Documento dall'Università degli Studi di Torino su La scuola per tutti gli Italiani. Il Pdf esamina l'evoluzione dell'istruzione popolare in Italia, coprendo il periodo pre-unitario, la Restaurazione e l'Unificazione, fino alle riforme dal 1968 alla Moratti, per il grado universitario.
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Scienze della formazione primaria (Università degli Studi di Torino) Studocu non è sponsorizzato o supportato da nessuna università o ateneo. Scaricato da Vittoria Apa (vitto.apa@gmail.com)LA SCUOLA PER TUTTI GLI ITALIANI -DI POL
RESTAURAZIONE = dopo il Congresso di Vienna molti stati furono restaurati, ristabilendo le vecchie istituzioni e legislazioni improntate al primato dello Stato. Furono restaurate le dinastie al potere prima della Rivoluzione Francese: assolutismo monarchico e privilegi di clero e nobiltà. Fu ripristinato e rafforzato il monopolio scolastico con un indirizzo religioso che attenuava lo scontro tra chiesa e governi assoluti. Attraverso scuole e istituzioni formative, si mirava a formare una classe dirigente efficiente e fidata nel rispetto di monarchia e chiesa. Posero come fondamento educativo la dottrina cattolica. Vi furono iniziative di modernizzazione promosse soprattutto dalle nuove generazione della nobiltà e della borghesia imprenditoriale, come: mutuo insegnamento, asili infantili, iniziative contro l'analfabetismo, istruzione professionale del popolo e modernizzazione dell'educazione.
Il governo delle scuole e delle università (dal 1815) era affidato al ministero dell'interno e a un'apposita commissione per la pubblica istruzione con il compito di dirigere e vigilare tutte le istituzioni scolastiche del Regno. A vescovi e parroci fu affidato il compito di vigilare sull'istruzione e sull'educazione religiosa nelle scuole pubbliche e private e sulla nomina degli insegnanti. Spesso queste figure ricoprivano il ruolo d'insegnanti a causa della mancanza di personale didatticamente preparato. Il regolamento prevedeva l'obbligatorietà e la gratuità dell'istruzione primaria. Collegi e licei gestiti da ordini religiosi furono disciplinati da regolamenti statali che davano importanza all'educazione religiosa, quindi la religione rimase la prima materia di studio obbligatoria. Coloro che vivevano nei convitti erano obbligati alla messa quotidiana, alla recita del rosario, a confessarsi almeno una volta nel mese. Gli alunni esterni dovevano frequentare nei giorni festivi una congregazione spirituale e l'assenza da questa comportava l'esclusione dagli esami. Furono allontanati dalle scuole molti insegnanti sospetti d'ideali liberali e lo Stato instaurò un rigido controllo su quelli rimasti, ma ciò causò un forte decadimento dell'istruzione popolare. Con il sovrano Ferdinando II l'istruzione popolare subì un declino dovuto all'indifferenza e al sospetto nei confronti dell'educazione popolare. Egli delegò totalmente ai parroci l'insegnamento nelle scuole primarie. 1848 il governo, preoccupato di reprimere ogni forma di dissenso, riprese in mano la situazione partendo dall'istruzione popolare e nello stesso anno fu creato un ministero della pubblica istruzione. L'insegnamento nelle scuole primarie fu affidato solo ai parroci e per le scuole femminili alle congregazioni religiose. Fino all'unità, l'istruzione popolare al sud rimase in una situazione di degrado. (90% tasso di analfabetismo).
Nello stato pontificio l'ordinamento del sistema scolastico rimase regolato dal potere temporale della Costituzione emanata da Leone XII nel 1824. > Conservazione della dottrina religiosa e morale in tutte le scuole pubbliche e private. Principale innovazione: istituzione della "Sacra congregazione degli studi" che doveva coordinare e vigilare sul sistema scolastico educativo delle scuole presenti nello Stato Pontificio. La congregazione era formata solo da cardinali. Nel 1825 la congregazione emanò un "Regolamento generale per le scuole elementari private" che conteneva norme su insegnamento, materie, disciplina, insegnanti e controllo esercitato dai vescovi che in ogni scuola erano i presidenti con il compito di controllare la dottrina e la vita d'insegnanti e alunni. This document is available free of charge on studocu Scaricato da Vittoria Apa (vitto.apa@gmail.com)I maestri dovevano insegnare ogni giorno la dottrina cristiana, le lezioni iniziavano e terminavano con la preghiera e la regolarità del compimento dei doveri religiosi era requisito fondamentale per proseguire gli studi, gli studenti potevano anche essere cacciati dalla scuola. Le altre materie: lettura, scrittura, grammatica latina, aritmetica, calligrafia, geografia e storia.
Con la Restaurazione fu istituita, una Soprintendenza degli studi con il compito di esercitare il controllo dello stato sulle università di Pisa e Siena e sulle scuole secondarie. Il granduca Leopoldo II nel 1846, per porre rimedio alla decadenza degli studi, istituì una commissione formata da laici ed esponenti del clero per preparare un piano di riforma delle scuole pubbliche e private di ogni grado. Poi in Toscana fu emanata una legge che creò un sistema scolastico aperto e liberale, basato sulla dottrina cattolica. La legge distingueva tra scuole pubbliche e private.
Le scuole erano distinte in:
In tutte le scuole minori pubbliche era impartito l'insegnamento del catechismo. La laicità parziale del sistema scolastico garantiva i diritti degli alunni non cattolici, esonerati dall'insegnamento della religione.
