Infermieristica preventiva e di comunità: basi concettuali e interventi educativi

Documento sull'infermieristica preventiva e di comunità, che esplora l'evoluzione storica e legislativa, il ruolo delle cure primarie e l'importanza dell'educazione terapeutica. Il Pdf analizza concetti chiave e metodologie applicate in questo campo universitario, fornendo una panoramica completa degli argomenti trattati in capitoli e sottocapitoli.

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INFERMIERISTICA PREVENTIVA E DI COMUNITA’
CAPITOLO 1: BASI CONCETTUALI
1.1 APPROCCIO STORICO- LEGISLATIVO
L’infermieristica preventiva e di comunità trova le sua fondamenta già a partire dal 19°esimo secolo, con Florence Nightingale,
la quale ha fornito il primo importante contributo dell’assistenza infermieristica moderna alla salute pubblica. In Italia, invece,
la nascita dell’infermieristica preventiva e di comunità risale all’introduzione e al ruolo delle ASV (assistenti sanitarie visitatrici),
negli anni ’30 del 20°esimo secolo. Le ASV vengono definite come una speciale categoria di infermiere professioniste per
l’assistenza igienico sociale alla popolazione, sia negli ambienti urbani che in quelli rurali; sono quindi infermiere che prestano
la propria assistenza fra la gente, ovvero nella comunità. Le scuole per ASV nascono nel 1924 a partire dalla Croce Rossa
Italiana e sono definite scuole specializzate di medicina, pubblica igiene e assistenza sociale per assistenti sanitarie visitatrici; in
queste scuole venivano effettuati corsi di igiene, assistenza sociale, scolastica e domiciliare, assistenza specializzata alla
maternità e all’infanzia, profilassi di malattie infettive, contagiose ed epidemiche di maggiore interesse sociale; il tirocinio
pratico veniva svolto in istituzioni di carattere medico-sociale e opere di igiene e profilassi urbana e rurale; al termine del corso
le ASV acquisivano un diploma definito come un titolo per l’assunzione nelle istituzioni di carattere medico-sociale e nelle
opere di igiene e profilassi urbana e rurale. Queste scuole erano molto diverse dalle scuole-convitto frequentate dalle
Infermiere, le quali fornivano una visione puramente ospedaliera dell’intervento sanitario; questa differenza si accentua ancora
di più a partire dal 1940, anno in cui vengono istituiti corsi di specializzazione distinti per infermiere professionali, nei settori
dell’assistenza infermieristica, e per assistenti sanitarie visitatrici, nei settori dell’assistenza medico-sociale. Ma, questa netta
differenza andrà via via riducendosi negli anni.
Verso la fine degli anni 60 vengono emanate alcune norme che incidono in modo diretto sull’attività infermieristica: la
legge n° 132 definisce gli enti ospedalieri come enti pubblici che provvedono al ricovero ed alla cura degli infermi,
all’istituzione di ambulatori e centri di prevenzione sociale, alla preparazione professionale del personale sanitario e
personale ausiliario (infermiere professionali, ASV, vigilatrici d’infanzia, assistenti sociali, dietisti, terapisti della riabilitazione
ecc). Inoltre vengono definite le diverse categorie di ospedali ovvero generali, specializzati, per lungodegenti e
convalescenti. Gli ospedali generali si distinguono in regionali, provinciali e di zona. Per effetto di questa legge si ha un
aumento numerico di ospedali e ricoveri, e di conseguenza un aumento della richiesta di personale, per far fronte a tale
richiesta nel 1971 l’esercizio della professione infermieristica viene reso possibile anche agli uomini.
Nel 1972 prende l’avvio anche l’esercizio delle funzioni da parte delle Regioni, a cui vengono trasferite le funzioni
amministrative in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera e dei relativi personali e servizi; le Regioni, a partire da
questa data, si occupano dell’organizzazione delle scuole per infermieri professionali rispettando i requisiti di ammissione
e le materie fondamentali di insegnamento. A tal proposito bisogna ricordare l’Accordo europeo sull’istruzione e
formazione delle infermiere adottato da Strasburgo nel 1973, il quale definisce le funzioni dell’infermiere professionale, la
durata del corso (due anni) e le materie di insegnamento (tutti gli aspetti delle cure infermieristiche con aggiunta della
prevenzione e istruzione sanitaria), con lo scopo di garantire un elevato grado di qualificazione degli infermieri. Nel 1975,
due anni più tardi, sulla base dell’Accordo di Strasburgo vengono apportate delle modifiche, cioè la durata del corso si
allunga da due a tre anni e vengono modificati i programmi di insegnamento: al primo anno le materie di insegnamento
sono le scienze fondamentali umane e statistica sanitaria, mentre il tirocinio consiste sia in esercitazioni in ospedale che
visite presso centri sanitari extraospedalieri; al secondo anno le materie di insegnamento sono scienze fondamentali
