Il pensiero politico di Machiavelli, Bodin, Hobbes e Locke

Documento dall'Università sul pensiero politico di Machiavelli, Bodin, Hobbes e Locke. Il Pdf analizza i concetti di Stato, sovranità e diritti naturali, con tabelle comparative tra i filosofi, utile per lo studio della filosofia politica moderna a livello universitario.

Mostra di più

24 pagine

NICCOLÓ MACHIAVELLI (1469-1527)
Niccolò Machiavelli nasce a Firenze nel 1469,
Lavora come funzionario della Repubblica fiorentina, dove si occupa di questioni militari e diplomatiche.
Quando nel 1512 i Medici tornano al potere, viene allontanato dalla politica e inizia a dedicarsi alla scrittura.
Le sue opere più importanti sono Il Principe, I Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio e L’Arte della guerra.
Il contesto storico in cui scrive è segnato da guerre continue e dalla frammentazione politica dell’Italia.
1
I suoi scritti cercano di rispondere al “come si fa a costruire uno Stato forte e stabile in un mondo così instabile?”
Machiavelli è uno dei primi pensatori a sostenere che politica e religione non devono essere confuse.
Non si interessa a stabilire se una religione sia vera o falsa, ma si chiede: a cosa serve la religione nella politica?
Secondo lui, la religione può essere molto utile se viene usata per unire il popolo e mantenere l’ordine.
(nel Il Prinicpe) Fa l’esempio di Numa Pompilio (re romano) che usò la religione per disciplinare il popolo.
Questa forma di religione, chiamata da lui “religione civile”, aiuta a creare coesione sociale e rispetto per le leggi.
Tuttavia, Machiavelli critica il cristianesimo perché, secondo lui, rende i cittadini deboli, troppo umili e pronti a
rinunciare a lottare. Dice che questa mentalità indebolisce lo Stato, perché i cittadini non difendono la patria.
Invece ammira la religione romana antica, che insegnava coraggio, forza e impegno politico.
Secondo lui, quella religione rendeva il popolo più attivo e pronto a combattere per lo Stato.
Due concetti centrali del pensiero di Machiavelli sono virtù e fortuna.
La fortuna rappresenta tutto ciò che è imprevedibile e incontrollabile: le guerre, le crisi, i tradimenti. È come un fiume
che può travolgere tutto se non si è pronti. Ma Machiavelli non è fatalista: pensa che gli uomini non siano totalmente
in balia degli eventi.
Infatti, la virtù è la capacità del politico di affrontare e dominare la fortuna. Non si tratta solo di comportarsi bene, ma
soprattutto di avere intelligenza, coraggio, prontezza, capacità di adattarsi alle situazioni.
Dunque, ha un duplice significato: a livello individuale, indica il buon comportamento e il senso di sacrificio per la
Repubblica, a livello politico, è la capacità di fronteggiare la fortuna.
Il vero leader è colui che sa agire nel momento giusto e prendere decisioni anche difficili per il bene dello Stato.
Nella sua opera più famosa, Il Principe, Machiavelli delinea il comportamento che deve avere un sovrano per
mantenere il potere e assicurare la stabilità dello Stato. Secondo lui, non basta essere buoni o giusti: il mondo è pieno
di pericoli, e un leader deve essere pronto anche a usare la violenza e l’inganno se necessario.
Il principe ideale è descritto come il leone e la volpe. Il leone incute timore e difende lo Stato con la forza; la volpe
evita le trappole e agisce con astuzia. Questo significa che un buon politico deve essere in grado di fare il male quando
è necessario, ma con intelligenza e sempre con l’obiettivo di proteggere lo Stato.
Questa visione è molto lontana dalla morale cristiana, che impone al governante di agire sempre secondo la giustizia e
il bene. Proprio per questo, Machiavelli fu considerato da molti un pensatore pericoloso e scandaloso.
Contrariamente a quanto si pensa, Machiavelli non giustifica la crudeltà gratuita. Il male è accettabile solo se serve alla
salvezza dello Stato. Un principe che agisce solo per interesse personale è un tiranno. Invece, un governante virtuoso
agisce anche duramente, ma solo per il bene comune.
Machiavelli vuole un potere forte, ma non assoluto e cieco. Infatti, nei Discorsi sopra Tito Livio, afferma che una
repubblica stabile è quella che riesce a coinvolgere tutte le forze della società: il popolo, i nobili, e chi comanda.
L’ideale è un sistema misto, dove le leggi sono giuste e il conflitto sociale è gestito attraverso le istituzioni, non
lasciato esplodere nelle piazze.
Secondo Machiavelli, uno Stato non può essere solido se si affida a eserciti mercenari, cioè a soldati che combattono
