Letteratura italiana dal Settecento al Romanticismo: autori e opere principali

Documento dall'Università su Letteratura Italiana. Il Pdf, un testo didattico di Letteratura, esamina la letteratura italiana dal Settecento al Romanticismo, con un focus su autori come Ugo Foscolo e il contesto storico-culturale dell'epoca.

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66 pagine

LETTERATURA ITALIANA
2. DAL SETTECENTO AI NOSTRI GIORNI a cura di ANDREA BATTISTINI
PARTE PRIMA - IL SETTECENTO
CAPITOLO PRIMO IL PRIMO SETTECENTO: UNA LETTERATURA RIFORMATA
1. LA NASCITA DARCADIA
-I primi segnali di evoluzione da un secolo allaltro si colgono a fine Seicento, nella ROMA
culturalmente e politicamente rinnovata di PAPA INNOCENZO XI, gura di rilievo per la
capacità di interpretare il punto conclusivo e alto del lungo processo di revisione
controriformista, di restituire alla cattolicità un ruolo decisivo nello scenario internazionale,
in appoggio alla nuova realtà europea della Vienna asburgica. È qui che viveva i suoi ultimi
anni CRISTINA DI SVEZIA, già regina luterana della nazione scandinava: aveva fondato a
suo tempo lACCADEMIA REALE, chiamando a raccolta scrittori-scienziati e i maggiori poeti
del classicismo tardo-secentesco, definiti dalla storiografia letteraria come
<<PREARCADI>>. Alla morte di Cristina, il suo lascito accademico e programmatico venne
ripreso dall’ACCADEMIA DARCADIA, fondata il 5 ottobre 1690, giorno in cui 14 letterati si
ritrovano negli orti di San Pietro in Montorio per costruire il nuovo sodalizio. Questi
propositi, simili a quelli espressi in precedenza dagli aliati dellAACCADEMIA REALE
contro le degenerazioni barocche della poesia di Marino e dei marinisti e a favore di una
letteratura capace di restaurare gli esempi della tradizione classica e cinquecentesca, sono
incardinati nelle LEGES ARCADUM”, stese in raffinato latino arcaico da GIAN VINCENZO
GRAVINA e collocate nel mezzo del BOSCO PARADISO, il mitico spazio d’Arcadia caro ad
APOLLO MUSAGETE con cui si designò la sede della nuova istituzione.
-Con la nascita dell’ARCADIA, la proposta di una poetica antibarocca va di pari passo con
l’unificazione di un intero assetto culturale su base nazionale. LARCADIA si propone come
ORGANIZZAZIONE AUTONOMA DEI LETTERATI, di conseguenza si assiste allemergere in
accademia di un consistente CETO BORGHESE, che riequilibra e annulla la forte
corrispondenza del mestiere delle lettere al codice nobiliare che aveva caratterizzato il
Seicento. In questa prospettiva trova un inedito spicco la COMPONENTE FEMMINILE:
nobildonne e donne appartenenti alla borghesia delle arti e delle professioni. La capacità
di raccordare luoghi e ambienti produce una stretta relazione tra i domini disciplinari delle
diverse <<scienze>>.
-È nel fitto intreccio di motivazioni culturali e ragioni organizzative che emergono 2
STRATEGIE sui compiti di una istituzione già capace di modificare i costumi e le mentalità
della socie letteraria contemporanea. All’atto costitutivo GIOVAN MARIO CRESCIMBENI
(1663-1728) diventa primo Custode generale d’Arcadia: storico della tradizione poetica
italiana, scrive opere destinate a incidere nelle memorie e nelle scelte arcadiche
(ricordiamo LArcadia”). Questa volontà di individuare le direttrici mediane entro cui la
nuova poesia avrebbe dovuto muoversi e insieme di monumentalizzare opere e biografie
degli accademici entusiasmò anche GIAN VINCENZO GRAVINA. Egli svela la concezione
alta, sapienziale della scienza poetica, cui è adato il compito di restituire <<la chiara e
viva immagine del vero>>, di cogliere insomma lessenza losoca che la <<natura>> cela
in come <<impronta>> dell’idea divina. Da queste considerazioni si sarebbe sviluppata
la teoria graviniana intorno alla <<filosofia della luce>>: <<tutte le menti convergono sul
vero e concorrono ad uno istesso punto, quando è rimosso lostacolo ed è sgombrata la
caligine ch’opprime l’azione delle scintille divine in noi racchiuse>>. Nel Discorso sopra
l’Endimione, Gravina ha introdotto l’importante recupero dei grandi esempi di Omero,
Dante, Ariosto, i cui poemi fantastici nascondono il senso profondo degli eventi umani.
