Documento dall'Università degli Studi di Padova su Letteratura Latina: età arcaica e repubblicana. Il Pdf esplora i primi testi e le forme teatrali, concentrandosi su figure come Cesare, Sallustio e Lucrezio, per la materia Letteratura a livello universitario.
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Lingua Latina
Università degli Studi di Padova (UNIPD)
14 pag.
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Downloaded by: francesca-bellisario-1 (francescabellisario98@gmail.com)Letteratura Latina: l'età arcaica e repubblicana
Il 240 a.C. è l'anno in cui Livio Andronico, uno schiavo liberato proveniente dalla città greca di
Taranto, aveva fatto rappresentare per la prima volta un testo scenico in lingua latina,
presumibilmente una tragedia. Per questo motivo il 240 è considerato l'anno in cui è nata la
letteratura latina.
I primi documenti di quest'età pre-letteraria sono:
Il verso della poesia romana arcaica è il "misterioso" saturnio. In saturni sono composti i primi testi
epici romani: la versione dell'Odissea di Livio Andronico e il Bellum Poenicum di Nevio.
L'etimologia del termine fa pensare a qualcosa di indigeno, ma tutte le attestazioni che abbiamo si
inseriscono in un'epoca già imbevuta di cultura greca. Secondo Pasquali il saturnio non fu importato
a Roma così com'è: furono importati i suoi cola, le sue parti costituenti in forma autonoma. Fu a
Roma che i singoli cola furono riuniti in un verso nuovo con caratteristiche corrispondenti al senso
ritmico romano. È la sintesi romana di elementi greci. Non è un verso fondato esclusivamente sulla
quantità sillabica come i metri classici, ma legato anche al ritmo verbale, cioè al susseguirsi di
parole o gruppi di misura costante.
A partire dal 240 e per oltre un secolo la cultura romana conosce una straordinaria fioritura di opere
sceniche e di rappresentazioni teatrali. Tutti i principali generi teatrali romani sono in origine dei
prodotti di importazione. Di derivazione greca sono infatti:
Non è in contraddizione con questa tendenza lo sviluppo di una palliata e di una coturnata
"romane", rispettivamente togata (perché la toga si sostituiva al pallio) e praetexta
(dall'abbigliamento dei magistrati romani).
In tutta l'età repubblicana il teatro latino trova il suo spazio istituzionale in occasione di feste e
solennità religiose come i ludi romani in onore di Giove (dove Livio Andronico mise in scena il
primo dramma), i ludi Apollinares e i ludi Megalenses. Gli oneri finanziari erano a carico dello
Stato che attraverso i magistrati organizzatori trattava con il "dominus gregis" o capocomico. Il
primo teatro in pietra fu edificato solo nel 55, prima di questa data c'erano solo strutture
provvisorie.
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Giunse a Roma da Taranto nel 272 a.C., probabilmente al seguito del nobile romano Livio
Salinatore di cui fu liberto. A Roma esercitò la professione di grammatico. Nel 240 fu rappresentato
il suo testo teatrale ma la sua opera più significativa fu la traduzione in saturni dell'Odissea di
Omero, il cui titolo doveva suonare Odusia. L'iniziativa ebbe una portata storica enorme, unì
insieme finalità letterarie e finalità più genericamente culturali. Traducendo Omero rendeva
disponibile ai Romani un testo fondamentale della cultura greca. L'importanza sta nell'aver
concepito la traduzione come un'operazione artistica: si propose di costruire un testo che stesse
accanto all'originale e fosse fruibile autonomamente pur conservando i contenuti e la qualità
artistica.
Della produzione teatrale è rimasto poco più di alcuni titoli ma sembra aver mostrato una discreta
consapevolezza artistica e libertà nel rielaborare i suoi modelli.
Al contrario di Livio era un cittadino romano, di origine campana: combatté contro i Cartaginesi
nella prima guerra punica. Sembra che avesse avuto aspri scontri con i Metelli, pagando di persona
il proprio anticonformismo.
Il suo impegno politico traspare dai caratteri originali della sua opera, in particolare dal suo poema
epico, il Bellum Poenicum, dedicato alla narrazione della prima guerra punica. Il poema che adotta
il verso della tradizione religiosa romana (saturnio) doveva estendersi per 4000 o 5000 versi: ne
restano circa 60. Anche la sua produzione teatrale dovette essere cospicua.
La scelta di un tema storico quasi contemporaneo come argomento del poema non era l'unica novità
dell'epica di Nevio. Infatti con un salto cronologico arditissimo l'autore arriva a toccare le origini
leggendarie di Roma.
Più importante della produzione tragica è quella comica: secondo il canone dei dieci migliori
commediografi latini redatto da Volcacio Sedigito, Nevio comico stava a livello di Plauto. Tra i
titoli, il più noto è la Tarentilla.
Doveva essere un teatro più impegnato di quello del secolo successivo; la sua opera conteneva
attacchi personali contro avversari politici, e scandiva a più riprese il suo amore per la libertà.
Nativo di Sarsina non sappiamo in che anno, visse da cittadino libero fino al 184 a.C., cronologia
fornitaci da Cicerone.
Il suo successo fu immediato: le sue commedie piacevano al grande pubblico per l'inesauribile
invettiva verbale. Fu escluso dai critici medievali e riscoperto solo dagli umanisti.
