Psicologia Clinica: storia della follia e disturbi mentali

Documento di Università su Psicologia Clinica. Il Pdf esplora la storia della follia, i criteri di normalità e patologia, e le diverse tipologie di disturbi mentali, inclusi quelli somatici, dell'umore e di personalità, con un focus sugli interventi farmacologici.

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PSICOLOGIA CLINICA
Breve storia della follia
Se nell’Antichità greco-romana e nell’alto Medioevo la figura del folle era derisa ma
tollerata, nel Basso Medioevo e nel Rinascimento si pensava che i folli fossero posseduti
da demoni e venivano perciò perseguitati dall’Inquisizione. A partire dal 1600 con la
nascita della scienza e poi ancora di più nel 1700 e nel 1800, la figura del folle venne
incarcerata in strutture manicomiali, in quanto considerata colpevole di non saper fare
uso della propria ragione. Ciò avvenne fino alla metà del 1900, quando ci si rese conto
dell’assurdità di colpevolizzare i malati di mente e dei trattamenti inumani a loro
riservati (elettroschock, bagni in acqua gelata ). Da allora essi vengono curati in
ospedale psichiatrico e con gli psicofarmaci e non sono più rinchiusi, salvo i casi estremi
di TSO ( Trattamento sanitario obbligatorio ), che però è a termine.
Normalità e patologia: i criteri.
Partiamo subito dicendo che non esistono una normalità e una anormalità, a livello
psicologico. in senso assoluto, ma ogni criterio è sempre relativo e parziale. I criteri per
definire ciò che è normale e ciò che non lo è sono i seguenti:
- Criterio statistico: secondo questo criterio è considerato normale il comportamento che
è statisticamente frequente nella popolazione analizzata ed è considerato anormale il
comportamento che è statisticamente infrequente. Il limite evidente di questo criterio
sta nel fatto che non sempre è patologico ciò che è statisticamente infrequente.
- Criterio socio culturale: secondo questo criterio è considerato normale il
comportamento di chi si conforma alle aspettative della società e ai suoi schemi
culturali, quindi una persona ben adattata alla società nella quale vive, mentre è
anormale chi non si conforma ed è disadattato. Questo criterio ha il merito di mostrare
la relatività storico culturale della malattia mentale e di spiegare che spesso la
malattia mentale è una forma di disadattamento, ma ha il limite di non rilevare che
disadattamento e malattia mentale non vanno di pari passo, perché alcune persone
malate sono ben adattate ( narcisisti ) e altre normali sono disadattate: infatti si può
andare contro le regole sociali senza essere per forza malati ( ribelli e rivoluzionari ). Il
criterio socio culturale confonde la patologia psichica con la devianza, l’eccentricità, la
genialità, ecc.
Le analisi psicologiche transculturali, ovvero l’etnopsichiatria, hanno dimostrato che solo
la schizofrenia esiste in tutte le cultura nella stessa forma (e infatti è un disturbo con
radici genetiche e biologiche scatenato da un evento psichico), mentre gli altri disturbi
psicologici esistono per buona parte in tutte le culture del passato e del presente, ma si
manifestano in forme diverse e altri disturbi ancora sono invece tipici solamente di certe
società e certe epoche storiche.
- Criterio personale: è basato su come si sentono gli interessati. Se la persona soffre ed
è infelice allora è malata, in caso contrario è sana. Sembrerebbe un criterio abbastanza
oggettivo ma non è così, perché a volte le persone malate psicologicamente non sanno
di esserlo ed altre che si credono malate invece non lo sono.
- Criterio professionale: in base a questo criterio chi è sano o malato lo decide il
professionista, l’esperto di psichiatria. Il problema di questo criterio è piuttosto
evidente, perché ogni psicologo o psichiatra aderisce ad una corrente di pensiero e vede
la malattia dal suo personale punto di vista, che non può essere considerato
minimamente oggettivo.
- Criterio utopico: secondo questo criterio è sano chi è in uno stato ottimale di salute
mentale e fisica e malato chi non lo è. Il problema di questo punto di vista sta proprio
nell’eccessivo ottimismo, in quanto la salute è quasi sempre uno stato psicofisico
accettabile e quasi mai ottimale. Inoltre definire cosa è ottimale richiama la questione
etica, la quale non dovrebbe, secondo molti psicologi ma non tutti, entrare in campo
nella scienza. Però è anche vero che l’idea più evoluta di scienza ha perso l’illusione
dell’oggettività che aveva in passato e sa che non si può mai prescindere da principi
etici anche nella scienza, in quanto ogni scelta è fatta in base a principi etici sottaciuti o
dichiarati.
- Criterio sintomatico descrittivo: secondo questo criterio per capire se si parla di
salute o di malattia bisogna attenersi ai fatti e privilegiare le descrizioni rispetto alle
interpretazioni, perché i fatti se ben ascoltati parlano. Patologici sono quei
comportamenti che danneggiano il paziente e chi gli sta intorno o viene a contatto con
lui e che impediscono una normale vita quotidiana al paziente e chi lo circonda. Ad oggi
è il criterio preferito dagli psicologi di maggior fama mondiale.
Bisogna rilevare che tra malattia mentale e normalità vi sia tutto sommato una
continuità funzionale. Alla base delle esperienze patologiche ci sono gli stessi
meccanismi psicologici che sono alla base della normalità: ai disturbi si arriva attraverso
pieghe particolari che prendono le attività mentali. Tra il benessere psichico e le gravi
psicosi si collocano tutta una serie intermedia di disturbi nevrotici o psiconevrotici che si
collocano a metà strada tra le due dimensioni. La storia psichica di ogni persona
contempla alti e bassi, sofferenze, noia, tranquillità, gioia, felicità e altri vari stati
d’animo di segno positivo, negativo o neutro. Nessuno è mai completamente felice,
perché i limiti stessi della vita umana lo rendono impossibile, al massimo ci sono
persone che tendono più alla felicità e altre di più alla infelicità. Una persona può
considerarsi abbastanza sana se presenta le seguenti caratteristiche: capacità di
concentrazione, di pensiero razionale, di relazione armonica o conflittuale motivata con
gli altri, di equilibrio emotivo, di sentimenti sia in entrata che in uscita, di provare
emozioni, di riconoscerle e di gestirle, di gestione degli istinti, di avere una scala di
valori guida solidi e modificabili ad un tempo, di buona autostima, di avere interessi e
passioni, di empatia con il prossimo, di innescare meccanismi di difesa non rigidi, di
buona coerenza, ecc.

