Idealismo Filosofico Tedesco: da Kant a Hegel e la dottrina dialettica

Documento di Università sull'Idealismo Filosofico Tedesco. Il Pdf esplora la nascita dell'idealismo, la contraddizione kantiana e il ciclo della filosofia, approfondendo l'idealismo assoluto e la dottrina dialettica di Hegel, utile per lo studio della Filosofia a livello universitario.

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idealismo filosofico tedesco
la nascita dell’idealismo filosofico tedesco
il successo di hegel in germania
Restiamo in Germania, dove la filosofia di Kant ottiene un grandissimo successo (non solo tra i pochi
studiosi di filosofia, ma anche da parte del pubblico colto, affascinato e suggestionato da questa
arditissima filosofia kantiana), nelle riviste che parlano di questa nuova filosofia.
- I più interessati sono i giovani tedeschi, più aperti verso le novità, alcuni dei quali si dedicano ad
uno studio approfondito e rigoroso della filosofia kantiana, convinti anche che fosse la base di
nuovi rivoluzionari progressi.
Kant e la filosofia diventano di moda (scoppia la moda della filosofia).
la contraddizione kantiana
Ben presto alcuni di questi nuovi giovani studiosi fanno una scoperta inaspettata e sconcertante: una
contraddizione interna al criticismo kantiano che Kant stesso non aveva notato, la cui soluzione porta alla
nuova fase dell’idealismo filosofico tedesco. Kant da un lato sostiene che l’azione della cosa in
produce nel soggetto alterazioni che sono le rappresentazioni sensibili, che poi ricollega a modo suo con
i suoi principi a priori per formare il mondo fenomenico, ma dall’altro lato Kant sostiene anche che le
categorie logiche (e quindi la categoria di causalità) si possono applicare solo alle rappresentazioni
sensibili e non alla cosa in sé: dire che la cosa in produce alterazioni nel soggetto significa dire che la
cosa in funge da causa delle rappresentazioni. Kant non può dire, sulla base della sua stessa teoria,
che la cosa in agisce sul soggetto e produce in lui le rappresentazioni. Questa incoerenza è grave e
sconcertante e mette in crisi la costruzione teorica kantiana e viene denunciata in scritti e opere.
A questo punto c’erano solo due possibilità:
- SCONFESSARE TUTTO IL CRITICISMO: tornare all’empirismo di Locke, che però conteneva in
potenza (o “in nuce”) lo scetticismo di Hume (declassazione della scienza della natura e reazione
istintiva all’ambiente), proprio per sfuggire alla quale Kant aveva avanzato il suo criticismo;
- RADICALIZZARE IL PENSIERO KANTIANO: spingerlo fino in fondo. Alcuni studiosi e filosofi
tedeschi intraprendono questa seconda strada e si rifiutano di tornare indietro, ma di andare
ancora più avanti.
il ciclo della filosofia
Ciò significava compiere un passo inevitabile: negare del tutto la cosa in e qualsiasi realtà esterna al
soggetto e sostenere che il soggetto è l’unico artefice del mondo sensibile. Il soggetto proietta il mondo
sensibile davanti a senza essere stimolato dalla cosa in sé, facendo del mondo fenomenico una sorta
di allucinazione collettiva, ovvero giungere a professare un completo idealismo filosofico tedesco. Alcuni
fanno marcia indietro, altri invece ci si inoltrano e la fanno propria, non se ne ritraggono inorriditi o
increduli, seguendo l’idealismo filosofico tedesco.
Si compie così il ciclo della filosofia moderna rispetto alla centralità del soggetto da un lato e alla realtà
del mondo sensibile dall’altro:
1. CARTESIO E LOCKE: il mondo oggettivo, esterno e indipendente dal soggetto viene spogliato
delle qualità secondarie (colori, sapori, odori, valori termici)
2. KANT: viene spogliato anche anche delle qualità primarie (si riduce ad una
X misteriosa e
indefinibile
)
3. IDEALISMO FILOSOFICO: viene negato completamente e viene eliminato l’ultimo residuo, la cosa
in sé, che diventa come un fantasma.
Il soggetto (“
cogito ergo sum
”) diventa il fondamento assoluto dell’essere, lasciando solo la
res cogitans
che lo proietta davanti a con una creazione sua.
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l’idealismo assoluto
Questa soluzione del problema, come spesso accade, ne apriva un altro: non si spiega più il fatto che
soggetti differenti tra loro si trovino a vivere nel medesimo mondo fenomenico e ad avere la stessa
allucinazione, mentre quando sogniamo ognuno ha il suo. I giovani filosofi allora avanzano una soluzione
che li spinge ancora più avanti per supposizioni ancora più ardite ed azzardate: si spingono a professare il
cosiddetto idealismo assoluto, che consisteva nel sostenere che in realtà esiste un unico soggetto
spirituale, di cui i singoli soggetti che noi stessi siamo, con la loro specifica identità sono fenomeni
superficiali (o “meri accidenti”).
- Immaginiamo che l’unico soggetto sia la massa d’acqua del mare e innumerevoli soggetti
individuali corrispondano alle onde che si formano sulla superficie che da un lato sono differenti
tra loro, ma dall’altro sono anche increspature di un’unica cosa e non veramente differenti.
Questi filosofi chiamano il soggetto unico “io assoluto” e i soggetti individuali “io finiti”. L’io assoluto è il
fondamento e l’arché degli io finiti. È evidente la tentazione di identificare l’io assoluto con Dio e dargli
l’essenza e la sostanza degli io finiti. Significava giungere a professare una nuova forma di panteismo,
perché l’io assoluto è immanente rispetto agli io finiti, ma anche perché l’io assoluto in se stesso non è
cosciente di (=è impersonale) e diventa cosciente di solo nell’io finito (solo in modo parziale e
limitato). È l’io assoluto che causa il mondo fenomenico, l’unico e medesimo per tutti.
gli idealisti
I grandi idealisti di questa fase di idealismo filosofico sono tre:
- JOHANN GOTTLIEB FICHTE
- FRIEDRICH SCHELLING
- GEORG WILHELM FRIEDRICH HEGEL: il più importante, perché dice cose molto interessanti.
Tutti e tre sono professori universitari che operano all’interno dell’università: la filosofia torna a svilupparsi
all’interno delle università.
- Come aveva fatto nel Medioevo durante la scolastica, ovvero le scuole universitarie medievali,
ma poi si era sviluppata al di fuori delle università, che erano rimaste ferme, fissate e
mummificate all’aristotelismo scolastico).
Per un periodo, tutti e tre i filosofi insegnano in una piccola università tedesca che diventerà importante,
l’università di Jena, una piccola cittadina al centro della Germania Hegel vede Napoleone passarsi sotto
casa). Hegel, in particolare, ma come tutti, fece carriera, arrivando a Berlino e facendo anche rettore
universitario. In gioventù, però, insegnarono tutti nella piccola cittadina di Jena. Ora bisogna capire come
l’io assoluto si finitizza (si delimita) da un lato negli io finiti (le increspature superficiali), dall’altro nel
mondo fenomenico in cui gli io finiti si trovano collocati. Ci sono due strade quella intrapresa da Fichte e
Schelling e quella intrapresa da Hegel, che portano entrambe allo stesso risultato.
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La nascita dell'idealismo filosofico tedesco