Temuto e rispettato ma fondamentalmente isolato nella Roma di primo Settecento per il
difficile obiettivo di ripensare le ragioni della poesia in termini filosofico-conoscitivi,
Gravina sarà riscoperto in una zona avanzata del secolo.
2. GLI STUDI GIURIDICI E STORICO-FILOSOFICI
-Nella NAPOLI di fine Sei e inizio Settecento, riconoscibile specialmente negli appartenenti
a una cultura forense schierata a difesa del potere regale contro le resistenze feudali dei
baroni e le ingerenze curialiste della Chiesa, capace di assumere ruoli decisivi nelle cariche
di governo, della magistratura, dell’università. Negli anni a venire l’ambiente napoletano
rimarrà un sicuro punto di riferimento per letterati e viaggiatori, che non mancarono di
rilevarne l’incisività culturale, il grado di aggiornamento con la circolazione europea delle
idee, la generosa accoglienza riservata agli stranieri. La specificità dell’esperienza
partenopea impedisce un trapasso lineare verso le nuove prospettive del secolo, come
accadrà invece sul versante tipicamente arcadico-razionalistico, che si svilupperà lungo
altre direttrici. Si è di fronte a una qualità assolutamente particolare del far cultura, dotata
di alta propensione speculativa e di energica volontà propositiva. Non a caso la storia
della civil meridionale di primo Settecento poggia su rilevanti personalità.
Ricordiamo:
. GREGORIO CALOPRESE: aveva operato a Napoli, animandone i circoli intellettuali, per poi
tornare nella sua città natale (Scalea), fondarvi e dirigere la scuola fino alla morte. La
lezione cartesiana era servita a Caloprese per impostare il metodo analitico del suo
insegnamento, interessato a prendere le distanze sia dalle incertezze di un sapere
probabilistico sia dalla non provata perentorie delle leggi metafisiche. Ma nel momento
in cui si discute di poesia amorosa, la trattatistica sulle passioni consente al
commentatore di passare dalle osservazioni stilistiche e dal regesto dei <<concetti> e delle
<<sentenze>> su cui si basa la costruzione poetica all’analisi della dinamica delle
situazioni affettive e delle immagini che le <<esprimono al di fuori>>. Ai molti discepoli, il
pensiero calopresiano si offrì come snodo ineludibile, tra ricezione della modernità e
ripensamento della tradizione. Egli lavorava sulle intersezioni di <<ragion>> losofica e
<<ragion>> poetica.
. PIETRO GIANNONE: intrinseco alla generazione sei-settecentesca del ceto forense per
diretta esperienza nella professione e più radicalmente esposto nel dibattito storico-
politico. Furono la cacciata degli spagnoli da Napoli e lavvento degli austriaci a
suggerirgli l’ideazione dell’Historia civile del regno di Napoli”. Nel mutamento dinastico
egli intravede l’occasione per riformare alla base il sistema istituzionale, economico e
amministrativo dello Stato e per chiedere l’abolizione di poteri e privilegi della Chiesa,
causa prima della mancanza di autonomia statuale. Lopera inserisce il nucleo polemico
all’interno di un’ampia riflessione sui rapporti tra conoscenza storica e cultura giuridica, e
si sviluppa lungo una traiettoria che si dipana dalla tarda età romana ai tempi recenti.
. GIAMBATTISTA VICO: importante la sua De nostri temporis studiorum ratione. Il dato
rilevante di questa dissertazione consiste nella confutazione del metodo analitico
cartesiano, quello accettato, ma non a caso corretto, da Caloprese. Non si trattava di
negare l’importanza dello studio della natura e del peso della scienza, il problema era
quello di ricondurli all’interno di un sapere più unitario e armonico. IN questa prospettiva
trova uno spazio rilevante il recupero ciceroniano della topica, la raccolta completa dei
luoghi dell’argomentazione, idonea a inventariare e memorizzare i dati possibili di ogni
singola materia al ne di calarli nei casi singoli. L’impiego specifico e sostanziale della
retorica, di cui la topica era parte, apriva gli ambiti della conoscenza verso la pienezza
delle facoltà umane. La sua concezione pedagogico-losofica si sarebbe dotata di
profondità diacronica con la sua De antiquissima Italorum sapientia”. Molti studiosi di