La legislazione scolastica di questo regno da un lato produsse il centralismo amministrativo-burocratico del governo austriaco, dall'altro delegò il ruolo ispettivo al clero e all'episcopato. Nonostante la fiducia accordata con la chiesa, il governo asburgico provvide a emanare regolamenti che stabilivano il corso degli studi, programma, metodo, orario per ogni grado di istruzione. Il sistema scolastico lombardo comprendeva due università (Padova, Pavia), scuole secondarie (ginnasi e licei), scuole elementari. Scuole elementari erano divise in:
I vescovi sorvegliavano che le scuole educassero alla dottrina religiosa, i parroci erano sia direttori di scuola, sia catechisti (insegnavano la religione). L'istruzione secondaria era articolata nei ginnasi di sei anni di corso divisi in un quadriennio di grammatica e un biennio di umanità e retorica. I ginnasi puntavano molto sulla formazione morale, i professori dovevano informarsi su tutto ciò che i loro alunni facevano e punirli. I Licei erano articolati in un triennio, i primi due anni uguali per tutti, mentre il terzo suddiviso in tre indirizzi, teologico, medico, legale. + 2 ore settimanali per la religione. Scaricato da Vittoria Apa (vitto.apa@gmail.com)L'obbligo scolastico introdotto con il regolamento del 1818 fu accompagnato da un grande aumento di scuole elementari minori e maggiori, sia maschili sia femminili. Per la formazione dei maestri era istituito un corso di metodica, obbligatorio per chi volesse esercitare questo mestiere e per ottenere l'assunzione, doveva presentare un attestato di moralità e la fedina politica e penale attestando di non far parte di società segrete. Se scelto doveva prestare un anno di prova durante il quale doveva dimostrare le sue capacità di rispetto per gli allievi e per i superiori.
Nel 1814 il re Vittorio Emanuele I ristabilì le leggi e le strutture politico-amministrative in vigore prima dell'occupazione francese del Piemonte. Fra queste ristabilì le "Regie costituzioni per l'università di Torino" (1729) di Vittorio Amedeo II e i "Regolamenti" (1772) di Carlo Emanuele III. La prima legge voluta da Vittorio Amedeo II aveva posto le scuole sotto la vigilanza dell'ateneo torinese. Il suo intento era di creare una nuova classe dirigente adatta alle funzionalità di uno stato moderno e riaffermare il controllo dello Stato sulle università e sulle scuole, rafforzandone anche processi ed esiti, il tutto secondo i principi del giurisdizionalismo, cioè l'affermazione del potere dello Stato sulle attività della Chiesa. Università e scuole furono poste sotto la direzione dello Stato grazie al "Magistrato della Riforma" un organo collegiale di nomina regia che aveva il compito di amministrare, disciplinare e vigilare le istituzioni educative. Lo stato moderno si occupava di formare il ceto burocratico - amministrativo, l'istruzione popolare era affidata agli ordini religiosi. Mentre il compito di insegnare la dottrina cristiana e i primi concetti era lasciato ai parroci o a maestri improvvisati costretti ad accettare il lavoro per integrare il loro compenso economico. Vittorio Amedeo non aveva mai messo in discussione il ruolo del clero nella formazione e controllo religioso del ceto sociale. Il sistema scolastico voluto da lui rimase in vigore fino al 1822. Nuovo sovrano > Carlo Felice, 1821. Egli affida al gesuita d'Azeglio il compito di stendere un nuovo regolamento scolastico per il Regno di Sardegna. Con le "Regie patenti", 1822 si ha un riordino dello stato, la riaffermazione del potere dello Stato sull'istruzione, mentre alla Chiesa era affidato il ruolo di sorveglianza su ogni ordine di scuola attraverso la figura del vescovo. Per le scuole popolari, la loro realizzazione fu resa obbligatoria, mentre la loro frequenza non era obbligatoria ma gratuita. L'obbligo però era limitato solo alla costruzione delle scuole, ma non all'effettiva partecipazione dei ragazzi. Quest'obbligo per i comuni di istituire scuole rimase il più delle volte solo teorico perché mancavano sanzioni, aiuti economici, norme sullo stipendio dei maestri e libri. Nella scuola elementare s'insegnavano lettura, scrittura, calcolo, religione + (esame di ammissione.). La dottrina cristiana era materia d'esame, nella scuola elementare ogni mattina si faceva catechismo e nei giorni festivi gli alunni dovevano partecipare alla messa o al catechismo sorvegliati dai loro maestri; nelle scuole secondarie dovevano partecipare alla messa. Seguendo regolarmente queste disposizioni, l'alunno ogni due mesi otteneva l'Admittur, un permesso per procedere negli studi. Lo studente non abitava in famiglia, ma in una pensione approvata dal prefetto degli studi. L'iniziativa di aprire nuove scuole fu incoraggiata dal governo piemontese, ma quando in queste iniziative si insinuavano elementi ideologici non in sintonia con le istituzioni civili e religiose, iniziavano a destarsi sospetti e persecuzioni. Tra i conservatori c'era l'idea che queste iniziative fossero strategiche per mettere in crisi l'ordine costituito. Carlo Felice era contro chiunque volesse sminuire i diritti sovrani. This document is available free of charge on studocu Scaricato da Vittoria Apa (vitto.apa@gmail.com)