Programma di storia: industrializzazione, liberismo e rivoluzioni del 1848

Documento di Scuola superiore sulla storia che analizza l'industrializzazione, il liberismo e il socialismo, estendendosi alle rivoluzioni del 1848. Il Pdf, utile per ripassare o approfondire, copre le trasformazioni economiche e sociali, i movimenti operai e le nuove fasi del colonialismo, con un focus sull'Italia pre-Risorgimento.

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13 pagine

PROGRAMMA DI STORIA
L’INDUSTRIALIZZAZIONE, IL LIBERISMO E IL SOCIALISMO
1) LA DIFFUSIONE DELLINDUSTRIALIZZAZIONE
Nell'Oocento la rivoluzione industriale, che nel Seecento aveva interessato solo l'Inghilterra, si estese anche al resto
d'Europa e agli Sta Uni, modicandone radicalmente il volto. Il processo di industrializzazione non ebbe un andamento
rapido e omogeneo come era avvenuto in Inghilterra: fu più marcato in Belgio, in Germania e in alcune aree della Francia,
mentre in questa fase non coinvolse se non in minima parte paesi quali la Russia, l'Austria, la Spagna e l'Italia.
In generale la crescita economica venne sollecitata dall'incremento demograco, iniziato già nel secolo precedente, che fece
aumentare la domanda di prodo agricoli, favorendo così lo sviluppo di nuovi sistemi in grado di assicurare la produvità
dei terreni. Ciò determinò una maggiore reddività agricola e quindi una più ampia circolazione del denaro, che a sua volta
fece lievitare la domanda di prodo industriali.
L'Inghilterra mantenne ancora per quasi tuo l'Oocento un primato indiscusso sulle altre nazioni; nel connente europeo,
i maggiori progressi si concentrarono nell'industria pesante (carbone e siderurgia), con produzioni non tanto desnate alle
masse (come sono ad esempio i tessu), ma piuosto alla creazione di macchinari, infrastruure ed energia.
Fondamentale fu perciò il supporto delle banche e delle borse, in grado nanziare le avità industriali e far circolare
grandi quantà di denaro.
A imprimere una svolta decisiva al processo di industrializzazione fu il poderoso sviluppo dei traspor, velocizza grazie alla
costruzione delle prime navi a vapore e della locomova a vapore, che permise di costruire la prima linea ferroviaria del
mondo (1823).
2) LE CONSEGUENZE SOCILI DELLINDUSTRIALIZZAZIONE
La diusione dell’industrializzazione portò in Europa gli stessi fenomeni vericasi in Inghilterra: per prima cosa
un'urbanizzazione caoca e la nascita di quareri operai squallidi e malsani. Il volto delle cià cambiò anche in posivo,
grazie ad alcune invenzioni, come il gas per l’illuminazione e il riscaldamento, ulizzato sia negli edici e nelle strade
pubbliche, sia nelle abitazioni private.
Lo sviluppo del capitalismo industriale aveva determinato la deniva ascesa della borghesia, la quale, a lungo esclusa dalla
sfera decisionale e dalla possibilità di indirizzare le scelte economico-nanziarie dei vari paesi, nell'Oocento si aermò
come classe egemone. A sostegno delle sue esigenze si aermò la teoria economica del liberismo, secondo la quale era
necessario eliminare qualsiasi forma di protezionismo (imposizione di dazi sui prodo importa) per consenre la libera
circolazione delle merci e tenere bassi i prezzi.
I sostenitori del liberismo ritenevano che il principio del libero mercato dovesse essere applicato anche ai commerci
internazionali, perché la concorrenza senza vincoli, fra l'altro, avrebbe favorito in ogni paese la specializzazione delle
produzioni.
In questo po di società si era delineato un nuovo quadro di rappor di classe, fortemente squilibrato a vantaggio degli
imprenditori e a svantaggio degli operai, che erano soopos a un duro sfruamento (non vi erano limi agli orari di lavoro,
i salari erano bassi e non esisteva alcuna tutela contro infortuni, malae o disoccupazione). Ques ulmi, tuavia, potevano
contare su alcuni pun di forza: il loro numero crescente e il fao di non essere sicamente distribui in tante piccole unità