il successo di hegel in germania Restiamo in Germania, dove la filosofia di Kant ottiene un grandissimo successo (non solo tra i pochi studiosi di filosofia, ma anche da parte del pubblico colto, affascinato e suggestionato da questa arditissima filosofia kantiana), nelle riviste che parlano di questa nuova filosofia.

  • I più interessati sono i giovani tedeschi, più aperti verso le novità, alcuni dei quali si dedicano ad uno studio approfondito e rigoroso della filosofia kantiana, convinti anche che fosse la base di nuovi rivoluzionari progressi.

Kant e la filosofia diventano di moda (scoppia la moda della filosofia).

La contraddizione kantiana

Ben presto alcuni di questi nuovi giovani studiosi fanno una scoperta inaspettata e sconcertante: una contraddizione interna al criticismo kantiano che Kant stesso non aveva notato, la cui soluzione porta alla nuova fase dell'idealismo filosofico tedesco. Kant da un lato sostiene che l'azione della cosa in se produce nel soggetto alterazioni che sono le rappresentazioni sensibili, che poi ricollega a modo suo con i suoi principi a priori per formare il mondo fenomenico, ma dall'altro lato Kant sostiene anche che le categorie logiche (e quindi la categoria di causalità) si possono applicare solo alle rappresentazioni sensibili e non alla cosa in sé: dire che la cosa in sé produce alterazioni nel soggetto significa dire che la cosa in sé funge da causa delle rappresentazioni. Kant non può dire, sulla base della sua stessa teoria, che la cosa in sé agisce sul soggetto e produce in lui le rappresentazioni. Questa incoerenza è grave e sconcertante e mette in crisi la costruzione teorica kantiana e viene denunciata in scritti e opere.

A questo punto c'erano solo due possibilità:

  • SCONFESSARE TUTTO IL CRITICISMO: tornare all'empirismo di Locke, che però conteneva in potenza (o "in nuce") lo scetticismo di Hume (declassazione della scienza della natura e reazione istintiva all'ambiente), proprio per sfuggire alla quale Kant aveva avanzato il suo criticismo;
  • RADICALIZZARE IL PENSIERO KANTIANO: spingerlo fino in fondo. Alcuni studiosi e filosofi tedeschi intraprendono questa seconda strada e si rifiutano di tornare indietro, ma di andare ancora più avanti.

Il ciclo della filosofia

Ciò significava compiere un passo inevitabile: negare del tutto la cosa in sé e qualsiasi realtà esterna al soggetto e sostenere che il soggetto è l'unico artefice del mondo sensibile. Il soggetto proietta il mondo sensibile davanti a sé senza essere stimolato dalla cosa in sé, facendo del mondo fenomenico una sorta di allucinazione collettiva, ovvero giungere a professare un completo idealismo filosofico tedesco. Alcuni fanno marcia indietro, altri invece ci si inoltrano e la fanno propria, non se ne ritraggono inorriditi o increduli, seguendo l'idealismo filosofico tedesco.

Si compie così il ciclo della filosofia moderna rispetto alla centralità del soggetto da un lato e alla realtà del mondo sensibile dall'altro:

  1. CARTESIO E LOCKE: il mondo oggettivo, esterno e indipendente dal soggetto viene spogliato delle qualità secondarie (colori, sapori, odori, valori termici)
  2. KANT: viene spogliato anche anche delle qualità primarie (si riduce ad una X misteriosa e indefinibile)
  3. IDEALISMO FILOSOFICO: viene negato completamente e viene eliminato l'ultimo residuo, la cosa in sé, che diventa come un fantasma.

Il soggetto ("cogito ergo sum") diventa il fondamento assoluto dell'essere, lasciando solo la res cogitans che lo proietta davanti a sé con una creazione sua.

L'idealismo assoluto

Questa soluzione del problema, come spesso accade, ne apriva un altro: non si spiega più il fatto che soggetti differenti tra loro si trovino a vivere nel medesimo mondo fenomenico e ad avere la stessa allucinazione, mentre quando sogniamo ognuno ha il suo. I giovani filosofi allora avanzano una soluzione che li spinge ancora più avanti per supposizioni ancora più ardite ed azzardate: si spingono a professare il cosiddetto idealismo assoluto, che consisteva nel sostenere che in realtà esiste un unico soggetto spirituale, di cui i singoli soggetti che noi stessi siamo, con la loro specifica identità sono fenomeni superficiali (o "meri accidenti").

  • Immaginiamo che l'unico soggetto sia la massa d'acqua del mare e innumerevoli soggetti individuali corrispondano alle onde che si formano sulla superficie che da un lato sono differenti tra loro, ma dall'altro sono anche increspature di un'unica cosa e non veramente differenti.

Questi filosofi chiamano il soggetto unico "io assoluto" e i soggetti individuali "io finiti". L'io assoluto è il fondamento e l'arche degli io finiti. È evidente la tentazione di identificare l'io assoluto con Dio e dargli l'essenza e la sostanza degli io finiti. Significava giungere a professare una nuova forma di panteismo, perché l'io assoluto è immanente rispetto agli jo finiti, ma anche perché l'io assoluto in se stesso non è cosciente di sé (=è impersonale) e diventa cosciente di sé solo nell'io finito (solo in modo parziale e limitato). È l'io assoluto che causa il mondo fenomenico, l'unico e medesimo per tutti.

Gli idealisti

I grandi idealisti di questa fase di idealismo filosofico sono tre:

  • JOHANN GOTTLIEB FICHTE
  • FRIEDRICH SCHELLING
  • GEORG WILHELM FRIEDRICH HEGEL: il più importante, perché dice cose molto interessanti.

Tutti e tre sono professori universitari che operano all'interno dell'università: la filosofia torna a svilupparsi all'interno delle università.

  • Come aveva fatto nel Medioevo durante la scolastica, ovvero le scuole universitarie medievali, ma poi si era sviluppata al di fuori delle università, che erano rimaste ferme, fissate e mummificate all'aristotelismo scolastico).

Per un periodo, tutti e tre i filosofi insegnano in una piccola università tedesca che diventerà importante, l'università di Jena, una piccola cittadina al centro della Germania (Hegel vede Napoleone passarsi sotto casa). Hegel, in particolare, ma come tutti, fece carriera, arrivando a Berlino e facendo anche rettore universitario. In gioventù, però, insegnarono tutti nella piccola cittadina di Jena. Ora bisogna capire come l'io assoluto si finitizza (si delimita) da un lato negli io finiti (le increspature superficiali), dall'altro nel mondo fenomenico in cui gli io finiti si trovano collocati. Ci sono due strade quella intrapresa da Fichte e Schelling e quella intrapresa da Hegel, che portano entrambe allo stesso risultato.

Johann Gottlieb Fichte

La vita di Fichte

gli studi nonostante la povertà Fichte (1762-1814), interessante perché figlio del popolo e figlio di contadini, che non avrebbe potuto studiare ed era destinato ad una vita di lavoro manuale o piccolo commercio, a dispetto della sua notevolissima intelligenza. Adesso tutti hanno la possibilità di studiare grazie ad aiuti e educazione pubblica, ma adesso nascendo in una famiglia povera era impossibile avere un'educazione.

  • Fichte ha avuto una grande botta di fortuna (o "culo"), perché nella cittadina in cui abitava c'era un pastore protestante che teneva prediche bellissime durante la messa ed era diventato famoso. Un nobile del luogo che abitava poco distante, viene a sapere di queste prediche e vuole andarlo a sentire. Una domenica si reca in carrozza per sentirlo, ma nel tragitto si rompe una ruota e in definitiva arriva troppo tardi e il pastore ha già completato la sua predica. Per questo è triste, ma gli dicono che c'è un ragazzino che gli potrà riferire quello che ha detto il pastore. Il nobile si rivolge al piccolo Fichte, che gli riferisce perfettamente e con grande acutezza le idee proposte dal pastore, lasciandolo impressionato e con l'idea che dovrebbe funzionare, tanto da decidere di finanziare gli studi.

Frequenta quindi liceo e università con una borsa di studio elargita dal nobile.

La pubblicazione della prima opera di Fichte

Si appassiona alla filosofia, talmente tanto da andare a trovare Kant in Prussia Orientale, a Konigsberg: si presenta a Kant e lui gli chiede di scrivere un saggio di filosofia per poi pubblicarlo. Così accade, ma la casa editrice omette l'autore e lo pubblica anonimo. Quest'opera, recensita dai critici, viene considerata di Kant in persona e ottiene recensioni entusiastiche: Kant interviene e specifica il malinteso. Fichte diventa automaticamente famoso, ma probabilmente se non fosse stata pubblicata anonima, non sarebbe nemmeno stata letta. A questo punto l'università di Jena lo invita a insegnare lì per la sua reputazione da kantiano. A Jena pubblica la sua opera più importante che lo renderà ancora più famoso e consoliderà la sua fama: Fondamento della Dottrina della Scienza o semplicemente Dottrina della Scienza (1794), opera fondamentale dell'idealismo. Sarà letta dal giovane liceale Schelling, che si appassiona alla filosofia di Fichte in quanto radicalizzazione di Kant e fa la stessa cosa: in contatto con Fichte gli invia gli scritti e lui apprezzando quello che scrive Schelling lo raccomanda all'università di Jena che lo chiama ad insegnare. All'università, Schelling era diventato amico di Hegel (anche lui interessato alla filosofia) e qualche anno dopo Schelling procurerà un posto ad Hegel all'università di Jena, in quanto condividono entrambi la stessa visione filosofica.

Il pensiero di Fichte

l'autolimitazione dell'io assoluto Il Fondamento della Dottrina della Scienza è l'opera principale di Fichte, anche se ce ne sono altre. Lui cerca di spiegare come l'io assoluto, inconscio, indeterminato, si finitizzi negli io finiti e nel mondo finito, escludendo la spiegazione kantiana di una cosa in sé che agisca su questo io e lo determini, in quanto contraddittoria. Fichte ha un'idea geniale: l'io assoluto ad un certo punto, in modo sostanzialmente inspiegabile, si autolimita e giunge a negare la sua assolutezza. È questa autolimitazione dell'io assoluto a determinarlo nel mondo finito.

  • L'io assoluto è un mare assolutamente calmo e piatto, ma si producono le onde. Per Kant avviene perché il vento agisce sul mare, invece Fichte pensa che il mare inizialmente calmo si increspi da solo e generi le onde sulla sua superficie.

Questo è un punto cieco della teoria, al quale darà una risposta Schelling. Fichte afferma che ad un certo punto, inspiegabilmente, l'io oppone a se stesso un non-io che si ritrova a non essere un io individuale collegato in un mondo fenomenico. Questa costruzione trova la sua giustificazione nella profondità delle sue conseguenze, anche se in se stessa suscita ovvie obiezioni. Queste conseguenze valorizzano questa teoria e la rendono credibile e/o apprezzabile.

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