L'origine della vita: abiogenesi e biogenesi, teorie e scienziati

Slide sull'origine della vita, concentrandosi sull'abiogenesi e la biogenesi. Il Pdf, utile per lo studio universitario di Biologia, illustra come molecole complesse e le prime cellule possano essersi formate in condizioni primordiali, discutendo i contributi di scienziati come Oparin, Haldane, Miller e Urey.

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26 pagine

LORIGINE DELLA VITA
(pagine 78-81)
1. TEORIA DELLABIOGENESI E TEORIA DELLA
BIOGENESI

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Anteprima

Teoria dell'Abiogenesi e Biogenesi

Con il termine biologia (dal greco bios= vita e logos= studio) si intende la scienza che studia la biosfera ossia gli esseri viventi presenti sul pianeta Terra, i fenomeni e le leggi che li governano. Il complesso ed affascinante problema dell'origine della vita fu oggetto di indagine fin dai tempi più remoti. Fin dall'antichità si dava per scontato che la vita, in origine, fosse stata creata da un'entità superiore, una divinità. Viste le scarse conoscenze biologiche, il problema era spiegare come la vita si perpetuasse. Nel IV secolo a.C. il filosofo greco Aristotele (384 a.C. - 322 a.C.) elaborò, a tal proposito, la teoria dell'abiogenesi o teoria della generazione spontanea secondo la quale alcuni organismi viventi possono nascere dalla materia inanimata.

Secondo la teoria, gli organismi inferiori, quali ad esempio microrganismi, vermi, insetti, pesci, ... possono generarsi dalla materia non vivente mentre gli organismi superiori, tra cui l'uomo, sono generati soltanto attraverso l'unione di elementi simili. Si pensava ad esempio che le larve di mosche fossero prodotte dalla carne in decomposizione e che le anguille e le rane si generassero spontaneamente dalla melma del fondo dei fiumi (solo nel 1922 il naturalista danese Johannes Schmidt scoprirà che le anguille si riproducono esclusivamente nel Mar dei Sargassi nell'oceano Atlantico dopo lunghe migrazioni).

Le migrazioni delle Anguille

Ciclo dell'anguilla europea (Anguilla anguilla). Le anguille sono pesci catadromi, vale a dire che passano gran parte della propria vita in acqua dolce ma poi migrano in mare per riprodursi. In autunno le anguille adulte discendono i fiumi verso il mare, entrano nell'Oceano Atlantico fino a raggiungere il Mar dei Sargassi. Qui, a una profondità di 300 m circa avviene la fecondazione delle uova e dopo di ché muoiono.

Modelli di migrazione dell'Anguilla

Anguilla europeaAnguilla americana
Appena nataLeptocefaloLeptocefalo
12 mesi2 mesi
28 mesi5 mesi
310 mesi18 mesi
43 anni1 anno
5CecaCeca
66-10 anni8-15 anni
Anguilla adulta

Figura 30.33 Cicli vitali dell'anguilla europea, Anguilla anguilla, e dell'anguilla americana, Anguilla rostrata. In rosso, sche- ma di migrazione della specie europea. In nero, schema di migrazione dell'anguilla americana. I numeri nei riquadri fanno ri- ferimento agli stadi di sviluppo. Si noti che l'anguilla americana completa il proprio sviluppo larvale e la migrazione in mare in un anno. Invece, l'anguilla europea necessita di circa 3 anni per portare a termine il proprio viaggio, molto più lungo.

I giovani che hanno un aspetto appiattito (detti leptocefali) migrano verso le coste europee giungendovi dopo 3 anni. A questo punto i leptocefali metamorfosano in ceche dalla caratteristica forma cilindrica. I maschi restano nelle acque salmastre mentre le femmine risalgono i fiumi. Dopo 6-15 anni di crescita le femmine mature discendono in mare per riunirsi ai maschi e riprodursi.

Il mito egizio faraonico della Bugonia

Nell'immagine, il mito egizio faraonico della Bugonia accolto dal popolo d'Israele (Bibbia - libro dei Giudici 14,14) e da Roma [poetizzato da Virgilio (70 a.C. - 19 a.C.) nelle Georgiche], che celebra la nascita per generazione spontanea delle Api mellifiche dalle carogne di torelli o di leoni.

Virgilio, nelle Georgiche, racconta la leggenda di Aristeo, figlio di Apollo e della ninfa Cirene, che insidiò Euridice, promessa sposa di Orfeo, causandone l'accidentale morte, per la quale le driadi, sorelle della defunta, lo punirono facendo sparire le sue api.

Morte di Euridice, Niccolò Abate

Euridice viene insidiata dal pastore Aristeo in presenza di tre ninfe che sembrano non accorgersi di quanto sta accadendo; scappa ma viene morsa da un serpente. Accanto è raffigurata morente. Sulla destra Aristeo si consulta con la madre Cirene circa la morte delle sue api, mentre sotto è raffigurato il Dio del mare Proteo, che nella leggenda spiegò al pastore che quest'ultima è la punizione per aver provocato la morte della ninfa.

Aristeo, pentito, su consiglio della madre, sacrificò alle ninfe quattro tori e quattro giovenche dalle cui carcasse si verificò il prodigio della Bugonia: "ecco le api dalle viscere putride dei bovi per tutto il ventre venir su ronzando, brulicare dai fianchi lacerati ed affollarsi in mugoli infiniti". Secondo questo mito le api si generavano dalle carogne dei grossi mammiferi; in realtà, venivano scambiati per api, gli adulti di alcuni ditteri Sirfidi (mosche) per la loro somiglianza con i maschi del genere Apis. La specie più nota è Eristalis tenax (L.) i cui adulti sono floricoli e pronubi mentre le larve vivono a spese di materiale organico sia di origine vegetale che animale, liquescente e putrefatto, presente in acque inquinate da scarichi, letamai, pozzanghere, cadaveri e carogne.