produve, ma di trovarsi concentra in grandi struure, le fabbriche. Gli operai dunque cominciarono a prendere coscienza
della propria situazione e a sviluppare una consapevolezza di classe, che avrebbe consento loro di organizzarsi per loare
contro lo sfruamento a cui erano soopos. Le forze conservatrici, a loro volta, percepivano chiaramente la potenziale
"pericolosità" delle classi lavoratrici: perciò, fra i tan diri loro nega, non concessero agli operai la libertà di associazione.
In Inghilterra, dopo l'esperienza luddista, gli operai avevano dimostrato di sapersi organizzare in difesa dei propri diri,
dando vita a diversi movimen di loa. La situazione cominciò a evolvere all'inizio degli anni Ven, allorché la classe
dirigente inglese si decise a stabilire nuove regole: venne concessa ai lavoratori libertà di associazione, che permise la
creazione di sindaca operai (Trade Unions); si ssò per legge l'orario di lavoro di bambini e ragazzi; furono leggermente
migliorate le condizioni di vita nei quareri operai.
Queste iniziave legislave aprirono la strada all'intervento dello Stato nelle quesoni sociali. Sempre in Inghilterra, si
sviluppò in quegli anni un movimento operaio chiamato carsmo, che sulla scorta dell'allargamento del dirio di voto
sancito dalla riforma eleorale del 1832, puntava a oenere il suragio universale maschile per permeere anche ai
lavoratori di avere una loro rappresentanza parlamentare.
3) UN NUOVO PENSIERO POLITICO ED ECONOMICO: IL SOCIALISMO
A parre dai primi decenni dell'Oocento alcuni intelleuali cominciarono a formulare un crica della società borghese e
industriale, che stava generando non solo ricchezza, ma anche fordisparità sociali. Laspirazione alla realizzazione di un
autenco egualitarismo sociale - anche sulla base dei princìpi aerma nel corso delle rivoluzioni del Seecento- alimentò
un nuovo pensiero polico, deo socialismo o comunismo, il quale però non si presentò come un movimento omogeneo,
ma piuosto come una molteplicità di corren, basate su diverse analisi della società, su diverse strategie per modicarla e
su diversi obievi da raggiungere.
All’interno del pensiero socialista si evidenziò inizialmente una corrente dea utopista, perché proponeva di risolvere i
problemi genera dal capitalismo araverso la creazione di modelli ideali di convivenza sociale, dicili da realizzare nella
praca. I principali socialis utopis furono francesi: François-Noël Babeuf (1760-1797), Claude-Henri de Saint-Si-
mon (1760-1825), Charles Fourier (1772-1837), che progeò la creazione di comunità abitave e produve, i falansteri,
organizzate in modo solidarisco. Posizioni più rivoluzionarie furono quelle di Louis Blanc (1811-1882) e di Pierre-Joseph
Proudhon (1809-1865), convinto della necessità di eliminare la proprietà privata e lo Stato, e per questo denito "socialista
anarchico", nonché di Auguste Blanqui (1805-1881), per il quale la società poteva essere rovesciata solo da una rivoluzione.
Fu utopista anche il lantropo inglese Robert 0wen (1771-1858), il quale tentò di dare auazione praca alla sua idea di
comunità socialista” prima in Inghilterra e poi negli Sta Uni.
Una svolta nel pensiero socialista si ebbe verso la metà dell'Oocento, con il losofo tedesco Karl Marx (1818-1883).
Egli sosteneva che per realizzare una radicale trasformazione della società in senso egualitario, fosse prima fondamentale
dedicarsi all'analisi concreta della realtà esistente. A suo giudizio, tue le vicende poliche e sociali che avevano
caraerizzato il corso della storia erano essenzialmente determinate dall'economia e la divisione in classi era generata dai
rappor di produzione, cioè dalla divisione tra coloro che detenevano i mezzi di produzione (borghesia capitalisca) e coloro
che vendevano il proprio lavoro (proletariato). Per trasformare le istuzioni poliche erano quindi necessarie la rivoluzione
