Slide sull'apprendimento e lo sviluppo di Piaget vs Vygotskij e Bruner. Il Pdf, utile per studenti universitari di Psicologia, esplora i concetti chiave di apprendimento sociale, area di sviluppo potenziale e scaffolding, analizzando il rapporto tra pensiero e linguaggio.
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Learned tasks Teacher or parent Zone of Child's inner voice INTERACTION proximal development Tasks not yet in the learner's repertoire of abilities Tasks at the limit of the learner's abilities
Psicologo sovietico della scuola storico- culturale russa (1896-1934)Zona di sviluppo potenziale
Zona di vilt 0 PE prossimale
Zona di sviluppo attuale
La zona di sviluppo attuale (o effettiva) del bambino comprende quello che egli sa fare autonomamente.
La zona di sviluppo potenziale è il livello che può essere raggiunto con l'aiuto di altre persone, che siano adulti o dei pari con un grado di competenza maggiore.
La Zona di sviluppo prossimale ZSP è la distanza tra il livello di sviluppo attuale e quello potenziale.
Con l'aiuto di altri, la zona di sviluppo attuale si amplia, includendo quella che in precedenza era la zona di sviluppo prossimale, in altre parole il bambino diventa capace di eseguire autonomamente un compito che prima non sapeva eseguire. All'esterno della zona di sviluppo attuale si crea una nuova zona di sviluppo prossimale. La ZSP serve a spiegare come nell'apprendimento del bambino (non solo linguistico) è fondamentale l'interazione con altri.Il termine scaffolding, introdotto da Bruner, significa letteralmente "impalcatura". Indica quelle strategie di sostegno e quella guida ai processi di apprendimento che consentono di svolgere un compito sebbene non si abbiano ancora le competenze per farlo in autonomia, riuscendovi grazie all'aiuto di un esperto, di un adulto o di un pari più preparato.
... allo stesso modo secondo Bruner
Jerome Bruner (New York, 1915- 2016), psicologo statunitenseAd es. per Bruner si "impara a parlare comunicando" attraverso il format (formato o progetto).
Il format è un "sistema di supporto per l'acquisizione del linguaggio", ossia "una struttura d'interazione standardizzata, fra un adulto e un bambino, che contiene dei ruoli delimitati, che alla fine diventano reversibili".
Quando tra l'adulto e il bambino si crea un rapporto strutturato con suddivisione di compiti, alternanza di turni, complementarietà di ruoli, regole e convenzioni, siamo di fronte a un format.
Esso è l'ossatura relazionale che sarà seguita anche nelle interazioni linguistiche successive (ne è un esempio il gioco del cucù).
Bruner lo denomina con l'acronimo LASS (Language Acquisition System Support).
PRIMA IL PENSIERO O PRIMA IL LINGUAGGIO? Lo sviluppo del pensiero precede lo sviluppo linguistico o viceversa lo sviluppo del linguaggio precede lo sviluppo cognitivo? A questo QUESITO rispondono, in un dibattito immaginario, due noti psicologi del XX secolo
PIAGET: In base agli studi e dalle ricerche effettuate in tanti anni, io sostengo che il pensiero si sviluppa prima del linguaggio e che il linguaggio dipende dall'intelligenza. Il pensiero nasce nella mente e poi si esprime nel linguaggio.
Jean Piaget (1896-1980), psicologo svizzero, si è dedicato in modo particolare allo studio dell'età evolutiva e del modo di pensare del bambino. 11 suo orientamento teorico lo colloca tra i cognitivisti in opposizione con il comportamentismo.
VYGOTSKIJ: lo affermo invece che pensiero e linguaggio si sviluppano parallelamente, ma in modo autonomo, fino ai due anni. Dopo i due anni, invece, lo scambio linguistico del bambino con altre persone - quello che io chiamo il linguaggio sociale - promuove e guida lo sviluppo del pensiero. L'esperienza di relazione, l'ambiente sociale in cui il bambino vive sono fondamentali, perché producono in lui la nascita della coscienza e del pensiero.
Lev Vygotskij (1896- 1934), psicologo sovietico, si è dedicato in particolare allo studio dello sviluppo, interessandosi ai processi cognitivi e all'origine del linguaggio. Appartiene alla scuola storico- culturale russa, che si occupa dei condizionamenti socio- culturali nello sviluppo individuale.
PIAGET: Gli esperimenti condotti in laboratorio non confermano la sua idea. A me risulta che un bambino non sia avvantaggiato nel suo sviluppo mentale dal fatto di avere uno scambio linguistico e di usare vocaboli complessi appresi da altri individui. Un problema che richiede capacità mentali di età più avanzate non viene risolto da un bambino più giovane se gli facciamo apprendere tutte le parole necessarie per formulare la soluzione.
VYGOTSKIJ: Dai miei studi risulta invece che con l'aiuto degli adulti il bambino può superare il suo livello di sviluppo intellettuale effettivo e ottenere risultati che da solo non otterrebbe.
PIAGET: Non capisco però come lei possa spiegare il meccanismo di sviluppo del pensiero a partire dal linguaggio. E' il pensiero che nasce nella mente e poi si esprime nel linguaggio e non viceversa.
VYGOTSKIJ: Le è mai capitato di parlare a voce alta? Credo di sì. Ebbene questa forma di linguaggio non serve a comunicare con gli altri, ma serve a organizzare il pensiero e lo precede. E' una forma intermedia tra il linguaggio che usiamo per parlare con gli altri e il pensiero: è un pensiero verbale; è vocalizzato e sonoro ma non ha un'intenzione comunicativa. Nel bambino avviene questo passaggio: prima il linguaggio è sociale, poi diventa una specie di monologo del bambino con se stesso, un parlare a voce alta. Infine viene interiorizzato e diventa un meccanismo mentale, un pensiero. Quindi si procede dall'esterno all'interno: linguaggio sociale -> linguaggio egocentrico -> linguaggio interno o pensiero.
PIAGET: Lei sta sostenendo che le funzioni interpsichiche (ad esempio parlare con gli altri) diventano nel bambino funzioni intrapsichiche (pensare). La mia visione è invece nettamente differente. Il bambino in età prescolare non è capace di interagire con gli altri e i suoi monologhi a voce alta non sono l'interiorizzazione di un linguaggio sociale, ma esprimono l'incapacità di parlare con gli altri. Nei primi due anni di vita il linguaggio è centrato tutto sul bambino che sta parlando, senza una vera relazione con l'interlocutore. Dai due ai sette anni diminuisce il carattere egocentrico del linguaggio, ma solo quando avrà superato l'egocentrismo, il bambino sarà in grado di utilizzare il linguaggio sociale. Però il linguaggio egocentrico non viene interiorizzato, come lei sostiene, ma scompare. Quindi si procede dall'interno all'esterno: pensiero-> linguaggio egocentrico-> linguaggio sociale.
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