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Anteprima

Breve storia della follia

Se nell'Antichità greco-romana e nell'alto Medioevo la figura del folle era derisa ma tollerata, nel Basso Medioevo e nel Rinascimento si pensava che i folli fossero posseduti da demoni e venivano perciò perseguitati dall'Inquisizione. A partire dal 1600 con la nascita della scienza e poi ancora di più nel 1700 e nel 1800, la figura del folle venne incarcerata in strutture manicomiali, in quanto considerata colpevole di non saper fare uso della propria ragione. Ciò avvenne fino alla metà del 1900, quando ci si rese conto dell'assurdità di colpevolizzare i malati di mente e dei trattamenti inumani a loro riservati (elettroschock, bagni in acqua gelata ). Da allora essi vengono curati in ospedale psichiatrico e con gli psicofarmaci e non sono più rinchiusi, salvo i casi estremi di TSO ( Trattamento sanitario obbligatorio ), che però è a termine.

Normalità e patologia: i criteri

Partiamo subito dicendo che non esistono una normalità e una anormalità, a livello psicologico. in senso assoluto, ma ogni criterio è sempre relativo e parziale. I criteri per definire ciò che è normale e ciò che non lo è sono i seguenti:

  • Criterio statistico: secondo questo criterio è considerato normale il comportamento che è statisticamente frequente nella popolazione analizzata ed è considerato anormale il comportamento che è statisticamente infrequente. Il limite evidente di questo criterio sta nel fatto che non sempre è patologico ciò che è statisticamente infrequente.
  • Criterio socio - culturale: secondo questo criterio è considerato normale il comportamento di chi si conforma alle aspettative della società e ai suoi schemi culturali, quindi una persona ben adattata alla società nella quale vive, mentre è anormale chi non si conforma ed è disadattato. Questo criterio ha il merito di mostrare la relatività storico - culturale della malattia mentale e di spiegare che spesso la malattia mentale è una forma di disadattamento, ma ha il limite di non rilevare che disadattamento e malattia mentale non vanno di pari passo, perché alcune persone malate sono ben adattate ( narcisisti ) e altre normali sono disadattate: infatti si può andare contro le regole sociali senza essere per forza malati ( ribelli e rivoluzionari ). Il criterio socio - culturale confonde la patologia psichica con la devianza, l'eccentricità, la genialità, ecc.

Le analisi psicologiche transculturali, ovvero l'etnopsichiatria, hanno dimostrato che solo la schizofrenia esiste in tutte le cultura nella stessa forma (e infatti è un disturbo con radici genetiche e biologiche scatenato da un evento psichico), mentre gli altri disturbi psicologici esistono per buona parte in tutte le culture del passato e del presente, ma si manifestano in forme diverse e altri disturbi ancora sono invece tipici solamente di certe società e certe epoche storiche.