Adulto e larva di sirfide Eristalis tenax

Questa teoria venne accettata per molti secoli e ancora nel 1600 il medico belga Jean Baptiste van Helmont (1580 - 1644) illustro una ricetta per produrre topi in 21 giorni partendo da una camicia sporca posta a contatto con spighe di frumento. Secondo van Helmont la camicia sporca era essenziale poiché nel sudore umano era contenuto il "principio attivo" che generava i topi.

La ricetta di Van Helmont per i topi

Fu un biologo e medico fiorentino, Francesco Redi (1626 - 1697), che verso la metà del 1600 (nello stesso periodo in cui Galileo Galilei studiava il moto dei corpi celesti) osservando numerosi casi in natura, trasse l'ipotesi che gli esseri viventi non potessero che nascere da altri esseri viventi (gettò le basi della cosiddetta teoria della biogenesi) e cercò di verificare la sua teoria con degli esperimenti scientificamente corretti.

Redi aveva notato che sulla carne in decomposizione si posavano frequentemente delle mosche. Sulla base di questa osservazione concreta egli fece l'ipotesi che le mosche fossero responsabili della produzione delle larve e che quindi, se fosse stato possibile impedire alle mosche di venire in contatto con la carne, non sarebbero apparse larve.

L'esperimento di Redi sulla generazione spontanea

Per sottoporre a verifica questa sua ipotesi, Redi nel 1668 preparò 8 recipienti con vari tipi di carne. Ne lasciò aperti 4 e chiuse accuratamente gli altri 4. Pochi giorni dopo i recipienti rimasti aperti pullulavano di larve e mosche adulte mentre nei recipienti chiusi non appariva alcun segno di vita. Redi inoltre isolò in un recipiente a parte alcune di quelle larve e seguì con attenzione il loro sviluppo: poté così osservare come ciascuna larva andasse incontro a una serie di trasformazioni (metamorfosi), il risultato finale delle quali era una mosca adulta. In questo modo egli dimostrò che le larve non derivano dalla carne in decomposizione.

Ciò tuttavia non fu sufficiente a dimostrare la falsità in genere della concezione della generazione spontanea. La ricerca di Redi riguardava soltanto un caso e non poteva bastare a convincere gli altri scienziati che in altri casi la generazione spontanea non si verificasse. Col passare del tempo la teoria di Redi cominciò ad essere accettata per gli organismi più complessi.

La scoperta dei microrganismi di Leeuwenhoek

Nel 1675 il merciaio olandese e appassionato di ottica Anton van Leeuwenhoek (1632 - 1723), servendosi di una lente da lui stesso costruita (perfezionò in modo considerevole i primi microscopi rudimentali) scoprì il mondo dei microrganismi (organismi che non sono visibili a occhio nudo: batteri, protozoi, alcuni funghi e alcune alghe). La scoperta di questi organismi molto semplici riaprì il dibattito fra coloro che sostenevano la possibilità di una generazione spontanea e coloro che la negavano. Le numerose osservazioni sembravano tutte favorire la concezione della generazione spontanea: infatti, campioni d'acqua o di suolo che all'inizio dell'osservazione erano completamente privi di microrganismi, dopo alcune ore pullulavano di vita.

Gli esperimenti di Needham sull'abiogenesi

Nel 1745 John Needham (1713 - 1781), un sacerdote e naturalista londinese, diede nuovo vigore alla teoria dell'abiogenesi con una serie di esperimenti. Egli si servì di liquidi nutritivi (detti infusioni) quali brodo di pollo e succo di vegetali. Needham fece bollire queste infusioni per alcuni minuti per uccidere i microrganismi eventualmente presenti e in seguito tappò i recipienti con tappi di sughero.

Dopo alcuni giorni esaminò le infusioni e vide che erano torbide e pullulavano di microrganismi. Ne concluse che quanto aveva osservato era un esempio e una prova di generazione spontanea.

L'esperimento di Spallanzani e la critica

Alcuni anni più tardi, un altro famoso scienziato italiano, il gesuita emiliano Lazzaro Spallanzani (1729 - 1799), ripete lo stesso esperimento ottenendo un risultato completamente diverso. In realtà la sua tecnica fu alquanto differente: egli fece bollire più a lungo le infusioni e sigillò i recipienti molto più accuratamente. Il risultato fu che le infusioni restarono limpide, cioè non comparve alcun microrganismo. Molti biologi non accettarono però l'esperimento di Spallanzani perché sostennero che l'aria era essenziale alla generazione spontanea e che nelle bocce sigillate di Spallanzani essa veniva a mancare.

Gli esperimenti di Pasteur e le spore batteriche

Solo verso il 1860 un grande biologo francese, Louis Pasteur (1822 - 1895) (al quale, tra l'altro, si devono importanti studi sulla fermentazione alcolica e la scoperta della pastorizzazione, una tecnica di risanamento termico degli alimenti), riuscì a condurre un esperimento così esemplare nella sua correttezza scientifica, da chiudere definitivamente ogni controversia sulla generazione spontanea. Esperimenti precedenti gli avevano rivelato che microrganismi possono derivare da particolari cellule di resistenza chiamate spore.

Spore batteriche in formazione nelle cellule

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