e la diatura del proletariato (cioè la presa del potere da parte della classe dei lavoratori), al ne di creare una società
nuova, in cui i mezzi di produzione e i beni fossero messi in comune in base ai bisogni di ciascuno. Marx espose le sue
proposte rivoluzionarie sin dal 1848, quando pubblicò, insieme all'amico e collaboratore Friedrich Engels (1820-1895), il
Manifesto del parto comunista. Avrebbe poi raccolto compiutamente il suo pensiero in un'altra opera, Il Capitale (1867).
LE RIVOLUZIONI DEL 1848 IN EUROPA
1) TANTI QUARANTOTTO CHE COMINCIANO IN FRANCIA
Il 1848 fu un anno decisivo per l'evoluzione della storia d'Europa. I grandi rivolgimen che si vericarono in mol paesi
erano anima dagli ideali civili e sociali aermasi nei decenni preceden, ma soprauo erano mova dal grande disagio
vissuto da ampie fasce di popolazione, alimentato anche da una grave crisi economica, che aveva provocato fallimendi
imprese industriali e determinato l'aumento dei prezzi.
La scinlla rivoluzionaria scoppancora una volta in Francia, dove il peso della media borghesia e del proletariato era
aumentato, mentre si stava diondendo la dorina socialista.
Il re Luigi Filippo d'Orléans, che tutelava gli interessi della grande borghesia, reagì con una posizione di intransigente
chiusura verso le rivendicazioni operaie. Ciò non impedì la rivolta del popolo parigino (febbraio 1848), che mise in fuga il
re e proclamò la seconda repubblica, capeggiata da un governo provvisorio che adoò provvedimen innovavi ma
scarsamente ecaci (come ad esempio gli ateliers naonaux). Dalle elezioni subito indee uscì pertanto un governo
moderato che allontanò gli esponen radicali e abrogò le riforme. I rivoluzionari insorsero di nuovo, ma vennero duramente
repressi, mentre a capo della repubblica venne posto Carlo Luigi Napoleone Bonaparte, nipote del grande Napoleone.
2) IL 1848 IN EUROPA
I fermen del 1848 deero vita in tua Europa (con l'esclusione di Inghilterra e Russia) a un'ondata rivoluzionaria, che vide
le popolazioni in loa per oenere maggiori libertà civili, poliche ed economiche e, in mol casi, per raggiungere l’unità
nazionale.
Mo insurrezionali scoppiarono nell'Impero austriaco, dove si giunse alla formazione di Assemblee costuen. L'Ungheria,
che soo la guida di Lajos Kossuth si ribellò all’Austria per oenere l'indipendenza, venne riconosciuta Stato sovrano, anche
se reo dall'imperatore d'Austria a tolo personale. Nel fraempo si erano ribella anche i boemi, che chiedevano maggiore
autonomia per tu i popoli slavi e che erano osli sia agli austriaci sia agli ungheresi. Si inasprirono cosi le rivalità tra i
diversi gruppi etnici che componevano l’Impero: scagliandosi l'uno contro l'altro nirono per favorire la restaurazione
dell'ordine costuito da parte del nuovo imperatore Francesco Giuseppe.
Nel 1848 scoppiarono rivolte anche in Germania, dove gli insor, riuni in un Parlamento federale a Francoforte, chiedevano
non solo maggiori libertà civili e poliche, ma anche l’unità federale tra gli Sta tedeschi. Nella primavera del 1849 dopo
che i vari sovrani tedeschi ebbero ripreso il controllo della situazione nei rispevi regni, il Parlamento fu sciolto.
3) L’ITALIA PRE-RISORGIMENTO
Mentre i vari governi della penisola italiana connuavano la polica reazionaria della Restaurazione, fasce sempre più ampie
di popolazione aspiravano a un'Italia unita e indipendente.
Un tale risveglio polico dell'Italia fu favorito anche dal risveglio economico che si manifestò dopo il 1830: ci fu un mido
sviluppo industriale, non paragonabile comunque a quello delle maggiori nazioni europee sia per la scarsità di materie prime
sia per l’interesse rivolto prevalentemente all'agricoltura e al commercio.
Nonostante ciò erano abbastanza oride le industrie tessili delle regioni seentrionali ed erano sorte le prime industrie
metallurgiche. Inoltre furono costruite in quegli anni le prime ferrovie (la prima Linea ferroviaria la Napoli-Porci,

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PROGRAMMA DI STORIA

L'INDUSTRIALIZZAZIONE, IL LIBERISMO E IL SOCIALISMO

  1. LA DIFFUSIONE DELL'INDUSTRIALIZZAZIONE

Nell'Ottocento la rivoluzione industriale, che nel Settecento aveva interessato solo l'Inghilterra, si estese anche al resto d'Europa e agli Stati Uniti, modificandone radicalmente il volto. Il processo di industrializzazione non ebbe un andamento rapido e omogeneo come era avvenuto in Inghilterra: fu più marcato in Belgio, in Germania e in alcune aree della Francia, mentre in questa fase non coinvolse se non in minima parte paesi quali la Russia, l'Austria, la Spagna e l'Italia. In generale la crescita economica venne sollecitata dall'incremento demografico, iniziato già nel secolo precedente, che fece aumentare la domanda di prodotti agricoli, favorendo così lo sviluppo di nuovi sistemi in grado di assicurare la produttività dei terreni. Ciò determinò una maggiore redditività agricola e quindi una più ampia circolazione del denaro, che a sua volta fece lievitare la domanda di prodotti industriali. L'Inghilterra mantenne ancora per quasi tutto l'Ottocento un primato indiscusso sulle altre nazioni; nel continente europeo, i maggiori progressi si concentrarono nell'industria pesante (carbone e siderurgia), con produzioni non tanto destinate alle masse (come sono ad esempio i tessuti), ma piuttosto alla creazione di macchinari, infrastrutture ed energia. Fondamentale fu perciò il supporto delle banche e delle borse, in grado finanziare le attività industriali e far circolare grandi quantità di denaro. A imprimere una svolta decisiva al processo di industrializzazione fu il poderoso sviluppo dei trasporti, velocizzati grazie alla costruzione delle prime navi a vapore e della locomotiva a vapore, che permise di costruire la prima linea ferroviaria del mondo (1823).

  1. LE CONSEGUENZE SOCILI DELL'INDUSTRIALIZZAZIONE

La diffusione dell'industrializzazione portò in Europa gli stessi fenomeni verificatisi in Inghilterra: per prima cosa un'urbanizzazione caotica e la nascita di quartieri operai squallidi e malsani. Il volto delle città cambiò anche in positivo, grazie ad alcune invenzioni, come il gas per l'illuminazione e il riscaldamento, utilizzato sia negli edifici e nelle strade pubbliche, sia nelle abitazioni private. Lo sviluppo del capitalismo industriale aveva determinato la definitiva ascesa della borghesia, la quale, a lungo esclusa dalla sfera decisionale e dalla possibilità di indirizzare le scelte economico-finanziarie dei vari paesi, nell'Ottocento si affermò come classe egemone. A sostegno delle sue esigenze si affermò la teoria economica del liberismo, secondo la quale era necessario eliminare qualsiasi forma di protezionismo (imposizione di dazi sui prodotti importati) per consentire la libera circolazione delle merci e tenere bassi i prezzi. I sostenitori del liberismo ritenevano che il principio del libero mercato dovesse essere applicato anche ai commerci internazionali, perché la concorrenza senza vincoli, fra l'altro, avrebbe favorito in ogni paese la specializzazione delle produzioni. In questo tipo di società si era delineato un nuovo quadro di rapporti di classe, fortemente squilibrato a vantaggio degli imprenditori e a svantaggio degli operai, che erano sottoposti a un duro sfruttamento (non vi erano limiti agli orari di lavoro, i salari erano bassi e non esisteva alcuna tutela contro infortuni, malattie o disoccupazione). Questi ultimi, tuttavia, potevano contare su alcuni punti di forza: il loro numero crescente e il fatto di non essere fisicamente distribuiti in tante piccole unità produttive, ma di trovarsi concentrati in grandi strutture, le fabbriche. Gli operai dunque cominciarono a prendere coscienza della propria situazione e a sviluppare una consapevolezza di classe, che avrebbe consentito loro di organizzarsi per lottare contro lo sfruttamento a cui erano sottoposti. Le forze conservatrici, a loro volta, percepivano chiaramente la potenziale "pericolosità" delle classi lavoratrici: perciò, fra i tanti diritti loro negati, non concessero agli operai la libertà di associazione. In Inghilterra, dopo l'esperienza luddista, gli operai avevano dimostrato di sapersi organizzare in difesa dei propri diritti, dando vita a diversi movimenti di lotta. La situazione cominciò a evolvere all'inizio degli anni Venti, allorché la classe dirigente inglese si decise a stabilire nuove regole: venne concessa ai lavoratori libertà di associazione, che permise la creazione di sindacati operai (Trade Unions); si fissò per legge l'orario di lavoro di bambini e ragazzi; furono leggermente migliorate le condizioni di vita nei quartieri operai. Queste iniziative legislative aprirono la strada all'intervento dello Stato nelle questioni sociali. Sempre in Inghilterra, si sviluppo in quegli anni un movimento operaio chiamato cartismo, che sulla scorta dell'allargamento del diritto di voto sancito dalla riforma elettorale del 1832, puntava a ottenere il suffragio universale maschile per permettere anche ai lavoratori di avere una loro rappresentanza parlamentare.

