Documento di Metodologia Clinica su Sbobina Metodologia Clinica. Il Pdf, un documento universitario, approfondisce lo shock, una sindrome polieziologica con insufficiente perfusione dei tessuti, esaminando gittata sistolica, frequenza cardiaca e le diverse tipologie di shock, come quello ostruttivo e distributivo.
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Professore: Caronna sbobinatore: Alexandra Stacescu Controllore: Simone Toffano La videolezione completa è stata caricata in Google Classroom
Parliamo oggi dello shock. È un termine che abbiamo citato molte volte ormai nelle diverse lezioni che hanno preceduto questa. È un argomento piuttosto complesso che sicuramente tratterete in altri contesti, in altre lezioni e nei prossimi anni, soprattutto quando dovrete attuare la descrizione dell'eziologia e la terapia in base ai diversi tipi di shock. Rientra però tra gli argomenti della semeiotica perché risulta appartenere a un quadro clinico importante e molto frequente, di cui è bene che voi cominciate a comprendere bene i contenuti e, dunque, conoscere e riconoscere quelli che sono i sintomi e i segni di questo quadro clinico molto particolare.
Ricordiamo ora il significato di alcuni termini che già dovreste conoscere. Per GITTATA SISTOLICA si intente la quantità di sangue sospinta da una singola contrazione ventricolare (circa 70ml per contrazione). La FREQUENZA CARDIACA, invece, è il numero di contrazioni cardiache nell'intervallo di tempo di 1 minuto. La GITTATA CARDIACA è la quantità di sangue espulsa in un minuto dai ventricoli, ed è data dal prodotto della gittata sistolica per la frequenza cardiaca. Questo sta a significare che per mantenere la gettata cardiaca costante, possiamo modificare entrambi i parametri: quindi se si riduce la gittata sistolica e si aumenta la frequenza cardiaca, possiamo conservare in maniera immodificata la gittata cardiaca. Torneremo su questi termini a breve.
Gittata sistolica: quantità di sangue sospinta da una singola contrazione ventricolare (circa 70 ml). Frequenza cardiaca: numero di contrazioni cardiache al min. Gettata cardiaca (cardiac output) (litri/min): quantità di sangue espulsa in un minuto dai ventricoli (5-6 litri) Gittata sistolica X Frequenza cardiaca
Si definisce lo SHOCK come una grave sindrome polieziologica caratterizzata da una insufficiente perfusione dei tessuti responsabile di gravi alterazioni metaboliche cellulari a carico praticamente di tutti gli organi. Quindi non si tratta di una condizione localizzata o che interessa solo un organo, ma che riguarda l'intero organismo. Quindi in pratica lo shock significa che si è verificata una condizione di ipoperfusione, per vari motivi che vedremo oggi insieme. Questa condizione di ipoperfusione si traduce in un abbassamento della pressione arteriosa (ipotensione), peraltro non sempre presente soprattutto nelle fasi iniziali dello shock, ma comunque l'ipoperfusione comporta di sicuro una ipossigenazione cellulare (dei tessuti). Il perdurare di questa condizione di ipoperfusione e di ipossigenazione comporta inevitabilmente un danno cellulare o un danno d'organo che determina quindi un'insufficiente funzione di uno o più organi contemporaneamente. Il danno d'organo che si verifica non è altro che la conseguenza fatale dello shock che, a seguito della comparsa del danno d'organo, e cioè della compromissione della funzione di uno o più organi, può diventare irreversibile.