  • Criterio personale: è basato su come si sentono gli interessati. Se la persona soffre ed è infelice allora è malata, in caso contrario è sana. Sembrerebbe un criterio abbastanzaoggettivo ma non è così, perché a volte le persone malate psicologicamente non sanno di esserlo ed altre che si credono malate invece non lo sono.
  • Criterio professionale: in base a questo criterio chi è sano o malato lo decide il professionista, l'esperto di psichiatria. Il problema di questo criterio è piuttosto evidente, perché ogni psicologo o psichiatra aderisce ad una corrente di pensiero e vede la malattia dal suo personale punto di vista, che non può essere considerato minimamente oggettivo.
  • Criterio utopico: secondo questo criterio è sano chi è in uno stato ottimale di salute mentale e fisica e malato chi non lo è. Il problema di questo punto di vista sta proprio nell'eccessivo ottimismo, in quanto la salute è quasi sempre uno stato psicofisico accettabile e quasi mai ottimale. Inoltre definire cosa è ottimale richiama la questione etica, la quale non dovrebbe, secondo molti psicologi ma non tutti, entrare in campo nella scienza. Però è anche vero che l'idea più evoluta di scienza ha perso l'illusione dell'oggettività che aveva in passato e sa che non si può mai prescindere da principi etici anche nella scienza, in quanto ogni scelta è fatta in base a principi etici sottaciuti o dichiarati.
  • Criterio sintomatico - descrittivo: secondo questo criterio per capire se si parla di salute o di malattia bisogna attenersi ai fatti e privilegiare le descrizioni rispetto alle interpretazioni, perché i fatti se ben ascoltati parlano. Patologici sono quei comportamenti che danneggiano il paziente e chi gli sta intorno o viene a contatto con lui e che impediscono una normale vita quotidiana al paziente e chi lo circonda. Ad oggi è il criterio preferito dagli psicologi di maggior fama mondiale.

Bisogna rilevare che tra malattia mentale e normalità vi sia tutto sommato una continuità funzionale. Alla base delle esperienze patologiche ci sono gli stessi meccanismi psicologici che sono alla base della normalità: ai disturbi si arriva attraverso pieghe particolari che prendono le attività mentali. Tra il benessere psichico e le gravi psicosi si collocano tutta una serie intermedia di disturbi nevrotici o psiconevrotici che si collocano a metà strada tra le due dimensioni. La storia psichica di ogni persona contempla alti e bassi, sofferenze, noia, tranquillità, gioia, felicità e altri vari stati d'animo di segno positivo, negativo o neutro. Nessuno è mai completamente felice, perché i limiti stessi della vita umana lo rendono impossibile, al massimo ci sono persone che tendono più alla felicità e altre di più alla infelicità. Una persona può considerarsi abbastanza sana se presenta le seguenti caratteristiche: capacità di concentrazione, di pensiero razionale, di relazione armonica o conflittuale motivata con gli altri, di equilibrio emotivo, di sentimenti sia in entrata che in uscita, di provare emozioni, di riconoscerle e di gestirle, di gestione degli istinti, di avere una scala di valori guida solidi e modificabili ad un tempo, di buona autostima, di avere interessi e passioni, di empatia con il prossimo, di innescare meccanismi di difesa non rigidi, di buona coerenza, ecc.

Il DSM V

Il primo sforzo di descrizione sistematica della malattie mentali lo si deve allo psichiatra tedesco Kraepelin, che seppe descrivere molto bene la schizofrenia che egli chiamava demenza precoce ( dementia percox ). Successivamente venne ideato il DSM. Si tratta del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali elaborato dall'Associazione Psichiatrica Americana e adottato universalmente come manuale per individuare le malattie mentali. Alla sua elaborazione hanno contribuito un gran numero di importanti psichiatri di fama mondiale provenienti da tutto il mondo e appartenenti a tutte le correnti psicologiche. Oggi siamo giunti al V°. Si divide in 5 sezioni o assi ( asse dei disturbi clinici, asse dei disturbi della personalità, ecc ).

Lo svincolo

E' il processo grazie al quale l'individuo si distacca intellettivamente, emotivamente e fisicamente dal nucleo familiare originario. Lo svincolo è necessario ad un certo punto dell'esistenza dei figli, altrimenti non faranno la loro vita, ma quella dei loro genitori e ciò non è mai qualcosa di sano, ma può portare a gravi malattie psicologiche. Se lo svincolo avviene in modo sano rimane intatto il rapporto affettivo, ma sugli altri piani vi deve essere distacco, ovvero sul piano materiale e mentale. Le forme di svincolo patologiche sono le seguenti: 1) lo svincolo impossibile 2) lo svincolo inaccettabile 3) lo svincolo apparente 4) lo svincolo di compromesso.