solo per soldi. Solo un esercito formato da cittadini motivati e coinvolti nella vita dello Stato può davvero garantire
sicurezza e indipendenza. Perché ciò avvenga, è fondamentale che il popolo senta di far parte del destino dello Stato e
che vi sia una certa uguaglianza politica.
Machiavelli è il primo a guardare la politica come una cosa autonoma, con leggi proprie, separate dalla religione o
dalla morale. In questo senso è il fondatore del pensiero politico moderno. Ha mostrato che per capire il potere
bisogna guardare la realtà, non i sogni o gli ideali. Il suo pensiero è duro, realistico, persino tragico. Ma è anche una
riflessione profonda sulla responsabilità di chi governa, sulle difficoltà del comando, sull’incertezza della storia.
Ecco perché, ancora oggi, Machiavelli è studiato, discusso e talvolta anche frainteso.
molti stati autonomi o semi-autonomi (ex. Ducato di milano, sardegna, regno di napoli e di sicilia ecc)
1
1
JEAN BODIN (1530-1596)
Jean Bodin è un pensatore francese del Cinquecento, vissuto in un periodo di guerre civili, scontri tra cattolici e
protestanti, instabilità politica in tutta Europa. La sua opera principale è I sei libri della Repubblica (1576), in cui
cerca di rispondere a una domanda centrale per il suo tempo: come può uno Stato essere forte e stabile in mezzo al
caos?
Per Bodin, la risposta è chiara: serve un’autorità sovrana, forte e indivisibile, capace di garantire l’unità dello Stato.
È proprio lui a teorizzare per la prima volta in modo sistematico il concetto di sovranità, che diventerà fondamentale
in tutta la storia del pensiero politico moderno.
Secondo Bodin, la sovranità è il potere assoluto e perpetuo dello Stato.
“Assoluto” vuol dire che non dipende da nessun’altra autorità; “perpetuo” vuol dire che non si può togliere o limitare
con un contratto temporaneo. In altre parole, il sovrano è colui che comanda sopra tutti e non è comandato da nessuno.
Questo potere, però, non è arbitrario. Il sovrano deve rispettare alcune leggi fondamentali, come:
Il diritto naturale (cioè la giustizia che viene dalla ragione umana).
Il diritto divino (cioè le leggi di Dio).
Le leggi fondamentali del regno (come la trasmissione ereditaria del trono).
Quindi, Bodin difende un potere forte, ma non tirannico: il sovrano non può fare tutto ciò che vuole, ma deve
governare secondo la legge e la ragione. Tuttavia, non può essere limitato da altri organi interni allo Stato, come i
parlamenti o i giudici. Solo così si evita il disordine.
Una delle idee centrali di Bodin è che non ci può essere vera unità politica se il potere è diviso.
Quando più persone o istituzioni comandano, lo Stato entra in crisi. Per questo critica le forme di governo dove il
potere è condiviso, come le repubbliche aristocratiche o le monarchie con troppi limiti.
Inoltre, Bodin dà grande importanza alla legge. Secondo lui, solo il sovrano può fare le leggi, e tutti devono
obbedirgli. È proprio questo il segno della sovranità: chi ha il potere di fare leggi per tutti senza dover chiedere il
permesso a nessuno, è il sovrano.
A differenza di Machiavelli, che guarda alla forza e all’astuzia del principe, Bodin vuole una teoria giuridica dello
Stato, basata sulla legalità e sull’autorità legittima. In questo, anticipa molti concetti che saranno sviluppati da Hobbes,
ma senza arrivare a difendere uno Stato assoluto senza limiti morali o religiosi.
Per Bodin, lo Stato è come un corpo che ha bisogno di un cuore unico per vivere: il sovrano. Solo un potere centrale e
forte può tenere insieme una comunità divisa da interessi, religioni, famiglie, gruppi sociali.
Anche sul piano religioso, Bodin è interessante. Pur essendo cattolico, è favorevole alla tolleranza religiosa. Vede con
orrore le guerre di religione e pensa che la diversità di fedi non debba distruggere l’unità dello Stato. Ma attenzione: la
religione non può comandare sul potere politico, perché questo è autonomo.
In questo senso, anche lui, come Machiavelli, separa religione e politica, ma con uno spirito più moderato.
Dunque, Bodin è il primo a definire chiaramente la sovranità come il potere assoluto, indivisibile e perpetuo dello
Stato. Per lui, solo un sovrano forte può garantire l’unità e la pace. Tuttavia, questo potere non è tirannico: deve
rispettare la legge naturale, divina e le fondamenta del regno.
Il suo pensiero è un passaggio fondamentale tra le monarchie tradizionali medievali e lo Stato moderno centralizzato, e
anticipa molte idee che saranno sviluppate da Hobbes, ma con più attenzione alla legge e alla giustizia.
2