Lo shock Grave sindrome polieziologica caratterizzata da una insufficiente perfusione dei tessuti responsabile di gravi alterazioni metaboliche cellulari a carico praticamente di tutti gli organi. Ipoperfusione Ipotensione Ipossigenazione cellulare danno cellulare e disfunzione d'organo
In fisiologia e in fisica medica avete studiato la legge di Poiseuille. Ora senza spaventarsi, è solo per ricordarvi che il flusso di un liquido (quindi anche del sangue) è direttamente correlato alla differenza di pressione che sussiste ai due estremi del condotto che trasporta il fluido in questione (sangue), ed è inversamente proporzionale alla resistenza. In altre parole, per avere un buon flusso, ci deve essere una notevole differenza di pressione tra l'inizio e la fine del condotto e, tanto minore è la resistenza e tanto maggiore sarà il flusso e viceversa, ovviamente a parità della differenza di pressione. Le resistenze al flusso sono a loro volta correlate alla lunghezza del condotto, che nello specifico è il torrente circolatorio, nonché al calibro (cioè al raggio); quindi, tanto maggiore è il raggio e tanto minori saranno le resistenze, e viceversa. Questo significa che, quando si verifica una vasocostrizione nel torrente circolatorio o in un distretto del nostro organismo, si avrà un aumento delle resistenze; viceversa, quando c'è un aumento del calibro, quindi una vasodilatazione, ci sarà una riduzione delle resistenze. Il flusso di sangue è anche espresso in un altro modo, cioè come il rapporto fra la pressione arteriosa media (MAP), la pressione venosa centrale (PVC) e le resistenze vascolari periferiche (SVR), laddove la MAP è calcolata come la pressione diastolica + la differenza fra pressione sistolica e diastolica diviso 3.
Il flusso (Q) e quindi la perfusione dipendono dalla Legge di Poiseuille Q = Pin -P out R Il flusso attraverso un tubo rigido dipende dalla differenza di pressioni e dalla resistenza R= 8nL TT X r4 La resistenza a sua volta dipende dalla lunghezza del tubo e dal calibro (maggiore è il raggio (r) minori sono le resistenze (R) Q = MAP - PVC SVR Il flusso (perfusione) dipende anche dalla pressione arteriosa media (MAP), dalla pressione venosa centrale (PVC) e inversamente proporzionale alle resistenze vascolari periferiche (SVR) MAP= PD + PP 3 La pressione arteriosa media si calcola dalla pressione diastolica (PD) + la differenza tra pressione sistolica e diastolica (PP).
Quindi la pressione arteriosa media è data dal rapporto fra la gettata cardiaca e le resistenze vascolari sistemiche, + il valore della pressione venosa centrale. Quindi, siccome si sta parlando di un fenomeno di shock, che si traduce in ipoperfusione, significa che l'ipoperfusione si verifica o per una riduzione della gettata cardiaca, o per una riduzione della pressione venosa centrale, o per una riduzione delle resistenze. D'altra parte, se si riduce la gettata ma aumentano le resistenze, la pressione arteriosa media rimarrà costante, a parità di pressione venosa centrale, così come se si riduce la pressione venosa centrale (nel caso di un'emorragia), per mantenere la MAP stabile, deve aumentare la GC o le SVR.
Esistono vari tipi di shock:
Tutti i tipi di shock hanno in comune una inadeguata perfusione dei tessuti; in genere si manifesta in ipotensione, ma non sempre la osserviamo all'inizio dello shock. Quindi l'ipotensione determina un insufficiente apporto di ossigeno e di sostanze nutritizie ai tessuti; d'altra parte, determina anche una insufficiente rimozione dei cataboliti dai tessuti in quanto c'è una riduzione del flusso. Questi due aspetti insieme determinano col passare del tempo un danno, o la morte delle cellule.
Questo schema (vedi sotto) riassume quello che diremo tra poco e che spero semplifichi un po' il nostro discorso. Conoscete bene la terminologia del precarico e del postcarico, perché lo avete studiato già in fisiologia e probabilmente anche in fisica medica. Dunque, per una sostanza, in questi tre compartimenti della circolazione sanguigna diciamo, si collocano le diverse condizioni che determinano lo shock. Nel caso dello shock ipovolemico, in pratica vi è una perdita del volume (massa sanguigna) circolante, che si traduce in una riduzione del precarico (shock ipovolemico -> riduzione del precarico). Quando invece, la patologia in questione compromette la funzionalità del cuore, si manifesterà uno shock cardiogeno. Quando invece esiste una alterazione del calibro dei vasi del torrente circolatorio del nostro organismo, avremo una modifica del postcarico, e in questo gruppo rientrano i cosiddetti shock di tipo distributivo, che comprendono quello settico, spinale o neurogeno, anafilattico, e l'insufficienza surrenalica.
