L'interazionismo simbolico: teorie di Mead e Goffman sulla formazione del Sé

Documento sull'interazionismo simbolico di H. Mead e la metafora del teatro di Erving Goffman. Il Pdf, adatto per l'università e la materia di Psicologia, esplora la formazione del Sé, la comunicazione linguistica e la costruzione dell'identità sociale attraverso l'interazione e i simboli condivisi.

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L’interazionismo simbolico - H. Mead
George Herber t Mead (1863-1931) è stato uno dei padri fondatori
della sociologia - docente all’università di Chicago, maestro di Blumer
Parte dal presupposto che l’individuo non nasca con una personalità, con
un predefinito, ma che questo si formi grazie ai processi di
INTERAZIONE SOCIALE.
Mead riconosce la centralità della comunicazione e della dimensione
simbolico-sociale, per la costruzione del quanto per lo sviluppo del
pensiero (prima imparo a comunicare poi sviluppo il pensiero)
1. Il primo elemento di novità sta nell'approccio intersoggettivo
Mead vede il singolo come il punto di arrivo della sua teoria
sociale.
Per studiare la mente dell'uomo bisogna analizzare il modo in cui le
interazioni sociali ne hanno influenzato la formazione.
2. riconoscimento del ruolo fondamentale della comunicazione
linguistica per comprendere la vita sociale.
Il linguaggio = non si limita a consentire la trasmissione di
informazioni tra soggetti parlanti, ma costituisce i soggetti
come tali Solo con l'acquisizione del linguaggio l'uomo si è
distinto nettamente dagli animali.
la particolare caratteristica del linguaggio umano sta nel fatto
che i suoni che noi emettiamo per indicare delle cose sono
simboli, ossia hanno un
significato condiviso
L'uomo
impara a sviluppare questa attitudine riflessiva perché usa un
linguaggio simbolico, ossia dei simboli condivisi.
3. Secondo Mead, l'uso di simboli linguistici condivisi ha
compor tato la capacità di sviluppare un'
autocoscienza
riflessiva
.
Riflettere vuol dire riuscire a guardare se stessi con gli occhi
degli altri e quindi anticipare come gli altri reagiranno a ciò
che diciamo o facciamo
esempio: se so che quel particolare simbolo vocale crea in me
inquietudine, so anche che usandolo in presenza di altri otterrò la
stessa reazione.
Quindi prima s'impara la comunicazione linguistica e poi si impara a
pensare.
4. Il pensiero è una conversazione interiorizzata.
poiché il pensiero è la conseguenza dell'uso di simboli
linguistici prodotti nella prassi sociale, non ha senso cercare di
comprenderne il funzionamento studiando il cervello.
Il cervello costituisce la base fisica indispensabile per
suppor tare i processi comunicativi , ma il pensiero ha a che
fare con i simboli linguistici creati nella storia sociale
dell'uomo, non con i neuroni.
Per illustrare come i contenuti simbolici formino la nostra identità,
Mead usa il termine (Self) composto di due elementi:
- l'io (I) risposta spontanea del nostro organismo a ciò che
dicono o fanno gli altri.
- il me (Me) è l'insieme interiorizzato delle attese di
compor tamento che gli altri hanno nei nostri confronti -
l’insieme delle aspettative sociali interiorizzate

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Anteprima

L'interazionismo simbolico

George Herbert Mead (1863-1931) è stato uno dei padri fondatori della sociologia - docente all'università di Chicago, maestro di Blumer Parte dal presupposto che l'individuo non nasca con una personalità, con un sé predefinito, ma che questo si formi grazie ai processi di INTERAZIONE SOCIALE. Mead riconosce la centralità della comunicazione e della dimensione simbolico-sociale, per la costruzione del Sé quanto per lo sviluppo del pensiero (prima imparo a comunicare poi sviluppo il pensiero)