Visualizza gratis il Pdf completo

Registrati per accedere all’intero documento e trasformarlo con l’AI.

Anteprima

NICCOLÓ MACHIAVELLI (1469-1527)

Niccolò Machiavelli nasce a Firenze nel 1469,
Lavora come funzionario della Repubblica fiorentina, dove si occupa di questioni militari e diplomatiche.
Quando nel 1512 i Medici tornano al potere, viene allontanato dalla politica e inizia a dedicarsi alla scrittura.
Le sue opere più importanti sono Il Principe, I Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio e L'Arte della guerra.
Il contesto storico in cui scrive è segnato da guerre continue e dalla frammentazione politica dell'Italia.1
I suoi scritti cercano di rispondere al "come si fa a costruire uno Stato forte e stabile in un mondo così instabile?"

Machiavelli e la religione

Machiavelli è uno dei primi pensatori a sostenere che politica e religione non devono essere confuse.
Non si interessa a stabilire se una religione sia vera o falsa, ma si chiede: a cosa serve la religione nella politica?
Secondo lui, la religione può essere molto utile se viene usata per unire il popolo e mantenere l'ordine.
(nel Il Prinicpe) Fa l'esempio di Numa Pompilio (re romano) che usò la religione per disciplinare il popolo.
Questa forma di religione, chiamata da lui "religione civile", aiuta a creare coesione sociale e rispetto per le leggi.
Tuttavia, Machiavelli critica il cristianesimo perché, secondo lui, rende i cittadini deboli, troppo umili e pronti a
rinunciare a lottare. Dice che questa mentalità indebolisce lo Stato, perché i cittadini non difendono la patria.
Invece ammira la religione romana antica, che insegnava coraggio, forza e impegno politico.
Secondo lui, quella religione rendeva il popolo più attivo e pronto a combattere per lo Stato.

Virtù e fortuna nel pensiero di Machiavelli

Due concetti centrali del pensiero di Machiavelli sono virtù e fortuna.
La fortuna rappresenta tutto ciò che è imprevedibile e incontrollabile: le guerre, le crisi, i tradimenti. È come un fiume
che può travolgere tutto se non si è pronti. Ma Machiavelli non è fatalista: pensa che gli uomini non siano totalmente
in balia degli eventi.
Infatti, la virtù è la capacità del politico di affrontare e dominare la fortuna. Non si tratta solo di comportarsi bene, ma
soprattutto di avere intelligenza, coraggio, prontezza, capacità di adattarsi alle situazioni.
Dunque, ha un duplice significato: a livello individuale, indica il buon comportamento e il senso di sacrificio per la
Repubblica, a livello politico, è la capacità di fronteggiare la fortuna.
Il vero leader è colui che sa agire nel momento giusto e prendere decisioni anche difficili per il bene dello Stato.

Il Principe e il comportamento del sovrano

Nella sua opera più famosa, Il Principe, Machiavelli delinea il comportamento che deve avere un sovrano per
mantenere il potere e assicurare la stabilità dello Stato. Secondo lui, non basta essere buoni o giusti: il mondo è pieno
di pericoli, e un leader deve essere pronto anche a usare la violenza e l'inganno se necessario.
Il principe ideale è descritto come il leone e la volpe. Il leone incute timore e difende lo Stato con la forza; la volpe
evita le trappole e agisce con astuzia. Questo significa che un buon politico deve essere in grado di fare il male quando
è necessario, ma con intelligenza e sempre con l'obiettivo di proteggere lo Stato.
Questa visione è molto lontana dalla morale cristiana, che impone al governante di agire sempre secondo la giustizia e
il bene. Proprio per questo, Machiavelli fu considerato da molti un pensatore pericoloso e scandaloso.
Contrariamente a quanto si pensa, Machiavelli non giustifica la crudeltà gratuita. Il male è accettabile solo se serve alla
salvezza dello Stato. Un principe che agisce solo per interesse personale è un tiranno. Invece, un governante virtuoso
agisce anche duramente, ma solo per il bene comune.

Il potere e la stabilità dello Stato

Machiavelli vuole un potere forte, ma non assoluto e cieco. Infatti, nei Discorsi sopra Tito Livio, afferma che una
repubblica stabile è quella che riesce a coinvolgere tutte le forze della società: il popolo, i nobili, e chi comanda.
L'ideale è un sistema misto, dove le leggi sono giuste e il conflitto sociale è gestito attraverso le istituzioni, non
lasciato esplodere nelle piazze.
Secondo Machiavelli, uno Stato non può essere solido se si affida a eserciti mercenari, cioè a soldati che combattono
solo per soldi. Solo un esercito formato da cittadini motivati e coinvolti nella vita dello Stato può davvero garantire
sicurezza e indipendenza. Perché ciò avvenga, è fondamentale che il popolo senta di far parte del destino dello Stato e
che vi sia una certa uguaglianza politica.
Machiavelli è il primo a guardare la politica come una cosa autonoma, con leggi proprie, separate dalla religione o
dalla morale. In questo senso è il fondatore del pensiero politico moderno. Ha mostrato che per capire il potere
bisogna guardare la realtà, non i sogni o gli ideali. Il suo pensiero è duro, realistico, persino tragico. Ma è anche una
riflessione profonda sulla responsabilità di chi governa, sulle difficoltà del comando, sull'incertezza della storia.
Ecco perché, ancora oggi, Machiavelli è studiato, discusso e talvolta anche frainteso.
1 molti stati autonomi o semi-autonomi (ex. Ducato di milano, sardegna, regno di napoli e di sicilia ecc)

JEAN BODIN (1530-1596)

Jean Bodin è un pensatore francese del Cinquecento, vissuto in un periodo di guerre civili, scontri tra cattolici e
protestanti, instabilità politica in tutta Europa. La sua opera principale è I sei libri della Repubblica (1576), in cui
cerca di rispondere a una domanda centrale per il suo tempo: come può uno Stato essere forte e stabile in mezzo al
caos?
Per Bodin, la risposta è chiara: serve un'autorità sovrana, forte e indivisibile, capace di garantire l'unità dello Stato.
È proprio lui a teorizzare per la prima volta in modo sistematico il concetto di sovranità, che diventerà fondamentale
in tutta la storia del pensiero politico moderno.

Il concetto di sovranità in Bodin

Secondo Bodin, la sovranità è il potere assoluto e perpetuo dello Stato.
"Assoluto" vuol dire che non dipende da nessun'altra autorità; "perpetuo" vuol dire che non si può togliere o limitare
con un contratto temporaneo. In altre parole, il sovrano è colui che comanda sopra tutti e non è comandato da nessuno.
Questo potere, però, non è arbitrario. Il sovrano deve rispettare alcune leggi fondamentali, come:

  • Il diritto naturale (cioè la giustizia che viene dalla ragione umana).
  • Il diritto divino (cioè le leggi di Dio).
  • Le leggi fondamentali del regno (come la trasmissione ereditaria del trono).