mediche e metodologia dell’educazione sanitaria ed igiene, mentre il tirocinio consiste in esercitazioni in servizi
ambulatoriali, visite domiciliari, visite a nidi e consultori; al terzo anno le materie di insegnamento comprendono medicina
preventiva, riabilitativa e assistenza domiciliare, il tirocinio viene effettuato proprio in servizi extraospedalieri con
particolare riguardo per quelli di medicina preventiva e assistenza domiciliare. Con questa norma vengono introdotte
nuove materie per la prima volta, come la prevenzione, l’assistenza domiciliare, l’educazione sanitaria e l’igiene, e, inoltre,
l’infermiere può occuparsi anche di assistenza extraospedaliera, ad esempio a domicilio, nelle scuole e nei luoghi di lavoro,
oltre che negli ospedali. Questi elementi sono stati rinforzati anche dal mansionario nel 1974 (come l’educazione sanitaria,
il colloquio, la visita domiciliare, l’attività extraospedaliera, oltre alle mansioni tecniche ed operative). Queste funzioni e
queste sedi di intervento, però, sono le stesse attribuite e in cui operano le ASV; quindi la netta differenza presente
all’origine tra queste due figure professionali si riduce sia dal punto di vista delle funzioni riconosciute che delle sedi di
intervento.
Si hanno, poi, altre novità per gli infermieri, infatti nel 1977 la Comunità Europea approva due direttive per la
regolamentazione della libera circolazione degli infermieri nei paesi europei: la n°452 riguarda il riconoscimento del
diploma e di altri titoli dell’infermiere in tutti i paesi europei e favorisce l’esercizio del servizio infermieristico in tutti i paesi
europei; la n°453 riguarda la formazione di base degli infermieri e afferma che tutti i paesi europei sono vincolati a
rispettare le norme sulla formazione per il rilascio dei diplomi.
Nel 1978 viene istituito il Servizio Sanitario Nazionale, che segna una svolta fondamentale per la tutela della salute dei
cittadini italiani e per l’attività professionale degli infermieri. Il SSN è destinato alla promozione, al mantenimento e al
recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione, attraverso interventi di educazione sanitaria, prevenzione,
diagnosi, cura, riabilitazione e promozione. Vengono messi in rilievo gli aspetti preventivi a scapito di quelli diagnostico
curativi e, a tal proposito, vengono istituite le ULS (Unità Sanitarie Locali), presidi territoriali extraospedalieri articolati in
distretti sanitari di base che erogano interventi di prevenzione, cura e riabilitazione.
Nel 1981 si tiene a Ginevra una riunione dei responsabili di servizi infermieristici e di responsabili dell’assistenza
infermieristica dell’OMS, finalizzata alla modifica della formazione di base degli infermieri in modo superiore e
permanente, in modo da permettere un allargamento delle funzioni infermieristiche. In particolare il Direttore Generale
dell’OMS, nella prima Conferenza Europea sul Nursing, ha sottolineato come gli infermieri possano rappresentare
l’elemento cardine per la diffusione della filosofia “Salute per tutti”, poiché la loro numerosità e contatto diretto con le
persone può consentire di migliorare la qualità di vita degli assistiti, con un approccio orientato alla prevenzione, ricerca
ed esercizio della professione a livello della collettività, operando quindi fra la gente e non solo negli ospedali. Il frutto di
tale Conferenza sul Nursing sono 10 raccomandazioni in cui si sottolinea la necessità della partecipazione degli infermieri
alla politica sanitaria per soddisfare i bisogni della popolazione e svolgere la propria attività sia negli ospedali che nella
comunità.
Sempre nel 1981 il Comitato Consultivo elabora un rapporto sulla formazione degli infermieri in cui vengono identificati
gli obiettivi della formazione infermieristica: capacità di identificare, formulare e mettere in atto metodi per soddisfare le
necessità sanitarie tenendo conto delle risorse disponibili, capacità di pianificare, organizzare, mettere in atto e valutare i
servizi di assistenza infermieristica (preventivi, curativi, educativi ecc), capacità di guidare gli infermieri tirocinanti e lavorare
in equipe. 2 anni dopo tale Comitato mette a punto un documento riguardante la formazione complementare degli
infermieri, intesa come strumento per migliorare la qualità dell’assistenza: vengono individuati nuovi ambiti di formazione
tra cui cure cliniche, insegnamento, gestione e amministrazione. Vengono introdotte figure specializzate come l’infermiere
medico-chirurgico come l’infermiere, igienista, pediatrico, della salute mentale e della comunità (opera principalmente al
di fuori degli ospedali o in collegamento con un ospedale o un centro di salute). Attraverso la formazione di base e
complementare si persegue l’obiettivo di una professione infermieristica che sia meno legata agli ospedali e alla
medicalizzazione
L’equivalenza infermiere = ospedale viene completamente superata con il Profilo Professionale dell’Infermiere (1994), in