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LETTERATURA ITALIANA

DAL SETTECENTO AI NOSTRI GIORNI a cura di ANDREA BATTISTINI

PARTE PRIMA - IL SETTECENTO

CAPITOLO PRIMO - IL PRIMO SETTECENTO: UNA LETTERATURA RIFORMATA

LA NASCITA D'ARCADIA

  • I primi segnali di evoluzione da un secolo all'altro si colgono a fine Seicento, nella ROMA culturalmente e politicamente rinnovata di PAPA INNOCENZO XI, figura di rilievo per la capacità di interpretare il punto conclusivo e alto del lungo processo di revisione controriformista, di restituire alla cattolicità un ruolo decisivo nello scenario internazionale, in appoggio alla nuova realtà europea della Vienna asburgica. È qui che viveva i suoi ultimi anni CRISTINA DI SVEZIA, già regina luterana della nazione scandinava: aveva fondato a suo tempo l'ACCADEMIA REALE, chiamando a raccolta scrittori-scienziati e i maggiori poeti del classicismo tardo-secentesco, definiti dalla storiografia letteraria come << PREARCADI>>. Alla morte di Cristina, il suo lascito accademico e programmatico venne ripreso dall'ACCADEMIA D'ARCADIA, fondata il 5 ottobre 1690, giorno in cui 14 letterati si ritrovano negli orti di San Pietro in Montorio per costruire il nuovo sodalizio. Questi propositi, simili a quelli espressi in precedenza dagli affiliati dell'AACCADEMIA REALE contro le degenerazioni barocche della poesia di Marino e dei marinisti e a favore di una letteratura capace di restaurare gli esempi della tradizione classica e cinquecentesca, sono incardinati nelle "LEGES ARCADUM", stese in raffinato latino arcaico da GIAN VINCENZO GRAVINA e collocate nel mezzo del BOSCO PARADISO, il mitico spazio d'Arcadia caro ad APOLLO MUSAGETE con cui si designò la sede della nuova istituzione.
  • Con la nascita dell'ARCADIA, la proposta di una poetica antibarocca va di pari passo con l'unificazione di un intero assetto culturale su base nazionale. L'ARCADIA si propone come ORGANIZZAZIONE AUTONOMA DEI LETTERATI, di conseguenza si assiste all'emergere in accademia di un consistente CETO BORGHESE, che riequilibra e annulla la forte corrispondenza del mestiere delle lettere al codice nobiliare che aveva caratterizzato il Seicento. In questa prospettiva trova un inedito spicco la COMPONENTE FEMMINILE: nobildonne e donne appartenenti alla borghesia delle arti e delle professioni. La capacità di raccordare luoghi e ambienti produce una stretta relazione tra i domini disciplinari delle diverse << scienze>>.
  • È nel fitto intreccio di motivazioni culturali e ragioni organizzative che emergono 2 STRATEGIE sui compiti di una istituzione già capace di modificare i costumi e le mentalità della società letteraria contemporanea. All'atto costitutivo GIOVAN MARIO CRESCIMBENI (1663-1728) diventa primo Custode generale d'Arcadia: storico della tradizione poetica italiana, scrive opere destinate a incidere nelle memorie e nelle scelte arcadiche (ricordiamo "L'Arcadia"). Questa volontà di individuare le direttrici mediane entro cui la nuova poesia avrebbe dovuto muoversi e insieme di monumentalizzare opere e biografie degli accademici entusiasmò anche GIAN VINCENZO GRAVINA. Egli svela la concezione alta, sapienziale della scienza poetica, cui è affidato il compito di restituire << la chiara e viva immagine del vero>>, di cogliere insomma l'essenza filosofica che la << natura>> cela in sé come << impronta>> dell'idea divina. Da queste considerazioni si sarebbe sviluppata la teoria graviniana intorno alla << filosofia della luce>>: << tutte le menti convergono sul vero e concorrono ad uno istesso punto, quando è rimosso l'ostacolo ed è sgombrata la caligine ch'opprime l'azione delle scintille divine in noi racchiuse>>. Nel "Discorso sopra l'Endimione", Gravina ha introdotto l'importante recupero dei grandi esempi di Omero, Dante, Ariosto, i cui poemi fantastici nascondono il senso profondo degli eventi umani.Temuto e rispettato ma fondamentalmente isolato nella Roma di primo Settecento per il difficile obiettivo di ripensare le ragioni della poesia in termini filosofico-conoscitivi, Gravina sarà riscoperto in una zona avanzata del secolo.

GLI STUDI GIURIDICI E STORICO-FILOSOFICI

  • Nella NAPOLI di fine Sei e inizio Settecento, riconoscibile specialmente negli appartenenti a una cultura forense schierata a difesa del potere regale contro le resistenze feudali dei baroni e le ingerenze curialiste della Chiesa, capace di assumere ruoli decisivi nelle cariche di governo, della magistratura, dell'università. Negli anni a venire l'ambiente napoletano rimarrà un sicuro punto di riferimento per letterati e viaggiatori, che non mancarono di rilevarne l'incisività culturale, il grado di aggiornamento con la circolazione europea delle idee, la generosa accoglienza riservata agli stranieri. La specificità dell'esperienza partenopea impedisce un trapasso lineare verso le nuove prospettive del secolo, come accadrà invece sul versante tipicamente arcadico-razionalistico, che si svilupperà lungo altre direttrici. Si è di fronte a una qualità assolutamente particolare del far cultura, dotata di alta propensione speculativa e di energica volontà propositiva. Non a caso la storia della civiltà meridionale di primo Settecento poggia su rilevanti personalità. Ricordiamo:
  • GREGORIO CALOPRESE: aveva operato a Napoli, animandone i circoli intellettuali, per poi tornare nella sua città natale (Scalea), fondarvi e dirigere la scuola fino alla morte. La lezione cartesiana era servita a Caloprese per impostare il metodo analitico del suo insegnamento, interessato a prendere le distanze sia dalle incertezze di un sapere probabilistico sia dalla non provata perentorietà delle leggi metafisiche. Ma nel momento in cui si discute di poesia amorosa, la trattatistica sulle passioni consente al commentatore di passare dalle osservazioni stilistiche e dal regesto dei << concetti> e delle << sentenze>> su cui si basa la costruzione poetica all'analisi della dinamica delle situazioni affettive e delle immagini che le << esprimono al di fuori>>. Ai molti discepoli, il pensiero calopresiano si offrì come snodo ineludibile, tra ricezione della modernità e ripensamento della tradizione. Egli lavorava sulle intersezioni di << ragion>> filosofica e << ragion>> poetica.
  • PIETRO GIANNONE: intrinseco alla generazione sei-settecentesca del ceto forense per diretta esperienza nella professione e più radicalmente esposto nel dibattito storico- politico. Furono la cacciata degli spagnoli da Napoli e l'avvento degli austriaci a suggerirgli l'ideazione dell"Historia civile del regno di Napoli". Nel mutamento dinastico egli intravede l'occasione per riformare alla base il sistema istituzionale, economico e amministrativo dello Stato e per chiedere l'abolizione di poteri e privilegi della Chiesa, causa prima della mancanza di autonomia statuale. L'opera inserisce il nucleo polemico all'interno di un'ampia riflessione sui rapporti tra conoscenza storica e cultura giuridica, e si sviluppa lungo una traiettoria che si dipana dalla tarda età romana ai tempi recenti.
  • GIAMBATTISTA VICO: importante la sua "De nostri temporis studiorum ratione". Il dato rilevante di questa dissertazione consiste nella confutazione del metodo analitico cartesiano, quello accettato, ma non a caso corretto, da Caloprese. Non si trattava di negare l'importanza dello studio della natura e del peso della scienza, il problema era quello di ricondurli all'interno di un sapere più unitario e armonico. IN questa prospettiva trova uno spazio rilevante il recupero ciceroniano della topica, la raccolta completa dei luoghi dell'argomentazione, idonea a inventariare e memorizzare i dati possibili di ogni singola materia al fine di calarli nei casi singoli. L'impiego specifico e sostanziale della retorica, di cui la topica era parte, apriva gli ambiti della conoscenza verso la pienezza delle facoltà umane. La sua concezione pedagogico-filosofica si sarebbe dotata di profondità diacronica con la sua "De antiquissima Italorum sapientia". Molti studiosi diascendenza partenopea si erano rivolti al recupero di forme linguistiche e culturali proprie di un passato remoto, attratti dal fascino archeologico delle età primigenie. La risalita verso le origini delle civiltà italiche, la scoperta di alcuni basilari principi << metafisici>>, stimola lo studioso a rimisurare il presente storico alla luce di quanto è rinvenibile in quegli albori civili. "Principi di Scienza Nuova" ricostruisce una << tavola cronologica>> comparata degli avvenimenti storico-mitologici dell'antichità, fino alla seconda guerra punica. Si tratta di un avanzamento importante: la concezione metafisica di un'entità sovratemporale viene rivolta alle concrete realizzazioni umane e sociali, arricchendosi di obiettivi dinamicamente storici. L'impianto complesso dell'opera da un lato offre una visione totalizzante del divenire delle società, teologicamente orientata, dall'altro è esente da denunce e profetismi radicali.

L'ERUDIZIONE D'INIZIO SECOLO

Preliminare alla robusta investigazione dei pensatori napoletani di primo Settecento era lo STUDIO ERUDITO, nei diversi campi delle scienze storiche, del diritto, delle lettere. Ma in quel clima di reperimento dei dati aveva una funzione propedeutica all'interpretazione filosofica e si arroventava spesso in una battaglia delle idee. Ciò spiega da un lato l'eccezionalità della cultura meridionale, ma dall'altro chiarisce perché nell'età arcadica vinca una diversa concezione dell'erudizione, meno schierata ideologicamente e più moderatamente convinta che la puntuale ricerca documentaria sia di per sé un atto innovativo.

  • L'ERUDIZIONE SETTECENTESCA sceglie PERCORSI SETTENTRIONALI: è in territorio estense che vive e opera il suo principale esponente, LUDOVICO ANTONIO MURATORI. Lo scavo sui documenti estensi e la pesante eredità del suo maestro Bacchini, studioso del Medioevo, convinsero Muratori a indagare sull'oscuro periodo di mezzo, fino a quel momento poco frequentato per l'attrazione esercitata sui primi riformatori dall'età classica. Si ha così il monumentale corpus in 25 volumi dei "RERUM ITALICARUM SCRIPTORES", per la cui compilazione è mobilitato un vasto numero di collaboratori, dislocati in varie città italiane. Basata sulla concreta ricostruzione dei fatti, dinamicamente ricollocati all'interno di una scansione nazionale, la storiografia muratoriana adotta un approccio coerente ai principi di fede cattolica, a quella << regolata divozione>> che Muratori sosterrà in saggi di filosofia morale e prassi religiosa. Si tratta di un'operativa figura di mediatore: saldamente impiantata al centro dell'Italia settecentesca, la sua attività è stata paragonata alla << strategia del ragno>>.
  • BENEDETTO BACCHINI aveva rifondato il << GIORNALE DE' LETTERATI>>, sorto una prima volta a Roma, nel 1668. Il compito di rilanciare il << Giornale de' letterati>> fu assunto nel 1710 da APOSTOLO ZENO. L'esperienza del << Giornale de' letterati>>, per quanto fosse la prima, non fu l'unica nel corso di un secolo che si caratterizza per la pubblicazione di periodici eruditi, enciclopedici e divulgativi. Fino a metà Settecento, la funzione connettiva tra gli ambienti colti d'Italia che si era assunto il << Giornale>>, in modo simile a quello delle accademie, è ulteriormente potenziata dalla scrittura epistolografica, che raggiunge proporzioni ragguardevoli.
  • Gli EPISTOLARI sono cardini fondamentali della CULTURA SETTECENTESCA. Nel passaggio tra i 2 secoli, un personaggio di rilievo era stato ANTONIO MAGLIABECHI: l'importante corpus della sua corrispondenza veniva a delineare i confini dell'ideale Repubblica delle Lettere alla cui "geografia" gli intellettuali settecenteschi guarderanno con sempre maggiore interesse. Sotto l'ERUDIZIONE, però, la storia continuava a premere. Nei CARTEGGI MURATORIANI, pari per ampiezza a quelli MAGLIABECHIANI, diminuisce sensibilmente la percentuale degli interlocutori stranieri. Ciò segna un sicuro passaggio dalle forme e dagli intenti epistolografici pertinenti all'antica "RES PUBLICA

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