Quindi, Bodin difende un potere forte, ma non tirannico: il sovrano non può fare tutto ciò che vuole, ma deve
governare secondo la legge e la ragione. Tuttavia, non può essere limitato da altri organi interni allo Stato, come i
parlamenti o i giudici. Solo così si evita il disordine.
Una delle idee centrali di Bodin è che non ci può essere vera unità politica se il potere è diviso.
Quando più persone o istituzioni comandano, lo Stato entra in crisi. Per questo critica le forme di governo dove il
potere è condiviso, come le repubbliche aristocratiche o le monarchie con troppi limiti.
Inoltre, Bodin dà grande importanza alla legge. Secondo lui, solo il sovrano può fare le leggi, e tutti devono
obbedirgli. È proprio questo il segno della sovranità: chi ha il potere di fare leggi per tutti senza dover chiedere il
permesso a nessuno, è il sovrano.
A differenza di Machiavelli, che guarda alla forza e all'astuzia del principe, Bodin vuole una teoria giuridica dello
Stato, basata sulla legalità e sull'autorità legittima. In questo, anticipa molti concetti che saranno sviluppati da Hobbes,
ma senza arrivare a difendere uno Stato assoluto senza limiti morali o religiosi.
Per Bodin, lo Stato è come un corpo che ha bisogno di un cuore unico per vivere: il sovrano. Solo un potere centrale e
forte può tenere insieme una comunità divisa da interessi, religioni, famiglie, gruppi sociali.
Anche sul piano religioso, Bodin è interessante. Pur essendo cattolico, è favorevole alla tolleranza religiosa. Vede con
orrore le guerre di religione e pensa che la diversità di fedi non debba distruggere l'unità dello Stato. Ma attenzione: la
religione non può comandare sul potere politico, perché questo è autonomo.
In questo senso, anche lui, come Machiavelli, separa religione e politica, ma con uno spirito più moderato.
Dunque, Bodin è il primo a definire chiaramente la sovranità come il potere assoluto, indivisibile e perpetuo dello
Stato. Per lui, solo un sovrano forte può garantire l'unità e la pace. Tuttavia, questo potere non è tirannico: deve
rispettare la legge naturale, divina e le fondamenta del regno.
Il suo pensiero è un passaggio fondamentale tra le monarchie tradizionali medievali e lo Stato moderno centralizzato, e
anticipa molte idee che saranno sviluppate da Hobbes, ma con più attenzione alla legge e alla giustizia.

THOMAS HOBBES (1588-1679)

Thomas Hobbes fu un filosofo inglese vissuto nel Seicento, in un'epoca segnata da profondi conflitti: guerre civili,
lotte religiose, crisi dell'autorità monarchica. Tutto questo influenzò fortemente il suo pensiero. A differenza di
Machiavelli, che cercava una guida per mantenere il potere in un contesto instabile, Hobbes si interrogava su come
evitare il disordine totale e la guerra civile. Per lui, la questione centrale non era tanto come si conquista il potere, ma
come si costruisce un ordine politico stabile che impedisca agli uomini di distruggersi a vicenda.

La natura umana e lo stato di natura

Hobbes parte da un'idea molto netta dell'essere umano. Secondo lui, l'uomo è un essere naturalmente egoista,
diffidente e competitivo. Ogni individuo cerca il proprio interesse, vuole proteggere sé stesso, e tende a vedere gli
altri come potenziali minacce. Per questo motivo, se gli uomini vivessero senza regole o autorità, si troverebbero in
uno stato di natura che Hobbes descrive come una condizione di "guerra di tutti contro tutti", dove non esistono leggi,
né giustizia, né sicurezza. È una situazione in cui ogni persona ha il diritto su tutto, anche sulla vita altrui, e nessuno
può sentirsi al sicuro. In questa condizione, la vita umana è, secondo le sue parole, "solitaria, povera, cattiva, brutale e
breve".