  1. Il primo elemento di novità sta nell'approccio intersoggettivo -> Mead vede il singolo come il punto di arrivo della sua teoria sociale. Per studiare la mente dell'uomo bisogna analizzare il modo in cui le interazioni sociali ne hanno influenzato la formazione.
  2. riconoscimento del ruolo fondamentale della comunicazione linguistica per comprendere la vita sociale.
    • Il linguaggio = non si limita a consentire la trasmissione di informazioni tra soggetti parlanti, ma costituisce i soggetti come tali -> Solo con l'acquisizione del linguaggio l'uomo si è distinto nettamente dagli animali.
    • la particolare caratteristica del linguaggio umano sta nel fatto che i suoni che noi emettiamo per indicare delle cose sono simboli, ossia hanno un significato condiviso -> L'uomo impara a sviluppare questa attitudine riflessiva perché usa un linguaggio simbolico, ossia dei simboli condivisi.
  3. Secondo Mead, l'uso di simboli linguistici condivisi ha comportato la capacità di sviluppare un'autocoscienza riflessiva. > Riflettere vuol dire riuscire a guardare se stessi con gli occhi degli altri e quindi anticipare come gli altri reagiranno a ciò che diciamo o facciamo esempio: se so che quel particolare simbolo vocale crea in me inquietudine, so anche che usandolo in presenza di altri otterrò la stessa reazione. Quindi prima s'impara la comunicazione linguistica e poi si impara a pensare.
  4. Il pensiero è una conversazione interiorizzata. poiché il pensiero è la conseguenza dell'uso di simboli linguistici prodotti nella prassi sociale, non ha senso cercare di comprenderne il funzionamento studiando il cervello. Il cervello costituisce la base fisica indispensabile per supportare i processi comunicativi , ma il pensiero ha a che fare con i simboli linguistici creati nella storia sociale dell'uomo, non con i neuroni.

Per illustrare come i contenuti simbolici formino la nostra identità, Mead usa il termine sé (Self) composto di due elementi:

  • l'io (I) risposta spontanea del nostro organismo a ciò che dicono o fanno gli altri.
  • il me (Me) è l'insieme interiorizzato delle attese di comportamento che gli altri hanno nei nostri confronti - l'insieme delle aspettative sociali interiorizzate

Il concetto di sé e l'ambiente

Dall'osservazione del nostro comportamento e dal confronto con gli altri la persona sviluppa: idee, ricordi, convinzioni su se stesso Questo concetto è legato all'autostima, al desiderio di suscitare una buona impressione sugli altri, all'essere accettati -> secondo mead non è subito presente il sé ma si forma in modo graduale e in relazione con gli altri (non è innato)

L'interazionismo simbolico: origini

=è la teoria che considera i PROCESSI DI PENSIERO fondamentali per l'organizzazione e la strutturazione delle azioni e del comportamento dell'individuo. Approccio microsociologico -> interazione sociale e interpretazione degli «attori» sociali - il sociologo indaga i rapporti di relazione e come il pensiero si sviluppa successivamente: l'uso dei simboli consente lo sviluppo della mente e non viceversa

La formazione del se nel bambino «Mente, sé e società» 1934

Lo sviluppo della mente e del sé è il risultato di un processo sociale: un bambino isolato dalla comunicazione umana muore a livello cognitivo. mentale e affettivo. All'inizio l'essere umano si adatta velocemente alle esperienze di vita, perché non è presente un sé. Se osserviamo un neonato osserveremo che: prima si impara a comunicare e poi a pensare.

Le fasi di sviluppo del sé

  1. stadio della pre rappresentazione- intorno ai 2 anni: il bambino imita l'adulto, il suo agire non è ancora significativo; non riesce ad assumere il ruolo dell'altro.
  2. stadio della rappresentazione: il suo agire è significativo; il bambino riesce a vedere se stesso come lo vedono gli altri, assume un punto di vista «esterno» (giocare a fare la mamma) + Successivamente il bambino assume un ruolo all'interno di un gruppo-gioco organizzato (giocare a calcio). Impara a prevedere l'azione degli altri.

Herbert George Blumer (1900-1987)

usa in modo specifico la nozione di interazionismo simbolico (1969) perché gran parte dell'interazione quotidiana si sviluppa attraverso simboli e conoscenze condivise. -> Allievo del filosofo George Herbert Mead (1863-1931).

Oggetto di indagine e definizione

L'ordine sociale è il prodotto di uno scambio simbolico tra gli individui , e a differenza del funzionalismo, l'interazionismo dà più importanza ad un'analisi qualitativa della società. La definizione di interazionismo simbolico rimanda all'idea che la società prende forma nel corso delle interazioni concrete tra gli attori sociali. - interazioni che avvengono grazie a sistemi simbolici e alla creazione collettiva di significati -> poi i significati collettivi vengono interiorizzati appartenenti alla collettività.

L'interazionismo simbolico, secondo una definizione di Blumer si basa su 3 premesse:

  1. gli uomini agiscono in base ai significati che le cose e gli eventi assumono per loro;
  2. I significati prendono forma dalle interazioni sociali (non sono innati nel soggetto)
  3. I significati vengono elaborati e trasformati in un processo interpretativo messo in atto dall'individuo -> crea sistemi simbolici e, insieme agli altri,crea una dimensione collettiva di significati

L'interazionismo è influenzato dal Pragmatismo (Stati Uniti, ultimi decenni dell'Ottocento-Dewey).