  1. UN NUOVO PENSIERO POLITICO ED ECONOMICO: IL SOCIALISMO

A partire dai primi decenni dell'Ottocento alcuni intellettuali cominciarono a formulare un critica della società borghese e industriale, che stava generando non solo ricchezza, ma anche forti disparità sociali. L'aspirazione alla realizzazione di un autentico egualitarismo sociale - anche sulla base dei principi affermati nel corso delle rivoluzioni del Settecento- alimentò un nuovo pensiero politico, detto socialismo o comunismo, il quale però non si presentò come un movimento omogeneo, ma piuttosto come una molteplicità di correnti, basate su diverse analisi della società, su diverse strategie per modificarla e su diversi obiettivi da raggiungere.All'interno del pensiero socialista si evidenziò inizialmente una corrente detta utopista, perché proponeva di risolvere i problemi generati dal capitalismo attraverso la creazione di modelli ideali di convivenza sociale, difficili da realizzare nella pratica. I principali socialisti utopisti furono francesi: François-Noël Babeuf (1760-1797), Claude-Henri de Saint-Si- mon (1760-1825), Charles Fourier (1772-1837), che progettò la creazione di comunità abitative e produttive, i falansteri, organizzate in modo solidaristico. Posizioni più rivoluzionarie furono quelle di Louis Blanc (1811-1882) e di Pierre-Joseph Proudhon (1809-1865), convinto della necessità di eliminare la proprietà privata e lo Stato, e per questo definito "socialista anarchico", nonché di Auguste Blanqui (1805-1881), per il quale la società poteva essere rovesciata solo da una rivoluzione. Fu utopista anche il filantropo inglese Robert 0wen (1771-1858), il quale tentò di dare attuazione pratica alla sua idea di "comunità socialista" prima in Inghilterra e poi negli Stati Uniti. Una svolta nel pensiero socialista si ebbe verso la metà dell'Ottocento, con il filosofo tedesco Karl Marx (1818-1883). Egli sosteneva che per realizzare una radicale trasformazione della società in senso egualitario, fosse prima fondamentale dedicarsi all'analisi concreta della realtà esistente. A suo giudizio, tutte le vicende politiche e sociali che avevano caratterizzato il corso della storia erano essenzialmente determinate dall'economia e la divisione in classi era generata dai rapporti di produzione, cioè dalla divisione tra coloro che detenevano i mezzi di produzione (borghesia capitalistica) e coloro che vendevano il proprio lavoro (proletariato). Per trasformare le istituzioni politiche erano quindi necessarie la rivoluzione e la dittatura del proletariato (cioè la presa del potere da parte della classe dei lavoratori), al fine di creare una società nuova, in cui i mezzi di produzione e i beni fossero messi in comune in base ai bisogni di ciascuno. Marx espose le sue proposte rivoluzionarie sin dal 1848, quando pubblicò, insieme all'amico e collaboratore Friedrich Engels (1820-1895), il Manifesto del partito comunista. Avrebbe poi raccolto compiutamente il suo pensiero in un'altra opera, Il Capitale (1867).

