Documento dall'Università su Immanuel Kant - Critica della ragion pratica. Il Pdf presenta una sintesi della "Critica della ragion pratica" di Immanuel Kant, focalizzandosi sui concetti di ragione pura pratica, formalità della legge morale e autonomia. Utile per lo studio della Filosofia a livello universitario.
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Immanuel Kant · Critica della pratica (1788) ragion · Critica del giudizio (1790)CRITICA DELLA RAGION PRATICA - 1788
Di cosa parla? La ragione umana non dirige solo la conoscenza (ragion pura), ma determina anche la volontà e l'azione morale (ragion pratica). Quindi nella Critica della ragion pratica si occupa di questo importante aspetto della ragione umana. Kant distingue tra: · ragion pura pratica: opera indipendentemente dall'esperienza e dalla sensibilità · ragion empirica pratica: che opera sulla base dell'esperienza e della sensibilità. Quello che Kant fa nell'opera è distinguere: · in quali casi la ragione è pratica e pura (ovvero morale); · in quali casi la ragione è pratica senza essere pura (ovvero senza essere morale). Lo scopo di questa opera non è "criticare" la ragion pura pratica perché questa si comporta in modo perfettamente legittimo, basta provare che questa da sola può muovere e determinare la volontà. Al contrario questa volta va criticata la ragion empirica pratica che pretenderebbe di determinare essa sola la volontà.La situazione della Critica della ragion pratica si presenta come esattamente capovolta rispetto alla Critica della ragion pura: perché nella prima opera Kant ha criticato le pretese della ragion pura di trascendere l'esperienza, qui invece critica le pretese opposte della ragion empirica pratica di restare legata sempre e solo all'esperienza.
Alla base della Critica della ragion pratica c'è la convinzione che esista, nell'uomo, una legge morale a priori, valida per tutti e per sempre, ovvero l'esistenza di una legge etica assoluta o incondizionata. La morale è incondizionata in quanto capace di svincolarsi dalle inclinazioni sensibili. Da questa tesi derivano due convinzioni del filosofo: · la libertà dell'agire: la possibilità umana di autodeterminarsi al di là delle sollecitazioni dell'istinto; · la legge morale è universale e necessaria: immutabile e uguale a sé stessa in ogni luogo e in ogni tempo.
LA PARTIZIONE DELLA CRITICA DELLA RAGION PRATICA ANALITICA: ESPONE LE REGOLE DELLA VERITÀ (ETICA) DOTTRINA DEGLI ELEMENTI TRATTA DEGLI ELEMENTI DELLA MORALE E SI DIVIDE IN DIALETTICA: AFFRONTA LA I PARVENZA MORALE, OVVERO L'ANTINOMIA CONNESSA ALL'IDEA DI SOMMO BENE DOTTRINA DEL METODO TRATTA DEL MODO IN CUI LA LEGGE MORALE PUÒ ACCEDERE ALL'ANIMO UMANO (EDUCAZIONE, ESEMPI ... )
ANALITICA - LA CATEGORICITA DELL'IMPERATIVO MORALE Kant distingue i «principi pratici», ovvero le regole generali che disciplinano la nostra volontà in:
Gli imperativi a loro volta si dividono in:
L'imperativo categorico, in cui per Kant risiede la legge morale, deve imporsi assolutamente e incondizionatamente, il suo comando deve valere in modo perentorio per tutte le persone e per tutte le circostanze.Dunque, solo l'imperativo categorico che ordina un "devi" assoluto, e quindi universale e necessario, ha in sé stesso i contrassegni della moralità. Di conseguenza il contenuto dell'imperativo categorico deve concretizzarsi nella prescrizione di agire secondo una massima che può valere per tutti. Da ciò deriva la formula-base dell'imperativo categorico: AGISCI IN MODO CHE LA MASSIMA DELLA TUA VOLONTÀ POSSA SEMPRE VALERE NELLO STESSO TEMPO COME PRINCIPIO DI UNA LEGISLAZIONE UNIVERSALE. Ovvero, un comportamento risulta morale solo se supera il "test della generalizzabilità", se la sua massima appare universalizzabile. Ad esempio chi mente compie un atto immorale, poiché, qualora venisse universalizzata la massima dell'inganno, i rapporti umani diventerebbero impossibili. Abbiamo così individuato la prima caratteristica della legge morale: LA CATEGORICITÀ.
LA FORMALITA DELLA LEGGE E IL DOVERE-PER-IL-DOVERE Un'altra caratteristica strutturale dell'etica kantiana è la FORMALITÀ in quanto la legge non ci dice che cosa dobbiamo fare, ma come dobbiamo farlo. Per questo la legge morale consiste in una legge formale-universale, in un imperativo che si limita ad affermare: quando agisci tieni presenti gli altri e rispetta la dignità umana che è in te e nel prossimo. Al formalismo dell'etica kantiana è inscindibilmente legato anche il suo "rigorismo": Kant esclude dal recinto dell'etica emozioni e sentimenti perché possono sviare la volontà da un retto comportamento. In questo senso neppure la felicità, che è uno dei principali motivi dell'agire umano, può costituire il fine del dovere. La moralità consiste nel puro dovere-per-il-dovere. Quindi per Kant, affinché un'azione sia morale, non basta che sia esteriormente conforme al dovere, ma deve essere compiuta «per il dovere», con la sola intenzione di obbedire alla legge morale.Per «volontà buona» invece Kant intende dire che la morale non riguarda solo ciò che si fa (l'azione esteriore), ma anche l'intenzione con cui lo si fa (morale dell'intenzione), allora il bene consiste nel volere il bene. E questo è ciò che Kant chiama volontà buona: l'intenzione della volontà di conformarsi alla legge morale. Questa è l'unica cosa incondizionatamente buona al mondo ed è bene in se stessa, non per conseguire altri beni. Il dovere-per-il-dovere e la volontà buona, secondo Kant, innalzano l'uomo al di sopra del mondo sensibile (fenomenico), in cui vige il meccanismo delle leggi naturali, e lo fanno partecipare al mondo intelligibile (noumenico), in cui vige la libertà. La vita morale è la costituzione di una natura sovrasensibile, nella quale la legislazione morale prende il sopravvento sulla legislazione naturale. L'uomo è partecipe sia del mondo noumenico che di quello fenomenico. Il mondo sovrasensibile, per l'uomo, esiste solo come forma del mondo sensibile.
L'AUTONOMIA DELLA LEGGE E LA RIVOLUZIONE COPERNICANA MORALE L'autonomia è la terza caratteristica della legge morale, che implica e riassume quelle viste in precedenza. Il senso profondo dell'etica kantiana consiste nell'aver posto nell'uomo e nella sua ragione il fondamento dell'etica. Questo è il significato della cosiddetta "rivoluzione copernicana morale" compiuta da Kant, il quale colloca l'uomo al centro dell'universo morale. In Kant la libertà, in senso positivo, si identifica con la sua capacità di autodeterminarsi, ossia nella prerogativa autolegislatrice della volontà, grazie alla quale l'umanità è norma a se stessa.
DIALETTICA - LA TEORIA DEI POSTULATI PRATICI E LA FEDE MORALE Nell'Analitica Kant ha analizzato il dovere. Nella Dialettica prende in considerazione l'assoluto morale o «sommo bene». Cos'è il sommo bene? Consiste nell'unione di virtù e felicità, cui la nostra natura umana tende irresistibilmente. Kant introducendo il concetto di «sommo bene» non sta contraddicendo il carattere disinteressato e autonomo della morale, in quanto egli non fa della felicità il motivo dell'azione, ma asserisce che c'è in noi il bisogno di pensare che l'uomo, pur agendo per puro dovere, si renda anche degno di felicità. Ma in questo mondo virtù e felicità non sono mai congiunte poiché lo sforzo di essere virtuosi e la ricerca della felicità sono due azioni opposte, in quanto l'imperativo etico implica la sottomissione delle tendenze naturali e l'umiliazione dell'egoismo. Virtù e felicità costituiscono l'antinomia etica per eccellenza.Secondo Kant per risolvere questa antinomia è "postulare" un mondo nell'aldilà in cui possa realizzarsi l'equazione: virtù = felicità; che nell'aldiquà è impossibile. Postulati: dal linguaggio matematico, quei principi che, pur essendo indimostrabili vengono accolti per rendere possibili determinate entità o verità geometriche. Allo stesso modo per Kant i postulati sono quelle proposizioni non dimostrabili che sono strettamente connessi alla legge morale come condizioni della sua stessa esistenza e pensabilità. Non sono dogmi perché comunque Kant non li dimostra. I primi due postulati formulati da Kant sono:
Il terzo postulato è la libertà. · la libertà è la condizione stessa dell'etica: nel momento in cui prescrive il dovere, presuppone che si possa agire o no in conformità a esso, quindi si è sostanzialmente liberi. Kant intende sottolineare che non sapremmo di essere liberi se non ci scoprissimo obbligati a seguire la legge morale: «Devi, dunque puoi», afferma il filosofo: se c'è la legge morale che prescrive il dovere, deve per forza esserci la libertà.
IL PRIMATO DELLA RAGION PRATICA La teoria dei postulati mostra il «primato della ragion pratica»: la ragione ammette, in quanto è pratica, proposizioni che non potrebbe ammettere nel suo uso teoretico. Ma non dimentichiamo mai che i postulati non hanno valenza conoscitiva. Infine Kant nella Critica della ragion pratica delinea una sorta di dualismo che spezza la realtà e l'uomo in due: da un lato mondo fenomenico della scienza e uomo fenomenico delle inclinazioni naturali; dall'altro mondo noumenico dell'etica e uomo noumenico della libertà e del dovere. Da questo dualismo parte la Critica del giudizio.
CRITICA DEL GIUDIZIO - 1790 Come anticipato la Critica del giudizio parte da una sorta di dualismo lasciato aperto dalle prime due Critiche: · dalla Critica della ragion pura emergeva una visione della realtà in termini meccanicistici, in quanto la natura, dal punto di vista fenomenico, appariva come una struttura causale e necessaria, entro la quale non trovava posto la libertà umana (mondo fenomenico e deterministico "conosciuto dalla scienza"); · dalla Critica della ragion pratica affiorava una visione della realtà in termini indeterministici e finalistici, in quanto si postulavano, come condizioni della omorale, la libertà dell'uomo e l'esistenza di Dio (mondo noumenico e finalistico "postulato" dall'etica). Da ciò l'immensurabile abisso tra due mondi tanto diversi (Critica del giudizio, Introduzione).