Esempi di centralità della dimensione simbolica

William T. Thomas (1863-1947)

secondo il quale per comprendere il comportamento e l'azione sociale, non sono importanti i fattori oggettivi delle situazioni in cui i soggetti agiscono ma, la loro PERCEZIONE SOGGETTIVA:

  • Se gli uomini definiscono certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze - è una percezione soggettiva non reale che poi diventerà oggettiva e reale

Robert K. Merton

recupera il teorema di thomas e parlerà della profezia che si autoadempie - evidenzia quanto in certi processi sociali, sia importante il significato che il soggetto attribuisce alla situazione.

ERVING GOFFMAN

interessato nello specifico ai giochi di ruolo nelle interazioni quotidiane, paragonando la vita a una grande rappresentazione teatrale: essere integrati nell'ordine sociale significa assumere dei ruoli e aderire bene alla propria parte.

  • Descrive come le persone costruiscono la propria identità attraverso i comportamenti di ogni giorno.

La metafora del teatro

L'opera principale di Goffman si intitola appunto: La vita quotidiana come rappresentazione (1956) gli individui "si mettono in scena" sulla base di una serie di conoscenze comuni di cui non sempre sono consapevoli. In questo libro l'autore adotta la metafora del teatro per fornire una chiave di lettura del modo in cui gli individui si presentano pubblicamente davanti agli altri. Quando gli individui si incontrano si comportano come degli attori teatrali: rappresentano se stessi agli altri in un certo modo C'è nell'analisi di Goffman una forte componente anti psicologica: il self (= il sé) cioè non è inerente alla persona (non esiste come entità autonoma, durevole), ma è creato mediante i rituali dell'interazione (emerge dalla situazione sociale).

  • L'identità non è qualcosa di stabile e duraturo nel tempo, ma piuttosto un effetto drammaturgico che si costruisce nelle diverse scene (= l'interazione quotidiana) che vengono rappresentate. - Quanto più la scena è ben rappresentata, quanto più sappiamo recitare bene la nostra parte nei diversi contesti, tanto più la nostra identità è stabile.

Goffman sostiene che in realtà siamo obbligati a esibire un self non perché davvero ce l'abbiamo, ma perché la realtà ci obbliga a comportarci come se davvero ce l'avessimo. Il self è il codice indispensabile per conferire significato alle nostre attività. Dietro l'individuo e le sue molteplici rappresentazioni non c'è niente, l'individuo è «un insieme di cose abbastanza diverse tenute insieme dalle nostre credenze culturali relative all'identità». Gli attori sembrano adeguarsi a una moralità esterna più per necessità che per convinzione. Data la natura arbitraria, il senso condiviso della realtà sociale può diventare fragile: essere rozzo o sciatto, parlare o muoversi in maniera sbagliata, recitare male la propria parte, mette in crisi tutta la rappresentazione e, con essa, l'identità degli individui coinvolti. Quando l'ordine viene infranto, la vita sociale è profondamente minacciata.

  • Goffman definisce "istituzioni totali" tutti quei luoghi in cui le varie attività umane, che generalmente si svolgono in ambiti diversi e con attori via via differenti, vengono ridotte a un unico luogo nel quale viene inglobata tutta l'esistenza di un individuo che subisce una rottura con il mondo circostante.

Il sociologo fa notare che, mentre normalmente vi sono almeno tre luoghi differenti caratterizzanti le abitudini di vita di una persona (il luogo in cui vive, quello in cui lavora e quello in cui socializza a scopo ricreativo), nelle istituzioni totali (orfanotrofi, carceri, ospedali) tutte le attività si svolgono in uno stesso luogo sotto la medesima sorveglianza. Sottolinea come le relazioni tra sorvegliante e sorvegliato siano sempre disequilibrate e mirino esclusivamente al controllo totale delle attività del sorvegliato. Goffman ha saputo descrivere i meccanismi di marginalizzazione e violenza a essa collegati fornendo i dettagli di una fragile condizione umana. Oltre a questo, il suo lavoro ha fornito molti stimoli per lo sviluppo di una riflessione sulla metodologia della ricerca, in modo particolare per aver posto in evidenza come in sociologia l'obiettività del ricercatore non corrisponda a un punto di partenza ma, semmai, a un punto di arrivo della ricerca. Esso, in altre parole, acquisisce consapevolezza del proprio ruolo mentre svolge la ricerca e, gradualmente, impara a" "gestire" i propri pregiudizi e il proprio punto di vista sulla realtà. Un buon ricercatore non tenterà mai di imporre la propria "visione della realtà" a discapito di quella altrui.

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