cui si afferma che l’infermiere è responsabile di interventi di promozione della salute, prevenzione, educazione e sostegno
non solo nelle strutture ospedaliere, ma anche nelle strutture educative, negli ambienti di lavoro, negli ambulatori, nei
servizi distrettuali ecc.
1.2 CURE PRIMARIE (insieme dei servizi sanitari erogati dai medici di medicina generale e dai pediatri)
Il concetto principale che sta alla base dell’infermieristica preventiva e di comunità è quello di Assistenza Sanitaria di Base,
definita dall’OMS come l’insieme delle prestazioni essenziali fondate su metodi e tecnologie pratiche che devono essere rese
universalmente accessibili a tutti gli individui e a tutte le famiglie della comunità con la loro piena partecipazione. Le
prestazioni relative all’assistenza sanitaria di base devono essere accessibili a tutti i soggetti, in quanto essenziali; quindi non
solo ai singoli, ma anche alle famiglie e alle comunità, in quanto la salute rappresenta un diritto fondamentale di tutti gli esseri
umani. Inoltre i programmi sanitari devono prevedere la partecipazione di ogni individuo singolarmente e collettivamente in
quanto tale partecipazione rappresenta un diritto e un dovere per la persona e contribuisce al progresso sociale. Infatti
l’assistenza sanitaria di base favorisce al massimo grado di autoresponsabilizzazione dei singoli e della collettività attraverso
l’educazione e la partecipazione. L’assistenza sanitaria di base viene definita come parte integrante de SSN di cui ne è il punto
focale, essa comprende interventi di promozione della salute, prevenzione ed educazione, e non coinvolge soltanto il
comparto sanitario bensì tutti i comparti connessi allo sviluppo della comunità come l’istruzione, l’industria o l’agricoltura.
In Italia l’aumento della vita media ha comportato il diffondersi di patologie cronico-degenerative e oncologiche che hanno
prodotto un aumento di richiesta di prestazioni alle strutture sanitarie con incremento di costi. Per motivi di ordine
organizzativo, economico ed umanitario l’assistenza si è spostata dall’ospedale al domicilio, riservando il ricovero a situazioni
più complesse e di carattere acuto. Infatti in Italia l’assistenza sanitaria da alcuni anni è in una fase di transizione da un sistema
che pone al centro, ad un altro in cui sono i servizi territoriali e l’assistenza domiciliare ad essere prioritari. Ma bisogna
precisare che l’assistenza domiciliare non è un’alternativa al ricovero ospedaliero da privilegiare per motivi economici, in
quanto essa non può sostituire il ricorso al ricovero ospedaliero in condizioni acute, bensì può evitare il ricorso ripetuto al
ricovero in condizioni croniche e di carattere medio-lungo.
L’assistenza domiciliare è stata definita dall’OMS come la possibilità di fornire a domicilio del pz servizi e strumenti che
contribuiscono al mantenimento del massimo livello di benessere e salute. Per assistenza domiciliare, quindi, si intende
l’effettuazione di prestazioni sanitarie integrate a prestazioni socio-assistenziali al domicilio di soggetti non autosufficienti o a
rischio di non autosufficienza, seguendo un programma personalizzato di assistenza, con lo scopo di garantire prestazioni
efficaci salvaguardando l’autonomia del soggetto e la permanenza nel nucleo familiare.
Si distinguono diversi tipi di assistenza domiciliare:
AD (Assistenza Domiciliare):
insieme di prestazioni erogate al domicilio del paziente
ADP (Assistenza Domiciliare Programmata):
insieme di prestazioni erogate dal medico di medicina generale al domicilio di
un paziente secondo una calendarizzazione predefinita
ADI (Assistenza Domiciliare Integrata):
coordinamento tra prestazioni di natura sanitaria e quelli di natura sociale che vede
la collaborazione tra professionalità sanitarie e sociali che realizzano progetti unitari mirati al soddisfacimento dei bisogni;
viene considerata come la forma più avanzata di assistenza a domicilio
OD (Ospedalizzazione Domiciliare):
il paziente viene assistito a domicilio con strumenti e tecnologie che si usano solo in
ospedale.
Nell’ultimo decennio l’assistenza domiciliare si è dimostrata una delle modalità assistenziali su cui investire maggiormente. Gli
obiettivi dell’assistenza domiciliare sono orientati al soddisfacimento dei bisogni del paziente, correlati ad una condizione di
non autosufficienza parziale o totale, con particolare attenzione alla qualità di vita del paziente stesso, perseguita attraverso il
mantenimento del suo abituale ambiente di vita e delle sue relazioni significative. I destinatari dell’assistenza domiciliare sono:
pazienti con patologie in fase terminale, pazienti con patologie a carattere cronico, portatori di gravi disabilità, pazienti in
dimissione protetta (dimessi da strutture sanitarie o residenziali), pazienti impossibilitati a raggiungere l’ambulatorio.

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INFERMIERISTICA PREVENTIVA E DI COMUNITA'

Basi Concettuali

CAPITOLO 1: BASI CONCETTUALI

Approccio Storico-Legislativo

1.1 APPROCCIO STORICO- LEGISLATIVO L'infermieristica preventiva e di comunità trova le sua fondamenta già a partire dal 19°esimo secolo, con Florence Nightingale, la quale ha fornito il primo importante contributo dell'assistenza infermieristica moderna alla salute pubblica. In Italia, invece, la nascita dell'infermieristica preventiva e di comunità risale all'introduzione e al ruolo delle ASV (assistenti sanitarie visitatrici), negli anni '30 del 20°esimo secolo. Le ASV vengono definite come una speciale categoria di infermiere professioniste per l'assistenza igienico sociale alla popolazione, sia negli ambienti urbani che in quelli rurali; sono quindi infermiere che prestano la propria assistenza fra la gente, ovvero nella comunità. Le scuole per ASV nascono nel 1924 a partire dalla Croce Rossa Italiana e sono definite scuole specializzate di medicina, pubblica igiene e assistenza sociale per assistenti sanitarie visitatrici; in queste scuole venivano effettuati corsi di igiene, assistenza sociale, scolastica e domiciliare, assistenza specializzata alla maternità e all'infanzia, profilassi di malattie infettive, contagiose ed epidemiche di maggiore interesse sociale; il tirocinio pratico veniva svolto in istituzioni di carattere medico-sociale e opere di igiene e profilassi urbana e rurale; al termine del corso le ASV acquisivano un diploma definito come un titolo per l'assunzione nelle istituzioni di carattere medico-sociale e nelle opere di igiene e profilassi urbana e rurale. Queste scuole erano molto diverse dalle scuole-convitto frequentate dalle Infermiere, le quali fornivano una visione puramente ospedaliera dell'intervento sanitario; questa differenza si accentua ancora di più a partire dal 1940, anno in cui vengono istituiti corsi di specializzazione distinti per infermiere professionali, nei settori dell'assistenza infermieristica, e per assistenti sanitarie visitatrici, nei settori dell'assistenza medico-sociale. Ma, questa netta differenza andrà via via riducendosi negli anni.