LE RIVOLUZIONI DEL 1848 IN EUROPA

  1. TANTI QUARANTOTTO CHE COMINCIANO IN FRANCIA

Il 1848 fu un anno decisivo per l'evoluzione della storia d'Europa. I grandi rivolgimenti che si verificarono in molti paesi erano animati dagli ideali civili e sociali affermatisi nei decenni precedenti, ma soprattutto erano motivati dal grande disagio vissuto da ampie fasce di popolazione, alimentato anche da una grave crisi economica, che aveva provocato fallimenti di imprese industriali e determinato l'aumento dei prezzi. La scintilla rivoluzionaria scoppiò ancora una volta in Francia, dove il peso della media borghesia e del proletariato era aumentato, mentre si stava diffondendo la dottrina socialista. Il re Luigi Filippo d'Orléans, che tutelava gli interessi della grande borghesia, reagì con una posizione di intransigente chiusura verso le rivendicazioni operaie. Ciò non impedì la rivolta del popolo parigino (febbraio 1848), che mise in fuga il re e proclamò la seconda repubblica, capeggiata da un governo provvisorio che adottò provvedimenti innovativi ma scarsamente efficaci (come ad esempio gli ateliers nationaux). Dalle elezioni subito indette uscì pertanto un governo moderato che allontanò gli esponenti radicali e abrogò le riforme. I rivoluzionari insorsero di nuovo, ma vennero duramente repressi, mentre a capo della repubblica venne posto Carlo Luigi Napoleone Bonaparte, nipote del grande Napoleone.

  1. IL 1848 IN EUROPA

I fermenti del 1848 dettero vita in tutta Europa (con l'esclusione di Inghilterra e Russia) a un'ondata rivoluzionaria, che vide le popolazioni in lotta per ottenere maggiori libertà civili, politiche ed economiche e, in molti casi, per raggiungere l'unità nazionale. Moti insurrezionali scoppiarono nell'Impero austriaco, dove si giunse alla formazione di Assemblee costituenti. L'Ungheria, che sotto la guida di Lajos Kossuth si ribellò all'Austria per ottenere l'indipendenza, venne riconosciuta Stato sovrano, anche se retto dall'imperatore d'Austria a titolo personale. Nel frattempo si erano ribellati anche i boemi, che chiedevano maggiore autonomia per tutti i popoli slavi e che erano ostili sia agli austriaci sia agli ungheresi. Si inasprirono cosi le rivalità tra i diversi gruppi etnici che componevano l'Impero: scagliandosi l'uno contro l'altro finirono per favorire la restaurazione dell'ordine costituito da parte del nuovo imperatore Francesco Giuseppe. Nel 1848 scoppiarono rivolte anche in Germania, dove gli insorti, riuniti in un Parlamento federale a Francoforte, chiedevano non solo maggiori libertà civili e politiche, ma anche l'unità federale tra gli Stati tedeschi. Nella primavera del 1849 dopo che i vari sovrani tedeschi ebbero ripreso il controllo della situazione nei rispettivi regni, il Parlamento fu sciolto.

  1. L'ITALIA PRE-RISORGIMENTO

Mentre i vari governi della penisola italiana continuavano la politica reazionaria della Restaurazione, fasce sempre più ampie di popolazione aspiravano a un'Italia unita e indipendente. Un tale risveglio politico dell'Italia fu favorito anche dal risveglio economico che si manifesto dopo il 1830: ci fu un timido sviluppo industriale, non paragonabile comunque a quello delle maggiori nazioni europee sia per la scarsità di materie prime sia per l'interesse rivolto prevalentemente all'agricoltura e al commercio. Nonostante ciò erano abbastanza floride le industrie tessili delle regioni settentrionali ed erano sorte le prime industrie metallurgiche. Inoltre furono costruite in quegli anni le prime ferrovie (la prima Linea ferroviaria fù la Napoli-Portici,

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