Il contratto sociale e il Leviatano

Per uscire da questo stato di natura così pericoloso, Hobbes immagina un patto tra gli uomini, chiamato contratto
sociale. Gli individui, spinti dalla paura della morte e dal desiderio di sicurezza, decidono di rinunciare ai propri diritti
naturali e di trasferirli a un'autorità superiore. Questa autorità sarà il sovrano, o lo Stato, che riceve il potere di
comandare, di imporre le leggi, e di farle rispettare con la forza. Il sovrano può essere un re, ma anche un'assemblea:
ciò che conta è che abbia un potere assoluto, indivisibile e permanente.
Il sovrano non è parte del contratto ma piuttosto il suo beneficiario. Gli uomini si mettono d'accordo tra loro per
sottomettersi a lui, in cambio della protezione. Da questo accordo nasce lo Stato, che Hobbes paragona a un
gigantesco essere artificiale chiamato Leviatano, formato da tutti i cittadini uniti sotto una sola volontà. Il Leviatano
ha lo scopo di mantenere la pace e l'ordine, evitando il ritorno alla guerra di tutti contro tutti.

L'autorità del sovrano e la separazione da morale e religione

Secondo Hobbes, il sovrano ha un'autorità totale. È lui a stabilire cosa è giusto e cosa è sbagliato, perché la giustizia
esiste solo all'interno dello Stato. Non ci sono diritti naturali assoluti, tranne il diritto alla vita. Il sovrano non può
obbligare un suddito a uccidersi o a lasciarsi uccidere, ma può punire chi viola le leggi, perché è lui l'unico giudice
del bene e del male politico.
Hobbes pensa che la politica debba essere separata dalla morale e dalla religione.
Le leggi non devono dire cosa è giusto o sbagliato in senso morale, ma devono servire a mantenere l'ordine e la
sicurezza. Per lui, il compito dello Stato è impedire la guerra e il caos, non rendere le persone buone.
Per questo, non accetta la ribellione: anche se un sovrano è ingiusto, i cittadini devono obbedire. Se si ribellassero, si
tornerebbe alla guerra civile, che è il male peggiore. L'unico vero limite al potere del sovrano non è una legge, ma il
buon senso: se governa con troppa crudeltà, rischia una rivolta, quindi deve usare il potere con intelligenza per non
perdere il controllo.
La filosofia di Hobbes è molto razionale. Non fonda lo Stato sulla religione, come i pensatori medievali, ma su ciò che
gli uomini provano nella realtà: la paura di morire e il bisogno di protezione.
Le persone non si uniscono per amore o per giustizia, ma perché conviene: vogliono vivere tranquille e sicure.
In questa visione, lo Stato è come una macchina creata dagli uomini per salvarsi dalla distruzione reciproca. Per
funzionare, deve avere un potere centrale e forte, che comandi su tutto e su tutti. Hobbes accetta che molte libertà
vengano limitate, ma solo per garantire la pace e la sopravvivenza. Il suo sovrano ha un potere assoluto, ma non è un
tirano: deve agire con razionalità, perché la stabilità dello Stato è la cosa più importante.

Confronto tra Bodin e Hobbes

ASPETTOBODINHOBBES
Definizione sovranitàPotere assoluto, indivisibile, ma limitato da Dio e
dalla legge naturale
Potere assoluto, indivisibile, illimitato senza limiti
superiori
Ruolo del sovranoGarante dell'ordine e della giustizia, ma deve
rispettare le leggi naturali e divine
Detentore del potere assoluto, decide cosa é giusto
o sbagliato
Origine della sovranitàDa DioDa un contratto tra individui (teoria del patto sociale)
Origine dello statoLo stato nasce dalle famiglie sotto un'unica autoritàLo stato nasce per garantire si sicurezza ed evitare la
guerra tra individui
Relazione con le leggiIl sovrano è sopra le leggi, ma è comunque legato
alla legge naturale e divina
Il sovrano è la fonte di ogni legge e non ha limiti
esterni

3

Non hai trovato quello che cercavi?

Esplora altri argomenti nella Algor library o crea direttamente i tuoi materiali con l’AI.