  • Verso la fine degli anni 60 vengono emanate alcune norme che incidono in modo diretto sull'attività infermieristica: la legge nº 132 definisce gli enti ospedalieri come enti pubblici che provvedono al ricovero ed alla cura degli infermi, all'istituzione di ambulatori e centri di prevenzione sociale, alla preparazione professionale del personale sanitario e personale ausiliario (infermiere professionali, ASV, vigilatrici d'infanzia, assistenti sociali, dietisti, terapisti della riabilitazione ecc). Inoltre vengono definite le diverse categorie di ospedali ovvero generali, specializzati, per lungodegenti e convalescenti. Gli ospedali generali si distinguono in regionali, provinciali e di zona. Per effetto di questa legge si ha un aumento numerico di ospedali e ricoveri, e di conseguenza un aumento della richiesta di personale, per far fronte a tale richiesta nel 1971 l'esercizio della professione infermieristica viene reso possibile anche agli uomini.
  • Nel 1972 prende l'avvio anche l'esercizio delle funzioni da parte delle Regioni, a cui vengono trasferite le funzioni amministrative in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera e dei relativi personali e servizi; le Regioni, a partire da questa data, si occupano dell'organizzazione delle scuole per infermieri professionali rispettando i requisiti di ammissione e le materie fondamentali di insegnamento. A tal proposito bisogna ricordare l'Accordo europeo sull'istruzione e formazione delle infermiere adottato da Strasburgo nel 1973, il quale definisce le funzioni dell'infermiere professionale, la durata del corso (due anni) e le materie di insegnamento (tutti gli aspetti delle cure infermieristiche con aggiunta della prevenzione e istruzione sanitaria), con lo scopo di garantire un elevato grado di qualificazione degli infermieri. Nel 1975, due anni più tardi, sulla base dell'Accordo di Strasburgo vengono apportate delle modifiche, cioè la durata del corso si allunga da due a tre anni e vengono modificati i programmi di insegnamento: al primo anno le materie di insegnamento sono le scienze fondamentali umane e statistica sanitaria, mentre il tirocinio consiste sia in esercitazioni in ospedale che visite presso centri sanitari extraospedalieri; al secondo anno le materie di insegnamento sono scienze fondamentali mediche e metodologia dell'educazione sanitaria ed igiene, mentre il tirocinio consiste in esercitazioni in servizi ambulatoriali, visite domiciliari, visite a nidi e consultori; al terzo anno le materie di insegnamento comprendono medicina preventiva, riabilitativa e assistenza domiciliare, il tirocinio viene effettuato proprio in servizi extraospedalieri con particolare riguardo per quelli di medicina preventiva e assistenza domiciliare. Con questa norma vengono introdotte nuove materie per la prima volta, come la prevenzione, l'assistenza domiciliare, l'educazione sanitaria e l'igiene, e, inoltre, l'infermiere può occuparsi anche di assistenza extraospedaliera, ad esempio a domicilio, nelle scuole e nei luoghi di lavoro, oltre che negli ospedali. Questi elementi sono stati rinforzati anche dal mansionario nel 1974 (come l'educazione sanitaria, il colloquio, la visita domiciliare, l'attività extraospedaliera, oltre alle mansioni tecniche ed operative). Queste funzioni e queste sedi di intervento, però, sono le stesse attribuite e in cui operano le ASV; quindi la netta differenza presente all'origine tra queste due figure professionali si riduce sia dal punto di vista delle funzioni riconosciute che delle sedi di intervento.
  • Si hanno, poi, altre novità per gli infermieri, infatti nel 1977 la Comunità Europea approva due direttive per la regolamentazione della libera circolazione degli infermieri nei paesi europei: la nº452 riguarda il riconoscimento del diploma e di altri titoli dell'infermiere in tutti i paesi europei e favorisce l'esercizio del servizio infermieristico in tutti i paesi europei; la nº453 riguarda la formazione di base degli infermieri e afferma che tutti i paesi europei sono vincolati a rispettare le norme sulla formazione per il rilascio dei diplomi.