Precarico Cuore Postcarico Cardiogeno Infarto miocardico Scompenso cardiaco Aritmie Ipovolemia Emorragia Perdita di liquidi Disidratazione Distributivo Sepsi Spinale Anafilassi Insufficienza surrenalica Ostruttivo Embolia polmonare Tamponamento cardiaco Pneumotorace
Vedremo adesso in dettaglio le caratteristiche di questi 3 grandi concetti che rientrano nel capitolo dello shock. In sostanza, nello shock ipovolemico ci sarà un'emorragia o una perdita di liquidi; nello shock cardiogeno, avremo un problema legato alla pompa cardiaca e dunque un danno nell'attività contrattile del cuore; nello shock settico si verificherà una vasodilatazione, così come anche nello shock spinale e in quello anafilattico; nello shock di tipo ostruttivo, vedremo un ostacolo nel ritorno venoso, in altre parole il cuore funziona benissimo e non c'è una compromissione della contrattilità ed anche la volemia non subisce alterazioni (no emorragia e no perdita di liquidi), così come nemmeno il torrente circolatorio (no vasocostrizione e no vasodilatazione), ma osserveremo la presenza di un ostacolo lungo il ritorno venoso (capiremo questo aspetto fra un attimo).
Tornando al nostro schema, cominciamo a parlare dello SHOCK IPOVOLEMICO, ovvero di quelle condizioni che determinano una riduzione del precarico (cioè del ritorno venoso al cuore, di quel volume di sangue necessario per riempire le camere cardiache da cui dipende la gettata cardiaca).
Lo shock ipovolemico è di fatto una perdita di volume intravascolare. Quali possono essere le cause di questa perdita di liquido o sangue all'interno del comparto intravascolare? È importante, prima di parlare delle cause di tale shock, ricordare quest'altro elemento che deriva dalle vostre conoscenze di fisiologia, ovvero la curva di Frank-Starling (vedi immagine).
Curva di Frank-Starling Increased contractility Stroke volume (or cardiac output) Normal a C Heart failure b Hypotension Pulmonary congestion Left ventricular end-diastolic pressure (or end-diastolic volume)
Come voi sapete, la gettata cardiaca è fortemente influenzata appunto dal riempimento delle camere cardiache e cioè dalla pressione di fine diastole. Tanto più basso è il riempimento delle camere cardiache e in particolare del ventricolo dx e sx alla fine della diastole, tanto minore sarà la gettata cardiaca; viceversa, tanto maggiore è il riempimento delle camere cardiache, tanto maggiore sarà il volume della gettata cardiaca. La curva centrale indica l'andamento di una curva normale che alla fine ha un plateau, e cioè non incrementa all'infinito. La linea in basso rappresenta l'andamento della gettata cardiaca in un paziente che presenta un'insufficienza cardiaca. La linea in alto mostra invece l'andamento della curva in un paziente sotto farmaci inotropi, che aumentano la contrattilità cardiaca.
Quindi parlavamo, a proposito dello shock ipovolemico, del riempimento, cioè del precarico. Come abbiamo detto, minore è il precarico e tanto minore è il riempimento delle camere cardiache, così come minore sarà la gettata cardiaca. Al contrario, tanto maggiore è il riempimento delle camere cardiache, tanto migliore sarà, in condizioni normali, l'entità della gettata cardiaca.
Adesso possiamo passare allo studio delle cause dello shock ipovolemico (ipovolemia/riduzione del precarico). Oltre all'emorragia, lo shock ipovolemico può essere fin troppo evidente, in quanto determina una riduzione del volume di sangue circolante, ma ci sono altre condizioni legate alla perdita non di sangue, ma di liquidi (acqua, siero ed elementi corpuscolari). Ci può essere la condizione di: