Documento di Università sull'occhio pedagogico, educazione, relazione educativa e autonomia. Il Pdf esplora il concetto di educazione, la relazione educativa e l'autonomia, analizzando le diverse interpretazioni e le implicazioni pedagogiche per la materia Psicologia.
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La parola "educazione" non è caratterizzata da una semplice e unica interpretazione: di educazione si parla infatti nelle nostre conversazioni quotidiane e in tutte le attività che coinvolgono minori e adulti, come insegnanti, genitori, animatori, ma non è detto che tutti ne condividano lo stesso significato. Una parola così semplice, evoca significati diversi e a volte contrastanti. Tuttavia, soffermarsi sulla natura polisemica di questa parola invita a riflettere sul potenziale problematico che si nasconde dietro a ciò che noi riteniamo ovvio; ci rendiamo conto di quanti significati possono celarsi dietro a termini di utilizzo quotidiano. Come accade per il tempo (Agostino da Ippona in una riflessione afferma di sapere bene cosa sia il tempo, ma di non saper darne un significato), ognuno di noi sa cosa sia l'educazione poiché la sente, eppure nel momento in cui ci si trova a doverne attribuire una spiegazione articolata, si avverte un sentimento di estranea familiarità. Per chi lavora in ambito educativo, è importante saper affrontare tale sentimento provocato dalla parola educazione al fine di dare un fondamento alla propria professionalità; le idee e i significati che attribuiamo alla parola educazione spesso contribuiscono a confermare delle credenze, personali o culturali, che giustificano la nostra azione educativa nella quotidianità. Dunque i significati che gli educatori danno alla parola educazione non rimangono su un piano astratto, ma si mostrano nella concretezza del lavoro educativo.
Per cercare di dissipare questa estranea familiarità, può essere utile ricorrere all' etimologia della parola educazione. Vi sono due derivazioni:
Da un lato, l'azione di educare implica un movimento che va dall'esterno all'interno del soggetto (come si deduce dal nutrirsi), dall'altro lato si coglie un movimento opposto: ciò che risiede all'interno del soggetto, quindi capacità e potenzialità, possa attraverso l'azione educativa uscire ed esprimersi.
Dal punto di vista pedagogico è possibile rilevare alcuni aspetti dell' educazione:
Dunque l'educazione è quel processo dinamico attraverso cui ogni persona, confrontandosi con la realtà, costruisce la propria identità. Tale processo presenta delle caratteristiche particolari:
Oltre a conoscere il significato etimologico della parola educazione, è importante considerare che per comprendere i processi educativi, bisogna partire da quelle idee spontanee che ciascun educatore possiede già rispetto a cosa sia l'educazione (Dewey). Ad esempio spesso la nostra idea di educazione si esprime prima con delle immagini e solo dopo attraverso le parole. Alcune di esse possono essere esplicite, come l'immagine di un bambino, altre più simboliche, ma in entrambi i casi comunque significative.
Il più delle volte potremmo ricorrere all'uso di metafore, diciamo una cosa come se fosse un'altra (Aristotele affermava quanto fosse importante essere capaci ad utilizzare le metafore poiché permetteva di cogliere un legame di similarità tra le cose). Degli esempi di metafore sono:
E' importante però chiedersi da dove provengano le nostre immagini-idee di educazione.
Tutti possono parlare di educazione poiché ciascuno ne ha fatto esperienza. Esse quindi nascono dalla nostra esperienza vissuta e sono il frutto di quella che può essere definita pedagogia implicita (Pourtois). Questa è una pedagogia spontanea e ingenua ; in questo modo si rischia però di cadere nell'automatismo del "si fa così perché si è sempre fatto così". Ciò può portare a dubitare delle nostre convinzioni rivelandosi un problema.
Jerome Bruner definisce questa forma di sapere come pedagogia popolare, una conoscenza ingenua perché frutto dell'esperienza non analizzata criticamente: il primo passo dunque è quello di effettuare una riflessione critica indagando sulla nostra pedagogia spontanea per avere la possibilità di arricchire le nostre interpretazioni.
Ciò viene reso possibile grazie all' atteggiamento scientifico nei confronti dei processi educativi, il quale ci consente di avere una migliore comprensione grazie alla presenza di metodi sistematici di ricerca (Dewey).
Tale atteggiamento pedagogico-scientifico, nonostante metta la persona al centro della propria azione, non esclude la presenza di un margine di mistero poiché può riscontrare degli insuccessi in quanto ogni azione educativa è sempre perfettibile perché molte sono le variabili. E' importante quindi che l'educatore metta a disposizione un ampio ventaglio di possibilità e strumenti tra i quali scegliere, adattandoli sempre alla specifica situazione; tali osservazioni fanno della pedagogia una scienza pratica.
Chi educa, per capire cosa sia giusto fare in ambito educativo, deve osservare, conoscere e saper riconoscere, fare una stima, analizzare una determinata situazione: deve fare teoria.
A tal proposito si fa riferimento a quello che viene definito occhio pedagogico, il quale è costituito da tre caratteristiche:
Questa domanda rappresenta l'essenza stessa dell'educazione. Lo scopo dell'azione educativa è quella di scegliere delle direzioni, in concreto definire degli obiettivi, tappe attraverso cui creare il processo educativo. Ciò implica di pensare in prospettiva del futuro: attuare scelte metodologiche e strategiche per formare il soggetto.
Non sempre però è semplice rispondere a questa domanda poiché i motivi dell'educazione sono molteplici.
Il pedagogista Bogdan Suchodolsky individuava la presenza di due tendenze contrapposte:
La domanda "Dove mira l'educazione?" ha portato a differenti direzioni, come:
Anche questa prospettiva mostra delle criticità perché se i processi educativi si limitassero a considerare esclusivamente la gratificazione di chi sta crescendo, si eliminerebbe ogni difficoltà e frustrazione.
Di fronte a tali criticità, la pedagogia integra tutte le tre posizioni mirando al miglioramento dell'uomo completo, cioè viene considerato nella sua totalità sempre come un fine in sé e mai come un mezzo per fini di altra natura.
Dunque il miglioramento dell'essere umano completo può essere considerato il fine più ampio di ogni intervento educativo.
Ci si chiede però se il bambino debba essere educato per la società o per sé stesso.
Secondo le dottrine empiristiche, il bambino viene educato per la società, mentre i difensori della natura, al contrario, sostengono che il bambino venga educato per sé stesso seguendo la propria natura.
La prima tesi ha a suo favore il realismo in quanto se si mira soltanto allo sviluppo del bambino, egli si sentirà un emarginato incapace di integrarsi nella società nella quale è inserito I difensori della natura rispondono dicendo che questa dottrina fa dell'individuo un mezzo della società, viene quindi dimenticata la sua dignità.
Tra individuo e società esiste però un terzo termine: umanità. Non si educa il bambino perché resti tale, ma neanche per farne soltanto un lavoratore o cittadino; lo si educa per farne un uomo, cioè un essere capace di comunicare.
E' questo legame con l'umano che fa sì che l'educazione vada oltre all'addestramento piuttosto che alla maturazione spontanea: essere uomo significa imparare a diventarlo.
Dunque la definizione di educazione è "insieme di dei processi che permettono a qualsiasi bambino di accedere alla cultura, poiché è proprio questa che distingue l'uomo dall'animale".
Riconoscere il soggetto in formazione in quanto tale, può essere considerato un atteggiamento di partenza.
Tutti i bambini, sin dai primi giorni, hanno bisogno di essere riconosciuti dai genitori in ambito familiare e dall'educatore in ambito scolastico per essere accompagnati nel loro percorso di crescita. A scuola, l'incontro educativo tra alunno e insegnante si fonda sul riconoscimento reciproco: lo studente vuole sentirsi accolto in quanto persona, a prescindere dal rendimento scolastico; in tal modo anche il docente potrà essere riconosciuto come una persona significativa.
"Perché dovremmo riconoscere l'altro come persona?"
Il riconoscimento è una forma di apertura verso l'altra persona perché consente all'educatore di conoscere l'educando per ciò che è o che potrebbe essere; questo consente di dar vita a un piano educativo consapevole e proficuo. In secondo luogo tale atteggiamento favorisce la costruzione di un legame tra i due protagonisti e infine genera un bisogno nell'educando. In particolare, per divenire persona e per sviluppare le proprie potenzialità, ogni essere umano sente la necessità di essere riconosciuto, perché ciò gli permette di costruire un immagine positiva di sé.
Qualora manchi questo riconoscimento, risulterà minacciata la possibilità del soggetto in crescita di divenire pienamente persona. Axel Honneth ha individuato tre forme di mancato riconoscimento: