Il Dopoguerra in Italia: difficoltà, instabilità e ascesa del fascismo

Documento sul Dopoguerra in Italia, analizzando gli eventi politici e sociali che portarono all'ascesa del fascismo. Il Pdf descrive le dinamiche elettorali, i governi succedutisi, le tensioni sociali e la nascita dei movimenti politici chiave, utile per lo studio universitario di Storia.

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IL DOPOGUERRA IN ITALIA
Nel 1919 la situazione in Italia era molto difficile a causa dell’inflazione, delle perdite, delle
spese di guerra, delle aspettative tradite, delle tensioni interne e di altri problemi. C’era l’idea
di una vittoria mutilata. Il Partito Socialista Italiano era dominato dai massimalisti, i quali
guardavano al modello sovietico. Il PSI aderì inizialmente alla terza internazionale e inserì
nel proprio programma l’obiettivo della rivoluzione, della dittatura proletaria e della non-
collaborazione con le forze democratiche. Il PSI avviò una polemica durissima contro la
guerra, aggredendo i reduci di guerra e organizzando manifestazioni violente. Si creò una
fortissima tensione tra socialisti ed ex combattenti.
Vittorio Emanuele Orlando aveva dato le dimissioni e il nuovo primo ministro era Francesco
Saverio Nitti, che decise di indire nuove elezioni secondo il sistema proporzionale. Altra
novità delle elezioni era rappresentata dal suffragio universale maschile. Dalle elezioni
emerse un risultato clamoroso: il partito liberale non aveva più la maggioranza assoluta
poiché prese meno del 40% dei voti. Il partito socialista invece aveva avuto un grandissimo
successo perché aveva ricevuto circa il 30% dei voti. Il terzo partito che aveva avuto
successo era il Partito Popolare Italiano, fondato nel 1919 da don Luigi Sturzo. Don Sturzo
era deciso a portare i cattolici in politica. Nessuno aveva la maggioranza assoluta e quindi
era necessario fondare delle coalizioni. Il problema era che i tre partiti che avevano ricevuto
più voti avevano ideologie e obiettivi molto diversi. Il governo infine fu affidato ai liberali con
l’appoggio esterno e occasionale del partito popolare. Questi governi furono però molto
deboli e tra il 1919 e 1922 ci furono quattro tornate elettorali. I contadini e la piccola
borghesia erano reduci della guerra ed erano quelli che stavano peggio perché le promesse
erano state disattese e l’inflazione era molto opprimente. Gli operai invece, che non avevano
partecipato al conflitto, continuavano a scioperare e a partecipare a manifestazioni,
ottenendo così sempre maggiori aumenti dei salari. I governi liberali tentarono di compiere
delle riforme, ma non riuscirono a concludere nulla perché tutte le iniziative venivano
bloccate in parlamento. Un altro problema era stato rappresentato dall’ammutinamento di
una parte dell’esercito legato alla questione di Fiume, che non apparteneva all’Italia
sebbene fosse abitata interamente da italiani. D’Annunzio organizzò una spedizione con dei
volontari per conquistare la città. A questo punto un intero battaglione dell’esercito, invece
di obbedire agli ordini e disperdere questo gruppo di volontari, si unì a D’Annunzio.
L’impresa riuscì e Fiume finì nelle mani dell’armata di D’Annunzio. Il poeta italiano chiamò
a raccolta tutti i patrioti e i nazionalisti e trasformò Fiume nella repubblica del Carnaro, di
cui si dichiarò dittatore. D’Annunzio elaborò tutta una simbologia particolare che venne
successivamente ripresa dal regime fascista.
In Piazza San Sepolcro a Milano nel marzo 1919 era nato un movimento politico nuovo che
era il movimento dei Fasci di combattimento. Il fondatore principale fu Benito Mussolini.
Si trattava di un movimento cittadino che riuniva gruppi di ex combattenti e aveva un
programma che mischiava istanze di estrema sinistra e istanze nazionalistiche. Il
programma era caratterizzato dall’antisocialismo, dal nazionalismo e dal carattere
combattentistico; inoltre prevedeva la requisizione di tutti i profitti di guerra, la gestione
collettiva delle industrie, la redistribuzione delle terre, il suffragio universale femminile,
l’abolizione dell’esercito, il rifiuto della monarchia, la divisione netta tra Stato e Chiesa e
molte altre istanze. Il movimento dei Fasci di combattimento si proponeva come difensore
dei combattenti e aveva un proprio giornale, il Popolo dItalia, diretto da Mussolini. Il
movimento aveva una struttura paramilitare e una propria uniforme, rappresentata dalla
camicia nera, che era stata ripresa dagli arditi. Mussolini diede appoggio a D’Annunzio,
anche se lo vedeva come un rivale. Nelle elezioni del 1919 il movimento ricevette la miseria
di 6000 voti. Si mise in luce a Milano per qualche azione violenta e per una protesta di fronte
alla sede dell’Avanti.
Nitti aveva un programma molto ambizioso, ma nel giugno del 1920 era stato costretto a
dare le dimissioni e venne richiamato Giolitti.
Giolitti aveva un compito difficile e si trovava nell’insolita situazione di non avere una
maggioranza assoluta. Doveva continuamente trattare con le varie parti e fronteggiare
moltissimi scioperi. Nel frattempo i fascisti aumentavano le tensioni sociali provocando degli
scontri violenti. Giolitti intendeva realizzare l’istituto nazionale di assicurazione che aveva
intrapreso prima della guerra e tassare duramente i profitti di guerra. Introdusse un’imposta
di successione molto alta per colpire le grandi eredità. Aveva in mente di rendere nominativi
i titoli azionari. Giolitti strinse un accordo in base al quale l’Italia riconosceva alla Jugoslavia
il controllo della Dalmazia e in cambio riceveva la città di Zara. Inoltre la Jugoslavia rinunciò
a Fiume, che venne proclamata città libera.
Nell’agosto del 1920 Giolitti dovette affrontare due importanti eventi: da un lato
l’occupazione delle fabbriche e dall’altra la protesta dei braccianti agricoli nella Pianura
Padana. I braccianti erano organizzati nelle leghe rosse (i sindacati socialisti) o nelle leghe
bianche (i sindacati cattolici). Nel 1920 organizzarono tutta una serie di rivolte che crearono
dei grossi problemi nelle campagne e gli agrari furono costretti a cedere, dopo che Giolitti si
era rifiutato di aiutarli e di inviare l’esercito a reprimere i tumulti. A quel punto gli agrari furono
costretti ad accettare l’imponibile di manodopera: i proprietari terrieri non avrebbero avuto
più la libertà di assumere chi volevano, ma dovevano assumere il numero di lavoratori che
il sindacato imponeva loro. Quasi nello stesso periodo gli operai si armarono e occuparono
le fabbriche perché volevano un aumento di salario. Giolitti allora decise di organizzare a
Roma un incontro con i rappresentanti degli operai e degli industriali e con la sua abilità
riuscì a risolvere nel giro di un mese questa situazione che sembrava esplosiva. Vennero
aumentati i salari degli operai e venne loro promesso che sarebbero state istituite delle
commissioni interne alla fabbrica che avrebbero dovuto essere consultate per la gestione
delle imprese. In cambio gli operai si sarebbero impegnati a porre fine all’occupazione e a
mettersi al lavoro. Il tutto si risolse senza scontri violenti. A questo punto gli industriali si
sentirono traditi da Giolitti e dai liberali e decisero di puntare sul partito fascista. Il 1920 fu
l’anno cruciale per il movimento dei Fasci di combattimento che da marginale divenne un
movimento nazionale con un numero di iscritti altissimo e un’organizzazione efficientissima.
Nel 1921 gli iscritti al partito fascista erano ormai più di 200.000. Mussolini, avendo intuito
che quello fosse il momento propizio, ritoccò il programma del partito, eliminando tutte quelle
componenti di estrema sinistra che potessero risultare scomode al ceto degli industriali.
Questo atto permise al movimento di ricevere una marea di soldi e finanziamenti da parte
degli industriali e degli agrari. Nel 1921 il movimento si trasformò nel Partito Nazionale
Fascista (PNF). Le zone più fasciste furono quelle della Pianura Padana, le stesse che
erano state la roccaforte del socialismo. Vennero create le squadracce fasciste che
attaccavano le sedi di socialisti e di sindacati utilizzando manganelli e olio di ricino. I pestaggi
portavano spesso a degli omicidi. I fascisti erano ben armati e godevano del favore delle
autorità che spesso chiudevano un occhio sulle loro violenze. A fianco di Mussolini
iniziarono a distinguersi altre personalità del partito che venivano chiamati Ras, riprendendo
un termine di origine coloniale.
Il fascismo iniziò in questo periodo una campagna di ricerca dei consensi sfruttando il
risentimento della borghesia nei confronti del socialismo. Giolitti propose al re di indire nuove
elezioni per tentare di ottenere una maggioranza più larga e pensò di proporre un accordo
ai fascisti per permettere loro di ottenere seggi in parlamento. Giolitti pensava che i fascisti
si sarebbero necessariamente calmati una volta che avrebbero ottenuto posti in parlamento.
In questo modo, secondo i piani di Giolitti, i liberali avrebbero attirato nuovamente le
simpatie degli industriali. Con le nuove elezioni del maggio 1921 entrarono nel parlamento
35 deputati fascisti, tra cui Mussolini.

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Anteprima

Il Dopoguerra in Italia

Nel 1919 la situazione in Italia era molto difficile a causa dell'inflazione, delle perdite, delle spese di guerra, delle aspettative tradite, delle tensioni interne e di altri problemi. C'era l'idea di una vittoria mutilata. Il Partito Socialista Italiano era dominato dai massimalisti, i quali guardavano al modello sovietico. Il PSI aderì inizialmente alla terza internazionale e inserì nel proprio programma l'obiettivo della rivoluzione, della dittatura proletaria e della non- collaborazione con le forze democratiche. Il PSI avviò una polemica durissima contro la guerra, aggredendo i reduci di guerra e organizzando manifestazioni violente. Si creò una fortissima tensione tra socialisti ed ex combattenti.

Vittorio Emanuele Orlando aveva dato le dimissioni e il nuovo primo ministro era Francesco Saverio Nitti, che decise di indire nuove elezioni secondo il sistema proporzionale. Altra novità delle elezioni era rappresentata dal suffragio universale maschile. Dalle elezioni emerse un risultato clamoroso: il partito liberale non aveva più la maggioranza assoluta poiché prese meno del 40% dei voti. Il partito socialista invece aveva avuto un grandissimo successo perché aveva ricevuto circa il 30% dei voti. Il terzo partito che aveva avuto successo era il Partito Popolare Italiano, fondato nel 1919 da don Luigi Sturzo. Don Sturzo era deciso a portare i cattolici in politica. Nessuno aveva la maggioranza assoluta e quindi era necessario fondare delle coalizioni. Il problema era che i tre partiti che avevano ricevuto più voti avevano ideologie e obiettivi molto diversi. Il governo infine fu affidato ai liberali con l'appoggio esterno e occasionale del partito popolare. Questi governi furono però molto deboli e tra il 1919 e 1922 ci furono quattro tornate elettorali. I contadini e la piccola borghesia erano reduci della guerra ed erano quelli che stavano peggio perché le promesse erano state disattese e l'inflazione era molto opprimente. Gli operai invece, che non avevano partecipato al conflitto, continuavano a scioperare e a partecipare a manifestazioni, ottenendo così sempre maggiori aumenti dei salari. I governi liberali tentarono di compiere delle riforme, ma non riuscirono a concludere nulla perché tutte le iniziative venivano bloccate in parlamento. Un altro problema era stato rappresentato dall'ammutinamento di una parte dell'esercito legato alla questione di Fiume, che non apparteneva all'Italia sebbene fosse abitata interamente da italiani. D'Annunzio organizzò una spedizione con dei volontari per conquistare la città. A questo punto un intero battaglione dell'esercito, invece di obbedire agli ordini e disperdere questo gruppo di volontari, si unì a D'Annunzio. L'impresa riuscì e Fiume finì nelle mani dell'armata di D'Annunzio. Il poeta italiano chiamò a raccolta tutti i patrioti e i nazionalisti e trasformò Fiume nella repubblica del Carnaro, di cui si dichiarò dittatore. D'Annunzio elaborò tutta una simbologia particolare che venne successivamente ripresa dal regime fascista.

Nascita del Movimento dei Fasci di Combattimento

In Piazza San Sepolcro a Milano nel marzo 1919 era nato un movimento politico nuovo che era il movimento dei Fasci di combattimento. Il fondatore principale fu Benito Mussolini. Si trattava di un movimento cittadino che riuniva gruppi di ex combattenti e aveva un programma che mischiava istanze di estrema sinistra e istanze nazionalistiche. Il programma era caratterizzato dall'antisocialismo, dal nazionalismo e dal carattere combattentistico; inoltre prevedeva la requisizione di tutti i profitti di guerra, la gestione collettiva delle industrie, la redistribuzione delle terre, il suffragio universale femminile, l'abolizione dell'esercito, il rifiuto della monarchia, la divisione netta tra Stato e Chiesa e molte altre istanze. Il movimento dei Fasci di combattimento si proponeva come difensore dei combattenti e aveva un proprio giornale, il Popolo d'Italia, diretto da Mussolini. II movimento aveva una struttura paramilitare e una propria uniforme, rappresentata dalla camicia nera, che era stata ripresa dagli arditi. Mussolini diede appoggio a D'Annunzio, anche se lo vedeva come un rivale. Nelle elezioni del 1919 il movimento ricevette la miseria di 6000 voti. Si mise in luce a Milano per qualche azione violenta e per una protesta di fronte alla sede dell'Avanti.Nitti aveva un programma molto ambizioso, ma nel giugno del 1920 era stato costretto a dare le dimissioni e venne richiamato Giolitti.

Il Governo Giolitti e le Tensioni Sociali

Giolitti aveva un compito difficile e si trovava nell'insolita situazione di non avere una maggioranza assoluta. Doveva continuamente trattare con le varie parti e fronteggiare moltissimi scioperi. Nel frattempo i fascisti aumentavano le tensioni sociali provocando degli scontri violenti. Giolitti intendeva realizzare l'istituto nazionale di assicurazione che aveva intrapreso prima della guerra e tassare duramente i profitti di guerra. Introdusse un'imposta di successione molto alta per colpire le grandi eredità. Aveva in mente di rendere nominativi i titoli azionari. Giolitti strinse un accordo in base al quale l'Italia riconosceva alla Jugoslavia il controllo della Dalmazia e in cambio riceveva la città di Zara. Inoltre la Jugoslavia rinunciò a Fiume, che venne proclamata città libera.

Occupazione delle Fabbriche e Proteste Agricole

Nell'agosto del 1920 Giolitti dovette affrontare due importanti eventi: da un lato l'occupazione delle fabbriche e dall'altra la protesta dei braccianti agricoli nella Pianura Padana. I braccianti erano organizzati nelle leghe rosse (i sindacati socialisti) o nelle leghe bianche (i sindacati cattolici). Nel 1920 organizzarono tutta una serie di rivolte che crearono dei grossi problemi nelle campagne e gli agrari furono costretti a cedere, dopo che Giolitti si era rifiutato di aiutarli e di inviare l'esercito a reprimere i tumulti. A quel punto gli agrari furono costretti ad accettare l'imponibile di manodopera: i proprietari terrieri non avrebbero avuto più la libertà di assumere chi volevano, ma dovevano assumere il numero di lavoratori che il sindacato imponeva loro. Quasi nello stesso periodo gli operai si armarono e occuparono le fabbriche perché volevano un aumento di salario. Giolitti allora decise di organizzare a Roma un incontro con i rappresentanti degli operai e degli industriali e con la sua abilità riuscì a risolvere nel giro di un mese questa situazione che sembrava esplosiva. Vennero aumentati i salari degli operai e venne loro promesso che sarebbero state istituite delle commissioni interne alla fabbrica che avrebbero dovuto essere consultate per la gestione delle imprese. In cambio gli operai si sarebbero impegnati a porre fine all'occupazione e a mettersi al lavoro. Il tutto si risolse senza scontri violenti. A questo punto gli industriali si sentirono traditi da Giolitti e dai liberali e decisero di puntare sul partito fascista. Il 1920 fu l'anno cruciale per il movimento dei Fasci di combattimento che da marginale divenne un movimento nazionale con un numero di iscritti altissimo e un'organizzazione efficientissima. Nel 1921 gli iscritti al partito fascista erano ormai più di 200.000. Mussolini, avendo intuito che quello fosse il momento propizio, ritoccò il programma del partito, eliminando tutte quelle componenti di estrema sinistra che potessero risultare scomode al ceto degli industriali. Questo atto permise al movimento di ricevere una marea di soldi e finanziamenti da parte degli industriali e degli agrari. Nel 1921 il movimento si trasformò nel Partito Nazionale Fascista (PNF). Le zone più fasciste furono quelle della Pianura Padana, le stesse che erano state la roccaforte del socialismo. Vennero create le squadracce fasciste che attaccavano le sedi di socialisti e di sindacati utilizzando manganelli e olio di ricino. I pestaggi portavano spesso a degli omicidi. I fascisti erano ben armati e godevano del favore delle autorità che spesso chiudevano un occhio sulle loro violenze. A fianco di Mussolini iniziarono a distinguersi altre personalità del partito che venivano chiamati Ras, riprendendo un termine di origine coloniale. Il fascismo iniziò in questo periodo una campagna di ricerca dei consensi sfruttando il risentimento della borghesia nei confronti del socialismo. Giolitti propose al re di indire nuove elezioni per tentare di ottenere una maggioranza più larga e pensò di proporre un accordo ai fascisti per permettere loro di ottenere seggi in parlamento. Giolitti pensava che i fascisti si sarebbero necessariamente calmati una volta che avrebbero ottenuto posti in parlamento. In questo modo, secondo i piani di Giolitti, i liberali avrebbero attirato nuovamente le simpatie degli industriali. Con le nuove elezioni del maggio 1921 entrarono nel parlamento 35 deputati fascisti, tra cui Mussolini.

Scissione del Partito Socialista e Nascita del PCI

Nel gennaio 1921 l'ala più estremista del partito socialista aveva attaccato la direzione del partito e si era quindi determinata una scissione. Questo gruppo che criticò la direzione del partito era capeggiato da Antonio Gramsci, Palmiro Togliatti e Amadeo Bordiga e diede origine al Partito Comunista Italiano (PCI). Alla prima riunione della Camera i deputati fascisti votarono contro i liberali; Giolitti capì che il suo progetto era fallito e diede le dimissioni. Il paese era sconvolto dalla violenza dei fascisti e venne dato l'incarico di formare il nuovo governo a Ivanoe Bonomi, un esponente del partito demolaburista, un piccolo partito di centro-sinistra. Bonomi voleva riportare l'ordine nel paese e comandò alla polizia di reprimere con la forza ogni violenza. Sotto il suo governo si ebbe l'unico episodio di opposizione all'azione fascista. A Sarzana i carabinieri intervennero durante una manifestazione e spararono sui fascisti. I socialisti e i fascisti furono obbligati da Bonomi a firmare il patto di pacificazione, un accordo secondo cui si sarebbero impegnati a non esercitare la violenza. Il debole governo Bonomi però, che godeva solo dei voti del partito popolare e del PSUI (Partito Socialista Unitario Italiano, nato dall'ennesima scissione del PSI), non durò molto e il patto di pacificazione non ebbe successo. Mussolini addirittura dovette fronteggiare una reazione degli altri capi del partito fascista che disubbidirono agli ordini e ripresero le violenze.

La Marcia su Roma e l'Ascesa di Mussolini

Nel 1922 Bonomi diede le dimissioni, la situazione era molto grave e nessuno voleva più diventare primo ministro; infine l'incarico venne dato a Luigi Facta, uno dei più anziani giolittiani del parlamento. Facta cercò di promuovere delle riforme, ma, non trovando la maggioranza in parlamento, decise di dare le dimissioni, scatenando il caos. In questo scenario Mussolini decise che era il momento giusto per far vedere che i fascisti volevano governare. Nell'ottobre del 1922 durante il congresso generale del partito a Napoli, Mussolini dichiarò che i fascisti sarebbero andati a Roma per prendersi il potere. Mussolini era convinto che non sarebbe riuscito a conquistare il potere con la forza, ma si trattava di un tentativo per cercare di convincere il re a scegliere il fascismo. A conferma di ciò, Mussolini non partecipò alla marcia su Roma, ma rimase a Milano, pronto a scappare in Svizzera nel caso in cui il sovrano avesse dovuto decidere di liquidare tutto con la forza. La marcia su Roma avvenne il 28 ottobre 1922.

Il Fascismo

Il 27 ottobre sera Facta chiese al re di imporre lo stato d'assedio per smantellare l'azione fascista e Vittorio Emanuele III promise che il giorno successivo avrebbe firmato il documento ufficiale per rendere effettivo lo stato d'assedio. La mattina dopo Facta si recò con il documento dal re, il quale però si rifiutò di firmarlo. Quella notte il sovrano aveva ricevuto la visita del capo dell'esercito il quale gli aveva detto che "l'esercito era pronto, ma era meglio non metterlo alla prova". Si pensa quindi che il re si sia convinto di provare a dare il potere ai fascisti per vedere come avrebbero agito una volta che avessero avuto il diritto di governare. Così il 28 ottobre i fascisti entrarono a Roma, assaltarono la sede del PSI, occuparono tutte le piazze e il giorno successivo arrivò anche Mussolini per ricevere l'incarico di formare il nuovo governo. Avendo solo 35 deputati, Mussolini dovette governare con una coalizione. Questa è la fase costituzionale del fascismo. Il governo di coalizione era sostenuto da liberali, nazionalisti e popolari. Don Sturzo però vedeva in Mussolini un pericolo per la democrazia, ma così non la vedeva il papa. Mussolini era stato molto abile perché aveva capito che per governare doveva avere il consenso della Chiesa. Così tra il 1921 e il 1922 eliminò dal programma del partito tutti gli accenni anticlericali. All'interno del partito popolare si creò quindi una divisione tra chi attaccava Mussolini e chi lo accettava. Alla fine il papa ordinò a don Sturzo di farsi da parte e di lasciar governare Mussolini. In questo governo di coalizione Mussolini ricevette alcuni incarichi come quelli di ministro degli interni e ministro degli esteri. In questo periodo vennero chiamati anche i cosiddetti "tecnici" per ricoprire alcune cariche politiche. I "tecnici" non erano dei politici, ma venivano chiamati perché si riteneva che potevano essere molto utili per le loro capacità e qualità. Per esempio

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