Documento da A. Semi su "Tecnica del colloquio - A. Semi". Il Pdf, un appunto universitario di Psicologia, esplora la tecnica del colloquio in ambito psicologico, discutendo i prerequisiti mentali del clinico, la gestione delle reazioni del paziente e la stesura scritta del colloquio.
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Tecnica del colloquio - A. Semi I La cornice del colloquio: aspetti psichici Che scopo ha il colloquio?
In questo senso, è assai importante che, ancor prima di cominciare un colloquio, lo psichiatra abbia ben chiaro in testa
Le distinzioni riguardano altri tipi di colloqui, con altre finalità. Innanzitutto è fondamentale che si tenga presente la distinzione tra il nostro lavoro e quello di tutti coloro che si preoccupano, anche tramite colloqui, di conoscere altri tipi di realtà (storici, poliziotti, giudici). Nella semeiotica si distinguono due fasi fondamentali nell'esame del malato: la raccolta dell'anamnesi e l'esame obiettivo. Il colloquio psicologico dovrebbe corrispondere all'esame obiettivo, ma spesso si trasforma nella raccolta dell'anamnesi, ovvero nella storia del paziente, come se questa avesse la possibilità di spiegarci qualcosa. Tuttavia, se андiamo a caccia della realtà-realtà (vera realtà), rischiamo solo di illuderci, di perderci nei minuziosi dettagli della storia del paziente, che altro non è se non la sua personale interpretazione degli eventi. Secondo Semi, esistono menzogne di vario tipo, a seconda dello stadio di sviluppo del bambino o dello stato di regressione o di fissazione dell'adulto: neppure un adulto sano riuscirebbe a mentirci. Non possiamo mentire di fatto poiché non sempre la storia di per sé ha la possibilità di spiegarci qualcosa: fossilizzarsi solo sulla verità è la morte del colloquio. La persona, quindi, può manipolare la storia ma non chi è, come pensa, come organizza il pensiero. -> individuo può mentire sulla realtà esterna ma non sulla propria realtà psichica. Focalizzarci sulla realtà psichica del paziente, superando le sue difese psichiche, ci permetterà non solo di capire il paziente, ma anche a trasmettergli il sentimento del nostroprofondo rispetto per lui, sentimento fondamentale per poter stabilire una buona alleanza terapeutica. Durante il primo colloquio possiamo lasciare dire al paziente quello che vuole, l'importante è osservare la realtà psichica. La raccolta dell'anamnesi o della storia ha, nel primo colloquio, una posizione di secondaria importanza. Se il percorso terapeutico continuerà, ci sarà occasione di raccogliere dettagli della storia del paziente, ma non è sempre detto che questi siano fondamentali o addirittura necessari.
Che scopi ha un colloquio? Ogni colloquio ha dei propri scopi particolari, così come i due partecipanti del colloquio, pazinete e piscoterapueta, avranno degli socpi da tenere a mente. Scopi che può avere lo psichiatra -> lo psichiatra deve avere dentro di sé un'immagine abbastanza chiara di quali sono le sue capacità professionali, di quali sono le possibilità materiali per il suo trattamento, di qualsiasi genere, di una persona, del tipo di "bisogni" professionali che ha in quel momento. Proprio per rispetto nei confronti del paziente che viene da noi, non possiamo fissare un'ora per un colloquio senza pensare perché gliela dedichiamo, cosa ci aspettiamo e cosa possiamo offrire. È per questo che lo psichiatra, sia all'inizio della professione, ma anche più tardi, farebbe bene a pensare, qualche volta, alla propria disponibilità materiale (di tempo, emotiva, di interessi scientifici ecc.) ed alla propria competenza scientifica.
Prerequisiti mentali Prerequisiti mentali = qualcosa che viene ancora prima delle tecniche e competenze che lo psicologo ha. Semi la definisce come insieme di condizioni, fatti, conoscenze, stati emotivi che appartengono al mondo interno del clinico. Sono, quindi, incluse anche le nozioni teoriche e l'esperienza pratica. Il "primo colloquio" non riguarda solo il paziente, ma anche il clinico viene scrutato attentamente. Semi fornisce degli esempi dei principali atteggiamenti che, secondo lui, il giovane clinico deve imparare a conoscere o a ri-conoscere in se stesso.
➔ Disponibilità e professionalità E' fondamentale bilanciare correttamente professionalità e disponibilità. L'empatia e l'accettazione incondizionata non devono tradursi in amicizia, altrimenti il rischio è che il paziente non si fidi, poiché necessita una persona esperta e professionale, oppure rischiamo di far trasparire una paura nei suoi confronti. In altri casi rischieremo di attivare il sistema di attaccamento del paziente, portandolo a non cogliere bene i limiti e i confini del rapporto.D'altro canto non siamo solo dei tecnici, e un'estrema fedeltà al colloquio non impatterebbe positivamente la relazione diadica paziente-professionista. Utile che ognuno, soprattutto all'inizio di questo mestiere, pensi un po' al proprio stile personale. Infatti, non dobbiamo rivolgere la nostra attenzione esclusivamente verso la realtà psichica del paziente, ma anche verso la nostra: come mi vesto, cosa faccio emergere, cosa trasmette il mio modo di muovermi, parlare ma soprattutto cosa sto negando in caso di estrema disponibilità o estrema professionalità? La mancanza di questa elementare consapevolezza di sé può giocare brutti scherzi. Noi siamo una delle costanti in gioco: ma se non sappiamo che valore ha questa costante, trasformiamo la costante in incognita. Fondere dunque la propria tecnica personale con la tecnica del colloquio significa riuscire ad elaborare uno stile comunicativo che consente al paziente di sentire che non ha di fronte una statua ma una persona disponibile e sinceramente incuriosita che ha a propria disposizione i mezzi tecnici per facilitargli un compito che non è facile. La consapevolezza su ciò che sono aiuta alla scorrevolezza del colloquio.
➔ Frustrazione e sadismo Semi fornisce una riflessione sulla regola della frustrazione, spesso interpretata in chiave sadica. La regola della frustrazione non implica che si debba essere maleducati e scontrosi con i pazienti. Sarebbe opportuno tener presente la sua finalità, che è quella di impedire che il clinico soddisfi tutti i bisogni inconsci del paziente (es. bisogno di accudimento) Possiamo applicare regola della frustrazione al primo colloquio? -> solo in senso molto lato. Questa regola è mirata alla conoscenza e alla mappatura delle difese e dei desideri del paziente. Se non conosciamo abbastanza bene quest'ultimo, insieme alla sua realtà psichica, non sarà possibile applicare questa regola in maniera specifica e mirata. Ciò che si richiede al clinico durante il primo colloquio, è quindi la conservazione della neutralità, una neutralità "attiva" di curiosità, disponibilità e attenzione per quello che il paziente vuole esprimere. Secondo uno dei luoghi comuni, con fondo di verità, che circolano nel nostro ambiente, il clinico deve avere la capacità di distaccarsi, non deve essere troppo coinvolto. Spesso, però, questo luogo comune viene trasformato in una prescrizione. Secondo Semi, il vero pericolo dello psichiatra e dello psicologo è quello di distaccarsi troppo, progressivamente, in modo subdolo, magari razionalizzando questa progressiva estraniazione con il dire di aver acquisito una maggiore professionalità. Il rischio è una desensibilizzazione, una disponibilità artefatta, una curiosità o interesse solo esibiti. Il clinico deve essere consapevole che il suo è un lavoro nel quale egli mette in ballo se stesso -> la tecnica consente di utilizzare le modificazioni che il contatto con il paziente ha prodotto dentro di noi corian fonte per sviluppare le possibilità comunicative in quel colloquioe, più in generale, nel tempo. Contrariamente, il rischio è quello di maturare un senso di cinismo e insensibilità. In conclusione -> la cornice del colloquio è dunque costituita da alcune cose che si devono sapere e da alcune caratteristiche mentali proprie, che si devono poter usare. Bisogna avere ben chiaro qual è lo scopo di un colloquio. Poi è necessario conoscere anche gli scopi nostri specifici per quel particolare colloquio, con tutte le informazioni che su noi stessi e sul nostro ambiente professionale questa conoscenza implica. Infine è importante essere capaci di sentire che davvero quella persona non la conosciamo e che quindi l'unico atteggiamento che possiamo realisticamente assumere nei suoi confronti è quello di un attento e benevolo rispetto. Questo atteggiamento implica che sappiamo che quella persona, come tutte le altre, avrà il potere di modificare, transitoriamente almeno.
II La cornice del colloquio: aspetti materiali Il luogo Il colloquio tra due persone si svolge in un luogo che ha una grande importanza nello svolgimento del colloquio stesso. E' un luogo in cui la persona sa di non essere interrotta, di poter essere ascoltata e che non sarà udita da altri. Tra gli elementi essenziali vi è la porta, l'elemento fondamentale della stanza. La porta della stanza di colloquio non dovrebbe essere trasparente alla luce o ai suoni, dovrebbe essere dotata di una maniglia e di una serratura. La porta serve ad essere aperta e ad essere chiusa. - > aspetto tanto pratico quanto simbolico. La porta è il limite, il confine corporeo corporeo del paziente ma anche il limite al di là del quale non diremmo cose che possiamo dire al di qua. Non serve a nulla una porta che viene aperta continuamente. -> concetto di separazione. La stanza, con la porta chiusa, è il luogo in cui la persona è chiamata a sperimentare la propria realtà psichica da qualsiasi "fare", dal mondo esterno. Concetto ritenuto intollerabile da tanti e che non sempre viene rispettato (es. ambito sanitario pubblico, dove capita che infermieri o assistenti sociali entrino nella stanza, interrompendo). Tante altre persone non tollerano di essere dentro -> equivalenti claustrofobici integrati nel carattere e razionalizzati in modo da rendere egosintonico un aspetto che in realtà è fobico. In alcuni casi potrebbe significare non voler andare a fondo della cosa.