Plauto fu un autore molto prolifico, sembra che nel corso del II secolo circolassero circa 130
commedie legate al suo nome. Verso la fine dell'età repubblicana Varrone scelse 21 commedie
plautine sulla cui autenticità c'era generale consenso.
La struttura delle sue commedie si basava su alcuni capisaldi. Tra questi la prevedibilità degli
intrecci che era desiderata e ricercata da Plauto che non mira a porre interrogativi né ha interesse
per l'etica e la psicologia dei personaggi. Usa spesso dei prologhi espositivi che forniscono
informazioni sullo sviluppo della trama a spese di qualsiasi colpo di scena.
I suoi personaggi sono ridotti a "tipi", il servo astuto, il vecchio, il giovane innamorato sono solo
alcuni di questi. I personaggi lottano per il possesso di un bene che solitamente coincide con una
donna. Al centro delle sue commedie ruota la figura del "servo ingannatore"; l'azione di conquista
del bene è delegata sempre al servo ingegnoso che progressivamente cresce di statura intellettuale
tanto che nelle opere più mature sta al centro dell'azione come un vero demiurgo.
Regina incontrastata del teatro ellenistico, la TUKE, torna con Plauto e si comporta da alleata o da
antagonista del servo dominando la trama. Accanto alla commedia del servo s'instaura quella del
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Downloaded by: francesca-bellisario-1 (francescabellisario98@gmail.com)riconoscimento (anagnorismos), in cui si scioglie ogni difficoltà.
Una delle peculiarità dello stile di Plauto è quella definita "i numeri innumeri", l'uso di infiniti
metri. La predilezioni di Plauto per le parti cantate - estranee al teatro menandreo - è uno dei
principali fattori che creano il "vertere", la ricreazione in latino dei modelli greci. Riscrivere il
contenuto di una scena passando dal codice piano e prosaico dei trimetri greci alle fantasiose
armonie dei cantica è già un'operazione di elevata autonomia artistica.
Un'altra caratteristica è svolta dal ruolo del servo che si pone come alter ego del poeta; regge le fila
dell'intreccio e si rispecchia in Plauto stesso, gestisce la scena giocando con le parole facendosi
portavoce dell'autore.
La sua opera restò nei secoli successivi il simbolo di un'epoca di scontro politico e militare tra
Roma e il mondo greco e l'emblema di un approccio orgogliosamente romano di confronto ma non
di subalternità nei riguardi della cultura greca.
Nasce a Rudiae nel 239 a.C., dunque proveniva anch'egli da un'area di cultura italica fortemente
grecizzata.
E stato protetto e favorito dalla nobile famiglia di Nobiliore nonché dalla casata degli Scipioni.
I suoi inizi poetici risalgono al teatro; fu un poeta fecondo ma a noi restano solo i titoli di circa 20
tragedie coturnate e due commedie.
L'opera che gli diede la celebrità furono gli Annales , il primo poema latino in esametri in cui Ennio
narrava la storia di Roma dalle origini fino ai suoi tempi. L'opera si rifà da un lato ad Omero per il
carattere celebrativo e dall'altro alla recente tradizione dell'epica ellenistica di argomento storico.
Dato il carattere di estrema frammentarietà in cui ci è giunta l'opera, del suo stile possiamo farci
un'idea distorta. Ciò dipende in gran parte dalla tipologia delle nostre fonti. A citare Ennio sono per
lo più filologi e grammatici tardo-antichi e studiosi più interessati a raccogliere esempi di stranezze
e particolarità linguistiche. Infatti l'immagine che abbiamo di lui è quella di un autore che adotta
uno stile quasi sperimentale e arditamente innovatore.
La lezione di Ennio tragico venne sviluppata e ripresa dai due maggiori tragici del II secolo,
Pacuvio e Accio. La fioritura dei due si colloca rispettivamente nel periodo scipionico e nell'età dei
Gracchi e di Mario.
Autore di sole tragedie fu Pacuvio, figlio di una sorella di Ennio, nato a Brindisi intorno al 220 a.C.
Tra le sue tragedie ricordiamo l'Iliona (la triste storia della figlia maggiore di Priamo), i Niptra (sul
ritorno di Odisseo a Itaca) e il Dulorestes (Oreste schiavo).
Era molto criticato per il suo stile, soprattutto dal poeta satirico Lucilio. Lo si considerava controrto
e spericolato nell'uso di neologismi.
Più prolifico fu Accio, nato intorno al 170. Di lui si conoscono più di quaranta titoli di coturnate, tra
cui ricordiamo l'Epinausimache, la Nuktegresia (entrambe ispirate ad episodi dell'Illiade), il
Philocteta e la Medea.
Non fu soltanto un tragediografo: i suoi interessi eruditi lo accostano a Ennio e alla sua figura di
poeta filologo.
La prima grande opera storica romana è scritta da un protagonista importante della repubblica,
Catone il censore, tradizionalmente noto per il rigido conservatorismo e la fiera opposizione alla
politica degli Scipioni.
Nacque nel 234 a.C. a Tusculum da una famiglia benestante. Combatté nella guerra contro Annibale
percorrendo tutte le tappe del cursus honorum fino ad essere eletto console.
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