Nel 1978 viene istituito il Servizio Sanitario Nazionale, che segna una svolta fondamentale per la tutela della salute dei cittadini italiani e per l'attività professionale degli infermieri. Il SSN è destinato alla promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione, attraverso interventi di educazione sanitaria, prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione e promozione. Vengono messi in rilievo gli aspetti preventivi a scapito di quelli diagnostico curativi e, a tal proposito, vengono istituite le ULS (Unità Sanitarie Locali), presidi territoriali extraospedalieri articolati in distretti sanitari di base che erogano interventi di prevenzione, cura e riabilitazione.

Nel 1981 si tiene a Ginevra una riunione dei responsabili di servizi infermieristici e di responsabili dell'assistenza infermieristica dell'OMS, finalizzata alla modifica della formazione di base degli infermieri in modo superiore epermanente, in modo da permettere un allargamento delle funzioni infermieristiche. In particolare il Direttore Generale dell'OMS, nella prima Conferenza Europea sul Nursing, ha sottolineato come gli infermieri possano rappresentare l'elemento cardine per la diffusione della filosofia "Salute per tutti", poiché la loro numerosità e contatto diretto con le persone può consentire di migliorare la qualità di vita degli assistiti, con un approccio orientato alla prevenzione, ricerca ed esercizio della professione a livello della collettività, operando quindi fra la gente e non solo negli ospedali. Il frutto di tale Conferenza sul Nursing sono 10 raccomandazioni in cui si sottolinea la necessità della partecipazione degli infermieri alla politica sanitaria per soddisfare i bisogni della popolazione e svolgere la propria attività sia negli ospedali che nella comunità.

Sempre nel 1981 il Comitato Consultivo elabora un rapporto sulla formazione degli infermieri in cui vengono identificati gli obiettivi della formazione infermieristica: capacità di identificare, formulare e mettere in atto metodi per soddisfare le necessità sanitarie tenendo conto delle risorse disponibili, capacità di pianificare, organizzare, mettere in atto e valutare i servizi di assistenza infermieristica (preventivi, curativi, educativi ecc), capacità di guidare gli infermieri tirocinanti e lavorare in equipe. 2 anni dopo tale Comitato mette a punto un documento riguardante la formazione complementare degli infermieri, intesa come strumento per migliorare la qualità dell'assistenza: vengono individuati nuovi ambiti di formazione tra cui cure cliniche, insegnamento, gestione e amministrazione. Vengono introdotte figure specializzate come l'infermiere medico-chirurgico come l'infermiere, igienista, pediatrico, della salute mentale e della comunità (opera principalmente al di fuori degli ospedali o in collegamento con un ospedale o un centro di salute). Attraverso la formazione di base e complementare si persegue l'obiettivo di una professione infermieristica che sia meno legata agli ospedali e alla medicalizzazione

  • L'equivalenza infermiere = ospedale viene completamente superata con il Profilo Professionale dell'Infermiere (1994), in cui si afferma che l'infermiere è responsabile di interventi di promozione della salute, prevenzione, educazione e sostegno non solo nelle strutture ospedaliere, ma anche nelle strutture educative, negli ambienti di lavoro, negli ambulatori, nei servizi distrettuale ecc.

