottare per ridurre i rischi immediati, dall'altro la resilienza riguarda la capacità di una comunità di affrontare e superare le difficoltà che derivano da un disastro, adattandosi e riprendendosi nel lungo periodo.
Le misure di autoprotezione sono quelle azioni concrete che ogni individuo e ogni famiglia dovrebbe mettere in atto per tutelarsi da eventuali calamità naturali. La preparazione parte, innanzitutto, dalla conoscenza dei rischi presenti nel proprio territorio. In Italia, ad esempio, ogni zona ha le sue peculiarità: terremoti, alluvioni, frane o incendi boschivi sono tra i rischi più frequenti. È fondamentale, quindi, che ogni cittadino sia ben informato sulle minacce specifiche della propria area e sulle modalità di risposta in caso di emergenza. Le autorità locali, insieme al Sistema Nazionale della Protezione Civile, forniscono regolarmente informazioni e piani di emergenza. I cittadini dovrebbero consultare questi documenti e partecipare a iniziative come le campagne di sensibilizzazione (come il progetto "lo non rischio") per acquisire le conoscenze necessarie.
Un'altra misura essenziale di autoprotezione è la preparazione di un kit di emergenza, contenente tutto il necessario per affrontare situazioni di emergenza. Cibo e acqua (per almeno tre giorni), torce, batterie, medicinali, copie di documenti importanti e abbigliamento adeguato sono solo alcuni degli elementi da includere. Questo kit deve essere facilmente accessibile e aggiornato periodicamente. La sua preparazione consente a ciascun individuo di essere autosufficiente nelle prime fasi di un'emergenza, prima che possano arrivare i soccorsi.