La schizofrenia

Si tratta della peggiore forma di psicosi, probabilmente di origine genetica e presente in tutte le culture, anche se chiamata in modi diversi. E' la vera e propria pazzia, in quanto il soggetto sostituisce la realtà concreta che ha di fronte a sé con una realtà di sua invenzione o almeno sovrappone realtà e fantasia e non sempre è in grado di distinguerle. Si può curare e gestire, ma non si può guarire mai del tutto. Può avere il suo esordio sia nell'adolescenza che in età adulta e tale esordio può essere improvviso o graduale. Essa da luogo a deliri ( ragionamenti insensati ), allucinazioni ( visioni di cose inesistenti e audizione di voci inesistenti ), disordini emotivi ( apatia, terrore, euforia ) e disturbi motori ( stati stuporosi, riso senza fondamento, posture bizzarre ). Si può parlare di schizofrenia se vi sono almeno due di questi sintomi per almeno sei mesi. La schizofrenia si distingue in varie forme: 1) forme paranoidi ( deliri di persecuzione, manie di grandezza ) 2) forme catatoniche ( immobilità, stupore, apatia ) 3) forme disorganizzate ( allucinazioni, deliri, mutevolezza di umore, incoerenza, riso insensato). La base genetica e biologica è comunque quasi sempre scatenata da aspetti psicologici di grande sofferenza.

I disturbi d'ansia

Con disturbi ansiosi si intendono tutti quei disturbi nevrotici o psiconevrotici caratterizzati da manifestazioni ansiose, tali da interferire in parte con il normale svolgimento della vita quotidiana. In effetti l'ansia è normalissima di fronte a situazionistressanti che richiedono una forte attivazione dell'organismo per essere affrontate, ma in questo tipo di disturbi il soggetto prova un'ansia eccessiva di fronte a situazioni banali o indipendentemente dalla presenza di stimoli ansiogeni. Per gli psicoanalisti una persona sviluppa un livello di ansia eccessivo se ha dei conflitti irrisolti a livello inconscio, mentre per gli psicologi cognitivo - comportamentali il soggetto ha un'ansia eccessiva o perché ragiona in modo distorto ed eccessivamente pessimistico o perché ha appreso ad essere ansioso nell'ambiente nel quale è cresciuto, a causa degli stimoli e dei rinforzi ricevuti ed ora è strutturalmente ansioso. I disturbi di ansia nascono probabilmente come disturbi nevrotici e quindi psicologici, ma si possono trasformare in disturbi psiconevrotici o psicotici e quindi biologici con il tempo, in quanto l'ansia continua crea delle disfunzioni a livello dei neurotrasmettitori, che non riescono più a produrre, cedere e ricaptare bene certe sostanze come la noradrenalina, la dopamina e la serotonina, fondamentali per produrre il buon umore. I disturbi di ansia sono i seguenti:

  • Disturbi di panico: insorgenza improvvisa di paura o terrore senza un evidente motivo esterno, caratterizzato da paura di morire, palpitazioni, dolore al petto, sensazione di soffocamento, pianto. Può durare da qualche minuto a una decina di minuti, poi cessa autonomamente.
  • Agorafobia: è la paura degli spazi aperti e della moltitudine.
  • Claustrofobia: è la paura degli spazi angusti e chiusi, senza via di uscita.
  • Fobia specifica: si tratta di ansia associata ad un oggetto o una situazione ( paura di certi animali come l'aracnofobia, di certi ambienti naturali come l'acrofobia, di certe situazioni come l'aviofobia, delle malattie come l'ipocondria o l'emofobia ).
  • Fobia sociale: si tratta dell'ansia che hanno alcune persone ad esporsi allo sguardo degli altri o a parlare in pubblico.
  • Disturbo d'ansia generalizzato: si tratta di un'ansia generalizzata che non ha una precisa origine, ma si innesca nel soggetto di fronte a situazioni di facile soluzione.
  • Disturbo ossessivo - compulsivo: si tratta di pensieri che occupano in modo opprimente la mente del paziente e portano il soggetto a compiere azioni compulsive per sedare l'ansia ossessiva derivata da questi pensieri ( come ad esempio lavarsi continuamente le mani ).
  • Disturbo post - traumatico da stress: compare in seguito a esperienze estreme ( guerre, catastrofi naturali, omicidi, genocidi, ecc. Può comparire subito dopo il trauma o a distanza di mesi o anni. Può essere acuto, tenue, cronico, ecc. Il paziente rivive in modo angosciante l'esperienza traumatica con incubi, flashback e pensieri ricorrenti. I sintomi sono tensione, insonnia, ipervigilanza, depressione, senso di colpa, irritabilità. Spesso finiscono per abusare di alcool o droghe.

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