Cure Primarie

1.2 CURE PRIMARIE (insieme dei servizi sanitari erogati dai medici di medicina generale e dai pediatri) Il concetto principale che sta alla base dell'infermieristica preventiva e di comunità è quello di Assistenza Sanitaria di Base, definita dall'OMS come l'insieme delle prestazioni essenziali fondate su metodi e tecnologie pratiche che devono essere rese universalmente accessibili a tutti gli individui e a tutte le famiglie della comunità con la loro piena partecipazione. Le prestazioni relative all'assistenza sanitaria di base devono essere accessibili a tutti i soggetti, in quanto essenziali; quindi non solo ai singoli, ma anche alle famiglie e alle comunità, in quanto la salute rappresenta un diritto fondamentale di tutti gli esseri umani. Inoltre i programmi sanitari devono prevedere la partecipazione di ogni individuo singolarmente e collettivamente in quanto tale partecipazione rappresenta un diritto e un dovere per la persona e contribuisce al progresso sociale. Infatti l'assistenza sanitaria di base favorisce al massimo grado di autoresponsabilizzazione dei singoli e della collettività attraverso l'educazione e la partecipazione. L'assistenza sanitaria di base viene definita come parte integrante de SSN di cui ne è il punto focale, essa comprende interventi di promozione della salute, prevenzione ed educazione, e non coinvolge soltanto il comparto sanitario bensì tutti i comparti connessi allo sviluppo della comunità come l'istruzione, l'industria o l'agricoltura. In Italia l'aumento della vita media ha comportato il diffondersi di patologie cronico-degenerative e oncologiche che hanno prodotto un aumento di richiesta di prestazioni alle strutture sanitarie con incremento di costi. Per motivi di ordine organizzativo, economico ed umanitario l'assistenza si è spostata dall'ospedale al domicilio, riservando il ricovero a situazioni più complesse e di carattere acuto. Infatti in Italia l'assistenza sanitaria da alcuni anni è in una fase di transizione da un sistema che pone al centro, ad un altro in cui sono i servizi territoriali e l'assistenza domiciliare ad essere prioritari. Ma bisogna precisare che l'assistenza domiciliare non è un'alternativa al ricovero ospedaliero da privilegiare per motivi economici, in quanto essa non può sostituire il ricorso al ricovero ospedaliero in condizioni acute, bensì può evitare il ricorso ripetuto al ricovero in condizioni croniche e di carattere medio-lungo. L'assistenza domiciliare è stata definita dall'OMS come la possibilità di fornire a domicilio del pz servizi e strumenti che contribuiscono al mantenimento del massimo livello di benessere e salute. Per assistenza domiciliare, quindi, si intende l'effettuazione di prestazioni sanitarie integrate a prestazioni socio-assistenziali al domicilio di soggetti non autosufficienti o a rischio di non autosufficienza, seguendo un programma personalizzato di assistenza, con lo scopo di garantire prestazioni efficaci salvaguardando l'autonomia del soggetto e la permanenza nel nucleo familiare. Si distinguono diversi tipi di assistenza domiciliare:

  • AD (Assistenza Domiciliare): insieme di prestazioni erogate al domicilio del paziente
  • ADP (Assistenza Domiciliare Programmata): insieme di prestazioni erogate dal medico di medicina generale al domicilio di un paziente secondo una calendarizzazione predefinita
  • ADI (Assistenza Domiciliare Integrata): coordinamento tra prestazioni di natura sanitaria e quelli di natura sociale che vede la collaborazione tra professionalità sanitarie e sociali che realizzano progetti unitari mirati al soddisfacimento dei bisogni; viene considerata come la forma più avanzata di assistenza a domicilio
  • OD (Ospedalizzazione Domiciliare): il paziente viene assistito a domicilio con strumenti e tecnologie che si usano solo in ospedale.

Nell'ultimo decennio l'assistenza domiciliare si è dimostrata una delle modalità assistenziali su cui investire maggiormente. Gli obiettivi dell'assistenza domiciliare sono orientati al soddisfacimento dei bisogni del paziente, correlati ad una condizione di non autosufficienza parziale o totale, con particolare attenzione alla qualità di vita del paziente stesso, perseguita attraverso il mantenimento del suo abituale ambiente di vita e delle sue relazioni significative. I destinatari dell'assistenza domiciliare sono: pazienti con patologie in fase terminale, pazienti con patologie a carattere cronico, portatori di gravi disabilità, pazienti in dimissione protetta (dimessi da strutture sanitarie o residenziali), pazienti impossibilitati a raggiungere l'ambulatorio.

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